IL GIUDICE DI PACE 
 
    Nel procedimento penale a carico  di:  Mohamed  Mohamed  nato  in
Egitto il 1° febbraio 1081, elettivamente domiciliato in Vigevano via
Dante n. 12 presso lo studio dell'avv. Paolo  Comaschi  del  Foro  di
Vigevano che lo assiste  e  difende,  imputato  del  reato  p.  e  p.
dall'art.  10-bis  d.lgs.  n.  286/1998  perche'  si  tratteneva  nel
territorio dello Stato  in  violazione  delle  disposizioni  inerenti
l'ingresso e il soggiorno degli stranieri nel territorio dello Stato. 
    Accertato in Vigevano l'11 febbraio 2010. 
    All'udienza  del  3  maggio  2010  ha  pronunciato  la   seguente
ordinanza. 
    Premesso che: 
        in data 26 gennaio 2010 l'Ufficiale  di  p.g.  della  Polizia
locale del Comune di Vigevano inviava alla Procura  della  Repubblica
presso il Tribunale di Vigevano,  richiesta  di  autorizzazione  alla
presentazione immediata a giudizio, ai  sensi  dell'art.  20-bis  del
d.lgs. n. 274/2000  e  successive  modifiche,  dell'imputato  Mohamed
Mohamed, in relazione all'art. 10-bis d.lgs. n. 286/1998  perche'  si
tratteneva  nel  territorio   dello   Stato   in   violazione   delle
disposizioni inerenti l'ingresso ed il soggiorno degli stranieri  nel
territorio dello Stato; 
        con provvedimento in data 20 febbraio 2010 (depositato il  22
gennaio 2010) la Procura della  Repubblica  presso  il  Tribunale  di
Vigevano  autorizzava  la  Polizia  giudiziaria  alla   presentazione
immediata a giudizio dell'imputato, come sopra  identificato,  avanti
il giudice di pace per l'odierna udienza nel  corso  della  quale  la
difesa sollevava questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.
10-bis del d.lgs. n. 286/1998 come introdotto dall'art.  1  comma  16
della legge 15 luglio 2009 n. 94, in relazione agli artt. 2, 3, primo
comma e decimo comma, 25, secondo  comma  e  97,  primo  comma  della
Costituzione. 
 
                            O s s e r v a 
 
a) Violazione  dell'art.  3  della  Costituzione,  sotto  il  profilo
dell'irragionevolezza  della  scelta  legislativa  di  criminalizzare
l'ingresso e la permanenza dei clandestini nello Stato italiano. 
    La  irragionevolezza  della  nuova   fattispecie   criminosa   e'
evidenziata dalla  insussistenza  di  un  benche'  minimo  fondamento
giustificativo, in quanto la sua sfera  applicativa  e'  destinata  a
sovrapporsi  integralmente  a  quella  dell'espulsione  quale  misura
amministrativa. Infatti, l'obiettivo perseguito dalla nuova figura di
reato e' costituito dall'allontanamento  dello  straniero  irregolare
dal territorio dello  Stato.  E  cio'  si  desume  chiaramente  dalle
previsioni accessorie alla fattispecie,  aventi  ad  oggetto  proprio
l'espulsione dello straniero: tale misura e', infatti, prevista  come
sanzione  sostitutiva  irrogabile  dal  giudice  di  pace  ai   sensi
dell'art.  16  d.lgs.  n.  286/1998,  appositamente  modificato   per
comprendervi, tra i presupposti, la sentenza di condanna per il reato
di cui  all'art.  10-bis.  Inoltre,  la  effettiva  espulsione  dello
straniero  in   via   amministrativa   costituisce   causa   di   non
procedibilita'  dell'azione  penale,  il  che   rende   ulteriormente
evidente quale sia l'interesse primario perseguito  dal  legislatore.
Pertanto la chiara finalita' della nuova fattispecie  incriminatrice,
strumentale  all'allontanamento  dello   straniero   irregolare   dal
territorio italiano, ne  sottolinea  l'assoluta  inutilita',  essendo
l'ambito di applicazione della nuova figura  di  reato  perfettamente
coincidente  con  quello  della  preesistente  misura  amministrativa
dell'espulsione, sia sotto il profilo di  soggetti  destinatari,  sia
sotto il profilo della ratio giustificativa. 
    La irragionevolezza della nuova  figura  di  reato  emerge  anche
sotto il profilo sanzionatorio considerato nel suo complesso, quindi,
non solo della pena dell'ammenda da € 5.000 ad € 10.000, ma anche del
divieto di applicazione del beneficio condizionale della  sospensione
condizionale della pena e  della  facolta'  concessa  al  giudice  di
sostituire la pena pecuniaria con  una  sanzione  piu'  grave,  quale
quella dell'espulsione dallo Stato per un  periodo  non  inferiore  a
cinque anni (unico  caso  di  misura  sostitutiva  piu'  grave  della
sanzione principale  sostituita).  Che  la  sanzione  sostitutiva  in
questione diventi la pena generalmente adottata dal GdP, laddove  non
ricorrano le cause ostative di cui all'art. 14 comma 1, e' del  tutto
prevedibile,  stante  l'assoluta  carenza  di  efficacia   deterrente
dell'ammenda prevista.  Non  sara'  certo  il  rischio  di  una  mera
sanzione, se pur elevata (da € 5.000 ad € 10.000) e non oblazionabile
ex art. 162 c.p., a scoraggiare quanti sono  spinti  ad  emigrare  da
condizioni  di  vita   insostenibili.   Per   altro,   lo   straniero
clandestino, prevedibilmente, non avra'  mai  in  concreto,  i  mezzi
economici per pagare la somma a cui sara' condannato dal giudice, con
evidente vanificazione di ogni tentativo di esecuzione coattiva. 
b) Violazione  dell'art.  3  della  Costituzione,  sotto  il  profilo
dell'irragionevole disparita' di trattamento tra la nuova fattispecie
e quella di cui all'art. 14 comma 5-ter d.lgs. n. 286/1998. 
    La irrazionale ed ingiustificata disparita' di trattamento tra le
due  fattispecie  criminose - entrambe  tese  a  colpire  la   stessa
situazione soggettiva: lo straniero ab origine o divenuto clandestino
- e' stata evidenziata in quanto l'art. 14  comma  5-ter  del  citato
decreto subordina la punibilita' della permanenza dello straniero nel
territorio dello Stato in violazione  dell'ordine  del  Questore,  al
fatto che cio' avvenga «senza giustificato motivo». 
    La nuova figura di reato, invece, non prevede alcuna  scriminante
con la conseguenza che il  contravventore  dell'art.  10-bis  risulta
posto in condizione peggiore dell'autore del delitto di cui  all'art.
14 comma 5-ter che  e'  piu'  grave  ed  assorbe  la  contravvenzione
predetta. 
c) Violazione dell'art. 3 e 25,  secondo  comma  della  Costituzione,
sotto il profilo  della  configurazione  di  una  fattispecie  penale
discriminatoria, perche' fondata su particolari condizioni  personali
e sociali, anziche'  su  fatti  e  comportamenti  riconducibili  alla
volonta' del soggetto attivo. 
    In effetti, si deve ammettere che la nuova figura di  reato  solo
apparentemente  sanziona  la  condotta  (l'azione   di   ingresso   e
l'omissione del mancato allontanamento) ma in realta'  e'  diretta  a
colpire la mera condizione personale dello straniero (costituita  dal
mancato possesso  di  un  titolo  abilitativo  all'ingresso  ed  alla
successiva permanenza nel territorio dello Stato) che e' altresi' una
condizione sociale, propria di una categoria di persone. 
    Sanzionando penalmente in modo indiscriminato gli  stranieri  che
soggiornano  illegalmente  nel  territorio  dello  Stato,  la   nuova
disposizione presuppone arbitrariamente riguardo a tutti  l'esistenza
di una condizione di  pericolosita'  sociale  che,  per  giustificare
l'affermazione di una responsabilita'  penale,  deve  invece,  essere
accertata in concreto e con riferimento ai singoli soggetti. 
    Del resto la Corte costituzionale (sent. n. 78/2007)  ha  escluso
che  la  condizione  di  mera  irregolarita'  dello   straniero   sia
sintomatica di una pericolosita' sociale dello stesso:  pertanto,  la
criminalizzazione  di   tale   condizione   stabilita   dalla   nuova
disposizione,  si  rivela,  anche  sotto  questo  aspetto,  priva  di
fondamento giustificativo. 
d) Violazione dell'art. 97, primo comma della Costituzione. 
    Invero,  in  conseguenza  della  previsione   di   due   distinti
procedimenti (amministrativo e penale) diretti allo stesso  fine,  si
finisce per  influire  negativamente  sulla  durata  ragionevole  del
processo penale e cio' a prescindere  da  ogni  altra  considerazione
relativa ai costi ed agli ulteriori incombenti di una nuova procedura
che di fatto duplica quella gia' esistente. 
e) Violazione dell'art. 2 della Costituzione. 
    La nuova fattispecie, infine, appare in contrasto  con  l'art.  2
della Costituzione che riconosce e garantisce i  diritti  inviolabili
dell'uomo e che richiede l'adempimento  dei  doveri  di  solidarieta'
politica, economica e sociale. 
    In sintesi, per tutto quanto in precedenza esposto, la  questione
di costituzionalita' come sopra enunciata, appare  a  questo  giudice
rilevante  e  comunque,  non  manifestamente  infondata.  Inoltre  la
rilevanza  nel   processo   in   oggetto,   deriva   dalla   semplice
considerazione che in caso di declaratoria  di  illegittimita'  della
norma denunciata, l'imputato  finirebbe  per  non  avere  conseguenza
alcuna sotto il profilo penale.