IL GIUDICE DI PACE 
 
     Nel procedimento penale a carico di Benrabah Kamel  nato  il  14
luglio 1967 a Tunisi  (Tunisia)  residente  in  Italia-S.D.F.  difeso
d'ufficio   dall'avv.   Bosco   Barbara   del   foro   di   Vigevano,
domiciliatario, libero, contumace imputato del reato di cui  all'art.
10-bis d.lgs. n. 286/1998 perche' faceva ingresso e si tratteneva nel
territorio dello Stato in violazione delle disposizioni di legge  del
citato decreto legislativo inerenti l'ingresso e il  soggiorno  degli
stranieri nel territorio dello Stato. 
    Accertato in Vigevano il 23 gennaio 2010. 
    Premesso: 
        che in data 23 gennaio 2010 l'U.P.G. Mar. Ca.  Vatta  Rolando
dei Carabinieri di Vigevano inviava  alla  Procura  della  Repubblica
presso. il Tribunale di Vigevano richiesta di  autorizzazione  (Prot.
n. 103/2) alla presentazione immediata a giudizio, ai sensi dell'art.
20-bis  del  d.lgs.  n.  274/2000,  del  suddetto  imputato   perche'
«risultava permanere nel territorio dello Stato privo del  prescritto
permesso di soggiorno, senza  averne  mai  fatto  richiesta  e  senza
regolare visto d'ingresso» in violazione dell'art.  10-bis,  d.lgs.n.
286/98; 
        che con provvedimento n.  139/10  R.G.N.R.  dell'11  febbraio
2010 la Procura della Repubblica  presso  il  Tribunale  di  Vigevano
autorizzava la P.G. alla presentazione immediata dell'imputato,  come
sopra identificato, avanti il giudice di pace per  l'udienza  del  15
marzo 2010; 
        che   all'udienza   odierna   il   difensore    dell'imputato
preliminarmente,   ha    sollevato    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 10-bis del d.lgs. n. 286/98, come introdotto
dall'art. 1, comma 16, della legge  n.  94/2009,  in  relazione  agli
artt. 2, 3, comma 10, 25,  secondo  comma,  27,  primo  comma,  della
Costituzione, 
 
                            O s s e r v a 
 
    Sulla non manifesta infondatezza della questione di  legittimita'
costituzionale dell'art. 10-bis d.lgs.  n.  286/98,  come  introdotto
dall'art. 1, comma 16 della legge n. 94/2009. 
    a) Violazione dell'art. 2 della Costituzione. 
    La nuova fattispecie criminosa appare,  anzitutto,  in  contrasto
con l'art. 2 della Costituzione che riconosce e garantisce i  diritti
inviolabili dell'uomo  ed  indica,  tra  i  principi  fondamentali  e
inderogabili,  l'adempimento  del  dovere  di   solidarieta',   quale
componente   essenziale   di   una   societa'    aperta,    costruita
sull'accoglienza  e  sull'emancipazione  di  coloro   che   sono   in
condizione svantaggiata. 
    b) Violazione dell'art. 3 della Costituzione,  sotto  il  profilo
dell'irragionevolezza  della  scelta  legislativa  di  criminalizzare
l'ingresso e la permanenza dei clandestini nello Stato italiano. 
    L'irragionevolezza   della   nuova   fattispecie   criminosa   e'
evidenziata dalla  insussistenza  di  un  benche'  minimo  fondamento
giustificativo, in quanto la sua sfera  applicativa  e'  destinata  a
sovrapporsi integralmente a quella dell'espulsione quale 
    misura  amministrativa.  Infatti,  l'obiettivo  perseguito  dalla
nuova  figura  di  reato  e'  costituito  dall'allontanamento   dello
straniero irregolare dal territorio dello Stato.  E  cio'  si  desume
chiaramente dalle previsioni accessorie alla fattispecie,  aventi  ad
oggetto proprio l'espulsione dello straniero: tale misura e'  infatti
prevista come sanzione sostitutiva irrogabile dal giudice di' pace ai
sensi dell'art.  16  d.lgs.n.  286/98  appositamente  modificato  per
comprendervi, tra i presupposti, la sentenza di condanna per il reato
di cui  all'art.  10-bis.  Inoltre,  la  effettiva  espulsione  dello
straniero  in   via   amministrativa   costituisce   causa   di   non
procedibilita'  dell'azione  penale,  il  che   rende   ulteriormente
evidente quale sia l'interesse primario perseguito  dal  legislatore.
Pertanto la chiara finalita' della nuova fattispecie  incriminatrice,
strumentale  all'allontanamento  dello   straniero   irregolare   dal
territorio italiano, ne  sottolinea  l'assoluta  inutilita',  essendo
l'ambito di applicazione della nuova figura  di  reato  perfettamente
coincidente  con  quello  della  preesistente  misura  amministrativa
dell'espulsione, sia sotto il profilo di  soggetti  destinatari,  sia
sotto il profilo della ratio giustificativa. 
    L'irragionevolezza della nuova figura di reato emerge anche sotto
il profilo sanzionatorio considerato nel suo complesso,  quindi,  non
solo della pena dell'ammenda da € 5.000 ad €  10.000,  ma  anche  del
divieto di applicazione del beneficio condizionale della  sospensione
condizionale della pena e  della  facolta'  concessa  al  giudice  di
sostituire la pena pecuniaria con  una  sanzione  piu'  grave,  quale
quella dell'espulsione dallo stato per un  periodo  non  inferiore  a
cinque anni (unico  caso  di  misura  sostitutiva  piu'  grave  della
sanzione  principale).  Che  la  sanzione  sostitutiva  in  questione
diventi  la  pena  generalmente  adottata  dal  G.d.P.,  laddove  non
ricorrano le cause ostative di cui all'art. 14, comma 1, e' del tutto
prevedibile,  stante  l'assoluta  carenza  di  efficacia   deterrente
dell'ammenda prevista.  Non  sara'  certo  il  rischio  di  una  mera
sanzione, se pur elevata e non oblazionabile  ex  art.  162  c.p.,  a
scoraggiare quanti sono spinti ad  emigrare  da  condizioni  di  vita
insostenibili. Per altro, lo straniero clandestino,  prevedibilmente,
non avra' mai in concreto i mezzi economici per pagare la somma a cui
sara' condannato dal giudice,  con  evidente  vanificazione  di  ogni
tentativo di esecuzione coattiva. 
    c) Violazione dell'art. 3 della Costituzione,  sotto  il  profilo
dell'irragionevole disparita' di trattamento tra la nuova fattispecie
e quella di cui all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/98. 
    L'irrazionale ed ingiustificata disparita' di trattamento tra  le
due fattispecie  criminose  -  entrambe  tese  a  colpire  la  stessa
situazione soggettiva: lo straniero ab origine o divenuto clandestino
- e' stata evidenziata in quanto l'art. 14, comma 5-ter,  del  citato
decreto subordina la punibilita' della permanenza dello straniero nel
territorio dello Stato in violazione  dell'ordine  del  Questore,  al
fatto che cio' avvenga «senza giustificato motivo». 
    La nuova figura di reato, invece, non prevede alcuna  scriminante
con la conseguenza che il  contravventore  dell'art.  10-bis  risulta
posto in condizione peggiore dell'autore del delitto di cui  all'art.
14, comma 5-ter, che e' piu'  grave  ed  assorbe  la  contravvenzione
predetta. 
    d)  Violazione  degli  artt.  3  e  25,  secondo   comma,   della
Costituzione,  sotto  il  profilo   della   configurazione   di   una
fattispecie penale discriminatoria, perche'  fondata  su  particolari
condizioni personali e sociali, anziche'  su  fatti  e  comportamenti
riconducibili alla volonta' del soggetto attivo. 
    In effetti, si deve ammettere che la nuova figura di  reato  solo
apparentemente  sanziona  la  condotta  (l'azione   di   ingresso   e
l'omissione del mancato allontanamento) ma in realta'  e'  diretta  a
colpire la mera condizione personale dello straniero (costituita  dal
mancato possesso  di  un  titolo  abilitativo  all'ingresso  ed  alla
successiva permanenza nel territorio dello stato) che e' altresi' una
condizione sociale, propria di una categoria di persone. 
    Sanzionando penalmente in modo indiscriminato gli  stranieri  che
soggiornano  illegalmente  nel  territorio  dello  stato,  la   nuova
disposizione presuppone arbitrariamente riguardo a tutti  l'esistenza
di una condizione di  pericolosita'  sociale  che,  per  giustificare
l'affermazione di una responsabilita'  penale,  deve  invece,  essere
accertata in concreto e con riferimento ai singoli soggetti. 
    Del resto la Corte costituzionale (sent. n. 78/2007)  ha  escluso
che  la  condizione  di  mera  irregolarita'  dello   straniero   sia
sintomatica di una pericolosita' sociale dello stesso:  pertanto,  la
criminalizzazione  di   tale   condizione   stabilita   dalla   nuova
disposizione,  si  rivela,  anche  sotto  questo  aspetto,  priva  di
fondamento giustificativo. 
    e) Violazione dell'art. 97, primo comma, della Costituzione. 
    Invero,  in  conseguenza  della  previsione   di   due   distinti
procedimenti (amministrativo e penale) diretti allo stesso fine,  si'
finisce per  influire  negativamente  sulla  durata  ragionevole  del
processo penale e cio' a prescindere  da  ogni  altra  considerazione
relativa ai costi ed agli ulteriori incombenti di una nuova procedura
che di fatto duplica quella gia' esistente. 
    In sintesi, per quanto esposto, la questione di costituzionalita'
appare a questo giudice rilevante  e,  comunque,  non  manifestamente
infondata. Inoltre, la rilevanza nel processo in oggetto deriva dalla
semplice considerazione che in caso di declaratoria di illegittimita'
della  norma  denunciata,  l'imputato   finirebbe   per   non   avere
conseguenza alcuna sotto il profilo penale.