IL TRIBUNALE 
 
    Nella causa degli affari contenziosi civili in epigrafe indicata,
promossa da:  C.C.  rappresentata  e  difesa  dagli  avv.ti  Giuseppe
Mandala' e Roberto  Croce  ed  elettivamente  domiciliata  presso  lo
studio legale  di  Questi,  in  Palermo  in  via  Villafranca  n.  10
(ricorrente); 
    Contro I.N.P.S. in persona  del  suo  legale  rappresentante  pro
tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giovanni Cola e Marco Di
Gloria per procura generale alle liti e domiciliato presso  l'Ufficio
legale sito in  Palermo,  nella  via  G.le  Magliocco  n.  36  e  nei
confronti  Telecom  Italia  S.p.a.  in   persona   del   suo   legale
rappresentante  pro  tempore  rappresentata  e  difesa  unitamente  e
disgiuntamente dal prof. Avv. Roberto Pessi e  dall'avv.  Marco  Rigi
Luperti ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv. prof.
Vincenzo Sigillo', in Palermo via Tripoli n. 3,  all'udienza  del  30
marzo 2010, ha dato lettura della seguente ordinanza di  trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale. 
 
                              In Fatto 
 
    Con ricorso depositato il 2 novembre 2005, avverso  l'I.N.P.S.  e
la TIM Italia s.p.a, la  ricorrente  C.C.  iniziava  il  giudizio  di
merito, ex  art.  669-octies  c.p.c.,  a  seguito  dell'ordinanza  di
accoglimento della domanda cautelare ex art. 700 c.p.c. dalla  stessa
proposta,  volta  ad  ottenere  il  riconoscimento  del  suo  diritto
all'astensione obbligatoria per la maternita', dalla data di ingresso
in famiglia della propria figlia nata prematuramente. 
    La ricorrente, dopo aver premesso: 
        di  avere  partorito  la  figlia   M.N.L.D.   prematuramente,
rispetto la data del presunto parto; 
        che la bambina  era  stata  ricoverata,  sin  dalla  nascita,
presso il Dipartimento Materno Infantile del Policlinico di  Palermo,
in terapia intensiva con prognosi riservata e  dimessa  dall'ospedale
solo il giorno....; 
        di essere stata posta dall'INPS in congedo  obbligatorio,  ex
art. 16 d.lgs. n. 151/2001,  con  decorrenza  dalla  data  del  parto
prematuro e fino al ...........; 
        che, in ragione dell'immediato ricovero della bambina  presso
il Dipartimento Materno Infantile  del  Policlinico  di  Palermo,  in
terapia intensiva e con prognosi riservata, aveva inoltrato  all'INPS
richiesta di usufruire del periodo obbligatorio di  astensione  dalla
data presunta del parto ovvero dall'ingresso della minore nella  casa
familiare, offrendo al  contempo  al  datore  di  lavoro  la  propria
prestazione lavorativa fino alla data presunta del parto o fino  alla
data di ingresso della neonata in famiglia; 
        che l'INPS aveva rigettato la relativa domanda; 
        che a seguito di procedimento ex art. 700 c.p.c. il Tribunale
di Palermo, con ordinanza  del  2  ottobre  2005,  aveva  accolto  il
ricorso  dichiarando  «il  diritto  della  ricorrente  ad   astenersi
dall'attivita' lavorativa dall'... agosto 200..,  fino  all'  gennaio
200..», fissando il termine perentorio di trenta giorni per  l'inizio
del giudizio dei merito; 
    Chiedeva dichiarare il diritto della sig.ra  C.C.  a  fruire  del
periodo  di  congedo  di  maternita'  con  astensione  dall'attivita'
lavorativa con decorrenza dal .. agosto 200. fino al ..  gennaio  200
caducando e/o disapplicando  ogni  contraria  determinazione  assunta
dall'INPS. Il tutto con il favore delle spese di lite. 
    Instaurato il contraddittorio, l'INPS e la Telecom Italia S.p.A.,
costituitisi in giudizio, confutavano entrambi  la  fondatezza  della
domanda ex adverso proposta, chiedendone il rigetto. 
 
                         I n  D i r i t t o 
 
    Il giudice solleva di ufficio la questione  di  costituzionalita'
dell'art. 16, del capo III (congedo di maternita'), del d.lgs. n. 151
del 2001, con riferimento agli artt. 3,  29  primo  comma,  30  primo
comma, 31 e 37 della Costituzione, nella parte in  cui  non  prevede,
nell'ipotesi di parto prematuro, qualora il neonato abbia  necessita'
di un periodo di ricovero in struttura sanitaria, la possibilita' per
la madre lavoratrice di usufruire del congedo obbligatorio o di parte
dello stesso dalla data di ingresso del bambino nella famiglia. 
    La rilevanza della questione nel giudizio a quo risiede nel fatto
che, indubbiamente, dall'accoglimento  della  rilevata  questione  di
costituzionalita' dipende l'accoglimento della domanda nel merito. 
    Ed invero, come non contestato e provato dalla documentazione  in
atti, la ricorrente ha partorito la figlia M, il ..... prematuramente
rispetto al giorno ..... data presunta del  parto  e  la  neonata  e'
stata  ricoverata  presso  il  dipartimento  di   Terapia   Intensiva
Neonatale dalla nascita al ........ 
    La ricorrente chiede che le venga  riconosciuto  il  suo  diritto
(ora per allora) al congedo per maternita' con decorrenza dalla  data
presunta del parto ovvero dalla data di ingresso  in  famiglia  della
figlia. 
    L'art. 16 del d.lgs. n.  151  del  2001,  riproducendo  il  testo
dell'art. 4 legge n. 1204  del  1971  come  modificato  dall'art.  11
della legge n. 53  del  2000,  a  seguito  dell'auspicato  intervento
legislativo da parte di Codesta  corte  (cfr.  Sentenza  n.  270  del
1999), nel disciplinare il congedo obbligatorio di  maternita',  dopo
aver sancito il divieto di adibire al lavoro le donne: 
        durante i due mesi precedenti la  data  presunta  del  parto,
ovvero nell'ipotesi di cui all'art. 20 nel mese precedente al parto; 
      
        durante il periodo intercorrente tra la data  presunta  e  la
data effettiva del parto; 
        durante i tre mesi dopo il parto; 
    Con riferimento all'ipotesi di  parto  prematuro,  ha  esteso  il
divieto di adibire le donne al lavoro «durante gli  ulteriori  giorni
non goduti  prima  del  parto,  qualora  il  parto  avvenga  in  data
anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni sono  aggiunti  al
periodo di congedo di maternita' dopo il parto.». 
    L'art. 18 della legge citata stabilisce poi  che  «l'inosservanza
delle disposizioni contenute negli  artt.  16  e  17  e'  punita  con
l'arresto fino a sei mesi». 
    Da un combinato disposto delle norme citate,  la  cui  violazione
costituisce  reato,  risulta  pertanto  che  nell'ipotesi  di   parto
prematuro, come nella specie, fermo restando  il  termine  a  quo  di
decorrenza dell'astensione dal lavoro coincidente con  il  parto,  la
lavoratrice  ha  diritto  al  congedo  obbligatorio  nei   tre   mesi
successivi al parto ed al periodo di congedo  non  goduto  prima  del
parto in aggiunta a quello predetto. 
    Ne consegue, che la domanda della ricorrente  volta  a  usufruire
dell'intero periodo di congedo (tre mesi piu' due mesi) dalla data di
ingresso della figlia nella casa  familiare,  ovvero  dalla  data  di
presunto  parto,  non  e'  accoglibile,  nemmeno  in  via   parziale,
rimanendo obbligo del datore di lavoro, sanzionato penalmente, di non
adibire la donna al lavoro dopo il parto, per il periodo gia' detto. 
    Orbene, nel procedimento per cui e' causa, il Giudice della  fase
cautelare   ex   art.   700   c.p.c,   considerata   l'illegittimita'
dell'interpretazione della norma operata dall'INPS  e  da  parte  dei
datore di lavoro - che avevano negato alla ricorrente il congedo  nel
periodo richiesto e contestualmente il suo reingresso al lavoro  dopo
il parto - ha  accolto  il  ricorso  della  C.  dando  luogo  ad  una
interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata del  detto
articolo, si' da consentire nell'ipotesi in esame  di  far  decorrere
l'intero periodo di congedo obbligatorio dal momento dell'ingresso in
famiglia nella neonata. 
    Detta interpretazione, assunta in fase cautelare a  fronte  della
necessita' di intervenire  per  scongiurare  il  periculum  in  mora,
reputa tuttavia il Giudicante che, per le ragioni esposte  e  per  la
predetta rigidita' del dato normativo, non puo' essere percorsa anche
in  fase  di  merito,  ove   solo   attraverso   una   pronuncia   di
incostituzionalita'  della  norma  sarebbe  possibile  accogliere  la
domanda. 
    Come gia' esposto, infatti, la predetta interpretazione trova  un
ostacolo non aggirabile dalla norma richiamata (art. 18) che  punisce
l'inosservanza delle disposizioni contenute negli artt. 16 e  17  con
l'arresto fino a sei mesi, 
    In  altri  termini,  nell'impossibilita'  di  derogare  al   dato
predetto,   l'interpretazione   auspicata   da    parte    ricorrente
determinerebbe nell'ipotesi di  parto  prematuro  una  disparita'  di
trattamento in favore, tale per cui ai cinque mesi  obbligatori  post
partum  (la  cui  inosservanza,  si  ripete,  configura   un   reato)
dovrebbero poi aggiungersi gli ulteriori mesi di  congedo  richiesti,
in spregio al principio di uguaglianza e  cosi'  dando  luogo  ad  un
eccesso di tutela. 
    Rileva pertanto  il  Giudicante  che  anche  la  nuova  normativa
disciplinante  la  materia  de  qua  presenti  i  medesimi  vizi   di
incostituzionalita' che codesta Corte  ha  rilevato  con  riferimento
all'art. 4 della legge n.  1204/  1971,  posto  che  il  circoscritto
intervento del legislatore, volto a garantire alla puerpera anche  il
diritto al periodo di congedo prenatale non e', nell'ipotesi di lunga
degenza del neonato, sufficiente allo scopo. 
    Dato atto  che,  grazie  al  progresso  della  scienza  medica  e
dell'assistenza   neonatale,   e'   aumentata   la   percentuale   di
sopravvivenza dei bambini nati pre termine (fin dalla  24ª  settimana
di gestazione), generalmente costretti sin dalla nascita ad un  lungo
periodo di ricovero in terapia intensiva, senza alcun contatto con  i
genitori, e' infatti subito evidente come detta norma  determina  una
palese disparita' di trattamento, in  violazione  dell'art.  3  della
Cost., tra la fattispecie di  parto  a  termine  e  quella  di  parto
prematuro, consentendo solo nel primo caso un'adeguata  tutela  della
maternita'  e  una  salvaguardia  dei   diritti,   costituzionalmente
garantiti, dei minori e del nucleo familiare (artt. 29, 30, 31, 37). 
    Ed invero, come gia' sottolineato da codesta Corte nella sentenza
citata,  la  ratio  dell'istituto  dell'astensione   (oggi   congedo)
obbligatoria dal lavoro e' volta sia alla tutela della puerpera,  sia
alla tutela del nascituro ed alla  speciale  relazione  tra  madre  e
figlio, che si instaura fin dai  primi  attimi  di  vita  in  comune,
decisiva per il corretto sviluppo del bambino e  per  lo  svolgimento
del ruolo di madre. 
    La normativa de qua non prevedendo la possibilita' di  postergare
l'astensione obbligatoria, quantomeno post partum, al momento in  cui
il bambino puo' finalmente fare ingresso in famiglia, dopo  il  lungo
ricovero successivo alla nascita, non tutela affatto  -  malgrado  la
ratio che la sottende -  detta  esigenza  laddove  soprattutto,  come
nell'ipotesi in esame, le dimissioni del bambino  coincidono  con  il
termine del congedo. 
    Del resto non consente alla puerpera di rientrare  al  lavoro  se
non decorsi almeno cinque mesi  dal  parto  anche  laddove,  pur  non
potendo svolgere il suo ruolo di madre e  di  assistenza  del  minore
affidato alle cure dei sanitari,  le  sue  condizioni  di  salute  lo
permetterebbero. 
    Come gia' osservato dal codesta Corte e'  quindi  innegabile  che
anche la norma in esame sia in contrasto e  con  il  principio  della
parita'  di  trattamento  e  con  il  valore   costituzionale   della
protezione della famiglia e con quello della tutela del  minore,  con
conseguente violazione dei predetti parametri costituzionali. 
    Per  altro,  non  puo'  nemmeno  ritenersi   che   detti   valori
costituzionali potrebbero comunque essere salvaguardati  dagli  altri
istituti riconosciuti dai nostro ordinamento,  come  il  congedo  per
malattia del figlio, ovvero la possibilita' di congedo  parentale  di
cui al capo V  della  medesima  norma,  considerato  che,  come  gia'
osservato  dal  giudice  remittente  la   precedente   questione   di
costituzionalita', l'esaurimento anticipato del congedo  obbligatorio
riduce ad ogni modo la durata  complessiva  di  tutela,  proprio  con
riferimento ai bambini prematuri particolarmente fragili e bisognosi. 
    In altri termini, a parere di chi scrive, la legge n. 53 del 2000
e successivamente quella in esame, come in  seguito  modificata,  non
hanno colmato quel vuoto normativo gia' evidenziato con  la  predetta
sentenza da Codesta Corte, ragione per cui la  fattispecie  in  esame
continua  a  non  trovare  alcuna  tutela  ed  a  violare  i  cardini
costituzionali gia' citati. 
    Invero, cosi' evidenziando ulteriormente  la  legittimita'  della
testi  sostenuta  e  la  necessita'   dell'intervento   della   Corte
costituzionale, appare il caso di sottolineare  che  il  legislatore,
con riferimento al personale della  Forze  Armate,  ha  previsto  che
(cfr. d.P.R. n. 163/02 art. 14 comma 5) In caso di  parto  prematuro,
al personale militare femminile spetta comunque il periodo di licenza
di maternita' non goduto prima della data presunta del parto. Qualora
il figlio nato prematuro abbia necessita' di un  periodo  di  degenza
presso una struttura ospedaliera pubblica  o  privata,  la  madre  ha
facolta' di riprendere servizio richiedendo, previa presentazione  di
un certificato medico attestante la sua  idoneita'  al  servizio,  la
fruizione del restante periodo di licenza di maternita' post-parto  e
del periodo ante-parto, qualora non fruito, a decorrere dalla data di
effettivo rientro a casa del bambino. 
      
    L'assenza di tutela dal T.U. delle  disposizioni  legislative  in
materia tutela e sostegno della maternita' e della paternita' per  la
categoria predetta sembra quindi porsi in contrasto con  gli  art.  3
della Costituzione, per l'irrazionale disparita'  di  trattamento  di
identiche situazioni di fatto  (inizio  della  relazione  familiare),
nonche' con gli artt. 29, comma 1, 30 comma 1, 31 e 37  per  l'omessa
tutela dei valori della famiglia, di tutela dei minori e della  donna
lavoratrice.