Ricorso della Regione Emilia Romagna, in persona  del  Presidente
della Giunta regionale pro  tempore,  autorizzato  con  deliberazione
della Giunta regionale 2010, n. 562 (doc. 1), rappresentata e difesa,
come  da  procura  a  margine  del  presente  atto,  dall'avv.  prof.
Giandomenico Falcon di Padova e dall'avv.  Rosaria  Russo  Valentini,
con domicilio eletto presso lo studio della seconda  in  Roma,  Corso
Vittorio Emanuele II n. 284 contro il Presidente  del  consiglio  dei
ministri per la dichiarazione di illegittimita'  costituzionale   del
decreto  legislativo  15  febbraio  2010,  n.  31  (Disciplina  della
localizzazione, della realizzazione e dell'esercizio  nel  territorio
nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di
impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei  sistemi  di
stoccaggio del combustibile irraggiato  e  dei  rifiuti  radioattivi,
nonche' misure compensative e campagne  informative  al  pubblico,  a
norma dell'art. 25 della legge 23 luglio 2009, n. 99), pubblicato nel
Supplemento ordinario alla Gazzetta  Ufficiale  n.  55  dell'8  marzo
2010: 
        nella sua interezza, per essere stato emanato in assenza  del
parere della Conferenza unificata, espressamente  previsto  dall'art.
25 comma 1 della legge di delega n. 99 del 2009, 
        nonche' con specifico riferimento a: 
          art. 4, comma 1; 
          art. 5, comma 2; 
          art. 8, comma 3; 
          art. 9, comma 1, unitamente ad art. 8 comma 3; 
          art. 11, commi 6; 
          art. 13, commi 10, 11, 12, in  connessione  con  l'art.  4,
comma 1; 
          art. 19, commi 1 e 2; 
          art. 20, comma 1; 
          art. 27, comma 6; 
          art. 27, commi 8, 11, 14, 15, 16; 
    per violazione: 
        dell'art. 117, commi secondo, terzo e sesto, Cost.; 
        dell'art. 118, primo comma, Cost.; 
        dell'art. 120 Cost.; 
        76 Cost., in connessione con l'art. 25, comma 1, della  legge
n. 99 del 2009; 
        del principio di leale collaborazione nelle parti e  sotto  i
profili di seguito indicati. 
 
                              F a t t o 
 
    Il decreto legislativo 15 febbraio 2010,  n.  31  svolge  per  la
parte sostanziale la  delega  di  disciplina  della  «localizzazione,
della realizzazione e  dell'esercizio  nel  territorio  nazionale  di
impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti  di
fabbricazione del combustibile nucleare, del  sistemi  di  stoccaggio
del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi» attribuita  al
Governo dalla legge n. 99 del 2009. 
    Tale legge e' stata impugnata da alcune Regioni, e tra esse dalla
Regione Emilia-Romagna (ricorso n. 83  del  2009)  sulla  base  delle
medesime  premesse  di  fatto  e  di  diritto   che   conducono   ora
all'impugnazione  del  decreto  legislativo  e  che  di  seguito   si
riportano. 
    In particolare, le basi della competenza legislativa regionale  e
delle potesta' di partecipazione e decisione che  sono  fatte  valere
con il presente ricorso vanno rinvenute nelle materie di legislazione
regionale   «produzione,   trasporto   e   distribuzione    nazionale
dell'energia», «governo del  territorio»  e  «tutela  della  salute»:
tutte materie  in  cui  con  la  competenza  regionale  «concorre  la
potesta'   legislativa   statale   di   definizione   dei    principi
fondamentali. 
    Alla ricorrente  Regione  non  sfugge  ovviamente  il  ruolo  che
comunque lo Stato puo' assumere in forza dell'art. 118, primo  comma,
come interpretato da codesta ecc.ma Corte  costituzionale  sin  dalla
sentenza  n.  303  del  2003.  Essa  tuttavia  rivendica  la   stessa
giurisprudenza  costituzionale,  nella   parte   in   cui   essa   ha
condizionato la chiamata in  sussidiarieta'  con  il  corollario  del
coinvolgimento delle Regioni nella forma  dell'intesa  ove  possibile
nella stessa scelta della chiamata in sussidiarieta', comunque  nella
disciplina e nella implementazione di tale scelta. 
    In applicazione di tale orientamento gia' nel ricorso avverso  la
legge n. 99 del 2009 la Regione ha precisato di non volere contestare
il potere statale di effettuare la scelta di fondo  del  «ritorno  al
nucleare», ma di volere  difendere  il  ruolo  delle  Regioni  ed  il
proprio ruolo in tutte le scelte e le procedure attraverso  le  quali
tale scelta deve attuarsi. 
    Pur non contestando il potere statale di  effettuare  scelte  «di
principio» in  materia  energetica,  qual  e'  quella  del  nucleare,
espressa dalla legge n. 99  del  2009,  la  ricorrente  Regione  deve
tuttavia impugnare il decreto legislativo n. 31 del 2010 non solo  in
relazione agli specifici articoli nei quali il  coinvolgimento  delle
Regioni come singole, interessate  da  specifiche  localizzazioni,  o
delle  Regioni   come   insieme,   rappresentate   nella   Conferenza
Stato-Regioni  o  nella  Conferenza  Unificata,  appare   assente   o
insufficiente, ma anche nella sua interezza. 
    Incomprensibilmente, infatti, e' stata violata la legge di delega
proprio nella garanzia piu' significativa che essa dava alle  Regioni
di partecipare alla stessa  disciplina  legislativa  del  ritorno  al
nucleare,  attraverso  la  «previa  acquisizione»  del  parere  della
Conferenza Unificata. 
    Passando all'analisi del complessivo  quadro  normativo  vigente,
riproponendo la ricostruzione gia' effettuata nel ricorso n. 83/2009,
si  osserva  che,  come  noto,  la  riforma  del   Titolo   V   della
Costituzione, attuata con legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3,
ha individuato quali materie  di  legislazione  concorrente,  fra  le
altre,  la   «produzione,   trasporto   e   distribuzione   nazionale
dell'energia», il «governo del territorio» (art.  117,  comma  terzo,
Cost.) e la «tutela della salute». 
    Di tali materie la Regione e' titolare costituzionale, salvo  che
per la  determinazione  dei  principi  fondamentali,  che  spetta  al
legislatore statale, e per  il  ruolo  che  comunque  lo  Stato  puo'
assumere in forza dell'art. 118, primo comma,  come  interpretato  da
codesta ecc.ma Corte costituzionale sin dalla  sentenza  n.  303  del
2003, con il corollario del coinvolgimento delle Regioni nella  forma
dell'intesa ove possibile  nella  stessa  scelta  della  chiamata  in
sussidiarieta', comunque nella fase amministrativa  ed  esecutiva  di
tale scelta. 
    Nello specifico, per quanto concerne il settore dell'energia,  la
Regione Emilia Romagna si e' dotata di articolata  normativa  recante
«Disciplina della programmazione  energetica  territoriale  ed  altre
disposizioni in materia di energia». 
    Si tratta della legge regionale 23  dicembre  2004,  n.  26,  che
inquadra gli interventi di competenza  della  Regione  e  degli  enti
locali all'interno di  una  programmazione  energetica  territoriale,
articolata nei livelli regionale, provinciale,  comunale  (cfr.  art.
6). 
    Il primo Piano Energetico Regionale (PER) e' stato approvato  dal
Consiglio Regionale in data 14 novembre 2007, e prevede  stanziamenti
regionali pari a circa  90  milioni  di  euro  in  tre  anni  per  la
realizzazione di interventi che riguardano il risparmio energetico  e
la  valorizzazione  delle  fonti  rinnovabili  negli  edifici,  negli
insediamenti produttivi e nei trasporti. 
    Il Piano energetico traccia lo  scenario  evolutivo  del  sistema
energetico  regionale  e  definisce   gli   obiettivi   di   sviluppo
sostenibile a partire dalle azioni che la Regione ha sviluppato negli
ultimi  anni,  soprattutto  sul  fronte  della  riqualificazione  del
sistema elettrico. E' da ricordare, infatti,  che  si  e'  realizzata
gia' dal 2000 la completa  trasformazione  del  parco  termoelettrico
regionale con l'adozione delle nuove tecnologie  di  alimentazione  a
metano che hanno sostituito tutte le vecchie centrali  alimentate  ad
olio combustibile. In questo modo, grazie alla maggiore efficienza  e
al minore impatto,  si  ha  a  disposizione  piu'  energia  e  si  e'
assicurata  una  condizione  di  equilibrio  del  bilancio  elettrico
regionale tra  richiesta  e  produzione  e,  contemporaneamente,  una
riduzione  significativa  di  emissioni  inquinanti  per  kilowattore
prodotto (oltre 500 mila tonnellate). 
    Contemporaneamente il Piano indica  gli  obiettivi  di  risparmio
energetico: per quasi un terzo  dovranno  venire  dal  risparmio  nel
settore residenziale e civile, per il 40 % dal settore dei trasporti,
mentre  nell'industria,  che  ha  gia'  visto  avviati  processi   di
innovazione energetica, il risparmio da realizzare e' del  25  %.  Il
Piano  traccia  quindi  le  linee  di  intervento,   promuovendo   la
valorizzazione  delle  fonti   rinnovabili   (fotovoltaico,   eolico,
idroelettrico,  geotermia,  biomasse),  per  ottenere   una   potenza
aggiuntiva pari a circa 400 MW, la diffusione di piccoli impianti  di
produzione di energia legati alle  esigenze  dell'utenza  finale  (la
cosiddetta «generazione distribuita» ad alta  efficienza,  attraverso
la   diffusione   della   tecnologia    della    cogenerazione    del
teleriscaldamento) per ottenere 600 MW di potenza  aggiuntiva  e  per
mettere il sistema in sicurezza anti black out. 
    Gli strumenti previsti comprendono innanzitutto  l'emanazione  di
nuove   norme   sul   rendimento   energetico   degli   edifici    in
Emilia-Romagna, con standard piu' stringenti rispetto al passato. 
    E' prevista, inoltre, la realizzazione di un sistema regionale di
certificazione  energetica  degli  edifici  (simile  a  quanto   gia'
realizzato per gli elettrodomestici), che riguardera' i nuovi edifici
e le grandi ristrutturazioni  degli  edifici  esistenti,  nonche'  la
promozione del progetto «calore pulito» per  la  utilizzazione  delle
caldaie a tecnologie piu' avanzate negli usi domestici. 
    In particolare, per quanto riguarda  gli  edifici  pubblici  (dai
municipi, alle scuole, agli ospedali), il PER prevede  l'avvio  della
riqualificazione energetica. Criteri di risparmio energetico dovranno
inoltre essere previsti in ogni  procedura  di  aggiudicazione  degli
appalti pubblici, cosi' come nella acquisizione di beni e servizi per
la pubblica amministrazione aventi incidenza sui consumi di energia. 
    Il Piano energetico regionale stabilisce, poi, di promuovere veri
e propri «piani-programma» delle Province e dei Comuni, una sorta  di
piani  regolatori  energetici  per  il  risparmio,  l'uso   razionale
dell'energia e lo sviluppo  delle  fonti  rinnovabili,  a  cominciare
dagli interventi in tutti gli edifici pubblici. 
    Il   Piano   punta,    poi,    anche    sulla    riqualificazione
energetico-ambientale degli insediamenti produttivi, con lo  sviluppo
di aree definite «ecologicamente attrezzate», promuovendo impianti  e
servizi energetici comuni, e anche  qui  con  cogenerazione  e  fonti
rinnovabili. 
    Il  Piano  sostiene,  infine,  un  nuovo  programma  per  l'«agro
energia», per l'adozione dei piccoli impianti biogas o biomassa nelle
imprese  agricole  e  per  la   realizzazione   della   riconversione
necessaria  della  produzione  bieticolo-saccarifera  in   produzione
agroenergetica. 
    Per quanto riguarda la materia del «governo del  territorio»,  la
Regione Emilia-Romagna, con legge 24 marzo 2000, n. 20, si e'  dotata
di una «Disciplina generale sulla tutela e l'uso del territorio»,  al
fine  di  realizzare   un   efficace   ed   efficiente   sistema   di
programmazione  e  pianificazione  territoriale  che  operi  per   il
risparmio delle risorse territoriali, ambientali ed energetiche,  per
il benessere economico, sociale e civile della popolazione regionale,
senza  pregiudizio  per  la  qualita'   della   vita   delle   future
generazioni. 
    Tra gli obiettivi della pianificazione territoriale vi  e'  anche
quello di «promuovere l'efficienza energetica  e  l'utilizzazione  di
fonti  energetiche  rinnovabili,  allo  scopo  di  contribuire   alla
protezione dell'ambiente e allo sviluppo sostenibile» (art. 2,  comma
2, lett. f-bis introdotta dalla legge regionale 9 luglio 2009, n. 6). 
    Gli strumenti pianificatori regionali (artt. 24  e  25)  sono  il
Piano Territoriale Regionale (PTR) e il Piano Territoriale Paesistico
Regionale (PTPR). 
    Ciascuna Provincia  approva  il  proprio  Piano  Territoriale  di
Coordinamento  Provinciale  (PTCP),  che  «definisce  l'assetto   del
territorio limitatamente agli interessi sovracomunali, che  attengono
... ... d) ai poli  funzionali  e  agli  insediamenti  commerciali  e
produttivi di rilievo sovra comunale» (art. 26). 
    Infine, i Comuni si dotano del Piano Strutturale Comunale  (PSC),
corredato del Regolamento Urbanistico Edilizio (RUE)  e  dei  singoli
Piani Operativi Comunali di dettaglio (POC). 
    Questa fitta trama di  provvedimenti  pianificatori  consente  di
ottenere una fotografia molto precisa del territorio regionale  e  di
sviluppare gli insediamenti abitativi e produttivi nell'ottica  della
tutela dell'ambiente e dello sviluppo sostenibile. 
    Nella materia  della  produzione  dell'energia,  e  con  evidente
fortissima incidenza sul governo del territorio ed evidenti  riflessi
sulla tutela della salute ed altre materie di  competenza  regionale,
ed in un ambito, almeno  in  parte,  corrispondente  a  quello  della
disciplina  regionale  ora  illustrata,  interviene  ora   la   legge
nazionale 23  luglio  2009,  n.  99,  recante  «Disposizioni  per  lo
sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonche' in materia
di energia». 
    In particolare, l'art.  25  della  legge  in  esame  contiene  la
cosiddetta delega al Governo in materia di energia nucleare. 
    A distanza di 22 anni dal referendum abrogativo  della  legge  n.
8/1983, lo Stato reintroduce l'energia nucleare. 
    La Regione Emilia-Romagna  prende  atto  di  questa  scelta,  che
compete agli organi rappresentativi della  comunita'  nazionale,  pur
con il rammarico che la mancata riforma delle strutture  parlamentari
e prima ancora l'omessa attivazione  della  partecipazione  regionale
alla Commissione parlamentare per le questioni regionali non  abbiano
consentito alle Regioni di  prendere  parte  a  questa  scelta  nelle
corrette sedi legislative. 
    Fuori discussione dunque in questa sede la scelta di base, rimane
tuttavia la necessita' di  salvaguardare  lo  specifico  ruolo  delle
Regioni, in quanto titolari costituzionali della potesta' legislativa
nelle materie di cui  all'art.  117,  terzo  e  quarto  comma,  della
Costituzione, ed in particolare in quelle sopra indicate.  
    Viene particolarmente in considerazione l'art. 25 della legge  in
questione, che contiene la delega al  Governo  in  materia  nucleare.
Esso prevede un ruolo della Conferenza  unificata  unificata  di  cui
all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.  281  in  primo
luogo (comma 1) nella procedura di emanazione dei decreti legislativi
delegati: tale Conferenza, infatti, deve essere «sentita». 
    L'art. 25 stabilisce, infatti, che  entro  sei  mesi  il  Governo
dovra' adottare appositi decreti legislativi di  riassetto  normativo
recanti «la disciplina della localizzazione nel territorio  nazionale
di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di  impianti
di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio
del combustibile irraggiato e dei rifiuti  radioattivi,  nonche'  dei
sistemi  per  il  deposito  definitivo  dei   materiali   e   rifiuti
radioattivi  e  per  la  definizione  delle  misure  compensative  da
corrispondere  e  da   realizzare   in   favore   delle   popolazioni
interessate». 
    Tale  modalita'  -  limitata  ad  un  parere  -  non  rappresenta
adeguatamente le istanze di partecipazione delle Regioni alle  scelte
generali, e tuttavia, nel  vigente  assetto  dei  poteri  legislativi
nazionali, la ricorrente Regione non censura tale disposizione. 
    Lo specifico ruolo regionale dovra' dunque necessariamente essere
salvaguardato nella  fase  successiva  della  gestione  attuativa  ed
esecutiva.  Tale  specifico  ruolo  deve  essere  salvaguardato   con
riferimento sia alle Regioni nel loro insieme, sia alle  Regioni  che
siano poi direttamente interessate dagli insediamenti delle centrali. 
    Nell'intento   di   salvaguardare   tale   ruolo,   la    Regione
Emilia-Romagna ha gia'  impugnato  l'art.  25  con  riferimento  alle
lettere a), f), g) ed h).  
    A  termini  della  lett.  a)  il  Governo   deve   prevedere   la
«possibilita' di dichiarare  i  siti  aree  di  interesse  strategico
nazionale, soggette a speciali forme di vigilanza e  di  protezione»,
senza prevedere alcuna partecipazione della Regione  interessata  ne'
della Conferenza unificata; 
    A termini della lett. f), in sede di esercizio della  delega,  il
Governo deve determinare altresi' le modalita' di esercizio  del  suo
potere sostitutivo in caso di mancato raggiungimento delle necessarie
intese con i diversi enti locali coinvolti, secondo  quanto  previsto
dall'art.  120  della   Costituzione.   Ad   avviso   della   Regione
Emilia-Romagna  la  previsione  di   tale   potere   sostitutivo   e'
illegittima sotto diversi profili. 
    A termini della lett. g), poi, la costruzione  e  l'esercizio  di
impianti per  la  produzione  di  energia  elettrica  nucleare  e  di
impianti per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi e  per  lo
smantellamento di impianti nucleari a fine vita  vengono  considerati
attivita' «di preminente interesse statale» e, come tali, soggetti ad
autorizzazione  unica  rilasciata  con  decreto  del  Ministro  dello
Sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente  e  con
il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa  intesa  con
la Conferenza unificata, (art. 25, comma 2, lett. g). 
    La detta autorizzazione unica, che  consegue  a  un  procedimento
unico cui partecipano le amministrazioni  interessate,  comprende  la
dichiarazione di pubblica utilita', indifferibilita' e urgenza  delle
opere, l'eventuale dichiarazione di  inamovibilita'  e  l'apposizione
del vincolo preordinato all'esproprio  dei  beni  in  essa  compresi,
sostituendo  ogni   provvedimento   amministrativo,   autorizzazione,
concessione,   licenza,   nullaosta,   atto   di   assenso   e   atto
amministrativo comunque denominati, fatta eccezione  delle  procedure
di  valutazione  di  impatto  ambientale  (VIA)  e   di   valutazione
ambientale  strategica   (VAS),   cui   si   deve   obbligatoriamente
ottemperare (art. 25, comma 2, lett. h). 
    Ne' la lett. g) ne' la lett.  h)  tuttavia  prevedono  che  sulla
autorizzazione, per i profili attinenti alla  localizzazione  e  alle
caratteristiche dell'impianto, sia richiesta l'intesa  della  Regione
interessata,   come   (ad   avviso    della    ricorrente    Regione)
costituzionalmente necessario. 
    Il successivo art. 26 della legge n. 99/2009  assegna  nuovamente
al Governo, e segnatamente  al  CIPE,  il  compito  di  definire  con
apposita delibera, sempre nel termine  di  sei  mesi  dalla  data  di
entrata in vigore della legge delega e previo parere della Conferenza
unificata, le tipologie degli impianti per la produzione  di  energia
elettrica nucleare  che  possono  essere  realizzati  nel  territorio
nazionale. 
    Come emerge chiaramente dalle disposizioni sopra citate, il ruolo
assegnato alle Regioni e' insufficientemente tutelato sia per  quanto
riguarda il loro insieme, sia - ed ancor piu' - per  quanto  riguarda
le Regioni direttamente interessate. 
    Mai  viene  richiesto   il   consenso   delle   singole   Regioni
interessate. Inoltre la  Conferenza  Unificata  puo'  esprimere  solo
pareri non vincolanti relativamente alle scelte strategiche e di alta
amministrazione,  mentre  l'intesa  e'  prevista  solo  in  sede   di
procedimento di autorizzazione unica, quando ormai la  localizzazione
dell'impianto e' gia' stata decisa. 
    Una  disciplina  di  tale  natura  interviene  in   una   materia
caratterizzata  da  legislazione  concorrente   e   in   un   settore
delicatissimo come quello dell'energia atomica. 
    E', infatti, oggettivamente molto difficile individuare in Italia
siti adatti alla costruzione di una centrale nucleare  e  ancor  piu'
allo stoccaggio e smaltimento dei rifiuti radioattivi. 
    La maggior parte del territorio italiano e'  soggetto  a  rischio
sismico e quindi non  idoneo  a  ricevere  impianti  nucleari  ne'  a
smaltire le scorie. 
    Ne' sono numerose le aree che dispongono  dell'ingente  quantita'
d'acqua occorrente al funzionamento di una centrale nucleare, perche'
la portata dei fiumi italiani e' generalmente insufficiente e perche'
le zone costiere, dove puo' essere utilizzata l'acqua del mare,  sono
spesso congestionate da insediamenti urbani e turistici,  scarsamente
compatibili con impianti nucleari. 
    In questo quadro, l'intero decreto legislativo, ed  in  subordine
ed in particolare le  specifiche  disposizioni  impugnate,  risultano
costituzionalmente illegittime per le seguenti ragioni di 
 
                            D i r i t t o 
 
I.  - Illegittimita' costituzionale dell'intero decreto per omissione
della «previa acquisizione» del  parere  della  Conferenza  Unificata
richiesta dall'art. 25, comma 1 della legge n. 99/2009. 
    E' pacifico che in  linea  di  principio  il  potere  legislativo
spetta integralmente alle Camere del Parlamento (art. 70 Cost.). Esse
non lo possono delegare al Governo  se  non  con  i  limiti  previsti
dall'art. 76 Cost., in termini di oggetto, di tempo, e di principi  e
criteri  direttivi.  Si  tratta  pero'  dei  limiti  minimi  che   la
Costituzione impone, ed e' pacifico che il Parlamento, attraverso  la
legge di delega,  puo'  imporre  limiti  ulteriori,  segnatamente  di
carattere procedurale, e che se tali ulteriori limiti e  prescrizioni
sono  violati  ne  risulta  affetto  sul  piano  della   legittimita'
costituzionale l'intero decreto legislativo. 
    Nello specifico caso,  la  legge  n.  99  del  2009  testualmente
dispone che  i  decreti  legislativi  attuativi  della  delega  siano
adottati «su proposta  del  Ministro  dello  sviluppo  economico,  di
concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del  territorio
e del mare e con il Ministro delle infrastrutture  e  dei  trasporti,
previa acquisizione del parere  della  Conferenza  unificata  di  cui
all'art. 8  del  decreto  legislativo  28  agosto  1997,  n.  281,  e
successive  modificazioni,  e   successivamente   delle   Commissioni
parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere
finanziario» (art. 25, comma , enfasi aggiunta). 
    Al contrario, il decreto legislativo n.  31  del  2010  e'  stato
adottato senza la previa acquisizione (ed  in  realta'  senza  alcuna
acquisizione) del parere della Conferenza unificata. 
    Cio' risulta dalle stesse premesse del decreto, nelle quali viene
curiosamente «preso atto che la seduta  del  27  gennaio  2010  della
Conferenza unificata di cui all'art. 8  del  decreto  legislativo  28
agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni ed  integrazioni,  al
cui ordine del giorno era iscritto il presente  decreto  legislativo,
non si e' tenuta». 
    La mancanza della acquisizione  del  richiesto  parere  e'  stata
rilevata anche dal Consiglio di Stato,  Sezione  Consultiva  per  gli
Atti Normativi, nell'Adunanza di Sezione dell'8 febbraio  2010  (atto
n.443 del 9 febbraio 2010), ove al punto 3 si rileva quanto segue. 
    «Va,  ancora,   preliminarmente   osservato   che   non   risulta
comunicato, alla data dell'odierno esame della questione,  il  parere
della Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto  legislativo
28 agosto 1997, n. 281, la  cui  previa  acquisizione  costituirebbe,
alla stregua del dettato dell'art. 25 della legge n. 99 del 2009,  un
atto prodromico essenziale per l'esercizio della  specifica  potesta'
delegata». 
    Va sottolineato che l'acquisizione del  parere  della  Conferenza
unificata non era dovuta in forza della previsione di cui all'art. 2,
comma 3 (che riguarda  la  Conferenza  Stato-regioni,  la  quale  «e'
obbligatoriamente sentita in ordine agli schemi di disegni di legge e
di decreto legislativo o di regolamento del Governo nelle materie  di
competenza delle regioni o delle province autonome  di  Trento  e  di
Bolzano che si pronunzia entro venti giorni», con la precisazione che
«decorso  tale  termine,  i  provvedimenti  recanti   attuazione   di
direttive  comunitarie  sono  emanati  anche  in  mancanza  di  detto
parere»), ne' in forza dell'art. 9, comma 2, lett.  a),  n.  3  dello
stesso decreto, che prevede il parere obbligatorio di tale Conferenza
solo  per  gli  «schemi  di  decreto  legislativo  adottati  in  base
all'articolo 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59» (tra i  quali  certo
non e' compreso quello di cui alla presente controversia). 
    La previa acquisizione del parere della Conferenza  unificata  e'
invece dovuta esclusivamente in forza  della  specifica  disposizione
della legge di delega: con il risultato di  costituire  nel  caso  in
esame - come sottolineato dallo stesso Consiglio di Stato - «un  atto
prodromico  essenziale  per  l'esercizio  della  specifica   potesta'
delegata». 
    Inoltre, l'art. 25, comma 1,  della  legge  di  delega  precisava
anche l'ordine di acquisizione  di  pareri,  palesemente  posti  allo
stesso livello di obbligatorieta', stabilendo la previa  acquisizione
del parere della Conferenza unificata, e successivamente  quella  del
parere delle Commissioni parlamentari: evidentemente allo  scopo  che
le Commissioni parlamentari potessero dare il proprio parere anche in
relazione alle osservazioni della Conferenza unificata. 
    Si noti che - non avvenuta la riunione del 27 gennaio 2010 -  non
risulta che il Governo abbia provveduto a riconvocare  la  Conferenza
per una successiva riunione, ne' prima ne' dopo la trasmissione dello
schema di decreto legislativo alle Commissioni parlamentari. 
    Di qui il vizio di  mancato  rispetto  della  procedura  prevista
dalla legge di delega per l'emanazione  del  decreto  legislativo,  e
dunque un vizio di legittimita' costituzionale che  inficia  l'intero
atto. 
    E' altresi' evidente che la ricorrente Regione ha  legittimazione
a sollevare la corrispondente censura, dal momento che il parere  che
e' stato omesso era previsto dalla legge di delega a  garanzia  delle
competenze e delle prerogative costituzionali delle Regioni: era,  in
definitiva, il modo in cui  la  legge  di  delega  prevedeva  che  le
Regioni partecipassero alla elaborazione del decreto legislativo. 
II.  Illegittimita'  costituzionale  delle  specifiche   disposizioni
impugnate. 
1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 2. 
    1.1 - L'art. 5, comma 2 del d.lgs.  n.  31  del  2010,  rubricato
Requisiti degli operatori prevede che «con decreto del Ministro dello
sviluppo economico,[...] sono  definiti  i  criteri  esplicativi  dei
requisiti  di  cui  al  comma  1,  nonche'  le   modalita'   per   la
dimostrazione del possesso dei requisiti stessi». 
    In verita' l'art. 25 della legge delega n. 99/2009 prevedeva  che
il Governo avrebbe dovuto esercitare la delega emanando  uno  o  piu'
decreti legislativi contenenti la statuizione («sono stabiliti»)  dei
«requisiti  soggettivi  per  lo  svolgimento   delle   attivita'   di
costruzione, esercizio e disattivazione degli impianti». 
    Appare chiaro, quindi,  gia'  in  sede  di  prima  analisi  della
disposizione impugnata, che la stessa, dal punto di vista  formale  e
sostanziale, in concreto non ottempera al disposto del citato art. 25
della legge di delegazione  poiche'  il  Governo  si  e'  limitato  a
rinviare ad una  fonte  non  solo  sottoordinata  rispetto  a  quella
prevista in sede di delega (un Decreto ministeriale)  ma  anche  -  e
soprattutto - ad una fonte che non e' tenuta a garantire i  requisiti
dell'art. 14 della legge n. 400 del 1988  e  dell'art.  20  della  cd
legge Bassanini 1. 
    In particolare, e' lo stesso art. 25 sopra citato che  impone  al
Governo di esercitare il potere delegato «secondo le modalita'  ed  i
principi direttivi di cui all'art. 20 della legge 15 marzo  1997,  n.
59». 
    Alla luce di quanto sopra si  comprende  come  il  fatto  che  il
Governo abbia deciso, in sede di esercizio del  potere  delegato,  di
esorbitare i margini di discrezionalita' individuati dal  Legislatore
delegante  concreta  non  solo  una  violazione  dell'art.  76  della
Costituzione, ma anche delle prerogative e l'assetto dei rapporti fra
lo Stato e la Regione. 
    Secondo  la  giurisprudenza   di   codesta   ecc.ma   Corte,   ha
riconosciuto che nel giudizio promosso in via principale il vizio  di
eccesso di delega puo'  essere  addotto  solo  quando  la  violazione
denunciata sia potenzialmente idonea a determinare  una  vulnerazione
delle attribuzioni costituzionali delle Regioni (sentenze n. 303  del
2003, n. 353 del 2001, n. 503 del 2000, n. 408 del 1998,  n.  87  del
1996). Cosi' e' nell'ipotesi di cui trattasi. 
    Non puo' negarsi, infatti, che la disciplina di  cui  al  secondo
comma dell'art. 5 del d.lgs. n. 31/2010, nel  prevedere  l'emanazione
di un decreto ministeriale deputato  alla  definizione  dei  «criteri
esplicativi dei requisiti di cui al comma 1»  in  luogo  di  appositi
decreti legislativi, rappresenta un  esercizio  del  potere  delegato
palesemente difforme da quanto espressamente previsto  dall'art.  25,
legge n. 99/2009 e comprime le attribuzioni regionali. 
    Dalla lettura del dato testuale dell'art. 25 citato,  secondo  il
quale, come gia' poc'anzi precisato, il Governo  deve  esercitare  il
potere delegato «secondo le modalita' ed i principi direttivi di  cui
all'art. 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59», vale  a  dire  secondo
forme di azione che tengono conto dei  «principi  di  sussidiarieta',
differenziazione   ed   adeguatezza,   nella    ripartizione    delle
attribuzioni e competenze tra i diversi soggetti istituzionali, nella
istituzione di sedi stabili  di  concertazione  e  nei  rapporti  tra
soggetti istituzionali ed i soggetti interessati, secondo  i  criteri
dell'autonomia, della leale collaborazione, della  responsabilita'  e
della tutela dell'affidamento» (cfr. art.  20  cit,  comma  4,  lett.
f-ter))  emerge  la  diretta  rilevanza  degli  interessi   regionali
coinvolti. 
    E' evidente, quindi, che la disposizione che qui si  impugna  non
rispetta le summenzionate previsioni. 
    Alla luce di cio' la Regione va considerata  «legittimata  a  far
valere le proprie attribuzioni anche allegando il  vizio  formale  di
eccesso di delega del decreto legislativo» (cfr.  sent.  n.  303  del
2003). 
    1.2. - Sotto diverso ma collegato profilo l'art. 5, comma  2  del
decreto legislativo che si impugna,  appare  viziato  da  profili  di
incostituzionalita'  perche'  omette  di   stabilire   i   «requisiti
soggettivi  per  lo  svolgimento  delle  attivita'  di   costruzione,
esercizio e disattivazione degli impianti»  richiesti  dall'art.  25,
comma 1 della legge di delegazione. 
    Si puo'  affermare,  infatti,  che  la  delega,  in  ordine  alla
determinazione dei requisiti soggettivi richiesti per la costruzione,
esercizio  e  disattivazione  degli  impianti  nucleari,  e'  rimasta
completamente inevasa 
    Nessun comma dell'art.  5  puo'  ritenersi  avente  un  contenuto
conforme  alle  prescrizioni  di  cui  all'art.  25  della  legge  di
delegazione. 
    Anche  il  comma  3,  infatti,  si  limita  a   riproporre,   con
formulazione pressoche'  identica,  i  requisiti  richiesti,  in  via
generale, a qualunque appaltatore  e  concessionario  pubblico  dalla
normativa vigente (cfr. art. 38 d.lgs. n. 163/2006). La  formulazione
esplicita ed inequivocabile della  legge  di  delegazione,  tuttavia,
imponeva espressamente al Governo  di  individuare  con  un  apposito
decreto legislativo i «requisiti soggettivi per lo svolgimento  delle
attivita' di costruzione, esercizio e disattivazione degli impianti»,
e cio', come argomentato sopra, e' rimasto totalmente inevaso  atteso
che il comma secondo si limita  a  demandare  la  fattispecie  ad  un
decreto ministeriale, fonte che, peraltro, non  deve  definire  alcun
requisito soggettivo  avendo  il  diverso  compito  di  limitarsi  ad
indicare i meri «criteri esplicativi»  di  requisiti  che,  a  questo
punto non appaiono in alcun modo individuati ed individuabili neppure
in via generale e generica sotto forma di criterio. 
2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 3. 
    2.1.   -   La    disposizione    della    quale    si    sostiene
l'incostituzionalita'  prevede  che  «il  Ministero  dello   sviluppo
economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della  tutela
del territorio e del mare, il Ministero delle  infrastrutture  e  dei
trasporti ed il Ministero per i beni e le attivita' culturali, adotta
con proprio decreto lo schema definitivo  dei  parametri  di  cui  al
comma 1. Tale decreto e' adottato entro i  trenta  giorni  successivi
alla conclusine della consultazione di cui al comma  2,  adeguando  i
parametri indicati nello schema iniziale, su proposta dell 'Agenzia». 
    A  sua  volta,   il   comma   1   appena   richiamato   subordina
l'individuazione   delle   aree   potenzialmente    destinate    alla
localizzazione  degli  impianti  nucleari  al  rigoroso  rispetto  di
determinati criteri tecnici. 
    E' doveroso osservare che tanto la fase di  individuazione  dello
«schema dei parametri esplicativi dei criteri tecnici» quanto la fase
adozione degli stessi da parte del decreto  ministeriale  di  cui  al
comma terzo, prescinde totalmente da alcuna forma di coinvolgimento o
collaborazione con le Regioni e gli enti territoriali interessati. 
    Trattasi, tuttavia,  di  criteri  che  impongono  di  considerare
attentamente la realta' locale  poiche'  devono  espressamente  tener
conto   dei   «seguenti   profili:   a)   popolazione    e    fattori
socio-economici;  b)  idrologia;   c)   fattori   metereologici;   c)
biodiversita'; d) geofisica e geologia; e) valore  paesaggistico;  g)
valore architettonico-storico; h) accessibilita'; i) sismo-tettonica;
l) distanza da aree abitate e  da  infrastrutture  di  trasporto;  m)
strategicita' dell'area per il sistema energetico  e  caratteristiche
della rete elettrica; n) rischi potenziali indotti da attivita' umane
nel territorio circostante». 
    Da  quanto  sopra  esposto  appare  palese  la  rilevanza   degli
interessi regionali coinvolti nella procedura di localizzazione degli
impianti  nucleari  poiche'   trattasi   di   attivita'   che   tocca
direttamente competenze regionali quali il governo del territorio, la
tutela  della  salute,  la  protezione  civile,  le  grandi  reti  di
trasporti e navigazione, la  produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale dell'energia e  la  valorizzazione  dei  beni  culturali  e
ambientali. 
    Pertanto, sebbene possa sostenersi astrattamente che  il  decreto
ministeriale cui  la  normativa  qui  impugnata  fa  riferimento  non
provvede direttamente ad individuare i siti in cui si  localizzeranno
gli impianti, tuttavia esso rappresenta l'atto sulla base  del  quale
tale individuazione avverra' in concreto. 
    Di  tal  che'  tale   decreto   va   considerato   il   vero   ed
imprescindibile  presupposto   della   concreta   localizzazione   e,
conseguentemente,  la  normativa  impugnata  appare  incostituzionale
nella  parte  in  cui  non  si  prevede  alcuna   idonea   forma   di
concertazione  con  le  regioni  in  ordine  alla  determinazione   e
all'approvazione dei criteri tecnici che devono essere rispettati  in
sede di localizzazione degli impianti nucleari. 
    Una siffatta interpretazione e' gia' stata  espressa  da  codesta
ecc.ma Corte con la decisione n. 62 del 2005 -  concernente  peraltro
la localizzazione e la realizzazione di un impianto per  la  gestione
di materiale radioattivo - con cui precisa che ogniqualvolta si  deve
procedere  alla  «specifica  localizzazione  e   alla   realizzazione
dell'impianto, l'interesse territoriale da prendere in considerazione
e a cui  deve  essere  offerta  sul  piano  costituzionale,  adeguata
tutela, e'  quello  della  regione  nel  cui  territorio  l'opera  e'
destinata ad essere ubicata. Non basterebbe piu', a  questo  livello,
il  semplice  coinvolgimento  della  Conferenza  Unificata,  il   cui
intervento non puo' sostituire quello, costituzionalmente  necessari,
della singola regione interessata (cfr. sentenze n. 383/1994; n.  242
del 1997, n. 303 del 2002 e 6 del 2004). 
    2.2. - Piu' in generale, si ripropongono anche in questa sede  le
censure gia' mosse in relazione  alla  illegittimita'  costituzionale
dell'art. 5, comma 2 del d.lgs. n. 31 del 2010. 
    Infatti  l'art.  25  della  legge  delega  n.  99/2009  prevedeva
espressamente che il Governo  avrebbe  dovuto  esercitare  la  delega
emanando appositi decreti legislativi contenenti «la disciplina della
localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione  di
energia  elettrica  nucleare,  di  impianti  di   fabbricazione   del
combustibile nucleare, dei sistemi  di  stoccaggio  del  combustibile
irraggiato e dei rifiuti radioattivi,  nonche'  dei  sistemi  per  il
deposito definitivo dei materiali e rifiuti radioattivi». 
    Appare  chiaro,  quindi,  gia'  in  sede  di  analisi   meramente
letterale del testo della disposizione impugnata, che la stessa,  dal
punto di vista formale e sostanziale, in concreto  non  ottempera  al
disposto del citato art. 25 della legge  di  delegazione  poiche'  il
Governo si e' limitato a rinviare ad una fonte non solo sottoordinata
rispetto  a  quella  prevista  in  sede   di   delega   (un   decreto
ministeriale) ma anche - e soprattutto - ad  una  fonte  che  non  e'
tenuta a rispettare i requisiti di cui all'art. 14 della legge n. 400
del 1988 e secondo le  modalita'  ed  i  principi  direttivi  di  cui
all'art. 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59. 
    Quest'ultima disposizione, in particolare, impone al  Governo  di
tener conto dei  «principi  di  sussidiarieta',  differenziazione  ed
adeguatezza, nella ripartizione delle attribuzioni e competenze tra i
diversi soggetti istituzionali, nella istituzione di sedi stabili  di
concertazione e nei rapporti tra soggetti istituzionali ed i soggetti
interessati,  secondo   i   criteri   dell'autonomia,   della   leale
collaborazione,    della    responsabilita'    e     della     tutela
dell'affidamento» (cfr. art. 20 cit, comma 4, lett. f-ter)). 
    Emerge, quindi, chiaramente, la diretta rilevanza degli interessi
regionali coinvolti atteso che il  Governo  ha  deciso,  in  sede  di
esercizio  del  potere  delegato,  di   esorbitare   i   margini   di
discrezionalita' individuati dal  legislatore  delegante  concretando
non solo una violazione dell'art. 76 della Costituzione, ma anche  le
prerogative e l'assetto dei rapporti fra lo Stato e la Regione. 
    Sul  punto  non  si  puo'   che   limitarsi   a   richiamare   la
giurisprudenza  gia'  citata  al punto  3)  di   questo   ricorso   e
considerare la  Regione  ricorrente  «legittimata  a  far  valere  le
proprie attribuzioni anche allegando il vizio formale di  eccesso  di
delega del decreto legislativo» (cfr. sent. n. 303 del 2003)  poiche'
la disciplina di cui al comma 3 dell'art. 8 del  decreto  legislativo
n. 31/2010, nel prevedere l'emanazione  di  un  decreto  ministeriale
deputato alla definizione dei «parametri di cui al comma 1» - vale  a
dire dei criteri tecnici da seguire per l'individuazione  delle  aree
destinate alla localizzazione degli impianti nucleari - in  luogo  di
appositi decreti legislativi, rappresenta  un  esercizio  del  potere
delegato  palesemente  difforme  da  quanto  espressamente   previsto
dall'art.  25,  legge  n.  99/2009  e  vulnerante   le   attribuzioni
regionali. 
3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 1,  in  combinato
disposto con l'art. 8, comma 3. 
    La particolare natura del decreto ministeriale di cui all'art. 8,
comma 3, sopra analizzato, vale a dire quella di atto i cui contenuti
rappresentano il presupposto necessario all'individuazione  dei  siti
in  cui   si   localizzeranno   gli   impianti   nucleari,   comporta
l'illegittimita' costituzionale anche dell'art. 9, comma 1. 
    Questa disposizione, infatti, dispone che «la strategia  nucleare
di  cui  all'art.  3,  insieme  ai  parametri  sulle  caratteristiche
ambientali e  tecniche  delle  aree  idonee  ai  sensi  del  comma  3
dell'art. 8, e' soggetta alle  procedure  di  valutazione  ambientale
strategica ai sensi e per gli effetti di cui al decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152 e successive modificazioni, nonche' al  principio
di giustificazione di cui alla Direttiva 96/29/EURATOM del  Consiglio
del 13 maggio 1996». 
    Anche in questo caso, nonostante l'indubbia rilevanza  di  ambiti
di competenza regionale, secondo  quanto  ampiamente  argomentato  al
punto precedente, cui  si  rimanda  integralmente,  non  e'  prevista
alcuna forma  di  coinvolgimento  o  collaborazione  con  le  Regioni
interessate  determinandosi,  quindi,  un'illegittima  compromissione
delle prerogative regionali costituzionalmente previste. 
4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 11, comma 6. 
    L'art. 11 e' dedicato alla Certificazione dei siti. 
    Esso dispone che l'Agenzia effettui l'istruttoria  tecnica  sulle
singole istanze degli operatori interessati, e che in caso  di  esito
positivo  essa  rilasci  la  certificazione,  anche  con   specifiche
prescrizioni, per ciascun sito proposto. 
    Le  certificazioni  dei  siti   sono   trasmesse   ai   Ministeri
interessati,  ed  il  Ministro  dello  sviluppo  economico  sottopone
ciascuno dei siti certificati all'intesa della  Regione  interessata,
che si esprime previa acquisizione del parere del comune  interessato
(comma 5). 
    Oggetto della presente impugnazione e' il  comma  6,  secondo  il
quale «in caso di mancata definizione dell'intesa di cui al  comma  5
entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento  della  richiesta
dell'intesa stessa, si provvede entro i trenta giorni successivi alla
costituzione di un Comitato interistituzionale, i cui componenti sono
designati  in  modo  da  assicurare   una   composizione   paritaria,
rispettivamente,  dal  Ministero  dello   sviluppo   economico,   dal
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e  del  mare  e
dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti,  da  un  lato,  e
dalla  Regione,  dall'altro,  che  assicura   la   presenza   di   un
rappresentante del comune interessato» (primo periodo). 
    Sempre il comma 6 dispone che «le modalita' di funzionamento  del
Comitato interistituzionale sono stabilite con decreto  del  Ministro
dello sviluppo economico, previo parere della Conferenza unificata da
esprimere entro trenta giorni  dalla  richiesta  del  parere  stesso»
(secondo periodo). 
    Dispone infine - per quanto qui interessa, che «ove non si riesca
a costituire il Comitato interistituzionale, ovvero non  si  pervenga
ancora  alla  definizione  dell'intesa  entro   i   sessanta   giorni
successivi alla costituzione del Comitato, si provvede all'intesa con
decreto del Presidente della  Repubblica,  previa  deliberazione  del
Consiglio  dei  Ministri,  integrato  con   la   partecipazione   del
presidente della Regione interessata» (ultimo periodo). 
    4.1 -  Il  comma  6  appare  disciplinare  -  in  relazione  alla
certificazione dei siti -  l'esercizio  del  potere  sostitutivo  per
mancato conseguimento delle intese in attuazione dell'art. 25,  comma
2, lett. f) della legge n. 99/2009, ricomprendendo dunque e quindi le
Regioni tra gli «enti locali coinvolti» ai quali tale disposizione si
riferisce. 
    Conviene ricordare che  tale  disposizione  e'  stata  contestata
dalla ricorrente Regione con il ricorso 83/2009 per violazione  degli
artt. 118 e 120 Cost. e del principio  di  leale  collaborazione,  in
quanto «prevedere l'intesa e poi  prevedere  l'esercizio  del  potere
sostitutivo statale per il caso di mancato raggiungimento dell'intesa
equivale a degradare sin dall'inizio il carattere forte dell'intesa e
ad  attribuire  una  posizione  di  debolezza  all'ente  territoriale
nell'adozione della decisione attratta in  sussidiarieta'».  Inoltre,
secondo  quanto  gia'  rilevato  nello  stesso  ricorso  «il  mancato
raggiungimento dell'intesa nella materia  oggetto  dell'art.  25  non
concreta una delle situazioni indicate tassativamente dall'art.  120,
comma 2, Cost.». Nella disposizione di cui al comma  6  la  questione
dell'eventuale mancato conseguimento  dell'intesa  e'  affrontata  in
termini  piu'  articolati,  essendo   previsto   un   meccanismo   di
coordinamento rivolto  a  facilitare  una  soluzione  consensuale,  e
dunque da ultimo il conseguimento  dell'intesa,  nella  forma  di  un
comitato     interistituzionale     a     composizione      paritaria
Ministeri-Regione: solo nel caso  in  cui  tale  comitato  non  venga
costituito, oppure non si raggiunga comunque  l'intesa,  e'  previsto
che lo Stato «provvede all'intesa con decreto  del  Presidente  della
Repubblica,  previa  deliberazione  del   Consiglio   dei   ministri,
integrato  con  la  partecipazione  del  presidente   della   Regione
interessata. 
    4.2 - In questi termini, la disposizione appare un  tentativo  di
conciliare le  opposte  esigenze  di  assicurare  il  consenso  della
Regione interessata e di garantire  un  potere  ultimo  di  decisione
statale. 
    Tuttavia, gia' nel ricorso n. 83/2009 si e' illustrato come  alle
intese con la Regione interessata concernenti le  localizzazioni  nel
territorio regionale  di  impianti  di  produzione  di  energia  vada
riconosciuto - alla stregua della stessa  giurisprudenza  di  codesta
ecc.ma Corte costituzionale - carattere forte. 
    Ci si e' gia' richiamati - per la parte rilevante - alle sentenze
n. 303 del 2003 (localizzazione opere strategiche),  n.  6  del  2004
(impianti di produzione di energia), n. 383/2005 (autorizzazione alla
costruzione ed esercizio di elettrodotti). In questa, in particolare,
codesta Corte ha ribadito che in questi casi «deve escludersi che, ai
fini del  perfezionamento  dell'intesa,  la  volonta'  della  Regione
interessata possa  essere  sostituita  da  una  determinazione  dello
Stato, il  quale  diverrebbe  in  tal  modo  l'unico  attore  di  una
fattispecie  che,  viceversa,  non   puo'   strutturalmente   ridursi
all'esercizio  di  un  potere   unilaterale».   Secondo   la   Corte,
«l'esigenza che il  conseguimento  di  queste  intese  sia  non  solo
ricercato in termini effettivamente  ispirati  alla  reciproca  leale
collaborazione, ma anche agevolato per evitare situazioni di  stallo,
potra' certamente  ispirare  l'opportuna  individuazione,  sul  piano
legislativo, di procedure parzialmente innovative  volte  a  favorire
l'adozione dell'atto finale nei casi in cui siano insorte difficolta'
a conseguire l'intesa, ma tali procedure non potranno  in  ogni  caso
prescindere dalla permanente garanzia della posizione paritaria delle
parti coinvolte». E,  «nei  casi  limite  di  mancato  raggiungimento
dell'intesa, potrebbe essere utilizzato, in ipotesi, lo strumento del
ricorso a questa Corte in sede di conflitto di attribuzione fra Stato
e Regioni». 
    Dunque, il dovere di collaborazione assicura dal  lato  regionale
il risultato dell'intesa tutte  le  volte  in  cui  un  comportamento
collaborativo effettivamente la imponga. 
    Non corrispondente invece ai criteri affermati da  codesta  Corte
e' una soluzione per la quale anche nel caso in cui il  dissenso  sia
oggettivamente giustificato anche  nel  quadro  di  un  comportamento
collaborativo lo Stato abbia  alla  fine  il  potere  unilaterale  di
«provvedere all'intesa». 
    In realta' nella stessa terminologia delle disposizioni impugnate
sembra che l'intesa della Regione (e degli enti  locali)  interessati
sia concepito come un qualcosa che viene preferibilmente ottenuto con
il consenso, ma se manca il consenso «deve» essere ottenuto comunque.
In effetti, il testo della disposizione neppure  considera  l'ipotesi
che gli argomenti opposti dalla Regione all'intesa siano  corretti  e
giustificati, e che dunque la mancata intesa possa condurre non  alla
sua «acquisizione forzata», ma all'abbandono del sito  in  questione.
La disposizione impugnata risulta percio' illegittima. 
    4.3. - Risulta ancora non conforme alla Costituzione,  ad  avviso
della  ricorrente  Regione,  la  disposizione  secondo  la  quale  le
modalita' di funzionamento del Comitato «sono stabilite  con  decreto
ministeriale  previo  parere  della  Conferenza  unificata»:   sembra
evidente,  infatti,   che   la   definizione   delle   modalita'   di
funzionamento di un organismo che si  vuole  paritetico  non  possono
essere lasciate... alla determinazione unilaterale di una della parti
«pari». 
    Si ritiene pertanto che al mero  parere  debba  essere  sostituta
l'intesa con la Conferenza unificata, al fine di  ripristinare  anche
sul  piano  delle  regole  di  funzionamento  la  pari  capacita'  di
determinazione dello Stato e delle Regioni. 
    4.4 - In  via  subordinata  alla  censura  di  cui  al  punto  b,
risulterebbe comunque costituzionalmente illegittima la  disposizione
secondo la quale il potere di acquisizione forzata dell'intesa scatta
anche nelle ipotesi nelle quali questa non si raggiunga a causa di un
comportamento non collaborativo dello Stato: come  potrebbe  accadere
sia    nell'ipotesi    che    alla    costituzione    del    comitato
inter-istituzionale non  si  possa  addivenire  per  l'inerzia  degli
organi statali, sia nell'ipotesi che costituito il comitato esso  non
sia in grado di raggiungere l'intesa a causa di un comportamento  dei
rappresentanti statali rivolto soltanto a far trascorrere  i  termini
per l'esercizio del potere unilaterale. 
    In mancanza della espressa esclusione del potere unilaterale  per
siffatte non certo  impossibili  ipotesi,  il  meccanismo  paritetico
previsto dalla legge per  l'esame  della  situazione  si  rivelerebbe
soltanto un rallentamento  di  una  procedura  destinata  comunque  a
concludersi con il prevalere di una delle parti. 
    4.5 - Da ultimo, sempre in via subordinata alla censura di cui al
punto  b,  risulta  costituzionalmente  illegittimo  che  il   potere
sostitutivo statale si traduca nel  «provvedere  all'intesa»  con  un
atto unilaterale. 
    Sembra evidente, infatti, che l'intesa e' per sua  natura  e  per
status costituzionale (art. 116, comma  terzo,  ed  art.  118,  comma
terzo) un atto bilaterale  formato  dallo  spontaneo  consenso  dello
Stato e delle Regioni o della Regione interessata : e che dunque  ove
in denegata ipotesi dovesse comunque ammettersi un potere unilaterale
statale sostitutivo ad esso non potrebbe assegnarsi la  denominazione
di intesa. 
5) Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma  1,  e  dell'art.
13, commi 10, 11, 12, in quanto non  prevedono  che  l'autorizzazione
unica all'esercizio degli impianti sia rilasciata previa  intesa  con
con la Regione interessata. 
    L'art. 4,  comma  1,  concerne  l'Autorizzazione  degli  impianti
nucleari. Esso  dispone  che  «la  costruzione  e  l'esercizio  degli
impianti nucleari sono considerate attivita' di preminente  interesse
statale e come  tali  soggette  ad  autorizzazione  unica  che  viene
rilasciata,  su  istanza  dell'operatore  e  previa  intesa  con   la
Conferenza  unificata,  con  decreto  del  Ministro  dello   sviluppo
economico di concerto con il Ministro dell'ambiente  e  della  tutela
del territorio e del mare e con il Ministro  delle  infrastrutture  e
dei  trasporti,  secondo  quanto  previsto   nel   presente   decreto
legislativo». 
    La  procedura  per  il  rilascio   dell'autorizzazione   e'   poi
compiutamente disciplinata dall'articolo 13 (Autorizzazione unica per
la costruzione  e  l'esercizio  degli  impianti  nucleari  e  per  la
certificazione dell'operatore), il  cui  comma  10  dispone  che  «al
compimento dell'istruttoria, l'Agenzia, anche in base all'esito delle
procedure di VIA,  rilascia  parere  vincolante  al  Ministero  dello
sviluppo economico che, sulla base di esso, entro trenta giorni dalla
comunicazione del parere stesso, indice una conferenza di servizi  ai
sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n.  241
con l'Agenzia, i Ministeri concertanti, la Regione e gli enti  locali
interessati e con tutti  gli  altri  soggetti  e  le  amministrazioni
coinvolti, da individuare sulla base dello  specifico  progetto,  che
non  abbiano  gia'  espresso  il  proprio   parere   o   la   propria
autorizzazione nell'ambito dell'istruttoria svolta dall'Agenzia». 
    Il comma 11 precisa che «qualora in sede di conferenza di servizi
di cui al comma precedente, non venga raggiunta la necessaria  intesa
con un  ente  locale  coinvolto,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico,  assegna
all'ente interessato  un  congruo  termine  per  esprimere  l'intesa;
decorso inutilmente tale termine, previa deliberazione del  Consiglio
dei ministri cui partecipa il presidente  della  regione  interessata
all'intesa, e' adottato, su  proposta  del  Ministro  dello  sviluppo
economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e  della  tutela
del territorio e del mare ed il Ministro delle infrastrutture  e  dei
trasporti,  decreto  del  Presidente  del  Consiglio   dei   ministri
sostitutivo dell'intesa». 
    Il comma 12 dispone che a seguito di  cio',  «nei  trenta  giorni
successivi alla positiva conclusione  dell'istruttoria,  il  Ministro
dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e  del  mare  e  con  il  Ministro  delle
infrastrutture  e  dei  trasporti,  rilascia  con   proprio   decreto
l'autorizzazione unica». 
    Va  in  primo  luogo  osservato   che   al   fine   di   ottenere
l'autorizzazione unica  l'operatore  titolare  del  sito  certificato
propone (obbligatoriamente ex  art.11,  comma  11)  apposita  istanza
contenente, fra l'altro, il progetto definitivo dell'impianto  (comma
2, lett.e). 
    E'  dunque  solo  con  l'autorizzazione  unica  che  avviene  tra
l'altro, all'interno del sito certificato, la localizzazione concreta
dell'impianto. 
    Le stesse ragioni sopra invocate per  la  necessita'  dell'intesa
forte con la Regione interessata in relazione alla certificazione dei
siti valgono dunque allo stesso modo in relazione alla autorizzazione
unica. 
    Anche le disposizioni impugnate dell'art. 4 e dell'art.  13  sono
dunque illegittime, in quanto non prevedono  l'intesa  «forte»  della
Regione interessata. 
    Al  contrario,  le  disposizioni   impugnate   neppure   sembrano
prevedere la necessita' dell'intesa con la Regione, dal  momento  che
in esse si parla solo  della  circostanza  che  nella  Conferenza  di
servizi  possa  non  raggiungersi  l'intesa  «con  un   ente   locale
coinvolto». D'altronde, un'intesa  forte  per  sua  natura  non  puo'
acquisirsi nel  quadro  delle  regole  proprie  della  conferenza  di
servizi, le quali prevedono comunque un potere  di  decisione  finale
unilaterale che ne contraddice la natura. 
    In  subordine  alla  illegittimita'  costituzionale  per  difetto
dell'intesa forte con la Regione interessata va censurata l'omissione
in relazione alla autorizzazione unica della  previsione  dell'intesa
della  stessa  Regione  interessata  nel  quadro  di  una   procedura
corrispondente a quella prevista  per  la  certificazione  dei  siti,
ovviamente emendata dalle illegittimita' costituzionali che anche  in
relazione ad essa sono state sopra lamentate.  
      
6) Illegittimita' costituzionale  dell'art.  19,  commi  1  e  2  per
violazione degli artt. 117, comma 3, 118 e  del  principio  di  leale
collaborazione. 
      
    L'art.  19   del   decreto   legislativo   impugnato,   rubricato
Disposizioni in materia di sistemazione dei rifiuti  radioattivi,  al
primo comma  attribuisce  al  soggetto  titolare  dell'autorizzazione
unica di cui all'art. 13 del  medesimo  decreto,  la  responsabilita'
della  «gestione  dei  rifiuti   radioattivi   operazionali   e   del
combustibile nucleare per tutta la durata della vita  dell'impianto».
La disposizione vincola tale soggetto al «rispetto delle disposizioni
vigenti nonche' delle prescrizioni tecniche e di esecuzione impartite
dall'Agenzia». 
    Al secondo comma si precisa che il  titolare  dell'autorizzazione
unica provvede secondo la normativa vigente  «e  le  prescrizioni  di
esecuzione impartite dall'agenzia, al trattamento  e  condizionamento
dei rifiuti operazionali, al  loro  smaltimento  presso  il  Deposito
Nazionale ed immagazzinamento del combustibile irraggiato  presso  il
medesimo Deposito Nazionale». 
    Appare evidente, pertanto, che la disposizione de  qua  non  solo
richiama la normativa vigente ma rimanda anche ad atti emanati da  un
soggetto - l'Agenzia per  la  sicurezza  nucleare  -  che,  ai  sensi
dell'art. 29 della legge n. 99/2009 non e' in alcun modo  deputato  a
rappresentare o comunque a tener conto  delle  competenze,  interessi
giuridicamente rilevanti ed istanze regionali. 
    La normativa appena citata, infatti,  definisce  l'Agenzia  quale
«la sola autorita' nazionale responsabile per la sicurezza nucleare e
la radioprotezione», svolgente «le funzioni ed i compiti di autorita'
nazionale  per  la   regolamentazione   tecnica,   il   controllo   e
l'autorizzazione ai fini della sicurezza delle attivita'  concernenti
gli  impieghi  pacifici  dell'energia  nucleare,  la  gestione  e  la
sistemazione  dei  rifiuti  radioattivi  e  dei  materiali   nucleari
provenienti sia da impianti di  produzione  di  elettricita'  sia  da
attivita' mediche ed industriali,  la  protezione  delle  radiazioni,
nonche' le funzioni ed i  compiti  di  vigilanza  sulla  costruzione,
l'esercizio  e  la  salvaguardia  degli  impianti  e  dei   materiali
nucleari, comprese le loro infrastrutture e la logistica» (cfr. comma
1, art. 29 cit.). 
      
    Anche sotto il profilo della composizione, l'Agenzia e' un organo
collegiale in seno al quale non vi e' alcuna forma di  rappresentanza
o coinvolgimento delle regioni (cfr. art. 29, comma 8). 
    Alla luce di cio', si censura l'art. 19  del  d.lgs.  n.  31/2010
poiche' incostituzionale nella parte in cui non  si  prevede  che  la
«gestione dei rifiuti radioattivi  operazionali  e  del  combustibile
nucleare per tutta la durata  della  vita  dell'impianto»  (art.  19,
comma  1)  ed  il  «trattamento   e   condizionamento   dei   rifiuti
operazionali»  nonche'  il  «loro  smaltimento  presso  il   Deposito
Nazionale ed immagazzinamento del combustibile irraggiato  presso  il
medesimo Deposito Nazionale» (art. 19, comma 2)  siano  regolamentate
anche  dalle  «prescrizioni  tecniche  e  di   esecuzione   impartite
dall'Agenzia»  senza  che  tali  prescrizioni  siano  individuate   e
definite di concerto  con  le  Regioni  interessate  (per  i  profili
attinenti  alle  modalita'  specifiche  di   gestione,   trattamento,
condizionamento e smaltimento dei rifiuti radioattivi) o quanto  meno
previo parere della Conferenza unificata (in ordine alla  definizione
delle modalita' generali di gestione, trattamento, condizionamento  e
smaltimento dei rifiuti radioattivi). 
      
    Infatti, la fattispecie disciplinata dall'art. 19 concerne  sotto
molteplici profili materie che l'art. 117, comma 3, attribuisce  alla
competenza concorrente Stato-Regioni: quali la «produzione, trasporto
e distribuzione nazionale dell'energia», la «tutela della salute»; la
«protezione civile» e la «tutela della sicurezza del lavoro»  nonche'
la materia ambientale. 
    Con riferimento a  quest'ultima  materia,  la  giurisprudenza  di
codesta ecc.ma Corte costituzionale ne ha sin dalla sentenza  n.  407
del 2002,  riconosciuto  la  natura  trasversale  precisando  che  le
interferenze    del    legislatore    statale    devono     limitarsi
all'individuazione  di  standard  di  tutela   uniformi   sull'intero
territorio nazionale, senza  escludere  la  competenza  regionale  in
materie di potesta' concorrente  o  residuale,  volta  alla  cura  di
interessi collegati con  quelli  propriamente  ambientali  (in  senso
conforme cfr. anche sent. n. 223/2003). 
    Successivamente questo orientamento  e'  stato  confermato  dalla
decisione n. 62 del 2005, peraltro concernente proprio un  intervento
legislativo  volto  a  realizzare  un  impianto  necessario  per   lo
smaltimento dei rifiuti radioattivi. 
    Tale pronuncia, dopo aver ribadito che la competenza  statale  in
materia ambientale «non esclude la concomitante possibilita'  per  le
Regioni  di  intervenire,  anche  perseguendo  finalita'  di   tutela
ambientale (cfr. sentenze 407/2002, n. 303 del  2003  e  n.  259  del
2004), cosi' nell'esercizio delle loro competenze in tema  di  tutela
della salute e di governo del territorio, ovviamente nel rispetto dei
livelli minimi di tutela apprestati dallo Stato  e  dell'esigenza  di
non impedire od ostacolare gli interventi statali  necessari  per  la
soddisfazione di interessi unitari, eccedenti l'ambito delle  singole
regioni», ha precisato che «quando gli  interventi  individuati  come
necessari e realizzati dallo Stato, in vista di interessi unitari  di
tutela ambientale, concernono l'uso del territorio, e in  particolare
la realizzazione di opere e di insediamenti atti  a  condizionare  in
modo rilevante lo stato e lo sviluppo di singole  aree,  l'intreccio,
da un lato con la competenza  regionale  concorrente  in  materia  di
governo del territorio, oltre che  con  altre  competenze  regionali,
dall'altro  con  gli  interessi  delle  popolazioni   insediate   nei
rispettivi  territori,  impone  che  siano  adottate   modalita'   di
attuazione degli  interventi  medesimi  che  coinvolgano,  attraverso
opportune forme di collaborazione, le Regioni sul cui territorio  gli
interventi sono destinati a realizzarsi (cfr. sent. n. 303/2003)». 
      
    Appare, pertanto, evidente l'illegittimita' costituzionale  della
disposizione che si impugna in questa sede perche' non prevede alcuna
forma di collaborazione o coinvolgimento delle istanze territoriali. 
    Vi e' stata, quindi, una illegittima attrazione della  competenza
a livello statale a disciplinare la  materia  sia  sotto  il  profilo
normativo sia della regolamentazione delle funzioni amministrative ex
art. 118 Cost. nonche', infine, la lesione  del  principio  di  leale
collaborazione non essendovi alcuna previsione di forme di raccordo e
integrazione  fra  i  diversi  soggetti  coinvolti   ed   interessati
dall'attivita' disciplinata dall'art. 19. 
      
    Sotto  quest'ultimo  profilo   si   ricorda   che,   secondo   la
giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte, nel concorso  tra  competenze
statali trasversali e competenze regionali, la  legislazione  statale
sarebbe legittima solo ove: a) logicamente pertinente e  idonea  alla
regolazione della materia; b) strettamente proporzionale a tale fine;
c) adottata a seguito di procedure che assicurino  la  partecipazione
dei livelli di  governo  coinvolti,  attraverso  strumenti  di  leale
collaborazione  o,  comunque,  prevedano   adeguati   meccanismi   di
cooperazione per l'esercizio concreto delle funzioni allocate  presso
gli organi centrali. (cfr. di recente sent. n. 1 del 2008). 
    Il  principio  di  leale  collaborazione,  cioe',   impone   alla
normativa statale di predisporre adeguati strumenti di coinvolgimento
delle regioni, a salvaguardia delle loro competenze (cfr.  ex  multis
sentenze. n.168, n. 63 e n. 50 del 2008; n. 201 del 2007; n. 211 e n.
133 del 2006). 
    Pertanto, in materie, quale quella oggetto del presente giudizio,
in  cui  risultano  necessariamente  ed  inestricabilmente   connesse
competenze statali e regionali, il principio di leale  collaborazione
richiede la messa in opera di procedimenti nei quali tutte le istanze
costituzionalmente rilevanti possano trovare  concreta  ed  effettiva
applicazione; e, sebbene la giurisprudenza costituzionale ammetta che
lo stesso possa essere organizzato  in  modi  diversi,  per  forme  e
intensita', tuttavia  esso  non  puo'  mai  essere  irragionevolmente
compresso o ridotto ad una mera formalita'. 
7) Illegittimita' costituzionale dell'art. 20, comma 1. 
    L'art. 20 contiene  disposizioni  in  materia  di  disattivazione
degli impianti. 
    Tale disposizione, al comma primo, prevede che «all'attivita'  di
disattivazione degli impianti attende la Sogin S.p.A. in coerenza con
gli scopi statutari, le linee di indirizzo  strategico  del  Ministro
dello sviluppo economico e del Ministro dell'economia e delle finanze
di cui all'articolo 27, comma 8 della legge 23 luglio  2009,  n.  99,
nonche' delle vigenti disposizioni in materia». 
    Si ricorda che la  Societa'  Gestione  Impianti  Nucleari  (SOGIN
S.p.A.)  e'  una  societa'  avente  come  unico  socio  il  Ministero
dell'economia e delle finanze ed il preciso compito  di  controllare,
smantellare, decontaminare e gestire i rifiuti radioattivi. 
    A  parere  della  scrivente  difesa  la  succitata  normativa  e'
incostituzionale nella parte in cui  non  prevede  che  le  modalita'
tecniche di disattivazione degli impianti siano definite d'intesa con
le  Regioni  interessate   o,   quanto   meno   in   relazione   alla
determinazione dei profili generali, di concerto  con  la  Conferenza
unificata. 
    7.1 - In primo luogo, si  osserva  che  la  determinazione  delle
modalita' di  disattivazione  degli  impianti  possono  astrattamente
essere  ricondotte  a  materie  quali  la  produzione,  trasporto   e
distribuzione  dell'energia,  governo  del   territorio,   protezione
civile, nonche' tutela della salute e dell'ambiente, che appartengono
alla competenza ripartita ex art. 117, comma 3, Cost. 
    In questo contesto lo Stato, in ossequio al  principio  di  leale
collaborazione e del dovere di prevedere forme di  coordinamento  con
le Regioni, non puo' agire iure imperli ed escludere  le  Regioni  in
ordina  all'assunzione  di  decisioni  e  modalita'   operative   che
influiscono  direttamente  sulla  loro  sfera  di  competenza   tanto
legislativa quanto amministrativa, ma dovrebbe individuare,  d'intesa
con la Conferenza Unificata, le modalita' essenziali  e  generali  di
disattivazione degli impianti. 
    7.2 - In secondo luogo si osserva anche che,  data  la  rilevanza
degli interessi e delle competenze regionali,  la  definizione  delle
modalita' tecniche di disattivazione degli impianti nucleari dovrebbe
avvenire d'intesa con la o le regioni su cui essi sono localizzati. 
    Sul punto si deve richiamare nuovamente  il  concetto  di  intesa
forte che si desume a partire dalla gia' richiamata sentenza  n.  303
del 2003 e che, successivamente, con la decisione n. 62 del 2005,  e'
stato esplicitato proprio in materia nucleare. 
    Da quest'ultima pronuncia si desume il principio secondo  cui  e'
costituzionalmente necessario tenere  in  considerazione  e  tutelare
l'interesse territoriale della Regione in  cui  si  trova  l'impianto
nucleare,  «non  bastando  piu',  a  questo  livello,   il   semplice
coinvolgimento della Conferenza unificata, il cui intervento non puo'
sostituire  quello,  costituzionalmente  necessario,  della   singola
regione interessata (cfr. sentenze n. 338 del 1994; n. 242 del  1997,
n. 303 del 2003, n. 6 del 2004)». 
8) Illegittimita' costituzionale dell'art. 27, comma 6. 
    L'art. 27 del decreto legislativo, che in questa sede si censura,
disciplina l'Autorizzazione Unica per la  costruzione  e  l'esercizio
del  Parco  Tecnologico  in  cui  si  dovra'  insediare  il  Deposito
nazionale delle scorie radioattive. 
    A tal proposito il comma 1 prevede che «Entro sei mesi dalla data
di entrata in vigore  del  presente  decreto  legislativo,  la  Sogin
S.p.A., tenendo conto dei criteri indicati dall'AIEA e dall'Agenzia e
sulla  base  delle  valutazioni   derivanti   dal   procedimento   di
Valutazione Ambientale Strategica di cui  all'articolo  9,  definisce
una proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee alla
localizzazione del  Parco  Tecnologico,  proponendo  al  contempo  un
ordine di idoneita' delle suddette aree sulla base di caratteristiche
tecniche e socio-ambientali delle aree preliminarmente  identificate,
nonche' un progetto preliminare di massima per la  realizzazione  del
Parco stesso». 
    Il comma sesto, a sua volta,  prevede  che:  «Il  Ministro  dello
sviluppo economico acquisito il parere tecnico dell'Agenzia,  che  si
esprime entro il termine di sessanta giorni, con proprio decreto,  di
concerto con il Ministro dell'ambiente, della tutela del territorio e
del mare ed il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, approva
la  Carta   nazionale   delle   aree   potenzialmente   idonee   alla
localizzazione del Parco tecnologico. La Carta e' pubblicata sui siti
della Sogin SpA, dei suddetti Ministeri e dell'Agenzia» 
    Duplice e' il profilo di censura che si propone  in  relazione  a
quest'ultimo comma. 
    8.1 - In primo luogo si ripropongono  anche  in  questa  sede  le
censure gia' mosse in relazione  alla  illegittimita'  costituzionale
dell'art. 5, comma 2 e dell'art. 8 comma 3,  del  d.lgs.  n.  31  del
2010. 
    Come gia' ampiamente argomentato, infatti, l'art. 25 della  legge
delega n. 99/2009 prevedeva  espressamente  che  il  Governo  avrebbe
dovuto esercitare la delega  emanando  appositi  decreti  legislativi
contenenti  «la  disciplina  della  localizzazione   nel   territorio
nazionale[...  ],  dei  sistemi  di   stoccaggio   del   combustibile
irraggiato e dei rifiuti radioattivi,  nonche'  dei  sistemi  per  il
deposito definitivo dei materiali e rffiuti radioattivi». 
    La  norma  de  qua,  chiaramente  dispone  in  senso  palesemente
difforme da quanto previsto  dal  Legislatore  delegante  poiche'  il
Governo  ha  preferito  attribuire  al  Ministro  per   lo   sviluppo
economico, previa acquisizione del parere  tecnico  dell'Agenzia,  il
potere di emanare un decreto contenente la Carta nazionale delle aree
potenzialmente idonee alla localizzazione del Parco tecnologico. 
    Si  e',  quindi,  rinviato,  ad  una  fonte  normativa  non  solo
sottoordinata rispetto a quella prevista in sede di delega ma anche -
e soprattutto - ad una  fonte  che  non  e'  tenuta  a  rispettare  i
requisiti di cui all'art. 14 della legge n. 400 del 1988 e secondo le
modalita' ed i principi direttivi di cui all'art. 20 della  legge  15
marzo  1997,  n.  59,   con   conseguente   diretta   lesione   delle
incontestabili competenze ed interessi regionali coinvolti. 
    8.2 -  E'  doveroso  osservare  che  l'approvazione  della  Carta
nazionale delle aree potenzialmente idonee  alla  localizzazione  del
Parco  Tecnologico   avviene   senza   alcuna   forma   di   efficace
coinvolgimento delle istanze regionali,  ne'  per  il  tramite  della
previsione  dello  strumento  della  consultazione  della  Conferenza
unificata, ne' tramite il  coinvolgimento -  sotto  forma  di  intesa
forte - della Regione interessata dalla concreta  localizzazione  del
Parco Tecnologico. 
    Il   comma   6   dell'art.    27,    va,    pertanto,    ritenuto
costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non  sono  previste
adeguate  forme  di  coinvolgimento  delle   Regioni   in   sede   di
determinazione e approvazione dei contenuti della Carta nazionale  di
cui sopra. 
    Il comma 2 dell'art. 27,  prevede  che  il  Progetto  preliminare
relativo alla localizzazione del Parco Tecnologico tenga conto  della
«a) documentazione relativa alla tipologia di  materiali  radioattivi
destinati  al  Deposito  nazionale  (criteri  di   accettabilita'   a
deposito;  modalita'  di  confezionamento   accettabili;   inventario
radiologico; ecc.); b) dimensionamento  preliminare  della  capacita'
totale del Deposito nazionale, anche  in  funzione  di  uno  sviluppo
modulare del medesimo; c) identificazione dei  criteri  di  sicurezza
posti alla base del  progetto  del  deposito;  d)  indicazione  delle
infrastrutture di pertinenza del Deposito  nazionale;  e)  criteri  e
contenuti per la definizione del  programma  delle  indagini  per  la
qualificazione del sito; fi indicazione del  personale  da  impiegare
nelle varie fasi di vita del Deposito nazionale,  con  la  previsione
dell'impiego  di  personale  residente  nei  territori   interessati,
compatibilmente con le professionalita' richieste e con la previsione
di specifici corsi di formazione; g) indicazione delle  modalita'  di
trasporto del materiale radioattivo al Deposito nazionale  e  criteri
per la valutazione della idoneita' delle vie di accesso al  sito;  h)
indicazioni di massima delle strutture del Parco  Tecnologico  e  dei
potenziali   benefici   per   il   territorio,   anche   in   termini
occupazionali; i) ipotesi di benefici diretti alle persone residenti,
alle imprese operanti nel territorio circostante il sito ed agli enti
locali interessati e loro  quantificazione,  modalita'  e  tempi  del
trasferimento. 
      
    Da  quanto  sopra  esposto  appare  palese  la  rilevanza   degli
interessi regionali coinvolti nella procedura di  localizzazione  del
parco Tecnologico poiche' investe direttamente  competenze  regionali
quali  il  governo  del  territorio,  la  tutela  della  salute,   la
protezione civile, le grandi reti  di  trasporti  e  navigazione,  la
produzione, trasporto e distribuzione  nazionale  dell'energia  e  la
valorizzazione dei beni culturali e ambientali. 
    Alla luce di cio', seguendo anche l'ormai ben noto e  consolidato
indirizzo interpretativo di codesta ecc.ma Corte, appare evidente  la
necessita' che, in sede di determinazione e approvazione della  Carta
nazionale di  cui  all'art.  27  qui  analizzato,  e'  necessario  il
coinvolgimento della conferenza  unificata  nonche',  al  momento  di
procedere  alla  «specifica  localizzazione  e   alla   realizzazione
dell'impianto, l'interesse territoriale da prendere in considerazione
e a cui  deve  essere  offerta  sul  piano  costituzionale,  adeguata
tutela, e'  quello  della  Regione  nel  cui  territorio  l'opera  e'
destinata ad essere ubicata. Non basterebbe piu', a  questo  livello,
il  semplice  coinvolgimento  della  Conferenza  Unificata,  il   cui
intervento non puo' sostituire quello, costituzionalmente necessario,
della singola regione interessata (cfr. sentenze n. 383/1994; n.  242
del 1997, n. 303 del 2002 e 6 del 2004)». (sent. n. 62 del 2005). 
    Sono, pertanto, del tutto insufficienti e  non  rispondenti  alla
normativa costituzionale, le previsioni di cui ai commi terzo, quarto
e quinto del citato art. 27 atteso che il Governo si  e'  limitato  a
prevedere che una forma di  mera  audizione  delle  osservazioni  che
comuni, province o regioni possono formulare in relazione al progetto
preliminare della carta nazionale di cui sopra, senza, tuttavia,  che
la Sogin S.p.A o il Ministero, abbiano alcun  obbligo  sostanziale  e
formale di tener conto o recepire le istanze degli enti territoriali. 
9) Illegittimita' costituzionale dell'art. 27, comma 8. 
    Approvata la Carta nel modo sopra illustrato, e'  previsto  (art.
27, comma 7), che o sulla  base  di  dichiarazioni  di  interesse  di
Regioni ed enti locali, o (in assenza di manifestazioni  d'interesse)
sulla base di trattative intraprese di propria iniziativa,  la  Sogin
SpA pervenga alla definizione di una o  piu'  ipotesi  relative  alla
localizzazione del «Parco  Tecnologico»,  e  che  su  tale  base  «il
Ministero dello sviluppo economico acquisisce l'intesa delle  Regioni
interessate». 
    Il comma 8 prevede il caso «di mancata definizione dell'intesa di
cui al comma 7 entro il termine di sessanta  giorni  dal  ricevimento
della richiesta». 
    Esso dispone che in tale caso «si provvede  entro  trenta  giorni
alla costituzione di un Comitato interistituzionale per tale  intesa,
i  cui  componenti  sono  designati  in  modo   da   assicurare   una
composizione paritaria, rispettivamente, dal Ministero dello sviluppo
economico, dal Ministero dell'ambiente e della tutela del  territorio
e del mare e dal Ministero delle infrastrutture e dei  trasporti,  da
un lato, e dalla Regione, dall'altro». 
    Si dispone, di seguito, che «le modalita'  di  funzionamento  del
Comitato interistituzionale sono stabilite entro il medesimo  termine
con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il
Ministro dell'ambiente della tutela del territorio e del mare  e  del
Ministro delle infrastrutture e dei  trasporti  previo  parere  della
Conferenza unificata da esprimere entro trenta giorni dalla richiesta
del parere stesso». 
    Infine, si dispone  che  «ove  non  si  riesca  a  costituire  il
predetto Comitato interistituzionale, ovvero non si  pervenga  ancora
alla definizione dell'intesa entro i sessanta giorni  successivi,  si
provvede all'intesa con  decreto  del  Presidente  della  Repubblica,
previa deliberazione del Consiglio dei  Ministri,  integrato  con  la
partecipazione del presidente della Regione interessata». 
    Come  e'  evidente,  si   tratta   di   disposizioni   pienamente
corrispondenti a quelle dell'art. 11, comma 6: medesima soluzione  al
medesimo problema  del  dissenso  della  Regione  interessata,  prima
attraverso il Comitato paritetico, poi - ove non venga  costituito  o
non si raggiunga l'intesa - attraverso il  potere  sostitutivo  dello
Stato. 
    Tuttavia,  secondo  quanto  stabilito  da  codesta  ecc.ma  Corte
costituzionale nella sentenza n. 62 del 2005 (relativa  tra  l'altro,
alla legittimita' del d.l. n. 314/03, convertito in legge n. 368  del
2003, recante «Disposizioni urgenti per la raccolta, lo smaltimento e
lo stoccaggio,  in  condizioni  di  massima  sicurezza,  dei  rifiuti
radioattivi») viene qui in  considerazione  la  competenza  esclusiva
statale in materia di tutela dell'ambiente, sia pure intrecciata  con
la  competenza  regionale  concorrente  in  materia  di  governo  del
territorio e  con  gli  interessi  delle  popolazioni  insediate  nei
rispettivi territori: il che impone che siano adottate  modalita'  di
attuazione degli  interventi  medesimi  che  coinvolgano,  attraverso
opportune forme di collaborazione, le Regioni sul cui territorio  gli
interventi sono destinati a realizzarsi. 
    Pur non potendosi dunque in questo caso - che coinvolge anche una
materia di competenza esclusiva statale - negare il potere statale di
determinazione finale unilaterale, devono tuttavia essere richiamate,
trattandosi  della  localizzazione  dell'opera  e   delle   attivita'
strumentali alla gestione delle centrali nucleari - le altre  censure
sopra formulate in relazione all'art. 11, comma 6: sia  in  relazione
alla mancata previsione dell'intesa della Conferenza sulle regole  di
funzionamento  del  Comitato  interistituzionale,  sia  quanto   alle
censure subordinate relative da un lato alla mancata  esclusione  del
potere sostitutivo per le ipotesi  in  cui  sia  l'atteggiamento  non
collaborativo statale  a  determinare  la  mancata  costituzione  del
Comitato  o  il  mancato  accordo  sul  da  farsi,  dall'altro   alla
illegittimita' della previsione di una intesa formata unilateralmente
dallo Stato, anziche' di un semplice atto unilaterale dello Stato. 
10) Illegittimita' costituzionale dell'art. 27, comma 11. 
    L'art. 27, comma 11, riguarda la fase  di  determinazione  finale
della localizzazione del Parco Tecnologico e del Deposito Nazionale. 
    Vi si dispone  che  il  Ministro  dello  sviluppo  economico,  di
concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del  territorio
e del mare e del  Ministro  delle  infrastrutture  e  dei  trasporti,
sentito il Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca
per gli aspetti relativi all'attivita' di ricerca, sulla  base  della
proposta  formulata  dalla  Sogin  S.p.A  e  del  parere   vincolante
dell'Agenzia,  individua  con  proprio  decreto  il   sito   per   la
realizzazione del Parco Tecnologico e ne attribuisce  il  diritto  di
svolgere le attivita' di cui al presente articolo  in  via  esclusiva
alla stessa Sogin S.p.A. 
    La disposizione appare illegittima  in  quanto  -  pur  dovendosi
considerare  acquisita  l'intesa  della  Regione  interessata  (o  la
determinazione sostitutiva) nelle fasi precedenti della  procedura  -
non e' prevista l'intesa della Conferenza unificata. 
    Sia consentito di richiamare qui il passo della  citata  sentenza
n. 62 del 2005, a termini del quale «e'  corretto  il  coinvolgimento
che il decreto-legge attua, delle Regioni e  delle  autonomie  locali
nel   loro    insieme,    attraverso    la    Conferenza    unificata
Stato-Regioni-autonomie locali, chiamata  a  cercare  l'intesa  sulla
individuazione  del  sito  (art.  1,  comma  1,   del   decreto-legge
impugnato)». 
    Non e' corretto, invece, che tale intesa non sia  prevista,  come
nel  presente  caso,  essendo  fuori  discussione  l'interesse  delle
Regioni a partecipare alla corretta  scelta  del  sito  del  Deposito
nazionale e del Parco tecnologico. 
11) Illegittimita' costituzionale dell'art. 27, commi 14, 15 e 16. 
    I commi 14, 15 e 16 disciplinano il rilascio  dell'autorizzazione
unica per la costruzione e l'esercizio del Deposito  nazionale  e  di
tutte le altre opere connesse comprese nel Parco Tecnologico. 
    Il comma 14 dispone che «l'Agenzia, anche in base all'esito delle
procedure di VIA,  rilascia  parere  vincolante  al  Ministero  dello
sviluppo economico che, sulla base di esso, entro trenta giorni dalla
comunicazione del parere stesso, indice una conferenza di servizi  ai
sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n.  241
con i Ministeri concertanti, la Regione e gli enti locali interessati
e con tutti gli altri soggetti e  le  amministrazioni  coinvolti,  da
individuare sulla base dello specifico progetto, che non abbiano gia'
espresso il proprio parere o la  propria  autorizzazione  nell'ambito
dell'istruttoria svolta dall'Agenzia». 
    Il comma  15  a  sua  volta  dispone  che  «qualora  in  sede  di
conferenza di servizi di cui al comma  14,  non  venga  raggiunta  la
necessaria intesa con un ente locale  coinvolto,  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri,  su  proposta  del  Ministro  dello  sviluppo
economico,  assegna  all'ente  interessato  un  congruo  termine  per
esprimere  l'intesa;  decorso  inutilmente   tale   termine,   previa
deliberazione del Consiglio dei ministri cui partecipa il  presidente
della regione interessata all'intesa, e' adottato,  su  proposta  del
Ministro dello  sviluppo  economico,  di  concerto  con  il  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed il Ministro
delle infrastrutture e dei  trasporti,  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri sostitutivo dell'intesa». 
    Secondo il comma 16, infine, «nei trenta giorni  successivi  alla
positiva conclusione dell'istruttoria,  il  Ministro  dello  sviluppo
economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e  della  tutela
del territorio e del mare e con il Ministro  delle  infrastrutture  e
dei trasporti, rilascia con proprio decreto  l'autorizzazione  unica,
disponendone  la  pubblicazione  sulla   Gazzetta   Ufficiale   della
Repubblica Italiana e nei siti  Internet  dei  relativi  Ministeri  e
dell'Agenzia.». 
    Anche tale disposizione non prevede l'intesa  con  la  Conferenza
unificata, ed e' dunque costituzionalmente illegittima per le  stesse
ragioni  esposte  sopra  in  relazione  all'art.  27,  comma  11,  in
relazione alla individuazione del sito.