Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale  degli  artt.  2,  4,  6,
comma 3 della legge della Regione  Valle  d'Aosta/Vallee  d'Aoste  17
giugno 2009, n. 18 (Disposizioni urgenti in materia di aree boscate e
di ampliamento di esercizi di somministrazione di alimenti e  bevande
e di strutture alberghiere e di realizzazione di centri benessere  in
alcune tipologie di strutture  ricettive.  Modificazioni  alla  legge
regionale  6  aprile  1998,  n.  11  -  Normativa  urbanistica  e  di
pianificazione territoriale della Regione Valle d'Aosta) promosso dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso  notificato  l'8-11
settembre 2009, depositato in cancelleria il  14  settembre  2009  ed
iscritto al n. 58 del registro ricorsi 2009. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione  Valle  d'Aosta/Vallee
d'Aoste; 
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  13  aprile  2010  il  Giudice
relatore Ugo De Siervo; 
    Uditi l'avvocato dello Stato Maurizio Borgo per il Presidente del
Consiglio dei ministri e l'avvocato Francesco Saverio Marini  per  la
Regione Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato l'11 settembre 2009 e  depositato  il
successivo 14 settembre  (iscritto  al  r.r.  n.  58  del  2009),  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, ha  sollevato,  in  riferimento
all'art. 117, commi secondo, lettera s), e terzo, della Costituzione,
e all'art. 2 della  legge  costituzionale  26  febbraio  1948,  n.  4
(Statuto speciale per la Valle d'Aosta),  questione  di  legittimita'
costituzionale degli articoli 2, 4 e 6, comma 3,  della  legge  della
Regione  Valle  d'Aosta/Vallee  d'Aoste  17  giugno   2009,   n.   18
(Disposizioni urgenti in materia di aree boscate e di ampliamento  di
esercizi di somministrazione di alimenti e  bevande  e  di  strutture
alberghiere  e  di  realizzazione  di  centri  benessere  in   alcune
tipologie di strutture ricettive. Modificazioni alla legge  regionale
6 aprile 1998, n. 11 -  Normativa  urbanistica  e  di  pianificazione
territoriale della Valle d'Aosta), pubblicata sul B.U.R. n. 28 del 14
luglio 2009. 
    2. - Il ricorrente prospetta, innanzitutto, due doglianze  aventi
per oggetto l'art. 4 in materia di  esercizi  di  ristorazione  e  di
strutture alberghiere. 
    2.1. - Per il ricorrente, l'art. 4, che introduce  l'art.  90-bis
nella legge della Regione Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste 6 aprile 1998,
n. 11 (Normativa urbanistica e di pianificazione  territoriale  della
Valle d'Aosta), nel  disciplinare  l'ampliamento  degli  esercizi  di
ristorazione   e   delle   strutture    alberghiere,    nelle    more
dell'adeguamento dei Piani regolatori generali, contrasterebbe con la
normativa statale in quanto non contempla una  clausola  di  salvezza
delle disposizioni dettate  in  materia  di  valutazione  di  impatto
ambientale, con specifico riferimento ai casi  in  cui  le  strutture
alberghiere  superino  i  trecento  posti  letto.  Cosi'   statuendo,
l'impugnata disposizione esorbiterebbe dalle  competenze  legislative
attribuite alla Regione  Valle  d'Aosta/Vallee  d'Aoste  dall'art.  2
dello  Statuto  speciale  e  violerebbe  la  competenza   legislativa
esclusiva  dello  Stato,  in  materia  di  tutela   dell'ambiente   e
dell'ecosistema, di cui all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),
Cost. 
    In tale ipotesi - sostiene il ricorrente - il  punto  8,  lettera
a), dell'allegato IV alla parte seconda  del  decreto  legislativo  3
aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), impone la verifica
della assoggettabilita' alla V.I.A. regionale. 
    2.2.  -  A   detta   del   ricorrente,   gli   stessi   parametri
costituzionali sarebbero violati dal medesimo art. 4 nella  parte  in
cui non prevede l'esclusione degli interventi di  ampliamento,  sopra
menzionati, in tutti i casi in cui le norme di attuazione  dei  piani
di  bacino  o  la  normativa  di  salvaguardia  non   consentano   la
realizzazione dei predetti interventi. 
    Ai sensi dell'art. 65, commi 4 e 5, del d.lgs. n. 152  del  2006,
le  prescrizioni  piu'   restrittive,   contenute   negli   atti   di
pianificazione  di  bacino,  hanno  carattere   vincolante   per   le
amministrazioni e gli enti pubblici e  sono  sovraordinate  ai  piani
territoriali e ai programmi regionali. 
    Al riguardo, la difesa erariale richiama la sentenza n.  226  del
2009, con la  quale  questa  Corte  ha  statuito  che  il  titolo  di
competenza esclusiva  statale  in  materia  di  tutela  dell'ambiente
«riverbera i suoi effetti anche quando si tratta di regioni  speciali
o di province autonome, con l'ulteriore precisazione, pero', che  qui
occorre tener conto degli statuti speciali di autonomia». 
    In quella occasione - prosegue l'Avvocatura generale dello  Stato
- questa  Corte  aveva  richiamato  la  sentenza  n.  164  del  2009,
pronunciata in un giudizio avente per oggetto una legge della Regione
Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste.  In  quest'ultima  pronuncia  e'  stato
precisato che la compatibilita' costituzionale delle norme regionali,
dettate dalla predetta Regione, deve essere verificata  alla  stregua
delle previsioni contenute  nello  Statuto  speciale  alla  luce,  in
particolare, dell'art. 2 che impone alla  Regione  di  esercitare  la
potesta' legislativa, con riferimento alle  materie  quivi  elencate,
«in armonia con la Costituzione e con  i  principi  dell'ordinamento,
nonche' delle norme fondamentali e di riforma economico-sociale». 
    Ebbene, per  il  ricorrente  l'impugnata  disposizione,  adottata
nell'esercizio della  potesta'  legislativa  primaria  nelle  materie
dell'urbanistica, dell'industria alberghiera e del turismo  (ex  art.
2, lettere g e q, dello Statuto speciale), si porrebbe  in  stridente
contrasto con le invocate previsioni del d.lgs. n. 152 del  2006.  La
disciplina posta dal  legislatore  statale  -  sottolinea  la  difesa
erariale - «scaturisce dall'esercizio  di  una  competenza  esclusiva
dello  Stato,  quella  in  materia   di   "tutela   dell'ambiente   e
dell'ecosistema", e viene a funzionare come un limite alla disciplina
che le regioni e le province autonome dettano  in  altre  materie  di
loro competenza, per cui queste ultime  non  possono  in  alcun  modo
derogare o peggiorare il livello di tutela ambientale stabilito dallo
Stato» (cosi' le sentenze n. 62 del 2008 e n. 378 del 2007). 
    Questo principio giurisprudenziale  -  osserva  il  ricorrente  -
risulta oggi codificato all'art. 3-quinquies del d.lgs.  n.  152  del
2006 ove si afferma, al comma 1, che  «i  principi  desumibili  dalle
norme del decreto legislativo costituiscono le condizioni  minime  ed
essenziali  per  assicurare  la  tutela  dell'ambiente  su  tutto  il
territorio nazionale», prevedendosi, poi, al comma 2, che «le regioni
e le province autonome di Trento e di Bolzano possono adottare  forme
di tutela giuridica dell'ambiente piu' restrittive». 
    3. - Il denunciato art. 2 della legge regionale n. 18  del  2009,
con il quale e' stato introdotto l'art. 32-bis della legge  regionale
n. 11 del 1998, prevede che i Comuni procederanno ad individuare  gli
ambiti territoriali sui quali potranno essere realizzati gli impianti
di energia eolica sulla base degli indirizzi di cui alle  linee-guida
adottate dalla Giunta regionale con propria deliberazione. 
    Per il ricorrente l'impugnata previsione  legislativa  regionale,
non disciplinando il contenuto di tali  linee-guida,  ometterebbe  di
coordinare le stesse con le linee-guida nazionali di cui all'art. 12,
comma  10,  del  decreto  legislativo  29  dicembre  2003,   n.   387
(Attuazione  della  direttiva  2001/77/CE  relativa  alla  promozione
dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili  nel
mercato interno dell'elettricita'), a mente del quale  queste  ultime
sono approvate «in Conferenza  unificata  su  proposta  del  Ministro
delle attivita' produttive di concerto con il Ministro  dell'ambiente
e della tutela del  territorio  e  del  Ministro  per  i  beni  e  le
attivita' produttive». 
    In  virtu'  della  evocata  disposizione  legislativa  statale  -
sostiene   il   ricorrente   -   le   Regioni    possono    procedere
all'individuazione di specifici siti ed aree non  idonee  sulla  base
dei criteri stabiliti dalle lineeguida nazionali, il cui procedimento
di approvazione si trova in avanzata  fase  istruttoria.  Le  Regioni
sarebbero, quindi, prive di un autonomo potere di individuazione  dei
criteri generali o delle aree e siti non idonei, del tutto svincolato
dalla determinazione assunta, in questo ambito, a livello nazionale. 
    Rileva il ricorrente che l'adita Corte, nella sentenza n. 166 del
2009, ha chiarito che l'evocata  disposizione  di  cui  all'art.  12,
comma 10, del d.lgs. n. 387 del  2003,  non  consente  alle  Regioni,
proprio  in  considerazione  del  preminente  interesse   di   tutela
ambientale,  di  provvedere  autonomamente  alla  individuazione  dei
criteri per il corretto  inserimento  nel  paesaggio  degli  impianti
alimentati da fonti di energia rinnovabili. 
    4. - L'impugnato art. 6, comma  3,  prevede  la  sospensione  dei
procedimenti di autorizzazione per gli impianti di energia eolica, in
corso alla data di entrata in vigore della legge regionale in parola,
sino  all'individuazione,  da  parte   dei   Comuni,   degli   ambiti
territoriali  nei  quali  potranno  essere  realizzati   i   predetti
impianti, sulla base di quanto sara' previsto dalle lineeguida di cui
all'art. 32-bis della legge regionale  n.  11  del  1998,  introdotto
dall'art. 2 della stessa legge regionale n. 18 del 2009. 
    Per il ricorrente, le disposizioni statutarie di cui agli artt. 2
e 3 non riconoscono alla Regione Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste  alcuna
competenza  legislativa  in  materia  di  produzione,   trasporto   e
distribuzione nazionale di energia. Ne consegue che, ai  sensi  della
clausola  di  equiparazione  di   cui   all'art.   10   della   legge
costituzionale n. 3 del 2001, deve ritenersi che  anche  la  suddetta
Regione goda, in materia di «produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale di energia», di competenza legislativa di tipo concorrente. 
    Cio' premesso, il contestato art. 6, comma 3,  violerebbe  l'art.
117, terzo comma, Cost., risultando in  contrasto  con  il  principio
fondamentale, fissato dall'art. 12 del d.lgs. n.  387  del  2003,  il
quale   stabilisce   il   termine    massimo    per    il    rilascio
dell'autorizzazione alla costruzione ed all'esercizio degli  impianti
alimentati da fonti rinnovabili. 
    Ricorda il ricorrente  che  a  norma  dell'invocato  art.  12  la
suddetta autorizzazione e' rilasciata a seguito  di  un  procedimento
unico al quale  partecipano  tutte  le  amministrazioni  interessate,
svolto  nel  rispetto  dei  principi  di  semplificazione  e  con  le
modalita' disciplinate dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme
in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso  ai
documenti amministrativi). E'  previsto,  inoltre,  che  «il  termine
massimo per la conclusione del  procedimento  di  autorizzazione  non
puo' comunque essere superiore a centottanta giorni». 
    Come statuito da questa Corte nella sentenza n. 364 del 2006,  la
fissazione  di  tale  termine  deve  qualificarsi   quale   principio
fondamentale in materia  di  produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale di energia, in quanto la disposizione risulta ispirata alle
regole di semplificazione amministrativa e celerita'  garantendo,  in
modo uniforme sull'intero territorio nazionale, la conclusione, entro
un termine definito, del procedimento di autorizzazione. 
    Al contrario, l'impugnata disposizione non  fissa  alcun  termine
massimo di  sospensione  del  procedimento,  determinando  cosi'  una
sospensione sine die del procedimento di autorizzazione medesimo. 
    5. - Con atto depositato il 30 settembre 2009, la  Regione  Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste si e'  costituita  nel  presente  giudizio  di
legittimita' costituzionale e, con riserva di ulteriori deduzioni, ha
chiesto  a  questa  Corte  di  dichiarare  le   suesposte   questioni
inammissibili e, comunque, non fondate. 
    6. - Con memoria depositata il 2 marzo  2010,  il  ricorrente  ha
eccepito  «l'irritualita',  per  non   dire   illegittimita',   delle
modalita' di costituzione della Regione Valle d'Aosta», non avendo la
relativa  difesa  addotto  alcuna  argomentazione  in   merito   alle
doglianze prospettate nel ricorso. 
    Questa tecnica difensiva - ricorda l'Avvocatura dello Stato -  ha
ricevuto, in passato l'avallo di questa Corte, in relazione a  quanto
disposto dall'art. 23 delle Norme integrative per i  giudizi  davanti
alla  Corte  costituzionale,  nel  testo  anteriore  alle   modifiche
apportate con la delibera del 7 ottobre 2008 (cfr. sentenze n. 324  e
n. 308 del 2003). 
    Tuttavia - prosegue la difesa erariale -  questa  Corte,  con  la
sentenza   n.   40   del   2010,    ha    ritenuto    «impregiudicata
l'interpretazione, con riguardo all'ipotesi verificatasi in giudizio,
della piu' analitica lettera del vigente art. 19,  comma  3,  per  il
quale la parte convenuta si costituisce con  memoria  "contenente  le
conclusioni e l'illustrazione delle stesse"». 
    7. - Con memoria depositata il 23 marzo 2010,  la  Regione  Valle
d'Aosta/Vallee  d'Aoste  ha   sviluppato   argomentazioni   volte   a
dimostrare l'infondatezza delle impugnazioni aventi per  oggetto  gli
artt. 2 e 6, comma 3, della legge regionale n. 18 del 2009. 
    7.1. - Per quanto concerne la doglianza relativa all'art.  2,  in
primo luogo la difesa regionale  contesta  l'inquadramento  materiale
ipotizzato dal ricorrente, trattandosi  al  contrario  di  previsione
riconducibile   alla   materia,   di   competenza   primaria,   della
«urbanistica e piani regolatori per zone  di  particolare  importanza
turistica» di cui all'art. 2, lettera g), dello statuto speciale.  Il
legislatore  regionale,  invero,  avrebbe  inteso  dettare  norme  di
pianificazione    territoriale,    con    particolare     riferimento
all'adeguamento  dei  piani  regolatori  ad  opera  dei  comuni.  Ben
potrebbe, dunque,  lo  stesso  legislatore  assegnare  ai  comuni  il
compito di individuare, in sede di adeguamento dei predetti piani,  i
siti di interesse  energetico  sulla  base  delle  sole  linee  guida
regionali. 
    Ove,  invece,  questa  Corte  dovesse  ascrivere  il   contestato
intervento normativo  alla  materia  concorrente  della  «produzione,
trasporto  e  distribuzione  nazionale  di   energia»,   secondo   la
resistente l'evocato principio fondamentale di cui all'art. 12, comma
10, del d.lgs. n. 387 del 2003 sarebbe del tutto privo  di  efficacia
nel caso di specie giacche', ad  oggi,  non  risultano  essere  state
ancora approvate le linee guida nazionali. 
    Quale ultima possibile interpretazione del denunciato  intervento
regionale,  secondo  la  difesa  della  resistente  le  linee   guida
regionali    «potrebbero    comunque    essere    intese,    secundum
constitutionem, a  carattere  suppletivo,  nel  senso  che  avrebbero
natura  recessiva   rispetto   a   quelle   nazionali   eventualmente
approvate». 
    7.2.  -  In  merito  alla  impugnazione  dell'art.  6,  comma  3,
analogamente a quanto sviluppato in precedenza, la  difesa  regionale
esclude l'operativita' del principio fondamentale enunciato dall'art.
12 del d.lgs. n. 387 del  2003,  giacche'  la  contestata  previsione
legislativa regionale sarebbe anch'essa riconducibile  alla  materia,
di competenza primaria, della «urbanistica  e  piani  regolatori  per
zone  di  particolare  importanza   turistica».   Cosi'   inquadrata,
l'impugnata  disposizione   potrebbe   legittimamente   derogare   al
principio sancito a livello statale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  dubita  della
legittimita' costituzionale degli artt. 2, 4  e  6,  comma  3,  della
legge della Regione Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste 17 giugno  2009,  n.
18 (Disposizioni urgenti in materia di aree boscate e di  ampliamento
di esercizi di somministrazione di alimenti e bevande e di  strutture
alberghiere  e  di  realizzazione  di  centri  benessere  in   alcune
tipologie di strutture ricettive. Modificazioni alla legge  regionale
6 aprile 1998, n. 11 -  Normativa  urbanistica  e  di  pianificazione
territoriale della Valle d'Aosta). 
    1.1. -  A  detta  del  ricorrente,  l'art.  4,  nel  disciplinare
l'ampliamento  degli  esercizi  di  ristorazione  e  delle  strutture
alberghiere,  nelle  more  dell'adeguamento  dei   Piani   regolatori
generali, violerebbe gli artt. 117, secondo comma, lettera s),  Cost.
e 2 dello Statuto speciale per  la  Valle  d'Aosta,  in  quanto,  non
contemplando una clausola di salvezza delle disposizioni  dettate  in
materia  di  valutazione  di  impatto   ambientale,   con   specifico
riferimento ai casi  in  cui  le  strutture  alberghiere  superino  i
trecento posti letto, si  porrebbe  in  contrasto  con  il  punto  8,
lettera a), dell'allegato IV alla parte seconda del d.lgs. n. 152 del
2006, che impone la  verifica  della  assoggettabilita'  alla  V.I.A.
regionale. 
    Lo stesso art. 4 e', inoltre, denunciato nella parte in  cui  non
prevede  l'esclusione  degli   interventi   di   ampliamento,   sopra
menzionati, in tutti i casi in cui le norme di attuazione  dei  piani
di  bacino  o  la  normativa  di  salvaguardia  non   consentano   la
realizzazione dei predetti interventi, per asserito contrasto con gli
artt. 117, secondo  comma,  lettera  s),  Cost.  e  2  dello  Statuto
speciale per la Valle d'Aosta, giacche', ai sensi dell'art. 65, commi
4 e 5, del d.lgs. n. 152 del 2006, le prescrizioni piu'  restrittive,
contenute negli atti di pianificazione  di  bacino,  hanno  carattere
vincolante  per  le  amministrazioni  e  gli  enti  pubblici  e  sono
sovraordinate  rispetto  ai  piani  territoriali   e   ai   programmi
regionali. 
    1.2. - Il ricorrente lamenta l'incostituzionalita'  dell'art.  2,
il quale prevede che i comuni procederanno ad individuare gli  ambiti
territoriali sui quali potranno essere  realizzati  gli  impianti  di
energia eolica sulla base degli  indirizzi  di  cui  alle  lineeguida
adottate  dalla  Giunta  regionale  con  propria  deliberazione,  per
violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost.  (applicabile  ai  sensi
dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del  2001).  L'impugnata
disposizione risulterebbe incompatibile con il principio fondamentale
di cui all'art. 12, comma 10, del  d.lgs.  n.  387  del  2003,  nella
materia concorrente  della  «produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale di energia», a mente del quale le lineeguida nazionali sono
approvate «in Conferenza unificata su  proposta  del  Ministro  delle
attivita' produttive di concerto  con  il  Ministro  dell'ambiente  e
della tutela del territorio e del Ministro per i beni e le  attivita'
produttive». 
    1.3. - Infine, l'art. 6, comma 3, che prevede la sospensione  dei
procedimenti di autorizzazione per gli impianti di energia eolica, in
corso alla data di entrata in vigore della legge regionale in parola,
sino  all'individuazione,  da  parte   dei   comuni,   degli   ambiti
territoriali  nei  quali  potranno  essere  realizzati   i   predetti
impianti, sulla base di quanto sara' previsto dalle lineeguida di cui
all'art. 32-bis della legge regionale  n.  11  del  1998,  introdotto
dall'art. 2 della stessa legge regionale n. 18 del 2009, e' impugnato
in relazione all'art. 117, terzo comma, Cost. (applicabile  ai  sensi
dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001), in quanto  in
contrasto con il principio fondamentale, fissato dall'art. 12,  comma
4, del d.lgs. n.  387  del  2003,  nella  materia  concorrente  della
«produzione, trasporto e  distribuzione  nazionale  di  energia»,  il
quale   stabilisce   il   termine    massimo    per    il    rilascio
dell'autorizzazione alla costruzione ed all'esercizio degli  impianti
alimentati da fonti rinnovabili. 
    2.   -   L'Avvocatura   generale   dello   Stato   ha    eccepito
«l'irritualita', per non  dire  illegittimita',  delle  modalita'  di
costituzione della Regione Valle d'Aosta»,  non  avendo  la  relativa
difesa  addotto  alcuna  argomentazione  in  ordine  alle   doglianze
prospettate nel ricorso, malgrado che l'art. 19, comma 3, delle nuove
Norme integrative preveda che  l'atto  di  costituzione  della  parte
resistente rechi «le conclusioni  e  l'illustrazione  delle  stesse».
Cio' mentre la disposizione vigente prima della modifica del  2008  -
l'art. 23, comma 3, delle Norme integrative - dettava una  previsione
piu' lata, contemplando la costituzione  in  giudizio  attraverso  la
presentazione di «deduzioni». 
    Lo scarto lessicale tra le due norme integrative non e'  tale  da
avvalorare l'esito interpretativo cui accede il ricorrente. 
    L'instaurazione del contraddittorio nel  giudizio  principale  di
legittimita' costituzionale e' scandita da termini perentori, tesi  a
soddisfare  esigenze  di   certezza   nella   dinamica   processuale.
L'inosservanza del termine per il deposito del ricorso  ne  determina
l'inammissibilita' (da ultimo ordinanze n. 218 del 2006,  n.  20  del
2005 e n. 48 del 2004)  e  inficia,  parimenti,  la  validita'  della
costituzione in giudizio della parte convenuta (tra le altre,  v.  le
sentenze n. 331  e  n.  313  del  2003,  n.  477  del  2000,  nonche'
l'ordinanza n. 373 del 2001). 
    La  ratio  sottesa  all'art.  19,  comma  3,  delle  nuove  Norme
integrative non e', invece, quella di subordinare l'ammissibilita'  o
validita'  della  costituzione  in   giudizio   all'adempimento   ivi
previsto. La corretta instaurazione del contraddittorio, in  nome  di
un principio generale  di  diritto  processuale,  e'  subordinata  al
rispetto dei  previsti  termini  perentori,  mentre  la  disposizione
secondo cui  l'atto  di  costituzione  della  parte  resistente  deve
contenere anche l'illustrazione delle conclusioni mira a  sollecitare
una  adeguata   prospettazione   delle   rispettive   posizioni   sin
dall'ingresso delle parti nel giudizio, ai fini di  un  arricchimento
della dialettica processuale. 
    Peraltro, il thema decidendum e' circoscritto dal ricorso,  quale
atto introduttivo del  giudizio.  Le  argomentazioni  sviluppate  nei
successivi atti, a cominciare dall'atto di costituzione  della  parte
convenuta, sono dirette a  fornire  elementi  idonei  a  influenzare,
sotto forma di fattori di  conoscenza  e  di  deduzioni  logiche,  il
convincimento  dell'organo   giudicante   intorno   alle   specifiche
questioni di costituzionalita'. Del resto, la mancata costituzione in
giudizio  della  parte  resistente   o   l'allegazione   di   rilievi
insufficienti non conducono  necessariamente  all'accoglimento  della
questione di costituzionalita'. E' nell'interesse del resistente  far
valere le  proprie  ragioni  in  giudizio,  assolvendo  all'onere  di
prospettare argomenti difensivi. 
    E', dunque,  nella  prospettiva  di  stimolare,  sin  da  subito,
l'apporto argomentativo delle parti che le nuove  norme  integrative,
all'art. 19, comma 3,  reclamano,  senza  conseguenze  sanzionatorie,
l'illustrazione delle conclusioni formulate nell'atto di costituzione
della parte convenuta. 
    Per queste ragioni, l'eccezione della difesa dello Stato non puo'
essere accolta. 
    3. - Passando ad esaminare il merito delle  questioni  sollevate,
le censure aventi ad oggetto l'art. 4 della legge regionale n. 18 del
2009 non sono fondate. 
    3.1. - Tale disposizione introduce nella legge  regionale  n.  11
del 1998 l'art. 90-bis il quale consente, nelle more dell'adeguamento
dei P.R.G. alle previsioni di cui agli artt. 13 e 15  della  medesima
legge del 1998 ed entro certi limiti, l'ampliamento volumetrico - tra
l'altro - degli alberghi esistenti «per soddisfare esigenze  connesse
al  miglioramento   e   al   potenziamento   dei   servizi   offerti,
all'adeguamento  delle  condizioni  igienico-sanitarie  e  funzionali
all'efficienza  energetica,  anche  con   aumento   della   capacita'
ricettiva». 
    L'Avvocatura generale dello Stato lamenta la  mancata  previsione
del rispetto delle disposizioni in tema  di  valutazione  di  impatto
ambientale nel caso in cui l'ampliamento delle strutture  alberghiere
superi i 300 posti letto, come invece previsto dal punto  8,  lettera
a), dell'allegato IV alla parte II del d.lgs. n. 152 del 2006. 
    Occorre  considerare  che  il  decreto  ora  citato  all'art.   7
stabilisce che sono sottoposti a V.I.A in  sede  statale  i  progetti
indicati nell'allegato II (comma 3), mentre sono assoggettati a V.I.A
secondo le disposizioni delle leggi regionali i progetti di cui  agli
allegati III e IV (comma 4).  Tra  tali  ultimi  progetti  rientrano,
appunto, quelli richiamati dalla difesa dello Stato. 
    La Regione Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste con la legge regionale 26
maggio 2009, n. 12 (Disposizioni  per  l'adempimento  degli  obblighi
della Regione  autonoma  Valle  d'Aosta  derivanti  dall'appartenenza
dell'Italia  alle  Comunita'  europee.  Attuazione  delle   direttive
2001/42/CE, concernente la valutazione degli effetti  di  determinati
piani  e  programmi  sull'ambiente,  e  85/337/CEE,  concernente   la
valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti  pubblici
e privati. Disposizioni per l'attuazione della direttiva 2006/123/CE,
relativa ai servizi nel mercato  interno  e  modificazioni  di  leggi
regionali  in  adeguamento  ad  altri  obblighi   comunitari.   Legge
comunitaria 2009) ha regolato la valutazione di impatto ambientale  e
la procedura di verifica di assoggettabilita' a tale  valutazione  di
determinati interventi. 
    Essa, in particolare, contiene una disciplina che, per il profilo
che qui interessa, risulta piu' restrittiva rispetto a quella statale
di cui al d.lgs. n. 152 del 2006. Infatti, l'art. 17  sottopone  alla
procedura di verifica della assoggettabilita' a V.I.A  i  progetti  e
«le modifiche sostanziali»  dei  progetti  relativi  ad  «alberghi  e
residenze turistico-alberghiere  con  capacita'  recettiva  oltre  50
posti letto» (allegato B, punto 8, lettera b), e dunque  a  strutture
alberghiere di dimensioni piu' ridotte rispetto a quelle  contemplate
nel codice dell'ambiente. 
    Cio' posto, occorre considerare  che  la  disposizione  impugnata
regola soltanto i profili urbanistici degli interventi di ampliamento
e non contiene alcuna clausola  di  esclusione  della  applicabilita'
della  disciplina,  ne'  statale   ne'   regionale,   relativa   alla
valutazione di impatto ambientale. D'altra parte, tale  normativa  ha
portata generale di tal che essa trova applicazione per i casi  dalla
medesima previsti senza necessita' di uno specifico richiamo. 
    Conseguentemente, la censura deve essere rigettata. 
    3.2. - Il ricorrente ha impugnato l'art. 4 della legge  regionale
n. 18 del 2009 anche nella parte  in  cui  non  prevede  l'esclusione
degli interventi di ampliamento, sopra menzionati, in tutti i casi in
cui le norme di attuazione dei piani di  bacino  o  la  normativa  di
salvaguardia non consentano la realizzazione dei predetti interventi. 
    Il piano di bacino e' previsto e disciplinato  dall'art.  65  del
d.lgs.  n.  152  del  2006,  il  quale  lo  definisce   come   «piano
territoriale  di  settore»  e  «strumento  conoscitivo,  normativo  e
tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le
azioni e le norme d'uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e
alla valorizzazione del suolo e  alla  corretta  utilizzazione  della
acque, sulla base delle caratteristiche  fisiche  ed  ambientali  del
territorio interessato». 
    Detto  piano,  secondo  quanto   affermato   da   questa   Corte,
«costituisce il fondamentale strumento di pianificazione in  tema  di
difesa del suolo, lotta alla desertificazione e tutela  delle  acque,
onde  esso  appartiene  alla  materia  della  tutela   dell'ambiente»
(sentenza n. 232 del 2009). 
    L'art. 4 impugnato non prevede che gli  ampliamenti  disciplinati
possano avvenire  in  deroga  o  comunque  senza  tener  conto  delle
previsioni dei piani  di  bacino.  D'altra  parte,  tali  piani,  per
espressa previsione proprio dell'art. 65, comma 4, del d.lgs. n.  152
del  2006,  sono  immediatamente  vincolanti  anche  per  i  soggetti
privati, ove siano dichiarati tali dal piano di bacino medesimo. 
    Inoltre, il comma 7 del citato  articolo,  stabilisce  che  nelle
more dell'approvazione del piano, le  Autorita'  di  bacino  adottano
misure di salvaguardia anch'esse immediatamente vincolanti. 
    Stante il carattere immediatamente precettivo di  tali  strumenti
di pianificazione, ai fini del loro rispetto - e  nonche'  di  quello
dell'art. 65 - non e'  necessario  che  per  ciascun  intervento  sia
espressamente prevista la loro osservanza. 
    Pertanto, nel caso in esame, il mancato richiamo al rispetto  del
piano di bacino non significa che la disposizione regionale  consenta
di disattendere detto piano. 
    Anzi,  dall'art.  4  impugnato  emerge  la  chiara  volonta'   di
salvaguardia  del  suolo,  dal  momento  che,  proprio  la   medesima
disposizione stabilisce che gli interventi  di  ampliamento  da  esso
previsti sono realizzabili nel rispetto delle disposizioni del Titolo
V, parte II, della legge regionale n. 11 del 1998,  il  quale  detta,
appunto, norme a tutela del suolo circoscrivendo  analiticamente  gli
interventi edilizi ammissibili in aree boschive, zone umide e  laghi,
terreni sedi di frane,  a  rischio  di  inondazioni,  di  valanghe  o
slavine (cfr. artt. 34 e ss. della legge regionale n. 11 del 1998). 
    Conseguentemente, anche tale censura deve essere rigettata. 
    4. - La questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  2
della legge regionale n. 18 del 2009 e' fondata. 
    4.1. - In via preliminare, questa Corte ribadisce,  innanzitutto,
che la disciplina degli insediamenti di impianti di energia eolica e'
attribuita  alla  potesta'  legislativa  concorrente  in  materia  di
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» di cui
all'art. 117, terzo comma, Cost. (cfr. le sentenze n. 124  e  n.  119
del 2010, n. 282 del 2009 e n. 342 del 2008). Pur non trascurando  la
rilevanza che, in relazione a  questi  impianti,  riveste  la  tutela
dell'ambiente e del paesaggio (sentenza n. 166 del 2009),  si  rivela
centrale  nella  disciplina  impugnata  il  profilo  afferente   alla
gestione  delle  fonti  energetiche  in  vista   di   un   efficiente
approvvigionamento nei diversi ambiti territoriali (sentenza  n.  282
del 2009). 
    Questo inquadramento materiale vale anche per  la  Regione  Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste. 
    Gli artt. 2 e 3 dello Statuto speciale non contemplano,  infatti,
l'ambito in oggetto. 
    Questa lacuna va, tuttavia, colmata applicando  l'art.  10  della
legge costituzionale n. 3 del 2001,  in  forza  del  quale  anche  la
Regione  Valle  d'Aosta/Vallee  d'Aoste  e'  titolare   di   potesta'
legislativa concorrente, ai sensi dell'art. 117, terzo  comma,  Cost.
nella materia della produzione, trasporto e  distribuzione  nazionale
dell'energia (analogamente si vedano le sentenze n. 1 del 2008  e  n.
383 del 2005). 
    Pertanto,  la   Regione   Valle   d'Aosta/Vallee   d'Aoste,   nel
disciplinare gli impianti in parola, essendo titolare della  potesta'
legislativa  concorrente,  e'  tenuta  al   rispetto   dei   principi
fondamentali dettati dal legislatore statale. 
    4.2. - A norma del denunciato art. 2  i  Comuni  procederanno  ad
individuare gli ambiti territoriali di insediamento degli impianti di
energia eolica sulla base degli  indirizzi  di  cui  alle  lineeguida
adottate con deliberazione della Giunta regionale. 
    Dal canto suo, l'art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387  del  2003,
prevede  che  le  Regioni  possano  procedere  all'individuazione  di
specifici siti ed aree non idonee sulla base  dei  criteri  stabiliti
dalle  lineeguida  nazionali.  Queste  ultime   sono   adottate   «in
Conferenza  unificata,  su  proposta  del  Ministro  delle  attivita'
produttive, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della  tutela
del territorio e del Ministro per i beni e le attivita' culturali». 
    Ad oggi le lineeguida nazionali non sono state ancora approvate. 
    Con la sentenza n. 166 del 2009, questa Corte  ha  affermato  che
l'art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del  2003  non  consente  alle
Regioni «di provvedere autonomamente alla individuazione  di  criteri
per il corretto inserimento nel paesaggio degli  impianti  alimentati
da fonti di energia alternativa» (analogamente: v.  sentenza  n.  282
del 2009). 
    Ebbene, la denunciata  disposizione  disattende  l'assetto  delle
rispettive attribuzioni definite, in modo  cogente,  dal  legislatore
statale.  La  mancanza  di  lineeguida  nazionali,  assunte   secondo
modalita' informate al principio di  leale  collaborazione,  preclude
alle Regioni di procedere ad una autonoma individuazione dei  criteri
generali o delle aree e siti non  idonei  alla  localizzazione  degli
impianti in oggetto (cfr. sentenze n. 124 e n. 119 del 2010,  n.  282
del 2009). 
    Pertanto, l'art. 2 della  legge  regionale  n.  18  del  2009  e'
incostituzionale per violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., in
quanto in contrasto con il principio fondamentale  fissato  dall'art.
12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003. 
    5. - La questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  6,
comma 3, della legge regionale n. 18 del 2009 e' fondata. 
    La   denunciata   disposizione   prevede   la   sospensione   dei
procedimenti di autorizzazione per gli impianti di energia eolica, in
corso alla data  di  entrata  in  vigore  della  legge  regionale  in
oggetto, sino all'individuazione, da parte dei Comuni,  degli  ambiti
territoriali nei quali potranno essere insediati i predetti impianti,
sulla base di quanto sara' previsto dalle lineeguida regionali. 
    Dal canto suo, l'art. 12, comma 4, del d.lgs. n.  387  del  2003,
dispone che «il termine massimo per la conclusione  del  procedimento
di autorizzazione non puo' comunque essere  superiore  a  centottanta
giorni». 
    Questa Corte ha piu' volte statuito che l'evocato art. 12,  comma
4, reca un  principio  fondamentale  vincolante  per  il  legislatore
regionale, ispirato «alle regole della semplificazione amministrativa
e della celerita'» e volto a garantire, «in modo uniforme sull'intero
territorio nazionale, la conclusione entro un  termine  definito  del
procedimento autorizzativo» (sentenza n. 364 del  2006;  analogamente
le sentenze n. 124 del 2010 e n. 282 del 2009). 
    Al contrario, l'impugnata previsione  legislativa  regionale  non
fissa alcun termine  massimo  di  sospensione,  giacche',  nel  testo
attualmente vigente, rinvia ad  un  momento  -  l'individuazione,  da
parte dei Comuni,  degli  ambiti  territoriali  di  insediamento  dei
predetti impianti - non puntualmente definito. 
    L'art. 6, comma 3, della legge  regionale  n.  18  del  2009  e',
dunque, costituzionalmente illegittimo per violazione dell'art.  117,
terzo  comma,  Cost.,  in  quanto  in  contrasto  con  il   principio
fondamentale fissato dall'art. 12, comma 4, del  d.lgs.  n.  387  del
2003.