IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale n. 3161 del 2009,  integrato  da  motivi  aggiunti,
proposto da Greco Carlo,  rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Angelo
Clarizia, con domicilio eletto presso Angelo Clarizia  in  Roma,  via
Principessa Clotilde n. 2; 
    Contro la Corte dei conti, in persona del  legale  rappresentante
pro tempore, rappresentata  e  difesa  dall'Avvocatura  dello  Stato,
domiciliata per  legge  in  Roma,  via  dei  Portoghesi  n.  12;  nei
confronti di Della Ventura  Piergiorgio,  Pasqualucci  Furio;  e  con
l'intervento di  ad  adiuvandum  Associazione  Magistrati  Corte  dei
conti,  in   persona   del   legale   rappresentante   pro   tempore,
rappresentata e  difesa  dall'avv.  Maria  Alessandra  Sandulli,  con
domicilio eletto presso  Maria  Alessandra  Sandulli  in  Roma,  c.so
Vittorio Emanuele II, 349; 
    Per  l'annullamento,  previa  sospensione   dell'efficacia,   del
decreto del Presidente della Corte  dei  conti  del  7  aprile  2009,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - serie
generale - n. 81 del 7 aprile 2009, di  convocazione  delle  elezioni
per la nomina dei rappresentanti del  personale  di  magistratura  in
seno al  Consiglio  di  presidenza  della  Corte  dei  conti  per  il
quadriennio 2009/13 e di ogni  altro  atto  presupposto,  connesso  e
conseguenziale, tra cui la nota del Presidente della Corte dei  conti
n. 1067 del 20 aprile 2009; 
    Impugnato con il ricorso principale del  decreto  del  Presidente
della Corte dei conti  del  22  aprile  2009  di  differimento  delle
elezioni  per  la  nomina  dei  rappresentanti   del   personale   di
magistratura in seno al Consiglio di presidenza della Corte dei conti
per il quadriennio 2009/13 alla data di sabato 9  maggio  2009  dalle
ore 9 alle ore 21 e domenica 10 maggio 2009 dalle ore 9 alle ore 15; 
    Impugnato con i primi motivi aggiunti del non conosciuto  decreto
del  Presidente  della  repubblica  in  data  13   maggio   2009   di
costituzione del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti; 
    Impugnato coni secondi motivi aggiunti; 
    Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visto ratto di costituzione in giudizio di Corte dei conti; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  28  ottobre  2009  il
dott. Maria Laura Maddalena e uditi per le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
    Con ricorso ritualmente notificato,  il  ricorrente,  Consigliere
presso la sezione giurisdizionale per  la  Toscana  della  Corte  dei
conti, ha impugnato il provvedimento del Presidente della  Corte  dei
conti (decreto 7 aprile  2009,  pubblicato  nella Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica italiana - serie generale - n. 81 del 7 aprile 2009)
di convocazione per i giorni mercoledi' 6 maggio 2009,  dalle  ore  8
alle ore 20, e giovedi' 7 maggio 2009, dalle ore 8 alle ore 14  delle
elezioni  per  la  nomina  dei  rappresentanti   del   personale   di
magistratura in seno al  consiglio  di  presidenza  della  Corte  dei
conti, per il quadriennio 2009/13. 
    Il provvedimento e' censurato per i seguenti motivi: 
        a)  l'indizione  delle  consultazioni  elettorali  in  giorni
lavorativi lede l'elettorato attivo dei magistrati contabili, i quali
non potranno esercitare il loro  diritto  di  voto  essendo  in  quei
giorni impegnati nello svolgimento delle funzioni giurisdizionali; 
        b)   le   date   prescelte,   inoltre,   pregiudicano   anche
l'elettorato passivo in quanto coloro che intendono candidarsi  hanno
a loro disposizione solo 28 giorni per la campagna elettorale, mentre
in passato era sempre stato garantito un termine di  almeno  sessanta
giorni; non si ravvisa, inoltre, nella previsione  dei  cui  all'art.
11, comma 10, secondo periodo, della legge n. 15/2009, alcun  vincolo
relativo alla data in cui celebrare le elezioni, posto che  la  norma
in questione ha previsto il termine del 7 maggio 2009 unicamente  per
l'indizione delle elezioni; 
        c) il decreto impugnato  e'  inoltre  illegittimo  in  quanto
applicativo dell'art. 11, comma 8 della  legge  n.  15/2009,  che  ha
modificato  la  disciplina  clan  composizione   del   Consiglio   di
Presidenza della Corte dei conti; a questo proposito il ricorrente ha
sollevato eccezione di incostituzionalita'  asserendo  che  la  nuova
normativa si pone in contrasto con gli artt. 3, 97, 100, 103,  104  e
108 della Costituzione. 
    Con decreto presidenziale del 23 aprile 2009, l'istanza di misure
cautelari provvisorie e' stata rigettata. 
    Con il primo  ricorso  per  motivi  aggiunti,  il  ricorrente  ha
impugnato il decreto del 22 aprile 2009 con cui il  Presidente  della
Corte dei conti  ha  disposto  il  differimento  delle  consultazioni
elettorali alle date di sabato 9 maggio 2009 dalle ore 9 alle ore  21
e domenica 10 maggio 2009 dalle ore 9 alle ore 15. 
    Avverso tale provvedimento, il ricorrente, oltre a riproporre  le
doglianze gia' volte con il ricorso  originario,  ha  prospettato  le
seguenti ulteriori doglianze: 
        1) il differimento della data delle consultazioni  elettorali
continua a pregiudicare l'elettorato  passivo  dei  magistrati  della
Corte poiche' non e' stato garantito un lasso di tempo  adeguato  per
organizzare la campagna elettorale, sia se si considera,  in  via  di
analogia, quanto previsto dalla legge n. 186/1982, art. 9,  comma  2,
sia tenuto conto della prassi, rispettata fino ad ora,  di  garantire
almeno sessanta gironi per la campagna elettorale; 
        2)  l'illegittimita'   derivata   dalla   incostituzionalita'
dell'art. 11, comma 8 della  legge  n.  15/2009,  inoltre,  trova  un
ulteriore sostegno nel parere del Consiglio di Stato  del  1º  aprile
2009,  reso  in  materia  di  applicabilita'  del  principio  di  non
rieleggibilita' dei membri elettivi del CSM e degli altri  organi  di
autogoverno delle magistrature speciali. 
    L'avvocatura dello Stato si e' costituta  ed  ha  depositato  una
memoria per chiedere il rigetto dell'istanza cautelare e, nel merito,
del ricorso perche' infondato, stante la manifesta infondatezza delle
eccezioni di costituzionalita' proposte. 
    Con  atto  di  intervento  ad  adiuvandum,   si   e'   costituita
l'associazione magistrati della Corte dei conti sostenendo le ragioni
del ricorrente. Con ordinanza  n.  1993  del  2009,  il  collegio  ha
rigettato l'istanza cautelare e ha fissato  per  la  trattazione  nel
merito della causa l'odierna udienza. 
    Con il secondo ricorso per  motivi  aggiunti,  il  ricorrente  ha
impugnato il decreto del Presidente della Repubblica di  costituzione
del Consiglio di presidenza della Corte dei conti del 13 maggio 2009,
per illegittimita' derivata, ribadendo tutti motivi di  ricorso  gia'
in precedenza articolati sia nel ricorso  originario  che  nel  primo
ricorso per motivi aggiunti. 
    Sia la difesa erariale che il ricorrente hanno depositato memorie
per l'udienza, ulteriormente argomentando le loro precedenti  difese.
All'odierna udienza, la  causa  e'  stata  trattenuta  in  decisione.
Vengono  all'esame  del  collegio  le  eccezioni  di   illegittimita'
costituzionale, prospettate  dal  ricorrente  e  dalla  interveniente
Associazione, dell'art. 11, comma 8 della legge n.  15  del  4  marzo
2009, concernente la  costituzione  e  formazione  del  Consiglio  di
presidenza della Corte dei conti. Esso prevede infatti che: 
        «8. Il Consiglio di presidenza della Corte dei  conti,  quale
organo di amministrazione del personale  di  magistratura,  (...)  E'
composto dal Presidente della Corte, che lo presiede, dal  Presidente
aggiunto, dal Procuratore generale,  da  quattro  rappresentanti  del
Parlamento eletti ai sensi dell'art. 7, comma 1,  lettera  d),  della
legge 27 aprile 1982, n. 186, e successive modificazioni, e dell'art.
18, comma 3, della legge  21  luglio  2000,  n.  205,  e  da  quattro
magistrati eletti da tutti i magistrati della Corte. Alle sedute  del
Consiglio, tranne quelle in sede disciplinare, possono partecipare il
segretario  generale  della  Corte  ed  il  magistrato  addetto  alla
presidenza con funzioni di capo di gabinetto. Qualora, per specifiche
questioni, uno dei due sia designato relatore, lo stesso  ha  diritto
di voto per espressa delega del Presidente della Corte.». 
    Il ricorrente ha prospettato eccezioni di costituzionalita' della
norma sotto plurimi profili per contrasto con gli artt. 3,  97,  100,
103, 104  e  108  della  Costituzione.  La  maggior  parte  di  esse,
tuttavia,  sono  a  parere   di   questo   collegio   irrilevanti   o
manifestamente infondate. 
    Ci  si  riferisce  alla  e.d.c.   concernente   l'assenza   della
previsione di requisiti  di  professionalita'  per  i  membri  laici,
questione che non e' rilevante nel caso in esame e  che  comunque  e'
manifestamente  infondata   posto   che,   attraverso   il   richiamo
espressamente operato dal comma 8 dell'art. 11 della legge n. 15/2009
all'art. 7, comma 1 della lettera d) legge n. 186/1982, le specifiche
professionalita' dei membri laici  continuano  ad  essere  garantite.
Irrilevante e'  anche  l'e.d.c.  concernente  la  partecipazione  del
Segretario generale, con diritto di voto, per i procedimenti che  non
hanno natura disciplinare. Nel caso  di  specie,  infatti,  non  sono
state  impugnate  deliberazioni  alle  quali  abbia  preso  parte  il
Segretario generale.  Irrilevante  e'  infine  l'e.d.c.  relativa  al
«magistrato  addetto  alla  presidenza  con  funzioni  di   capo   di
gabinetto», prospettata in via meramente ipotetica. 
    Il ricorrente, infine, ha sollevato una q.d.c. in relazione  alla
nuova composizione del  consiglio  di  Presidenza,  disciplinata  dal
citato art. 11, comma 8, che  ha  modificato  il  precedente  assetto
disciplinato dall'art. 10 della legge n.  117/1988,  come  modificato
dalla legge n. 62/2006, i  componenti  del  Consiglio  di  presidenza
eletti dai magistrati della Corte dei conti diventano quattro (mentre
in precedenza essi erano dieci), ovvero in numero  eguale  ai  membri
laici. 
    L'eccezione di  incostituzionalita'  in  esame,  prospettata  nel
ricorso e nella memoria del 15 ottobre 2009,  poggia  sulle  seguenti
argomentazioni: la sentenza della Corte Cost. n. 87/2009  ha  sancito
la piena equiparazione  del  CSM  ai  Consigli  di  Presidenza  delle
magistrature speciali in ordine alla funzione di garanzia  che  detti
organi devono assolvere al  fine  di  assicurare  l'indipendenza  dei
magistrati ordinari e  speciali.  Pertanto,  non  si  ravvisa  alcuna
ragionevole  motivo   per   differenziare   l'organizzazione   e   la
costituzione degli organi in esame, in  particolare  con  riferimento
alla percentuale della componente togata in seno ai tre consigli, che
l'art. 104 Cost. fissa nei due terzi, della compagine consiliare, con
esclusione dei membri di diritto, in modo tale che  detta  componente
sia numericamente preponderante rispetto a  quella  della  componente
laica. L'art. 11, comma 8, dunque, nel prevedere  che  la  componente
elettiva sia di  numero  eguale  alla  componente  laica,  discrimina
ingiustificatamente la condizione  dei  magistrati  della  Corte  dei
conti rispetto a  quella  degli  altri  magistrati  amministrativi  e
ordinari e si pone in contrasto con il combinato disposto degli artt.
104 e 108 Cost. Infine, stabilire una disciplina diversificata per la
composizione dei rispettivi consigli di  Presidenza  della  giustizia
amministrativa e della Corte dei conti, pur in presenza  di  numerosi
rinvii recettizi a norme della legge  n.  196/1982,  viola  l'art.  3
della Costituzione con riferimento agli arti. 100 e 103, sia sotto il
profilo della ingiustificata disparita' di trattamento dei due ordini
magistratuali che sotto il profilo della  ragionevolezza,  stanti  le
profonde analogie che caratterizzano  lo  statuto  del  Consiglio  di
Stato e della Corte dei conti. 
    L'avvocatura dello Stato ha sostenuto, nella sua memoria  del  15
ottobre 2009, la manifesta  infondatezza  delle  e.d.c.  proposte  in
quanto concernenti la  struttura  dell'organo  di  autogoverno  della
Corte dei conti, il cui assetto, cosi' come gia' ritenuto dalla Corte
costituzionale (ord. n. 377/1998 e n.  161/1999)  si  presta  ad  una
pluralita'  di  soluzioni  fra  le  quali  solo  il  legislatore   e'
legittimato a scegliere nella sua discrezionalita'. Secondo la difesa
erariale, inoltre, i giudici speciali godono  delle  stesse  garanzie
della  magistratura  ordinaria  solo  con   riferimento   alla   c.d.
indipendenza funzionale, che ha riguardo al concreto esercizio  della
funzione  giurisdizionale,  mentre  non  sarebbe  possibile  invocare
l'applicazione diretta ai giudici speciali  delle  garanzie  previste
dalla Costituzione agli artt. 104-107 Cost. per i  giudici  ordinari,
poiche' le garanzie per  la  c.d.  indipendenza  istituzionale  delle
magistrature speciali  possono  essere  variamente  disciplinate  dal
legislatore. La Costituzione, pertanto,  ha  voluto  differenziale  i
modelli di indipendenza delle diverse magistrature.  L'avvocatura  ha
inoltre sottolineato che la componente togata, comprensiva dei membri
elettivi e dei membri di diritto, mantiene  comunque  la  maggioranza
assoluta in seno al Consiglio. 
    Ad  avviso  del  collegio,  la  questione  di   costituzionalita'
dell'art. 11, comma 8 della legge n.  15/2009,  nella  parte  in  cui
determina in numero di quattro i  componenti  eletti  dai  magistrati
della  Corte,  e  cioe'  in  numero  uguale  ai   rappresentati   del
Parlamento, e' rilevante e non manifestamente infondata nei termini e
per le ragioni che  si  diranno  e  che  in  parte  si  differenziano
rispetto alla prospettazione della parte ricorrente che si e'  appena
sopra illustrata, cosicche' essa viene rilevata d'ufficio. 
    Si ritiene previamente opportuna, al fine di fornire una adeguata
motivazione in ordine alla rilevanza, una  rapida  esposizione  delle
ragioni  per  cui  non  si  ritiene  che  le  eccezioni   preliminari
prospettate dalla avvocatura  dello  Stato  possono  essere  accolte.
Secondo l'insegnamento della Corte costituzionale, il  mancato  esame
da  parte  del  giudice  remittente  delle   eccezioni   preliminari,
sollevate nel giudizio a quo, non comporta  l'inammissibilita'  della
q.d.c.,   in   presenza   di   una   non   implausibile   motivazione
dell'ordinanza di rimessione in ordine alla rilevanza e in assenza di
ragioni  che  rendano  evidente  la  mancanza  di  rilevanza   (Corte
costituzionale, 13 febbraio 2003, n. 47). 
    Occorre  premettere  che  il  ricorso  originario   e'   divenuto
improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse. Il provvedimento
con esso impugnato, infatti,  e'  stato  sostituto  dal  decreto  del
Presidente della Corte dei conti del 22 aprile 2009, impugnato con il
primo dei motivi aggiunti. 
    Inoltre, tanto  la  prima  e  che  la  seconda  delle  doglianze,
originariamente dedotte nel ricorso originario e riproposte nel primo
ricorso per motivi aggiunti,  sono  da  ritenersi  improcedibili  per
sopravvenuta  carenza  di   interesse.   Infatti,   a   seguito   del
differimento della  data,  le  consultazioni  elettorali  sono  state
fissate nei giorni di sabato e domenica,  cosicche'  nessuna  lesione
dell'elettorato attivo e' ipotizzabile. 
    Il ricorrente e' carente di interesse anche a far valere, con  la
prima delle ulteriori doglianze svolte nel primo ricorso  per  motivi
aggiunti, il minor  tempo  concesso  ai  candidati  per  svolgere  la
campagna elettorale, visto che egli non risulta essersi candidato. 
    Resta, tuttavia, da esaminare la  terza  censura  di  invalidita'
derivata per incostituzionalita' della norma  di  legge  sulla  nuova
composizione del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti, della
quale il provvedimento di indizione delle elezioni del 22 aprile 2009
fa applicazione, in relazione alla quale il ricorrente ha l'interesse
ad agire, in quanto magistrato in servizio  della  Corte  dei  conti,
titolare dell'elettorato attivo. 
    Le  eccezioni,  prospettate  dalla  Avvocatura  dello  Stato,  di
irricevibilita'  per  tardivita'  del  secondo  ricorso  per   motivi
aggiunti, con conseguente  improcedibilita'  del  primo  ricorso  per
motivi aggiunti per sopravvenuta carenza di  interesse,  non  possono
inoltre essere accolte. Non  vi  e'  prova  infatti  della  effettiva
conoscenza da parte del ricorrente del provvedimento di  costituzione
del consiglio di Presidenza del 13 maggio 2009 in data antecedente al
sessantesimo giorno prima della proposizione del ricorso,  posto  che
ne' la pubblicazione dei risultati delle votazioni  sulla  newsletter
del 15 maggio 2009, pubblicata nel sito istituzionale della Corte dei
conti,  ne'  la  diffusione  della  notizia  della  registrazione  in
bilancio del d.P.R. 13 maggio 2009, tramite posta  elettronica  sulla
lista di distribuzione dei magistrati  della  Corte,  indicate  dalla
Avvocatura come circostanze da cui dedurre l'effettiva conoscibilita'
del provvedimento, possono  costituire  elementi  di  prova  certi  e
attendibili della effettiva conoscenza del provvedimento sin  dal  15
maggio ovvero dal  25  maggio  2009  da  parte  del  ricorrente,  non
essendovi prova che tali comunicazioni fossero a  lui  specificamente
indirizzate e non trattandosi di strumenti di conoscenza legale. 
    In conclusione, va ritenuta la rilevanza della  q.d.c.  dell'art.
11, comma 8,  della  legge  n.  15/2009  prima  parte,  laddove  esso
disciplina la composizione del Consiglio di  Presidenza  della  Corte
dei conti, trattandosi di normativa che ha trovato  applicazione  nel
provvedimento del 22 aprile 2009, di differimento delle elezioni  per
la nomina dei rappresentanti del personale di magistratura in seno al
Consiglio di presidenza della Corte  dei  conti  per  il  quadriennio
2009/13  nonche'  nel  provvedimento  di  costituzione   dell'organo,
impugnati entrambi rispettivamente con il primo e il secondo  ricorso
per motivi aggiunti e  censurati  appunto  per  invalidita'  derivata
dalla incostituzionalita' di detta  previsione  normativa.  Peraltro,
anche in passato la Corte costituzionale,  nell'occuparsi  di  q.d.c.
concernente  la  disciplina  della  composizione  del  Consiglio   di
Presidenza  della  giustizia  amministrativa  sollevate  in   giudizi
pendenti  dinanzi  al  Tar  ed  aventi  ad   oggetto   l'impugnazione
rispettivamente del provvedimento di  indizione  delle  elezioni  (C.
cost. ord. n. 377/1998) e di costituzione del Consiglio (C. cost.  n.
161/1999), non ha manifestato dubbi sulla rilevanza delle  questioni,
anche se poi ha concluso per la loro manifesta  inammissibilita'  per
altre ragioni. 
    La q.d.c. della norma in esame per contrasto con gli  artt.  100,
103 e  108,  comma  2,  in  relazione  agli  artt.  3  e  104  Costi,
interpretati alla luce della  recente  giurisprudenza  costituzionale
(sent. n. 87/2009), appare non manifestamente infondata. 
    Rileva  in  primo  luogo  il  collegio  che  la  questione  della
composizione del C.S.M. cosi' come quella dei Consigli di  presidenza
delle magistrature speciali e' sicuramente fondamentale non solo  per
la garanzia della autonomia delle  magistrature  dagli  altri  poteri
dello Stato, ma anche per la garanzia della indipendenza dei  singoli
giudici, trattandosi di aspetti profondamente connessi tra loro.  Non
puo'  negarsi,  infatti,  che  la  prospettiva  di  una   sfavorevole
decisione sulla carriera e in particolar modo  sulla  irrogazione  di
una sanzione disciplinare (cfr. sul punto C. cost. sent. n. 87/2009),
decisioni tutte di competenza rispettivamente del CSM o dei  consigli
di  Presidenza  delle  magistrature  speciali  e  sulle  quali   puo'
evidentemente influire la composizione  dell'organo  di  autogoverno,
puo' condizionare il magistrato nello svolgimento delle sue funzioni. 
    La Carta costituzionale, tuttavia,  a  differenza  di  quanto  ha
fatto per la magistratura ordinaria, per  la  quale  la  composizione
dell'organo di autogoverno e' stata regolamentata dall'art. 104 Cost.
ponendo  stringenti  limiti  al   legislatore   ordinario,   per   le
magistrature speciali non ha disciplinato tale profilo,  rimettendolo
al legislatore ordinario. 
    Infatti,  la  garanzia  della  indipendenza  delle   magistrature
speciali e dei giudici che ne fanno parte, e'  stata  affidata  dagli
artt. 100, comma 3, e 108, comma 2, cost. alla legge, la  quale  deve
«assicurare» -  e  significativamente  l'espressione  «assicura»   e'
ribadita in entrambe le disposizioni - tale indipendenza ovvero  deve
predisporre strumenti adeguati a garantirla effettivamente. 
    In sostanza, se da un lato, la Costituzione non  si  e'  limitata
alla mera previsione della necessita', sul piano formale, della fonte
legislativa per la disciplina della indipendenza  delle  magistrature
speciali, lasciando piena liberta' al legislatore quanto al contenuto
di  tale  disciplina,  ma  ha  anche  previsto  che  la  legge  debba
effettivamente garantire tale indipendenza, dall'altro non ha  voluto
fornire  un  preciso  modello  al  quale   il   legislatore   dovesse
uniformarsi, ma gli  ha  unicamente  posto  un  vincolo  finalistico,
quello appunto di «assicurare» tale indipendenza. 
    In  tal  modo,  si  consente  un  sindacato -  per  cosi'  dire -
intrinseco e sostanziale della Corte sulla congruita' degli strumenti
prescelti dal legislatore rispetto al fine da realizzare. 
    Ne consegue che, qualora vi siano piu' soluzioni tutte  idonee  a
garantire il perseguimento di tale fine, debba essere fatta salva  la
discrezionalita' del legislatore, ad esso non potendosi sostituire la
Corte con il suo sindacato. A tali  conclusioni  e'  giunta,  in  due
occasioni, la Corte costituzionale  proprio  in  relazione  a  q.d.c.
sollevate circa la composizione del  Consiglio  di  Presidenza  della
giustizia amministrativa (ord. n. 377/1998 e n. 161/1999). 
    Solo qualora la scelta del legislatore si riveli non in grado  di
assicurare l'indipendenza  della  magistratura  speciale,  essa  deve
essere  ritenuta  incostituzionale,  come  peraltro  e'  avvenuto  in
diverse occasioni sia a proposito della precedente  composizione  del
Consiglio di presidenza della  Corte  dei  conti  che  della  mancata
costituzione dell'organo di autogoverno della  magistratura  militare
(cfr. C. cost. n. 230/1987 e 266/1988). 
    Il sindacato di costituzionalita' sulla congruita'  delle  scelte
del legislatore ordinario rispetto al perseguimento  del  fine  posto
dalla Costituzione  pone  dunque,  in  concreto,  il  problema  della
individuazione  dei  parametri  ai  quali  far  riferimento   e,   in
particolare, se ed entro quali limiti  la  disciplina  costituzionale
della magistratura ordinaria e del suo organo  di  autogoverno  possa
costituire un punto di riferimento a questi fini. 
    Secondo l'avvocatura dello Stato, come si e' detto,  le  garanzie
dettate  dalla  Costituzione  a  presidio  della  c.d.   indipendenza
istituzionale   (attinente   cioe'    alla    organizzazione    della
magistratura),  di  cui  agli  artt.  104-107  Cost.,  non  sarebbero
applicabili alle magistrature speciali. Di conseguenza, a  differenza
di quanto avviene in  relazione  alla  c.d.  indipendenza  funzionale
(concernente l'esercizio concreto della giurisdizione  da  parte  dei
singoli magistrati) non esisterebbero mai, in  questo  campo,  scelte
costituzionalmente obbligate. 
    Di contro, come pure si e' visto,  il  ricorrente  sostiene  che,
dopo la sentenza n. 87/2009 della C.  Cost.,  sia  stata  sancita  la
piena equiparazione del CSM  e  degli  organi  di  autogoverno  delle
magistrature speciali, cosicche' essi dovrebbero essere  disciplinati
in modo omogeneo, in particolare con riferimento alla presenza  della
componente togata elettiva. 
    Ad  avviso  del  collegio,   non   e'   possibile   completamente
condividere la tesi del ricorrente, secondo cui il modello  descritto
dall'art. 104 Cost. per il C.S.M. dovrebbe necessariamente valere per
gli organi di autogoverno  delle  magistrature  speciali,  nonostante
fino ad ora il legislatore si sia in  tal  senso  orientato.  In  tal
modo, infatti, verrebbe eccessivamente limitata  la  discrezionalita'
attribuita dall'art. 108 Cost. al legislatore. 
    D'altro canto, nemmeno pare condivisibile  l'opposta  tesi  della
avvocatura dello Stato,  perche'  essa  sostanzialmente  finisce  per
esautorare la Corte costituzionale  del  sindacato  sulla  congruita'
delle  scelte  del  legislatore  rispetto   al   fine   posto   dalla
Costituzione (di assicurare  l'indipendenza  dei  giudici  speciali),
lasciandogli liberta' assoluta. 
    La soluzione,  dunque,  ad  avviso  del  collegio,  va  rinvenuta
prendendo spunto dalla recente giurisprudenza  costituzionale  e,  in
particolare, dalla gia' piu' volte menzionata sentenza n. 87/2009, la
quale ha nitidamente disegnato i rapporti tra l'art. 108 e 104 Cost. 
    Si tratta della sentenza con la quale e' stata ammessa anche  nel
procedimento disciplinare dei magistrati amministrativi la difesa  da
parte di avvocati del  libero  foro.  In  quell'occasione,  la  Corte
costituzionale ha affermato che,  pur  essendo  l'indipendenza  della
magistratura ordinaria e quella delle magistrature speciali  regolate
da norme costituzionali diverse (rispettivamente  l'art.  104  e  108
Cost.), il principio della indipendenza dei magistrati  sia  ordinari
che speciali  e'  un  principio  generale  e  costituisce  una  delle
garanzie del  corretto  svolgimento  della  funzione  giurisdizionale
complessivamente intesa,  esercitata  cioe'  sia  dalla  magistratura
ordinaria che dalle magistrature amministrativa e contabile. 
    Pertanto, nella stessa sentenza n. 87/2009, la Corte ha precisato
che, pur potendo il legislatore articolare diversamente l'ordinamento
delle singole giurisdizioni,  devono  tuttavia  essere  rispettati  i
«principi costituzionali comuni» posti a presidio della  indipendenza
delle varie magistrature. Per tale ragione, la Corte ha ritenuto che,
nonostante il procedimento disciplinare dei magistrati amministrativi
abbia natura amministrativa e  non  giurisdizionale,  dovesse  essere
comunque garantita anche ai magistrati amministrativi la possibilita'
di avvalersi, nel  procedimento  disciplinare,  di  un  avvocato  del
libero foro, al  fine  di  assicurare  loro  una  piena  indipendenza
attraverso il ricorso ad un'efficace difesa. 
    Come si nota, la sentenza n. 87/2009, se da un lato non ha - come
ha invece sostenuto il ricorrente - affermato la piena  equiparazione
sotto il profilo organizzativo tra C.S.M. e i consigli di  Presidenza
della giustizia amministrativa e della Corte dei  conti,  occupandosi
di altri profili, ha tuttavia affermato l'importante principio  della
necessita' di assicurare, al di la' delle differenze organizzative  e
ordinamentali, lo stesso grado  di  indipendenza  sia  ai  magistrati
ordinari che a quelli amministrativi (quindi anche  contabili),  e  a
tal fine ha fatto riferimento a «principi costituzionali comuni»  cui
il legislatore deve uniformarsi, pena  la  violazione  dell'art.  108
Cost. 
    Muovendo da questa sentenza, il collegio ritiene dunque che nelle
norme costituzionali dedicate alla magistratura ordinaria,  e  quindi
in particolare nell'art. 104 Cost., possano di volta in volta  essere
rinvenuti dei «principi  costituzionali  comuni»,  posti  a  presidio
dell'indipendenza della magistratura sia ordinaria che speciale,  che
rilevino quanto meno in negativo, quale  limite  per  il  legislatore
ordinario quando si occupa delle magistrature speciali. 
    In questa linea sembra essersi posto di recente il  Consiglio  di
Stato, il quale, in sede consultiva, ha affermato  che  il  principio
della non rieleggibilita' dei membri  elettivi  del  C.S.M.,  di  cui
all'art.  104  Cost.,  ult.  comma,  debba  valere   anche   per   le
magistrature  speciali,  trattandosi   di   un   principio   generale
dell'autogoverno della magistratura  (cfr.  Cons.  St.,  sez.  I,  1°
aprile 2009, n. 954). 
    Resta dunque da verificare se dall'art. 104 Cost. possa trarsi un
principio comune concernente anche la composizione  degli  organi  di
autogoverno delle magistrature  ordinaria  e  speciali  e  che  possa
fungere da parametro di legittimita' costituzionale delle scelte  del
legislatore in questo ambito. 
    A  tal  fine  appare  importante  procedere   ad   esaminare   la
composizione  del  Consiglio  Superiore  della   magistratura,   come
descritta dai commi 3 e 4 dell'art. 104 Cost. 
    La  composizione  del  Consiglio  Superiore  della   magistratura
prevede, come e' noto, la presenza di membri di diritto e  componenti
elettivi, i quali sono per i due terzi eletti dai  magistrati  mentre
per un terzo sono eletti dal Parlamento in seduta comune. 
    Naturalmente due dei tre membri di diritto  (vi  rientra  infatti
anche il Presidente della Repubblica che presiede il Consiglio)  sono
togati (ci si riferisce al Primo Presidente e al Procuratore generale
della Corte di cassazione), cosi' come lo sono  i  componenti  eletti
dalla magistratura, tuttavia la distinzione tra componenti  togati  e
laici non e' presa espressamente in considerazione  dalla  norma,  la
quale  invece  distingue  i  consiglieri  in  base  alle   forme   di
designazione (di diritto o elettiva) e, all'interno della  componente
elettiva tra gli eletti da parte dei  magistrati  e  gli  eletti  dal
Parlamento  in  seduta  comune.  Tale  distinzione  e'  ulteriormente
marcata dal fatto che il limite  minimo  di  rappresentanza  elettiva
della componente magistratuale (i due terzi)  e'  calcolato  non  sul
totale  dei  componenti  del  Consiglio  (comprensiva  di  quelli  di
diritto) ma sul totale dei soli componenti elettivi. Il quarto  comma
dell'art. 104 Cost.,  infatti,  espressamente  dice  che  «gli  altri
componenti», oltre a quelli di diritto, «sono eletti per due terzi da
tutti i magistrati (...) e per un terzo  dal  Parlamento  (...)».  E'
possibile  dunque  dire  che  l'art.  104  Cost.  intende   garantire
l'indipendenza della magistratura assicurando la prevalenza  in  seno
al Consiglio non della  componente  togata  complessivamente  intesa,
comprensiva dei membri togati di diritto, ma della componente  togata
eletta dai magistrati. Ad essa solo, infatti, si riferisce il  limite
dei due terzi. 
    Tale conclusione appare peraltro in linea con la diversa funzione
della  componente  togata  di  diritto  e  quella  elettiva  in  seno
all'organo di autogoverno. 
    Infatti, mentre la presenza  dei  membri  di  diritto  assolve  a
funzioni prevalentemente istituzionali, solo la  componente  elettiva
puo'  dirsi  effettivamente  rappresentativa  del  corpo   elettorale
costituito da tutti i magistrati. 
    Tale profilo appare di particolare rilievo posto  che  la  stessa
nozione di «autogoverno», ancorche' utilizzato in senso atecnico  nel
caso del Consiglio Superiore della magistratura  e  dei  Consigli  di
Presidenza delle magistrature speciali,  per  la  presenza  anche  di
membri laici, evoca comunque, anche etimologicamente, l'esistenza  di
una relazione di rappresentativita' tra governanti e governati. 
    Alla luce di tutte queste considerazioni, ritiene questo collegio
che dall'art. 104, commi 3 e 4, cost. possa trarsi il principio della
necessaria prevalenza numerica della componente eletta dai magistrati
rispetto alla componente eletta  dalle  forze  politiche,  prevalenza
numerica che puo' esprimersi in varie modalita' e con  la  previsione
di diverse  percentuali  tra  le  varie  componenti,  con  il  limite
comunque del riconoscimento di almeno un rappresentante in piu'  alla
componente eletta dai magistrati. 
    Tale principio, per la sua rilevanza al  fine  di  effettivamente
garantire la rappresentativita' dell'organo e  dunque  l'indipendenza
dei  magistrati,  va  ritenuto,  secondo  l'espressione  usata  dalla
sentenza n. 87/2009, un «principio costituzionale comune» applicabile
anche al Consiglio di Presidenza della magistratura della  Corte  dei
conti. 
    Infatti, sia nel caso del C.S.M. che dei consigli  di  Presidenza
della  magistrature  speciali,  l'esistenza  di  una   relazione   di
rappresentativita', quantomeno  con  la  maggioranza  dei  componenti
elettivi dei detti organi, appare un elemento imprescindibile perche'
essi possano  effettivamente  «assicurare»  -  per  usare  la  stessa
espressione degli artt. 100 e 108 Cost. l'autonomia e  l'indipendenza
delle varie magistrature. 
    In conclusione, senza arrivare  ad  affermare  che  debba  sempre
essere rispettata l'identica distribuzione, in  termini  percentuali,
tra le varie componenti consiliari, prevista dall'art. 104 Cost.,  il
che priverebbe il legislatore della sua discrezionalita' nella scelta
sui modi per assicurare l'indipendenza delle  magistrature  speciali,
conferita  dall'art.  108  Cost.,  e'  possibile  tuttavia   ricavare
dall'art. 104 Cost., un principio di  garanzia  minimale  secondo  il
quale deve essere comunque  garantita,  almeno,  la  maggioranza  dei
componenti togati eletti dai magistrati, nel  caso  di  specie  della
Corte dei conti, in seno al Consiglio. Dunque, sotto  questo  profilo
l'ari 108, comma 3, Cost. deve essere letto in combinato disposto con
l'art. 104, commi 2 e 3, Cost. In questo modo esso puo' costituire un
parametro  sostanziale  per   la   valutazione   delle   scelte   del
legislatore, indicando, almeno sotto il profilo delle garanzie minime
di  tutela  della  indipendenza  delle  magistrature  speciali,   una
soluzione costituzionalmente obbligata: la previsione  di  almeno  un
componente eletto dai magistrati in piu' rispetto  ai  rappresentanti
del Parlamento. 
    Cosi' ricostruito il quadro costituzionale  di  riferimento,  non
puo' non dubitarsi della legittimita'  costituzionale  dell'art.  11,
comma 8 della legge n. 15/2009, poiche' nel prevedere che  il  numero
dei componenti eletti da tutti i magistrati della Corte dei conti sia
uguale a quello dei rappresentanti del Parlamento, non rispetta  tale
principio e dunque gli artt. 100, 103, 108 e  104,  letti  alla  luce
della sopracitata giurisprudenza costituzionale,  non  garantendo  la
prevalenza della componente togata elettiva in seno al Consiglio. 
    Si potrebbe obiettare, come infatti fa l'Avvocatura dello  Stato,
che la componente togata nel suo complesso (formata anche dai  membri
di diritto) raggiunge comunque la maggioranza assoluta. 
    Tale obiezione, pero', non pare al collegio condivisibile  attese
tutte le considerazioni sopra svolte circa la chiarezza della lettera
dell'art. 104 Cost. sul punto e le diverse funzioni svolte dai membri
togati di diritto e quelli togati  elettivi,  ai  quali  soltanto  e'
possibile riconoscere una  funzione  rappresentativa  dei  magistrati
elettori. Peraltro, che sia solo la  componente  togata  elettiva  ad
essere rappresentativa dei magistrati della Corte dei conti e'  stato
incidentalmente affermato anche dal Consiglio  di  Stato  nel  parere
sopra menzionato. Infatti, a proposito della riduzione da 10 a 4  dei
componenti eletti dai magistrati della Corte dei conti, il  Consiglio
di Stato ha sostenuto che l'innovazione impone di ritenere che ora la
rappresentanza dei quattro componenti elettivi sia promiscua,  ovvero
unitaria, e non  piu'  ripartita  per  qualifica,  come  avveniva  in
precedenza. 
    In conclusione, alla  luce  di  tutto  quanto  si  e'  detto,  il
collegio non puo' non dubitare della legittimita'  costituzionale  di
una scelta legislativa che proponga per la magistratura contabile  un
modello del tutto incompatibile  con  il  principio,  che  si  ricava
dall'art. 104 Cost., e che per le ragioni sopra esposte va  applicato
anche  alle  magistrature   speciali,   della   necessaria   presenza
quantomeno  maggioritaria  della  componente  consiliare  eletta  dai
magistrati rispetto alla componente laica designata dal Parlamento. 
    Non pare inoltre  infondata  la  questione  di  costituzionalita'
della norma in esame  per  contrasto  con  l'art.  3  Cost.,  poiche'
introduce una irragionevole disparita'  di  trattamento  a  discapito
della magistratura contabile rispetto a tutte le altre  magistrature,
cosi' introducendo un vulnus nella sua indipendenza. 
    Sotto questo profilo e per tutte le ragioni  sopra  svolte,  deve
essere rimessa alla Corte  costituzionale  la  q.d.c.  dell'art.  11,
comma 8 della legge n. 15/2009, per contrasto con gli artt. 100,  103
e 108, comma 2, in relazione agli artt. 3 e 104 Cost., nella parte in
cui prevede  che  la  componente  consiliare  eletta  dai  magistrati
contabili sia  numericamente  uguale  a  quella  rappresentativa  del
Parlamento  e  non  sia  garantita  la  presenza  maggioritaria   dei
rappresentati dei magistrati della Corte dei conti in seno all'organo
di  autogoverno,  quanto  meno   mediante   la   previsione   di   un
rappresentante in piu' rispetto  al  numero  dei  rappresentanti  del
Parlamento. 
    Gli atti vanno pertanto rimessi alla Corte  costituzionale  e  il
presente giudizio va sospeso ai sensi di legge. 
    La presente ordinanza dovra' essere notificata, ai  sensi  l'art.
23 della legge n. 87 del 1953, a cura della segreteria, alle parti in
causa nonche' al Presidente del Consiglio dei  ministri.  L'ordinanza
deve inoltre essere comunicata ai Presidenti  delle  due  Camere  del
Parlamento.