Sentenza 
 
nei giudizi di legittimita'  costituzionale  dell'articolo  4,  comma
4-quinquies, del decreto-legge  23  dicembre  2003,  n.  347  (Misure
urgenti per la ristrutturazione  industriale  di  grandi  imprese  in
stato di insolvenza), convertito, con modificazioni, dalla  legge  18
febbraio 2004, n. 39,  introdotto  dall'articolo  1,  comma  10,  del
decreto-legge 28 agosto 2008, n. 134 (Disposizioni urgenti in materia
di ristrutturazione di grandi  imprese  in  crisi),  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 27 ottobre  2008,  n.  166,  promossi  dal
Tribunale amministrativo regionale per il Lazio con tre ordinanze del
27 maggio 2009, rispettivamente iscritte ai nn. 223, 224  e  225  del
registro ordinanze 2009 e pubblicate nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 37, 1ª serie speciale, dell'anno 2009. 
    Visti gli atti di costituzione di Eurofly  s.p.a  ed  altra,  del
Commissario straordinario di Alitalia-Linee Aeree Italiane s.p.a.  in
amministrazione straordinaria e di Alitalia Compagnia Aerea  Italiana
s.p.a. nonche' gli atti di intervento del  Presidente  del  Consiglio
dei ministri; 
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  22  giugno  2010  il  Giudice
relatore Giuseppe Tesauro; 
    Uditi gli avvocati Aldo Travi, Romolo Persiani e Cristoforo  Osti
per la Eurofly s.p.a ed altra, Massimo Luciani, Gian Michele  Roberti
e Filippo Lattanzi per l'Alitalia Compagnia  Aerea  Italiana  s.p.a.,
Mario Sanino per il Commissario straordinario di Alitalia-Linee Aeree
Italiane s.p.a. in amministrazione straordinaria e  l'avvocato  dello
Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Il Tribunale amministrativo regionale  del  Lazio,  con  tre
ordinanze del  27  maggio  2009,  emesse  nel  corso  di  altrettanti
giudizi, ha sollevato, in riferimento agli  articoli  3  e  41  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  dell'articolo
1, comma 10, del decreto-legge 28 agosto 2008, n.  134  (Disposizioni
urgenti in materia di ristrutturazione di grandi imprese  in  crisi),
convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2008,  n.  166,
nella parte in cui ha introdotto il comma 4-quinquies nell'articolo 4
del decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347  (Misure  urgenti  per  la
ristrutturazione  industriale  di  grandi   imprese   in   stato   di
insolvenza), convertito, con modificazioni, dalla legge  18  febbraio
2004,  n.  39  (recte:  ha  sollevato   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 4, comma 4-quinquies, del  decreto-legge  n.
347 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge  n.  39  del
2004, introdotto dall'art. 1, comma 10, del decreto-legge n. 134  del
2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 166 del 2008). 
    2. - La prima ordinanza (r.o.  n.  223  del  2009)  premette  che
Eurofly s.p.a., in persona del legale rappresentante, ha dedotto  che
esercita un'impresa di trasporto aereo di linea, in concorrenza,  tra
l'altro,  con  Alitalia-Linee  Aeree  Italiane  s.p.a.  (di  seguito,
Alitalia)   ed   AirOne   s.p.a.,   chiedendo   l'annullamento    del
provvedimento dell'Autorita' della concorrenza e del  mercato  (d'ora
in poi, Autorita'), adottato nell'adunanza del  3  dicembre  2008,  a
conclusione del procedimento n. C/9812,  articolando  sei  motivi  di
censura. 
    Siffatto provvedimento, reso sulla comunicazione  della  societa'
Alitalia-Compagnia Aerea Italiana s.p.a. (infra: CAI), effettuata  ai
sensi del citato art. 4, comma  4-quinquies,  avente  ad  oggetto  la
notificazione preventiva dell'operazione di  concentrazione  relativa
all'acquisizione   di   alcuni   rami   d'azienda   delle    societa'
Alitalia-Linee   Aeree   Italiane    s.p.a.,    in    amministrazione
straordinaria,   Alitalia   Servizi   s.p.a.,   in    amministrazione
straordinaria,   Alitalia   Airport   s.p.a.,   in    amministrazione
straordinaria,   Alitalia   Express   s.p.a.,   in    amministrazione
straordinaria, Volare s.p.a, in amministrazione straordinaria (gruppo
AZ), e delle  societa'  AirOne  s.p.a.,  AirOne  City  Liner  s.p.a.,
European Avia Service s.p.a., Air One Technic s.p.a.  e  Challey  Ltd
(gruppo AP), ha prescritto misure comportamentali, per  prevenire  il
rischio di imposizione di prezzi  ed  altre  condizioni  contrattuali
ingiustificatamente  gravose  per  i  consumatori,  conseguenti  alla
concentrazione, fissando al 3 dicembre 2011 la data prima della quale
sara' stabilito il successivo termine entro il quale le posizioni  di
monopolio  eventualmente  determinatesi  a  seguito   dell'operazione
devono cessare, previo avvio di idoneo procedimento istruttorio. 
    2.1. - Il TAR espone che, con il primo motivo, Eurofly s.p.a.  ha
eccepito l'illegittimita'  del  provvedimento  impugnato,  in  quanto
avrebbe dato applicazione al citato art. 4, comma 4-quinquies, che si
porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 41 Cost. 
    La  ricorrente,  con  il  secondo  motivo,  ha  dedotto  che   il
provvedimento  impugnato  violerebbe  il  d.l.  n.  347   del   2003,
convertito dalla legge n. 39 del 2004, ed il d.l. n.  134  del  2008,
convertito dalla legge n. 166 del 2008,  poiche'  l'esclusione  della
autorizzazione  dell'operazione   di   concentrazione   riguarderebbe
soltanto le  «imprese  operanti  nel  settore  dei  servizi  pubblici
essenziali» e, in virtu' dell'art. 1 della legge 12 giugno  1990,  n.
146  (Norme  sull'esercizio  del  diritto  di  sciopero  nei  servizi
pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei  diritti  della  persona
costituzionalmente  tutelati.  Istituzione   della   Commissione   di
garanzia dell'attuazione della  legge),  sarebbero  tali  soltanto  i
servizi  aerei  per  il  collegamento  con  le  isole  e,  alla  data
dell'operazione, CAI, non era titolare di concessione per l'esercizio
dell'attivita' di trasporto aereo, quindi, il citato  art.  4,  comma
4-quinquies, non sarebbe applicabile. 
    Eurofly  s.p.a.,  con  il  terzo  ed  il   quarto   motivo,   ha,
rispettivamente, eccepito che le norme alla  base  del  provvedimento
impugnato si porrebbero in contrasto con l'art. 86 del  Trattato  del
15 marzo 1957 (Trattato che istituisce la Comunita'  europea),  nella
versione in vigore dal 1° febbraio  2003  al  30  novembre  2009  (di
seguito, Trattato CE), nonche' con gli artt. 3, lettera g), 10  e  82
del medesimo, e dovrebbero essere  disapplicate,  insistendo  per  il
rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia delle Comunita' europee,
al fine di accertare l'esatta interpretazione di tali disposizioni. 
    Il   quinto   motivo   ha   prospettato   l'illegittimita'    del
provvedimento impugnato, in quanto la valutazione dell'operazione  di
concentrazione  spetterebbe  alla  Commissione  europea.   In   linea
gradata,  la  ricorrente  ha  chiesto   che   sia   disposto   rinvio
pregiudiziale  alla  Corte  di  giustizia  dell'Unione  europea,  per
accertare se «una situazione di controllo congiunto  di  fatto  possa
sussistere nel caso sia provata l'esistenza di una forte comunione di
interessi; nel caso di acquisto del controllo congiunto  tramite  una
"scatola vuota" imprese interessate debbano considerarsi  le  imprese
madri e non la societa' veicolo; l'acquisto del controllo  di  CAI  e
l'ingresso del socio straniero debbano essere considerati quale unica
operazione di concentrazione». 
    Eurofly s.p.a., con il sesto motivo,  ha  chiesto  l'annullamento
del citato provvedimento, deducendone l'illegittimita'  in  relazione
ai contenuti degli «obblighi imposti», in quanto  incongrui  rispetto
al  fine  di  scongiurare  il  rischio  di  condizioni   contrattuali
ingiustificatamente gravose per i consumatori. 
    2.2. - L'ordinanza di  rimessione  espone  che  CAI  ha  proposto
ricorso incidentale condizionato, affidato a  tre  motivi,  chiedendo
l'annullamento del provvedimento impugnato  da  Eurofly  s.p.a.,  nel
caso di accoglimento, anche parziale, del ricorso principale. 
    2.3. - Posta questa  premessa,  il  TAR  espone  le  ragioni  del
rigetto dell'eccezione di inammissibilita' del ricorso,  per  difetto
di legittimazione ad agire,  proposta  dall'Avvocatura  dello  Stato,
osservando  che  la  ricorrente,  impresa   concorrente   di   quelle
interessate  dalla  concentrazione,  e'  titolare  di  una  posizione
«differenziata» rispetto «alla posizione di tutti  gli  altri  membri
della  collettivita'»  e  «qualificata»,  poiche'  non  contesta   le
prescrizioni contenute  nel  provvedimento  impugnato  a  tutela  dei
consumatori,  ma  dubita  della   legittimita'   dell'operazione   di
concentrazione presupposta dal provvedimento,  in  quanto  consentita
dalla norma censurata. 
    2.4. - Secondo l'ordinanza di rimessione, la norma  censurata  ha
disposto che le operazioni di concentrazione delle  imprese  operanti
nel settore dei servizi pubblici essenziali, effettuate entro  il  30
giugno  2009,  connesse  o  contestuali,  o  comunque  previste   nel
programma debitamente autorizzato di cui all'art.  2,  comma  2,  del
d.l. n. 347 del 2003, ovvero nel provvedimento di  autorizzazione  di
cui all'art.  5,  comma  1,  di  detto  decreto-legge,  rispondono  a
preminenti interessi generali e non sono soggette  all'autorizzazione
di cui alla legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela  della
concorrenza e del mercato), fermo quanto previsto dagli artt. 2  e  3
della medesima. La disposizione ha,  inoltre,  stabilito  che,  fatto
salvo quanto  previsto  dalle  norme  comunitarie,  le  parti  devono
preventivamente  notificare  all'Autorita'  le   concentrazioni   che
rientrano nella competenza della medesima, unitamente  alla  proposta
di  misure  comportamentali  idonee  a  prevenire   il   rischio   di
imposizione   di   prezzi    o    altre    condizioni    contrattuali
ingiustificatamente gravose per i consumatori. 
    L'Autorita', con propria  deliberazione,  adottata  entro  trenta
giorni dalla comunicazione, prescrive  le  suddette  misure,  con  le
modificazioni  ed  integrazioni  ritenute  necessarie,  fissando   il
termine, non inferiore a tre anni, entro il  quale  le  posizioni  di
monopolio eventualmente determinatesi  devono  cessare;  in  caso  di
inottemperanza, sono applicabili le sanzioni  previste  dall'art.  19
della legge n. 287 del 1990. 
    L'Autorita', con provvedimento  del  3  dicembre  2008:  ha  reso
obbligatoria la misura comportamentale con cui CAI si e' impegnata  a
garantire su tutte le rotte  piena  e  ampia  copertura  del  proprio
programma di fidelizzazione, salvo specifiche iniziative promozionali
relative alla commercializzazione una tantum di  particolari  tariffe
scontate  su  determinate  rotte;  ha  integrato  detta  misura,  con
ulteriori prescrizioni; ha stabilito che CAI deve applicare  siffatte
misure per tre anni dalla data di inizio delle attivita' della stessa
societa', fissando al 3 dicembre 2011 la data prima della quale sara'
stabilito il successivo termine,  entro  il  quale  le  posizioni  di
monopolio  eventualmente  determinatesi  a  seguito   dell'operazione
devono cessare, previo avvio di idoneo procedimento istruttorio. 
    2.5. - Sintetizzato il contenuto del provvedimento impugnato,  il
rimettente espone gli argomenti a conforto del rigetto delle  censure
svolte da Eurofly s.p.a. nei motivi dal secondo al sesto. 
    In primo luogo, approfondisce  le  ragioni  dell'inammissibilita'
delle doglianze concernenti le condizioni asseritamente gravose per i
consumatori e dell'infondatezza della tesi diretta  a  contestare  la
configurabilita'  del  servizio  di  trasporto  aereo  come  servizio
pubblico  essenziale.  In  secondo  luogo,  espone  diffusamente  gli
argomenti a conforto dell'infondatezza della censura con la quale  la
ricorrente ha dedotto che sull'operazione avrebbe dovuto pronunciarsi
la Commissione europea. In terzo  luogo,  svolge  gli  argomenti  per
dimostrare  l'inesistenza   dell'eccepito   contrasto   delle   norme
nazionali  applicabili   alla   fattispecie   con   le   disposizioni
comunitarie invocate dalla ricorrente. 
    2.6.  -  Il  TAR,  dopo  avere  sottolineato  che  «i  motivi  di
impugnativa con cui la ricorrente ha dedotto  vizi  propri  dell'atto
sono in parte infondati ed in parte inammissibili», solleva questione
di legittimita' costituzionale del citato art. 4, comma 4-quinquies. 
    A   suo   avviso,   detta    disposizione    costituirebbe    una
«norma-provvedimento»,   poiche'   concerne    le    operazioni    di
concentrazione, effettuate entro  il  30  giugno  2009,  tra  imprese
operanti nel settore  dei  servizi  pubblici  essenziali  connesse  o
contestuali  o   comunque   previste   nel   programma,   debitamente
autorizzato, relativo alla procedura di amministrazione straordinaria
delle grandi imprese in stato  di  insolvenza.  Dunque,  essa  ha  un
limitato  ambito  di  applicazione  e  sarebbe  stata   emanata   con
riferimento «alla vicenda Alitalia, tanto che il decreto  in  cui  e'
contenuta la norma e' comunemente noto come c.d. "decreto Alitalia"».
D'altronde, osserva il rimettente, anche l'amministrazione resistente
ha prospettato che, «con l'operazione CAI-Alitalia-AirOne», e' «stato
salvato da sicuro  e  imminente  collasso  un  sistema  integrato  di
trasporti  pubblici,   via   aerea   su   scala   nazionale»   e   la
controinteressata ha precisato che «le vicende  sottese  all'adozione
del provvedimento legislativo sono a tutti ben note [...].  I  rischi
di scomparsa della compagnia  di  bandiera  e  di  disoccupazione  di
migliaia di lavoratori hanno spinto il  Governo  ad  intervenire  con
misure drastiche che consentissero  la  continuita'  operativa  delle
imprese incaricate dello svolgimento di servizi  pubblici  essenziali
entrate in crisi». 
    La   disposizione   censurata    costituirebbe,    quindi,    una
«norma-provvedimento»   che,   secondo   il   giudice   a   quo,   la
giurisprudenza costituzionale avrebbe ritenuto ammissibile, salvo  il
rispetto  della  funzione  giurisdizionale   e   del   principio   di
ragionevolezza e la sua sottoposizione ad uno  scrutinio  stretto  di
costituzionalita' in ordine a detti profili. 
    Il canone della ragionevolezza comporta che  le  disposizioni  le
quali realizzano una disparita' di trattamento devono essere valutate
all'esito di un bilanciamento dei valori  in  gioco.  Ad  avviso  del
rimettente, la  norma  censurata  stabilisce  che  le  operazioni  di
concentrazione in esame sono strumentali alla  tutela  di  preminenti
interessi  generali  e,  appunto  per  questo,  sono  sottratte  alla
disciplina prevista dagli artt. 6 e 16 della legge n. 287  del  1990.
L'art. 16 di detta legge dispone che: le operazioni di concentrazione
indicate  nell'art.  5  devono  essere   preventivamente   comunicate
all'Autorita', qualora  il  fatturato  totale  realizzato  a  livello
nazionale dall'insieme delle  imprese  interessate  sia  superiore  a
determinate  soglie  (comma1);   quando   l'Autorita'   ritenga   che
l'operazione  di  concentrazione  possa  essere  vietata   ai   sensi
dell'art. 6, avvia l'istruttoria e, se non  reputi  cio'  necessario,
deve comunicare le proprie conclusioni alle imprese interessate ed al
Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato (comma 4). 
    L'art. 6, comma 1, della legge n. 287  del  1990  stabilisce  che
l'Autorita' valuta se dette operazioni di  concentrazione  comportino
la costituzione o il rafforzamento di  una  posizione  dominante  sul
mercato  nazionale,  in  guisa  da  eliminare  o  ridurre   in   modo
sostanziale e durevole  la  concorrenza  (comma  1),  e,  al  termine
dell'istruttoria prevista dall'art.  16,  comma  4,  se  accerta  che
l'operazione produce tali effetti, vieta la concentrazione, ovvero la
autorizza, prescrivendo le misure necessarie per impedirli (comma 2). 
    La norma censurata avrebbe sottratto all'Autorita' il  potere  di
svolgere il controllo secondo il procedimento previsto dalla legge n.
287  del  1990,  permettendole   soltanto   di   prescrivere   misure
comportamentali, escludendo il potere di vietare  l'operazione  e  di
imporre ulteriori misure. 
    Secondo   il   rimettente,   l'incidenza    dell'operazione    di
concentrazione   sulla   concorrenza   risulterebbe   dallo    stesso
provvedimento impugnato, il quale, in primo luogo, indica che «CAI, a
seguito dell'operazione, sara' l'unico vettore ad offrire servizi  di
trasporto aereo passeggeri di  linea  su  numerose  tratte,  tra  cui
alcune fra le piu' importanti in temi di  trasportato,  mentre  sulle
altre rotte risultera' fortemente ridotta la  presenza  di  operatori
concorrenti, con poche eccezioni» (paragrafo 13). In  secondo  luogo,
pone in luce  che,  «considerata  la  situazione  concorrenziale  che
verra' a  determinarsi  a  seguito  dell'operazione»,  si  avra'  «la
creazione di un vettore che potra' gestire una rete  di  collegamenti
capillare su tutto il territorio  nazionale,  detenendo  sui  singoli
collegamenti posizioni di assoluto rilievo - se non di unica  offerta
- in termini di frequenze allo stato disponibili» (paragrafo 31). 
    Inoltre, poiche' la norma censurata  stabilisce  che  l'Autorita'
definisce il termine, non inferiore a tre anni,  entro  il  quale  le
posizioni di monopolio eventualmente  determinatesi  devono  cessare,
tali posizioni sono destinate a durare almeno tre anni. Dunque, detta
norma avrebbe discriminato le imprese del settore  aereo,  prevedendo
un  trattamento  piu'  favorevole   per   quelle   interessate   alla
concentrazione,  che  hanno  incrementato  la  propria  posizione  in
termini concorrenziali,  in  danno  delle  altre  gia'  operanti  nel
settore, o che, in prospettiva, potrebbero operarvi. 
    Ad avviso del giudice a quo, siffatta discriminazione non sarebbe
ragionevole, con conseguente  violazione  dell'art.  3  Cost.  e  del
principio della liberta' di concorrenza, che  costituisce  una  delle
espressioni della  liberta'  di  iniziativa  economica  privata,  non
avendo la norma censurata neppure  dato  conto  degli  interessi  che
mirerebbe a garantire e che, all'interno di un bilanciamento di tutti
quelli in gioco, potrebbero giustificare la deroga del  principio  di
eguaglianza ed il sacrificio della liberta' di concorrenza. 
    Il citato art. 4, comma  4-quinquies,  indica,  infatti,  che  le
operazioni  di  concentrazione  in  esame  «rispondono  a  preminenti
interessi generali»,  senza  offrire  «una  precisa  spiegazione»  al
riguardo e senza dare conto sia delle ragioni della  loro  prevalenza
rispetto  ad   altri   interessi   di   rango   costituzionale,   sia
dell'impossibilita' di conseguirli con modalita' diverse,  rispettose
dei principi di eguaglianza e di tutela della concorrenza.  A  questo
fine,  sarebbe  insufficiente  la  considerazione,  contenuta   nella
premessa del d.l. n. 134 del 2008, in ordine alla «importanza  che  i
servizi forniti dalle  societa'  operanti  nei  settori  dei  servizi
pubblici essenziali non subiscano interruzioni». Anche tenendo  conto
della rilevanza della  continuita'  di  tali  servizi,  non  sarebbe,
infatti, «agevole comprendere ne' dal testo di  legge,  ne'  aliunde,
perche' tale risultato debba essere perseguito attraverso  una  norma
discriminatoria  per  gli  altri  operatori  del  settore  aereo  che
forniscono lo  stesso  servizio  pubblico  essenziale  e  lesiva  del
principio di tutela della liberta' di concorrenza». 
    La norma censurata violerebbe, quindi, l'art. 41 Cost., il  quale
garantisce la liberta' dell'iniziativa economica privata,  una  delle
cui articolazioni fondamentali sarebbe costituita dalla tutela  della
concorrenza, mentre l'art. 1 della legge n. 287 del  1990  stabilisce
che le norme in questa contenute sono state emanate in attuazione  di
detto parametro costituzionale, a tutela del  diritto  di  iniziativa
economica. 
    Secondo il  TAR,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
sarebbe rilevante, in quanto l'eccezione di inammissibilita' proposta
dall'Avvocatura dello Stato e' stata rigettata, sono  stati  ritenuti
in parte infondati, in parte  inammissibili,  i  motivi  del  ricorso
aventi ad oggetto vizi propri  del  provvedimento  impugnato,  ed  e'
stato dichiarato inammissibile il ricorso  incidentale  condizionato.
Pertanto,   l'accoglimento   della   questione   «si    rifletterebbe
inevitabilmente sulla legittimita' dell'impugnato provvedimento [...]
che, nel  prescrivere  le  misure  comportamentali  per  la  CAI,  ha
applicato la norma» censurata, «postulando  l'avvenuta  realizzazione
dell'operazione di concentrazione». 
    Il  rimettente  espone,  infine,  le  ragioni  a  conforto  della
inammissibilita' del ricorso  incidentale  condizionato  proposto  da
CAI. 
    3. - La seconda ordinanza (r.o. n. 224 del  2009)  premette  che,
nel giudizio principale, Meridiana  s.p.a.,  in  persona  del  legale
rappresentante, ha dedotto  che  esercita  l'attivita'  di  trasporto
aereo di linea in concorrenza, tra le altre, con Alitalia  ed  AirOne
s.p.a., chiedendo, con otto motivi, l'annullamento del  provvedimento
dell'Autorita' sopra richiamato. 
    3.1. - Il TAR espone che, con il primo motivo, la  ricorrente  ha
eccepito l'illegittimita' di detto provvedimento, in quanto  adottato
in violazione degli artt. 7 e seguenti della legge 7 agosto 1990,  n.
241 (Nuove norme in  materia  di  procedimento  amministrativo  e  di
diritto di accesso ai documenti amministrativi) e degli artt. 7 e  13
del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile  1998,  n.  217
(Regolamento recante norme in materia  di  procedure  istruttorie  di
competenza dell'Autorita' garante della concorrenza e  del  mercato).
Meridiana s.p.a., con il secondo motivo, ha denunciato  violazione  e
falsa applicazione dell'art. 5 del regolamento  di  organizzazione  e
funzionamento dell'attivita' dell'Autorita' e dei  principi  generali
concernenti  l'attivita'  degli  organi  collegiali   amministrativi,
nonche' eccesso di potere. 
    L'ordinanza di rimessione sintetizza, infine,  il  contenuto  dei
motivi dal terzo all'ottavo, sostanzialmente coincidenti  con  quelli
proposti da Eurofly s.p.a., ed espone che  CAI  ha  proposto  ricorso
incidentale condizionato, di contenuto identico a quello del giudizio
introdotto dall'ordinanza r.o. n. 223 del 2009. 
    3.2. - Posta questa premessa,  il  TAR  espone  gli  argomenti  a
conforto del rigetto dell'eccezione di inammissibilita' del  ricorso,
per difetto di  legittimazione  ad  agire,  proposta  dall'Avvocatura
dello Stato  (identici  a  quelle  svolti  per  dichiarare  infondata
l'identica eccezione proposta  nel  giudizio  introdotto  da  Eurofly
s.p.a.), sintetizza la disciplina stabilita dalla norma censurata  ed
il contenuto del provvedimento impugnato. 
    3.3. - Il giudice a quo esamina, quindi, i primi due  motivi  del
ricorso,  ritenendoli  infondati,  nonche'  i   motivi   dal   quarto
all'ottavo,  rigettati  con  motivazione  identica  a  quella  svolta
nell'ordinanza r.o. n. 223 del 2009. 
    Il  rimettente  censura,  infine,  il  citato   art.   4,   comma
4-quinquies, in riferimento ai parametri costituzionali ed ai profili
indicati dalla ordinanza r.o. n. 223  del  2009,  con  argomentazioni
sostanzialmente   identiche   a   quelle   svolte   in   quest'ultimo
provvedimento di rimessione, anche in  ordine  alla  rilevanza  della
questione   ed   all'inammissibilita'   del    ricorso    incidentale
condizionato. 
    4. - La terza ordinanza (r.o. n. 225 del 2009)  premette  che  la
Federconsumatori-Federazione  Nazionale  di  Consumatori   e   Utenti
(infra: Federconsumatori), in persona del legale  rappresentante,  ha
impugnato il citato  provvedimento  dell'Autorita',  articolando  due
motivi di censura. 
    Con  il  primo  motivo,  la  ricorrente  ha   eccepito   che   il
provvedimento impugnato violerebbe l'art. 3 della legge  n.  241  del
1990, nonche' gli artt. 2, 3, 41 e 117 Cost. e l'art. 81 del Trattato
CE, deducendo che l'art. 1, comma 10, del d.l. n. 134 del  2008,  nel
testo risultante dalla legge di  conversione  n.  166  del  2008,  ed
inoltre  si  porrebbe  in  contrasto  con  norme   costituzionali   e
comunitarie. Con il  secondo  motivo,  ha  eccepito  l'illegittimita'
costituzionale della legge n. 166 del 2008, in riferimento agli  art.
2, 3, 41  e  117  Cost.,  vulnerati  dal  «congelamento»  dei  poteri
dell'Autorita'. 
    Secondo il TAR, l'eccezione di inammissibilita' del ricorso,  per
difetto di legittimazione ad agire,  proposta  dall'Avvocatura  dello
Stato, e' infondata, in quanto la ricorrente, ente  esponenziale  dei
consumatori,  e'  titolare   di   una   posizione   differenziata   e
qualificata.  Il  citato  art.  4,  comma  4-quinquies,   stabilisce,
infatti,  che  le  misure  comportamentali   che   l'Autorita'   deve
prescrivere sono preordinate a prevenire il rischio di imposizione di
prezzi o di altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose
per i consumatori in conseguenza dell'operazione  di  concentrazione.
La  ricorrente  non  ha  proposto  censure  riferite  a  tali  misure
comportamentali;  nondimeno  essa  e'  legittimata  a  contestare  la
concentrazione presupposta dal  provvedimento  impugnato,  in  quanto
consentita  dalla  norma  censurata.  La  disciplina  legislativa  in
materia di concorrenza e', infatti,  stabilita  anche  a  tutela  dei
consumatori, i quali potrebbero essere pregiudicati  da  una  ridotta
concorrenza tra le imprese del settore. 
    4.1. - L'ordinanza  di  rimessione,  sintetizzati  la  disciplina
stabilita dalla norma impugnata ed  il  contenuto  del  provvedimento
impugnato, ne ha escluso il contrasto con l'art. 82 del Trattato  CE,
ritenendo non pertinente il richiamo dell'art. 81 del medesimo. 
    Il rimettente dubita, invece, della  legittimita'  costituzionale
del citato art. 4, comma 4-quinquies, in riferimento agli artt.  3  e
41 Cost., sotto i profili e per  le  ragioni  esposte  nell'ordinanza
r.o. n. 223 del 2009 che, sostanzialmente, riproduce. 
    Infine,  il  TAR  deduce  che  la  questione  sarebbe  rilevante,
premettendo  che  «ha  respinto  l'eccezione  d'inammissibilita'  del
ricorso ed ha respinto le censure con cui la ricorrente ha dedotto la
violazione delle norme comunitarie», ed osservando  che  «l'eventuale
annullamento della detta norma di legge, pertanto,  si  rifletterebbe
inevitabilmente  sulla  legittimita'   dell'impugnato   provvedimento
dell'Autorita' [...] che, nel prescrivere le  misure  comportamentali
per  la  CAI,  ha   applicato   la   norma   di   legge   della   cui
costituzionalita'  si  dubita,  postulando  l'avvenuta  realizzazione
dell'operazione di concentrazione». 
    5. - Nei giudizi promossi dalle ordinanze r.o. n. 223  e  n.  224
del  2009  si  sono  costituite,  con  separati  atti,  di  contenuto
sostanzialmente identico,  Eurofly  s.p.a.,  in  persona  del  legale
rappresentante,  e  Meridiana   s.p.a.,   in   persona   del   legale
rappresentante,  entrambe   ricorrenti   nei   processi   principali,
chiedendo, anche nelle memorie depositate in prossimita' dell'udienza
pubblica,  che  la  questione  sia  accolta.  Eurofly  s.p.a.,  nella
memoria, ha indicato  che  ha  modificato  la  propria  denominazione
sociale in Meridiana fly s.p.a. 
    Le parti premettono una analitica esposizione  delle  fasi  della
privatizzazione  di  Alitalia-Linee  Aeree  Italiane  s.p.a.  (infra:
Alitalia), muovendo dalla pubblicazione, nel 2006,  di  un  invito  a
manifestare l'interesse all'acquisto della partecipazione dello Stato
in tale societa', esauritosi  senza  successo  nel  2007,  sino  alla
presentazione in tale anno da parte di Air France-KLM  di  un'offerta
di acquisto giudicata idonea, ma non andata a buon fine e ritirata il
21 aprile 2008. 
    Le societa' espongono, quindi, le modalita' del  conferimento  ad
Intesa San Paolo s.p.a. del ruolo di advisor, allo scopo di elaborare
un piano e di individuare i  soggetti  interessati  all'acquisizione;
esaminano  alcuni  profili  relativi  agli  asseriti  rapporti  della
predetta con AirOne s.p.a. e CAI ed indicano che, alla fine del  mese
di luglio del  2008,  l'advisor  aveva  presentato  un  programma  di
acquisizione e di gestione (c.d. Piano  Fenice),  sostenendo  che  il
d.l. n. 134 del 2008 sarebbe stato emanato  per  rendere  applicabile
nella specie l'amministrazione straordinaria delle grandi imprese  in
crisi e permettere al Commissario straordinario di vendere  l'azienda
in tempi brevissimi, a trattativa  privata,  introducendo,  altresi',
una deroga ai poteri dell'Autorita'. 
    Le parti ripercorrono le  modalita'  della  sottoposizione  delle
societa'  del  gruppo  Alitalia  alla  procedura  di  amministrazione
straordinaria, della modifica dello statuto e dell'oggetto sociale di
CAI e della formulazione da parte di quest'ultima  di  un'offerta  di
acquisto; a loro avviso, sarebbe indubbio che essa era  la  «Fenice»,
che doveva emergere dalle ceneri di Alitalia. Inoltre, dette societa'
pongono in dubbio il possesso da parte del soggetto  designato  quale
esperto per la valutazione  di  mercato  di  Alitalia  del  requisito
dell'indipendenza  e  riassumono  gli  eventi  successivi  che,   tra
l'altro, sarebbero stati caratterizzati: dal ritiro da parte  di  CAI
della propria offerta; dalla pubblicazione da parte  del  Commissario
straordinario dell'Alitalia dell'invito a  presentare  manifestazioni
d'interesse  per  l'acquisto  di  uno  o  piu'  rami   d'azienda   di
quest'ultima e delle imprese  controllate;  dalla  manifestazione  di
«gioia» da parte di detto Commissario,  all'atto  della  conferma  da
parte di CAI della propria offerta, in data 25  settembre  2008,  per
una conclusione che evitava di «mettere a terra gli aerei» (risultato
conseguito senza che fossero state intavolate  trattative  con  altri
potenziali  acquirenti,  tra  questi  le  ricorrenti);   dall'offerta
vincolante di CAI in data 31 ottobre 2008; dal deposito della perizia
sul valore dei beni e dalla  offerta  di  acquisto  di  CAI  sino  al
perfezionamento della vendita. 
    5.1.  - Entrambe  le  societa'   contestano   le   eccezioni   di
inammissibilita'  sollevate  dalle  altri  parti   del   giudizio   e
dall'interveniente, osservando che CAI  avrebbe  svolto  argomenti  a
sostegno dell'inammissibilita' della questione proposta  nel  diverso
giudizio introdotto da Federconsumatori. 
    Secondo le parti, il TAR ha dichiarato infondati tutti  i  motivi
dei  ricorsi  non  concernenti  l'illegittimita'  costituzionale  del
citato art. 4,  comma  4-quinquies,  proprio  allo  scopo  di  potere
ritenere rilevante la sollevata questione. Inoltre, contestano che la
disposizione censurata conterrebbe tre norme,  di  diverso  contenuto
precettivo, come eccepito da CAI,  sostenendo  che  essa  recherebbe,
invece,  un  unico  precetto,  avente   ad   oggetto   l'attribuzione
all'Autorita' del potere di stabilire  misure  comportamentali  e  la
sottrazione alla medesima del controllo previsto dalla legge  n.  287
del 1990. 
    5.1.1.  - L'eccezione  di   inammissibilita'   della   questione,
motivata con la considerazione che il rimettente avrebbe  chiesto  la
pronuncia di una sentenza «sostitutiva», sarebbe  infondata,  poiche'
non terrebbe conto del petitum formulato dal TAR, mentre  l'incidenza
della norma sullo svolgimento  di  un  servizio  pubblico  essenziale
neppure potrebbe essere causa di inammissibilita' della questione. 
    Del pari infondata sarebbe l'eccezione di inammissibilita'  della
questione per difetto di incidentalita',  dato  che  il  TAR  avrebbe
correttamente deciso gli altri motivi, proprio al fine di ritenere la
questione rilevante. 
    Meridiana fly  s.p.a.  e  Meridiana  s.p.a.  contestano,  infine,
l'eccezione di difetto di motivazione in ordine  alla  non  manifesta
infondatezza della questione, argomentata con la  considerazione  che
il TAR non  avrebbe  chiarito  «se,  in  caso  positivo  perche',  la
delibera dell'Autorita' impugnata nel  giudizio  principale  dovrebbe
essere annullata» e neppure indicato che  i  vizi  del  provvedimento
deriverebbero dalla norma censurata. A loro avviso, i rimettenti  non
erano tenuti a motivare sul punto e l'inidoneita'  del  provvedimento
impugnato allo scopo di garantire la concorrenza  risulterebbe  dalla
circostanza che  esso,  nell'osservanza  del  citato  art.  4,  comma
4-quinquies,  stabilisce   esclusivamente   misure   comportamentali,
irrilevanti  rispetto  alla  tutela   della   concorrenza,   con   la
conseguenza che ogni valutazione al riguardo da parte dei  rimettenti
sarebbe stata superflua. Inoltre,  il  TAR  ha  anche  precisato  che
l'accoglimento    della    questione    influirebbe    sull'eventuale
annullamento del provvedimento dell'Autorita'. 
    5.2.  - Nel   merito,   secondo   le   parti,   l'operazione   di
concentrazione in esame avrebbe determinato  un  monopolio  di  fatto
sulle linee di navigazione aeree piu'  importanti  e  redditizie  del
nostro Paese (in particolare, sulla  tratta  Roma-Linate),  in  danno
delle imprese concorrenti, costrette a subire il rafforzamento  delle
posizioni dell'operatore dominante sulle tratte  economicamente  piu'
interessanti, dato che non  sono  stati  ceduti  slot,  come  sarebbe
accaduto, qualora fosse stata applicata la legge n. 287 del 1990. 
    A  loro  avviso,  la  disposizione  censurata  costituirebbe  una
«norma-provvedimento», carattere confortato dai  lavori  preparatori,
dalle notizie di stampa, dalle circostanze che essa  era  diretta  «a
consentire un'operazione concreta e specifica» e che il d.l.  n.  134
del 2008 e' stato emanato pochi  giorni  dopo  che  era  maturata  la
proposta della «cordata CAI», nonche' dalla limitazione temporale che
impedirebbe di applicarla ad altri casi. 
    Meridiana  fly  s.p.a.  e  Meridiana   s.p.a.,   richiamando   la
giurisprudenza di questa Corte, alcuni orientamenti della dottrina, e
facendo generico riferimento alla  Convenzione  europea  dei  diritti
dell'uomo  ed  al  Trattato  dell'Unione  europea,  svolgono  diffuse
argomentazioni per sostenere che le leggi-provvedimento, benche'  non
siano ex se illegittime, sarebbero soggette ad uno scrutinio  stretto
di legittimita' costituzionale. 
    Nella specie, assumerebbe rilievo la circostanza che la legge  n.
287 del 1990, non solo per l'espresso richiamo  dell'art.  41  Cost.,
stabilisce  una  disciplina  essenziale  a  garanzia  della  liberta'
dell'iniziativa  economica  privata,  e'  collocata  in   un   quadro
regolamentato   a   tutela   della   concorrenza   quale   «interesse
costituzionalmente  protetto»   ed   attribuisce   all'Autorita'   il
controllo  delle  operazioni  di  concentrazione,   allo   scopo   di
scongiurare l'eliminazione o la riduzione della concorrenza  in  modo
sostanziale e durevole. 
    5.2.1. - In relazione alle censure riferite  all'art.  41  Cost.,
secondo le parti, la  giurisprudenza  costituzionale  e  la  dottrina
avrebbero affermato che la  tutela  della  concorrenza  ha  copertura
costituzionale, soprattutto dopo la modifica dell'art. 117  Cost.  La
negativa incidenza della norma censurata  sulla  concorrenza  sarebbe
dimostrata dalle considerazioni che con  essa:  e'  stata  posta  nel
nulla la disciplina della legge n. 287 del 1990, attuativa  dell'art.
41 Cost.; e' stata determinata una situazione di mercato in grado  di
assicurare extraprofitti ad un'impresa egemone; e' stata  accreditata
una  nozione  di  «monopolio  utile»,  quale  strumento  dirigistico,
strumentale a realizzare finalita' non chiare; sarebbe stata  violata
la disciplina dell'Unione europea, dato che il regolamento 20 gennaio
2004, n. 139 (Regolamento del Consiglio relativo al  controllo  delle
concentrazioni  tra  imprese   -   «Regolamento   comunitario   sulle
concentrazioni»)  riconosce  che  le  concentrazioni  possono   avere
effetti positivi, ma richiede l'esistenza di uno strumento  specifico
in grado di garantire un controllo efficace. 
    Entrambe le societa' approfondiscono  le  ragioni  della  pretesa
inidoneita' delle misure comportamentali contenute nel  provvedimento
dell'Autorita' a garantire la tutela della concorrenza, deducendo che
non sarebbe comprensibile come  la  norma  censurata  possa  tutelare
l'utilita' sociale. In  ogni  caso,  il  legislatore  avrebbe  dovuto
fornire una adeguata  giustificazione  in  ordine  a  detto  profilo,
spettando a questa Corte «l'identificazione del fine sociale e  della
riferibilita' ad esso di programmi e controlli» (sentenze n. 196  del
1998 e n. 63 del 1991). 
    A loro avviso, anche ritenendo sussistenti  ragioni  di  utilita'
sociale, questa Corte dovrebbe accertare se la norma abbia realizzato
un intervento ragionevole e proporzionato, come non sarebbe accaduto.
Infatti, pur reputando la deroga in esame preordinata a realizzare un
obiettivo di pubblico interesse, in assenza di ogni indicazione nella
disposizione censurata, non si comprenderebbe perche', a detto  fine,
sarebbe stato necessario garantire un  monopolio  per  tre  anni.  Un
onere correlato al servizio pubblico  puo',  inoltre,  sussistere  in
relazione ad alcune tratte svantaggiate (quali quelle che  assicurano
i collegamenti con le isole), non  a  quella  tra  gli  aeroporti  di
Milano-Linate e Roma-Fiumicino. Infine, qualora l'obiettivo avuto  di
mira fosse stato quello di garantire la promozione  di  un  «campione
nazionale», in nome di preminenti interessi generali, avrebbe  dovuto
essere utilizzato lo strumento dell'art. 25 della legge  n.  287  del
1990, ovvero dell'art. 8, comma 2, della stessa legge. 
    La constatazione  che  la  disciplina  prevista  da  detta  legge
prevede la possibilita' di deroghe conforterebbe che l'operazione  di
concentrazione in esame, in violazione degli obblighi assunti in seno
all'Unione europea, sarebbe stata preordinata a «creare  un  campione
nazionale, consegnandogli per tre anni»  il  monopolio  assoluto  del
mercato. 
    Secondo le parti, la volonta' del legislatore di  «assicurare  il
"salvataggio" di Alitalia (e di AirOne) attraverso la  concentrazione
proposta  da  CAI»  non  sarebbe  sufficiente  a  far  escludere   la
violazione degli artt. 3 e 41 Cost. La legge n. 287 del 1990  prevede
la  possibilita'  di  autorizzare  un'operazione  di   concentrazione
pregiudizievole della concorrenza, nei casi e nei modi  dalla  stessa
stabiliti;  nondimeno,   non   potrebbero   essere   autorizzate   le
concentrazioni che comportano «la eliminazione della concorrenza  dal
mercato o restrizioni alla concorrenza non strettamente  giustificate
dagli interessi generali». Inoltre, all'Autorita' spetta il potere di
prescrivere le misure necessarie per ristabilire  le  «condizioni  di
piena concorrenza  entro  un  termine  prefissato»  e  questo  limite
costituirebbe la condizione di compatibilita' con l'art. 41 Cost. del
potere  eccezionale  di  autorizzare  concentrazioni  pregiudizievoli
della concorrenza. 
    A loro avviso, il potere previsto dall'art. 25 della legge n. 287
del  1990  neppure   avrebbe   reso   ammissibile   l'operazione   di
concentrazione in esame e, per tale ragione, ne sarebbe stata esclusa
l'applicabilita', in pregiudizio delle ragioni  della  concorrenza  e
del mercato. 
    5.2.2. - La norma censurata avrebbe  permesso  la  concentrazione
dei  due  maggiori  vettori  aerei  nazionali,   incrementandone   la
posizione di dominio, in danno delle  imprese  concorrenti,  che  non
hanno  avuto  accesso  agli  slot  piu'  importanti,   senza   alcuna
considerazione per la  tutela  della  concorrenza  ed  in  violazione
dell'art. 3 Cost., anche in quanto le societa'  alienate  sono  state
liberate dai debiti pregressi. 
    La lesione dei parametri costituzionali evocati dal  TAR  sarebbe
stata  determinata   dall'esigenza   di   salvaguardare   «preminenti
interessi nazionali», che la disposizione si limita a menzionare.  Il
rilievo attribuito alle vicende aziendali di Alitalia ed  AirOne  non
giustificherebbe  la  mancata  considerazione  dei   riflessi   della
concentrazione sulle aziende concorrenti e, quindi,  sarebbe  mancato
un corretto bilanciamento tra gli interessi della «cordata CAI» e «le
posizioni  qualificate   degli   altri   operatori».   Peraltro,   la
considerazione che il requisito della motivazione  non  concerne  gli
atti legislativi non escluderebbe che detti interessi debbano  essere
esplicitati   e   debba   risultare   l'avvenuto   apprezzamento    e
bilanciamento di tutti quelli in gioco, come non sarebbe accaduto. 
    In definitiva, concludono le parti, la sorte del trasporto  aereo
in  Italia  avrebbe  potuto  essere  salvaguardata  mediante   misure
rispettose della tutela del mercato e  dei  parametri  costituzionali
evocati dai rimettenti, anche dando applicazione  all'art.  25  della
legge n. 287 del 1990. 
    6. - Nei tre giudizi si e' costituita CAI, in persona del  legale
rappresentante,  parte  dei  processi  principali,   chiedendo,   con
argomentazioni  sostanzialmente  identiche  nei  distinti   atti   di
costituzione e nelle memorie depositate in  prossimita'  dell'udienza
pubblica,   che   la   questione   sia   dichiarata    manifestamente
inammissibile e, comunque, manifestamente infondata. 
    6.1. - La parte sintetizza anzitutto le vicende di Alitalia  sino
alle  date  di   ammissione   alla   procedura   di   amministrazione
straordinaria e  di  dichiarazione  dello  stato  di  insolvenza,  la
modalita' della proposta  di  acquisto  di  alcuni  beni  e  rapporti
giuridici, le linee essenziali del progetto industriale alla base  di
tale acquisto ed il contenuto del provvedimento impugnato nei giudizi
principali. Posta questa premessa, CAI  deduce  che  il  TAR  avrebbe
«sbrigativamente» rigettato un'eccezione di inammissibilita', con  la
quale  era  stato  contestato  l'interesse  di   Federconsumatori   a
censurare l'atto impugnato (la deduzione e' svolta anche  negli  atti
riguardanti i giudizi  non  introdotti  da  quest'ultima  parte).  Il
rimettente ha,  infatti,  affermato  che  il  citato  art.  4,  comma
4-quinquies, dispone che «le misure comportamentali sono  preordinate
alla tutela dei consumatori» ed ha precisato che Federconsumatori, in
relazione a queste, «non ha proposto  alcuna  censura»,  ritenendola,
tuttavia, legittimata ad agire in giudizio. 
    Secondo CAI, il  giudice  a  quo  non  si  sarebbe  avveduto  che
l'interesse che avrebbe potuto legittimare  Federconsumatori  sarebbe
stato soltanto quello dei consumatori e  che  la  ricorrente  non  ha
censurato le misure comportamentali. L'operazione  di  concentrazione
costituiva un dato di mero fatto e  avrebbe  potuto  avere  giuridico
rilievo, in relazione all'interesse  a  ricorrere,  soltanto  qualora
Federconsumatori avesse dedotto che  nessuna  misura  comportamentale
avrebbe  potuto  evitare  il  rischio  di  pregiudizi  da  parte  dei
consumatori, non essendo  identificabile  un  astratto  interesse  di
questi   ultimi   a   contestare   direttamente    l'operazione    di
concentrazione.  Le  uniche  norme  di  interesse  della   ricorrente
sarebbero, quindi, quelle a tutela dei consumatori e la questione  di
costituzionalita'  concernente  la  norma   relativa   all'an   della
concentrazione   sarebbe   irrilevante.   Siffatta   conclusione   si
imporrebbe anche in quanto Federconsumatori, nel giudizio principale,
avrebbe contestato  l'operazione  di  concentrazione,  proponendo  un
ricorso  direttamente  rivolto  contro  le   norme   di   legge   che
l'autorizzavano. 
    Nelle memorie, CAI ha insistito nella deduzione, svolta in  tutti
i giudizi, secondo la quale, la questione e' stata sollevata dopo  il
rigetto di tutti gli altri motivi e,  quindi,  costituirebbe  l'unico
oggetto  dei  processi  principali,  con  conseguente   carenza   del
requisito dell'incidentalita', risultando le fattispecie identiche  a
quella decisa dalla sentenza n. 38 del 2009, della quale riporta ampi
brani. 
    6.1.1.  - Secondo  la  parte,  la  questione  sarebbe,  altresi',
inammissibile  per  difetto  di  motivazione  sulla   rilevanza,   in
considerazione sia del rigetto di tutti i motivi dei ricorsi, sia del
fatto  che  l'eventuale  annullamento  della  norma   censurata   «si
rifletterebbe inevitabilmente sulla legittimita'»  del  provvedimento
impugnato. 
    A   suo   avviso,   «la   facoltizzazione   dell'operazione    di
integrazione» rinverrebbe fondamento anche in norme  ulteriori  e  la
disposizione che i rimettenti dovrebbero applicare non  coinciderebbe
con quella censurata. Pertanto, nei giudizi principali «si discute di
una norma diversa» da quest'ultima, come sarebbe dimostrato dal fatto
che lo stesso TAR, «non sapendo come qualificare il rapporto  tra  la
norma censurata e il giudizio a quo, opina che quella norma sia stata
"postulata"  (in  una   con   l'operazione   di   integrazione)   dal
provvedimento» impugnato, prefigurando una relazione insufficiente ai
fini della rilevanza della questione. 
    Nelle memorie CAI ha insistito in tale eccezione, deducendo che i
rimettenti non si sarebbero avveduti che  il  citato  art.  4,  comma
4-quinquies, conterrebbe una pluralita'  di  norme  e  non  avrebbero
precisato quale di essa hanno inteso censurare. 
    6.1.2. - Secondo la parte,  la  questione  sarebbe  inammissibile
anche in quanto i rimettenti avrebbero chiesto una pronuncia di  tipo
sostitutivo, deducendo che  la  norma  censurata  non  «spiegherebbe»
quale  sia  l'interesse  costituzionalmente   rilevante   perseguito,
ritenendo a questo fine insufficiente l'indicazione, contenuta  nella
premessa del d.l. n. 134 del 2008, in ordine all'esigenza di  evitare
l'interruzione  dei  servizi  forniti  dalle  societa'  operanti  nei
settori dei servizi pubblici essenziali, e prospettando  che  neppure
sarebbe  comprensibile  la  ragione  del  conseguimento  di  un  tale
risultato mediante una  disposizione  discriminatoria  delle  imprese
concorrenti. 
    A  suo  avviso,  il   TAR   sarebbe   incorso   in   una   palese
contraddittorieta': da un lato, avrebbe riconosciuto la  pregevolezza
del fine perseguito (la continuita' dei servizi pubblici essenziali);
dall'altro, avrebbe negato «che il legislatore ne abbia  spiegato  la
sostanza». Indipendentemente da ogni considerazione  in  ordine  alla
configurabilita'  dell'obbligo   della   motivazione   di   un   atto
legislativo, sarebbe chiaro che i rimettenti non avrebbero  censurato
1'an del perseguimento di un fine da essi stessi giudicato pregevole,
ma il quomodo, richiedendo in  tal  modo  una  pronuncia  additiva  o
sostitutiva, senza indicare il contenuto dell'auspicata  sostituzione
e  senza   dimostrare   che   quella   chiesta   e'   una   soluzione
costituzionalmente obbligata. 
    Ritenendo,  invece,  che  il  TAR  abbia  chiesto  una  pronuncia
demolitoria, la questione sarebbe egualmente  inammissibile,  poiche'
il suo eventuale accoglimento comprometterebbe  l'interesse  generale
alla continuita' dei servizi  essenziali,  evidenziato  dagli  stessi
giudici a quibus. 
    6.2.   - Nel   merito,   CAI    contesta    il    carattere    di
«norma-provvedimento» della disposizione censurata, che i  rimettenti
hanno desunto dalla circostanza che il  decreto-legge  nel  quale  e'
inserita sarebbe «comunemente noto» come  «decreto  Alitalia»,  senza
avvedersi  che  le  acquisizioni  del  linguaggio  giornalistico  non
possono essere recepite, «acriticamente, dall'operatore del diritto». 
    Siffatta disposizione riguarda, invece,  tutte,  indistintamente,
le «imprese operanti nel settore dei  servizi  pubblici  essenziali»,
quindi, recherebbe una norma generale ed astratta, non rilevando,  in
contrario, che concerne solo dette imprese,  essendo  sufficiente  la
sua riferibilita' a tutte le  fattispecie  connotate  da  determinate
caratteristiche oggettive o soggettive, mentre la occasio  legis  non
influirebbe  sulla  ratio  legis.  Peraltro,  la  norma  non  avrebbe
autorizzato ex lege una concentrazione,  ma  si  sarebbe  limitata  a
disciplinare i  poteri  dell'Autorita'  in  modo  diverso  da  quello
ordinariamente previsto dalla legge n.  287  del  1990;  gli  effetti
contestati  sarebbero  stati  prodotti  dalla  «intermediazione   del
provvedimento amministrativo», tant'e' «che la stessa Alitalia-Cai ha
avuto  modo  di  dolersi  innanzi  al  giudice  amministrativo  delle
concrete misure adottate». 
    Secondo   la   parte,   in   un   momento    di    grave    crisi
economico-finanziaria, il legislatore, nell'esercizio  della  propria
discrezionalita', ragionevolmente apprezzando il pubblico  interesse,
avrebbe  stabilito  per  determinate  operazioni  di  concentrazione,
coinvolgenti rilevanti compendi  industriali  ed  occupazionali,  una
disciplina in parte differente da quella prevista dalla legge n.  287
del 1990, senza fare venire meno l'intermediazione del procedimento e
del provvedimento amministrativo. 
    Il riferimento ai lavori  parlamentari  sarebbe  inconferente  ed
erroneo, poiche'  essi  evidenzierebbero  il  carattere  generale  ed
astratto della  norma  (sono  richiamati  gli  interventi  di  alcuni
senatori e le dichiarazioni del  Ministro  dello  sviluppo  economico
rese nel corso dei lavori congiunti delle Commissioni VIII e  X°  del
Senato, nella seduta del 23  settembre  2008),  dimostrando  che  «la
vicenda di Alitalia e' soltanto una tra le realta' interessate  dalla
regolamentazione in  esame»,  al  punto  che  nel  corso  dei  lavori
preparatori sarebbe  stata  stigmatizzata  «la  pericolosita'  di  un
provvedimento  del  genere  che  pur  essendo  stato  concepito   per
l'Alitalia, ha un carattere generale» (intervento del senatore Teresa
Armato). 
    6.3. -   Ad   avviso   di   CAI,   secondo   la    giurisprudenza
costituzionale,    il    legislatore    ordinario    puo'     emanare
«norme-provvedimento»,  soggette  ad   uno   scrutinio   stretto   di
costituzionalita'; quindi, qualora fosse fondata  la  tesi  del  TAR,
occorrerebbe identificare le  «particolari  situazioni  di  interesse
generale» che giustificano la norma e che, ad avviso dei  rimettenti,
non risulterebbero indicate. 
    Quest'ultima conclusione sarebbe, da un canto, erronea, in quanto
le ordinanze di rimessione hanno evocato un inesistente principio  di
motivazione degli atti legislativi; dall'altra,  sarebbe  viziata  da
contraddittorieta',   poiche'   lo   stesso   TAR   ha   riconosciuto
«l'oggettiva ed assoluta  rilevanza  della  continuita'  dei  servizi
pubblici essenziali» e, quindi, non si comprenderebbe perche'  questa
ragione sia inidonea ad integrare  l'interesse  generale  di  cui  e'
stata eccepita la carenza. 
    L'interpretazione della norma censurata fornita dalle  ricorrenti
nei  giudizi  principali,  secondo  la  quale  essa  avrebbe   inteso
garantire la «continuita' dei gruppi Alitalia-AirOne», non  considera
che l'esigenza tutelata e' stata quella di assicurare lo  svolgimento
di servizi pubblici  essenziali.  In  ogni  caso,  i  rimettenti  non
avrebbero considerato  che  l'intervento  del  legislatore  ordinario
sarebbe stato  reso  necessario  dalla  grave  situazione  economica,
suffragata dai rilievi svolti dalla  Banca  d'Italia,  contenuti  nel
bollettino  del  15  aprile  2008,  n.  52,  in  ordine  alla   crisi
dell'economia mondiale, in generale, e dell'Italia,  in  particolare,
divenuti piu' allarmanti nelle considerazioni svolte  nel  bollettino
del 15 luglio 2008, n. 53, confortate dai risultati  della  Relazione
generale sulla situazione economica del Paese nel 2008 del  Ministero
dell'economia e delle  finanze,  presentata  ai  sensi  dell'articolo
unico della  legge  21  agosto  1949,  n.  639  (Relazione  annua  al
Parlamento  sulla  situazione  economica  del  paese),  nonche'   dal
rapporto annuale dell'Istat per il 2008. 
    In   presenza   di   univoci   indici   di   una   grave    crisi
economico-finanziaria, l'intervento del legislatore ordinario sarebbe
stato giustificato dall'esigenza di permettere operazioni strumentali
a garantire la salvaguardia ed il rilancio di compendi industriali ed
occupazionali strategici per il Paese, anche mediante un  adattamento
della disciplina ordinaria delle concentrazioni, nell'osservanza  dei
principi di ragionevolezza e proporzionalita'. 
    Secondo CAI, il TAR avrebbe erroneamente prospettato  il  difetto
di un ragionevole bilanciamento degli interessi in gioco,  dato  che:
in primo luogo, non avrebbe  indicato  quale  avrebbe  dovuto  essere
siffatto bilanciamento, cio' che evidenzierebbe una ulteriore ragione
di  inammissibilita'  della  questione;  in  secondo  luogo,  avrebbe
contraddittoriamente   eccepito   il   difetto   di   tale   corretto
bilanciamento e l'inesistenza di un interesse di rango costituzionale
tutelato dalla norma in esame. 
    Ad avviso della parte,  il  citato  art.  4,  comma  4-quinquies,
avrebbe, invece, realizzato un ragionevole bilanciamento, in  quanto:
la  procedura  a  trattativa  privata  non  avrebbe  escluso   nessun
acquirente in possesso dei requisiti di legge;  la  deroga  e'  stata
temporalmente limitata sino al 30 giugno 2009, in coincidenza con  la
fase prevedibilmente piu' acuta della crisi finanziaria ed economica;
la disciplina ordinaria e' stata mantenuta ferma in riferimento  alle
intese ed agli abusi di posizione dominante (artt. 2 e 3 della  legge
n. 287 del 1990) ed alle norme comunitarie. Peraltro,  la  disciplina
censurata avrebbe una limitata incidenza, alla luce della transitoria
sospensione dei soli rimedi strutturali, per tre anni, e  del  potere
dell'Autorita'  di  stabilire  le  misure  comportamentali  idonee  a
garantire  la  tutela  dell'interesse   dei   consumatori.   Non   si
tratterebbe, dunque, di una vera "deroga" della disciplina antitrust,
ma di mera sospensione  transitoria  delle  misure  strutturali,  per
permettere operazioni di consolidamento industriale,  concernenti  la
salvaguardia ed il rilancio di cespiti strategici. 
    Secondo la  parte,  questa  valutazione  sarebbe  confortata  dal
contenuto del provvedimento impugnato nel giudizio principale, che ha
integrato le misure comportamentali proposte  dalla  notificante,  ha
previsto  una  misura  sostanzialmente   strutturale   (il   cospicuo
riposizionamento  di  50  slot  dalla  rotta  Linate-Fiumicino,   con
possibile apertura di spazi a soggetti terzi), ha prescritto  congrue
misure a tutela dei consumatori. Inoltre, le  misure  comportamentali
neppure incidono sul potere dell'Autorita' di reprimere gli abusi  di
posizione dominante e le intese  anticompetitive;  comunque,  decorsi
tre anni, l'Autorita' si e'  riservata  di  intervenire,  in  termini
strutturali,  sulle  posizioni  di  monopolio  ancora   eventualmente
esistenti. 
    Il TAR ha,  infine,  ritenuto  infondate  le  censure  dirette  a
prospettare  un  contrasto  della  norma  censurata  con  il  diritto
comunitario,  escluso  anche  dalla  Commissione  europea,   e   cio'
confermerebbe che  la  disciplina  in  esame  avrebbe  realizzato  un
parziale e limitato adattamento del  regime  nazionale  di  controllo
delle concentrazioni, riconducibile alle  legittime  prerogative  del
legislatore nazionale. Inoltre, le ordinanze di rimessione  avrebbero
erroneamente assunto  la  legge  n.  287  del  1990  quale  parametro
costituzionale  interposto,  senza  considerare  che   le   soluzioni
realizzate da detta legge non sono costituzionalmente vincolate e che
la norma censurata  e'  giustificata  da  una  specifica  contingenza
economica ed ha natura transitoria. 
    6.4. - Ad avviso  della  parte,  l'art.  3  Cost.  sarebbe  stato
evocato in modo oscuro e incerto, con modalita' che  evidenzierebbero
l'inammissibilita' della questione per insufficiente  motivazione  in
ordine alla non manifesta infondatezza; comunque, il TAR non  avrebbe
chiarito in cosa si sostanzierebbe la disparita'  di  trattamento  in
danno delle imprese concorrenti, emergendo in tal modo l'infondatezza
della  censura  riferita  all'art.  3  Cost.  Infine,  secondo   CAI,
assumerebbe rilievo che la deroga della  disciplina  a  tutela  della
concorrenza, in presenza di interessi pubblici rilevanti, e' prevista
anche  in  altri  ordinamenti  (ad  esempio,  in  Germania),  ed   e'
contemplata dalla stessa legge n. 287 del 1990. Il  richiamo  operato
dalle  ricorrenti  al  pregiudizio   dell'affidamento   degli   altri
operatori del settore sarebbe irrilevante,  sia  perche'  l'argomento
non e' stato  svolto  dai  rimettenti,  sia  perche'  la  pretesa  al
mantenimento  delle  regole   preesistenti   non   costituirebbe   un
affidamento  tutelabile.  Da  ultimo,  il  TAR,  nel  prospettare  il
pregiudizio in danno dei consumatori, avrebbe del tutto trascurato la
previsione delle misure comportamentali contenuta nel citato art.  4,
comma 4-quinquies. 
    7. - Nei primi  due  giudizi  si  e'  costituito  il  Commissario
straordinario   di   Alitalia-Linee   Aeree   Italiane   s.p.a.,   in
amministrazione straordinaria (di seguito, Commissario),  intervenuto
anche nel terzo, chiedendo, nei distinti atti, che la  questione  sia
dichiarata manifestamente inammissibile o  manifestamente  infondata,
sviluppando gli argomenti  a  conforto  di  detta  conclusione  nelle
memorie, di contenuto in  larga  misura  coincidente,  depositate  in
prossimita' dell'udienza pubblica. 
    7.1.  - Il   Commissario   eccepisce   l'inammissibilita'   della
questione, per difetto del requisito dell'incidentalita',  osservando
che  il  TAR  ha  ritenuto  infondati  tutti  i  motivi  dei  ricorsi
principali,  dichiarando   inammissibile   il   ricorso   incidentale
condizionato (proposto nei primi due giudizi), con la conseguenza che
i processi principali hanno quale unico, residuo petitum la questione
di   costituzionalita',   che   sarebbe,    quindi,    inammissibile,
configurandosi detti giudizi come una sorta di  impugnazione  diretta
della legge. 
    I rimettenti hanno, inoltre,  dedotto  che  l'accoglimento  della
questione influirebbe sulla legittimita' del provvedimento impugnato,
che «ha applicato la norma di legge della  cui  costituzionalita'  si
dubita,  postulando  l'avvenuta  realizzazione   dell'operazione   di
concentrazione»,  con  argomentazione  inidonea  a  giustificare   la
rilevanza della questione. Non sarebbe, infatti,  comprensibile  come
l'eventuale  accoglimento  della   questione   possa   influire   sul
provvedimento impugnato, avente ad oggetto le misure  comportamentali
finalizzate alla tutela dei consumatori, con conseguente  difetto  di
motivazione in ordine  al  nesso  di  pregiudizialita'  tra  processo
principale e giudizio di legittimita' costituzionale. 
    Sotto un ulteriore profilo, la questione  sarebbe  inammissibile,
in quanto il  TAR  non  avrebbe  adempiuto  l'onere  di  sperimentare
un'interpretazione adeguatrice della  norma  censurata  e,  comunque,
avrebbe evocato gli artt. 3 e 41 Cost. in modo confuso ed eterogeneo,
senza  chiarire  in  cosa  consisterebbe  l'eccepita  disparita'   di
trattamento  e  per  quale  ragione  gli   imprenditori   concorrenti
sarebbero stati discriminati. 
    7.2. - Nel merito, secondo il  Commissario,  il  citato  art.  4,
comma 4-quinquies, non costituirebbe  una  «norma-provvedimento»,  ma
disciplinerebbe una fattispecie generale ed astratta,  configurazione
non esclusa dalla circostanza che e' stata applicata in un solo caso.
La disposizione recherebbe una norma  «di  portata  generale  la  cui
ratio deve essere  individuata  nella  volonta'  del  legislatore  di
procedere alla risoluzione della crisi attraversata da alcuni  grandi
gruppi  industriali  operanti  nei  settori  dei   servizi   pubblici
essenziali, e cio' nel rispetto delle esigenze  dei  risparmiatori  e
dei  lavoratori  e  favorendo  altresi'  il  rilancio  delle  realta'
aziendali interessate attraverso  il  contemperamento  di  tutti  gli
interessi pubblici coinvolti». 
    Il TAR, con motivazione  contraddittoria,  ha  affermato  che  la
norma  da'  conto  della  rilevanza  della  continuita'  dei  servizi
pubblici essenziali, ma non avrebbe chiarito quali siano i preminenti
interessi generali che, all'esito del  bilanciamento  dei  valori  in
gioco,  potrebbero  «giustificare  la  deroga  operata  al  principio
costituzionale della par condicio  ed  al  valore  costituzionalmente
rilevante della liberta' di concorrenza». 
    Ad avviso del Commissario, la  considerazione  che  la  norma  ha
modificato il d.l. n. 347  del  2003,  concernente  l'amministrazione
straordinaria applicabile alle grandi imprese con almeno  cinquecento
dipendenti,  dimostrerebbe,  da  sola,  l'intento  di   salvaguardare
numerosi posti di lavoro. Il legislatore  ordinario,  nell'osservanza
dei canoni di ragionevolezza e  proporzionalita',  avrebbe  stabilito
una disciplina volta ad evitare la  disgregazione  di  grandi  gruppi
industriali (strategici per il nostro sistema paese),  salvaguardando
il livello occupazionale, in coincidenza  con  la  fase  grave  della
crisi  finanziaria  globale.  La  mancata   realizzazione   di   tale
intervento avrebbe determinato una situazione gravissima dal punto di
vista  occupazionale  e  la  disgregazione  di   assets   industriali
fondamentali per il sistema economico del Paese. 
    La  deroga  stabilita  dalla  norma  sarebbe  stata   strumentale
rispetto allo scopo di garantire la continuita' del servizio pubblico
del trasporto aereo ad opera di un vettore in grado di  svolgerlo  in
modo completo e libero da esigenze di vario genere, che ne  avrebbero
potuto condizionare l'esercizio. Nell'eventualita'  che  il  servizio
pubblico essenziale di trasporto aereo  fosse  stato  svolto  da  una
serie di piccoli vettori, ciascuno soggetto a  proprie  e  specifiche
esigenze  e   scelte   di   politica   industriale,   alcune   rotte,
economicamente non convenienti,  avrebbero,  infatti,  potuto  essere
cancellate  ed  il  costo  dei  relativi  biglietti  avrebbe   potuto
lievitare, in danno dei consumatori. 
    La  ragionevolezza  e  la   proporzionalita'   della   disciplina
censurata sarebbero confortate dalla considerazione che la deroga non
si pone in contrasto  con  le  norme  comunitarie,  e'  temporalmente
limitata e concerne le sole concentrazioni  realizzate  entro  il  30
giugno 2009, e  cioe'  e'  stata  prevista  per  un  tempo  limitato,
coincidente con la fase piu' acuta  della  recente  crisi  economica,
cosi' da fare escludere che la concorrenza sia stata pregiudicata  in
modo sostanziale e durevole. D'altronde, la disciplina in  esame,  al
fine di garantire  la  tutela  dei  consumatori,  prevede  il  potere
dell'Autorita' di stabilire idonee misure comportamentali, mantenendo
«inalterati i rimedi volti a  evitare  un  vulnus  alla  ratio  della
medesima norma derogata» e la Commissione  europea  avrebbe  ritenuto
che essa non viola i principi ispiratori ed i  valori  essenziali  di
riferimento del sistema comunitario antitrust.  Infine,  conclude  il
Commissario, sarebbe irrilevante  la  mancata,  espressa  indicazione
della ragioni della norma, in difetto di un  obbligo  di  motivazione
degli atti legislativi. 
    8. - In tutti e tre i giudizi e' intervenuto  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo, negli atti  di  intervento  e  nelle
memorie depositate  in  prossimita'  dell'udienza  pubblica,  che  la
questione  sia  dichiarata   inammissibile,   ovvero   manifestamente
infondata. 
    8.1. - L'interveniente, nei distinti atti depositati in relazione
ai tre giudizi,  di  contenuto  sostanzialmente  identico,  eccepisce
l'inammissibilita' della questione, per difetto di motivazione  sulla
rilevanza,  ritenendo  insufficiente  l'indicazione  contenuta  nelle
ordinanze  di  rimessione,  secondo  la  quale  l'accoglimento  della
questione comporterebbe l'annullamento del provvedimento impugnato. A
suo avviso, il TAR avrebbe dovuto dimostrare che,  in  difetto  della
norma censurata, la concentrazione, valutata secondo il  procedimento
previsto dalla legge  n.  287  del  1990,  non  avrebbe  superato  il
controllo da questa previsto e sarebbe stata vietata. 
    I  rimettenti  non  avrebbero,  inoltre,   considerato   che   la
concentrazione «ha modificato la titolarita' soggettiva» degli  slot,
«ma non ne ha accresciuto il numero, e quindi  non  ha  inciso  sugli
equilibri di mercato; la  posizione  concorrenziale  degli  operatori
"minori", quali  le  ricorrenti  Meridiana  ed  Eurofly,  e'  rimasta
immutata, perche' non e' diminuito il numero dei loro diritti di volo
sulle medesime tratte» e  le  predette  neppure  hanno  «dedotto  che
l'incremento globale di fatturato», conseguente alla  concentrazione,
e' tale da permettere  economie  di  scala  in  grado  di  consentire
«riduzioni   tariffarie   irraggiungibili   dai    ricorrenti».    La
concentrazione non sarebbe stata, infine, resa possibile  dal  citato
art. 4, comma 4-quinquies, ma dalla procedura di vendita prevista dal
comma 4-quater di tale norma, quindi la questione sarebbe stata  «mal
posta». 
    8.2. -  Nel  merito,  secondo  l'interveniente,  l'applicabilita'
della norma censurata a tutte le  «imprese  di  cui  all'articolo  2,
comma  2,  secondo  periodo»,  ne  escluderebbe   il   carattere   di
«norma-provvedimento», non rilevando, in  contrario,  la  limitazione
temporale  alle  operazioni  effettuate  entro  il  30  giugno  2009,
introdotta per «rendere l'intervento normativo strettamente  limitato
alle necessita' della particolare situazione  economica  in  atto  al
momento della sua adozione e, quindi, proporzionato»  a  tale  scopo.
D'altronde, la legge di conversione e' stata pubblicata il 27 ottobre
2008 ed a tale  data  non  sarebbe  stato  possibile  individuare  le
operazioni di concentrazione concluse entro il  30  giugno  2009.  In
ogni caso, il  TAR  avrebbe  inesattamente  sostenuto  che  la  norma
censurata doveva contenere una specifica motivazione a conforto della
disciplina dalla stessa stabilita, dato che gli interessi tutelati  e
la ratio della disposizione vanno  desunti  dalla  disciplina,  anche
attraverso l'interpretazione sistematica. 
    In riferimento  alla  censura  di  violazione  del  principio  di
eguaglianza,  la  considerazione  che  la  norma  in  esame  riguarda
soltanto le  grandi  imprese,  le  quali  svolgono  servizi  pubblici
essenziali,  e  sono  in  amministrazione  straordinaria,  renderebbe
palese che il legislatore ordinario poteva stabilire  una  disciplina
speciale per un determinato settore, ferma l'osservanza del principio
di ragionevolezza, che non sarebbe stato leso. 
    Secondo l'Avvocatura generale dello Stato, l'art. 25 della  legge
n.   287   del   1990   consentirebbe   particolari   operazioni   di
concentrazione e, nella  specie,  e'  stato  «soltanto  disposto  per
legge, con efficacia temporalmente limitata a circa 10 mesi,  che  le
concentrazioni interessanti le imprese di servizi pubblici essenziali
in amministrazione straordinaria "rispondono a  preminenti  interessi
generali"». Peraltro, deroghe analoghe a quella  in  esame  sarebbero
previste anche dalle norme comunitarie (art.  21,  paragrafo  4,  del
Regolamento CE n. 139 del 2004), quindi, sarebbero possibili da parte
degli Stati membri dell'Unione europea. 
    Il  citato  art.  4,  comma  4-quinquies,  neanche  esclude  ogni
controllo dell'Autorita' ed  avrebbe  disciplinato  un'autorizzazione
che puo' contenere misure comportamentali,  anche  molto  penetranti,
mantenendo fermo il potere di detta  Autorita',  decorso  un  termine
dilatorio, di disporre misure strutturali,  per  eliminare  eventuali
situazioni di monopolio. Inoltre, costituirebbe  una  mera  illazione
del TAR la considerazione che il decorso di detto termine  renderebbe
intangibili le eventuali posizioni  di  monopolio  determinate  dalla
norma in questione. 
    Ad avviso dell'Avvocatura generale dello Stato, la disciplina  in
esame  sarebbe  in  armonia  con  le  norme  di  settore  e  con   le
disposizioni comunitarie ed avrebbe introdotto  una  regolamentazione
specifica per un settore peculiare in un periodo di  crisi  economica
mondiale,  per  garantire  la  continuita'   dei   servizi   pubblici
essenziali, a tutela dei diritti fondamentali dei cittadini. 
    In ordine  alla  censura  riferita  all'art.  41  Cost.,  secondo
l'interveniente, nei settori dei servizi pubblici essenziali esistono
situazioni di  posizione  dominante  che  le  concentrazioni  possono
rafforzare, e cio' sarebbe  presupposto  dalla  norma  censurata,  la
quale, altrimenti,  sarebbe  del  tutto  superflua;  nondimeno,  tale
constatazione non potrebbe  «costituire  di  per  se'  un  motivo  di
illegittimita' costituzionale». 
    Il   TAR   non   avrebbe,   inoltre,   esplicitato   le   ragioni
dell'inadeguatezza   delle    misure    comportamentali    prescritte
dall'Autorita', ne' chiarito «se, e in caso positivo perche', ritiene
che la delibera  dell'Autorita'  impugnata  nel  giudizio  principale
dovrebbe essere annullata», omettendo anche di indicare  quali  siano
gli ipotetici vizi del  provvedimento,  con  conseguente  irrilevanza
della questione. L'errore  che  vizierebbe  la  tesi  dei  rimettenti
risiederebbe nella configurazione della disciplina degli artt. 5, 6 e
16 della legge n. 287 del 1990 come l'unica in  grado  di  attuare  e
tutelare la concorrenza.  Ed  invece,  conclude  l'interveniente,  la
disciplina  comunitaria  dimostrerebbe  l'esigenza  di  bilanciare  i
differenti interessi in gioco, non sussistendo neppure il divieto  di
rafforzare le posizioni dominanti attraverso  le  concentrazioni,  in
quanto e' vietato soltanto  che  i  soggetti  titolari  di  una  tale
posizione operino «in modo da eliminare o ridurre in modo sostanziale
e durevole la concorrenza» (art. 6, comma 1, della legge n.  287  del
1990; art. 2, paragrafo 3, del Regolamento CE n. 139 del 2004). 
    9.  - All'udienza  pubblica  le  parti  e  l'interveniente  hanno
insistito per l'accoglimento  delle  conclusioni  svolte  negli  atti
difensivi. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Tribunale amministrativo regionale  del  Lazio,  con  tre
ordinanze, emesse nel corso di altrettanti giudizi, ha sollevato,  in
riferimento agli articoli 3 e 41  della  Costituzione,  questione  di
legittimita'  costituzionale   dell'articolo   1,   comma   10,   del
decreto-legge 28 agosto 2008, n. 134 (Disposizioni urgenti in materia
di ristrutturazione di grandi  imprese  in  crisi),  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2008, n. 166,  nella  parte  in
cui  ha  introdotto  il  comma  4-quinquies   nell'articolo   4   del
decreto-legge 23  dicembre  2003,  n.  347  (Misure  urgenti  per  la
ristrutturazione  industriale  di  grandi   imprese   in   stato   di
insolvenza), convertito, con modificazioni, dalla legge  18  febbraio
2004,  n.  39  (recte:  ha  sollevato   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 4, comma 4-quinquies, del  decreto-legge  n.
347 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge  n.  39  del
2004, introdotto dall'art. 1, comma 10, del decreto-legge. n. 134 del
2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 166 del 2008). 
    1.1. - Il citato art. 4, comma  4-quinquies,  stabilisce  che  le
operazioni di concentrazione concluse  dalle  imprese  sottoposte  ad
amministrazione straordinaria, che operano nel  settore  dei  servizi
pubblici essenziali, connesse o contestuali o comunque  previste  nel
programma debitamente autorizzato, ai sensi dell'art. 4, comma 2, del
d.l. n. 347 del 2003, convertito dalla legge n. 39 del  2004,  ovvero
nel provvedimento di autorizzazione di cui all'art. 5,  comma  1,  di
detto decreto-legge, rispondono a  preminenti  interessi  generali  e
sono escluse dalla necessita' dell'autorizzazione di cui  alla  legge
10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e  del
mercato), fermo quanto previsto dagli articoli 2  e  3  della  stessa
legge. 
    La norma dispone, inoltre, che, fatto salvo quanto previsto dalla
normativa comunitaria, qualora  dette  operazioni  di  concentrazione
rientrino nella competenza dell'Autorita' garante della concorrenza e
del mercato (d'ora in  poi,  Autorita'),  le  parti  sono,  comunque,
tenute  a  notificarle  preventivamente  a  questa,  unitamente  alla
proposta di misure comportamentali idonee a prevenire il  rischio  di
imposizione   di   prezzi    o    altre    condizioni    contrattuali
ingiustificatamente  gravose  per  i   consumatori   in   conseguenza
dell'operazione.  L'Autorita',  con  propria  deliberazione  adottata
entro trenta giorni dalla comunicazione dell'operazione, prescrive le
suddette  misure,  con  le  modificazioni  ed  integrazioni  ritenute
necessarie, fissando il termine, comunque non inferiore a  tre  anni,
entro il quale le posizioni di monopolio eventualmente  determinatesi
devono cessare. 
    La disposizione prevede, infine, che, in caso di  inottemperanza,
si applicano le sanzioni di cui all'articolo 19 della  legge  n.  287
del 1990 e che essa e' riferibile alle operazioni  di  concentrazione
effettuate entro il 30 giugno 2009. 
    1.2.  -  Le  ordinanze,  con  argomentazioni  in   larga   misura
coincidenti, premettono che il  citato  art.  4,  comma  4-quinquies,
costituirebbe una «norma-provvedimento», come tale  soggetta  ad  uno
scrutinio stretto di costituzionalita', in relazione ai  principi  di
ragionevolezza e non arbitrarieta'. 
    Secondo  i  rimettenti,  la  disposizione   violerebbe   siffatti
principi, ponendosi in contrasto con gli  artt.  3  e  41  Cost.,  in
quanto avrebbe introdotto, per l'operazione di concentrazione oggetto
dei giudizi principali, una  deroga  del  procedimento  di  controllo
stabilito dalla legge n. 287 del  1990,  che  sarebbe  irragionevole,
perche' non coerente con la disciplina  della  concorrenza  stabilita
dall'art. 41 Cost., e lesiva della liberta' di  concorrenza  e  della
parita' di trattamento tra imprese  concorrenti.  La  norma  avrebbe,
infatti, reso possibile che un  «unico  vettore»  offra  «servizi  di
trasporto aereo passeggeri di linea su numerose tratte»,  consentendo
una  forte  riduzione  su  altre   della   «presenza   di   operatori
concorrenti, con poche eccezioni» e permettendo che un unico  vettore
possa «gestire  una  rete  di  collegamenti  capillare  su  tutto  il
territorio nazionale, detenendo sui singoli collegamenti posizioni di
assoluto rilievo». 
    Siffatti  parametri  sarebbero  vulnerati  anche  in  quanto   la
posizione di monopolio eventualmente determinata dalla concentrazione
e' destinata a durare per almeno tre anni,  in  danno  delle  imprese
concorrenti, senza che siano stati esplicitati gli interessi  che  la
norma  mira  a  realizzare.  A  questo   fine   sarebbero,   infatti,
insufficienti  l'indicazione  che  le  operazioni  di  concentrazione
oggetto  della  disposizione  «rispondono  a   preminenti   interessi
generali»  e  la  considerazione,  contenuta   nella   premessa   del
decreto-legge n. 134 del 2008,  in  ordine  alla  «importanza  che  i
servizi forniti dalle  societa'  operanti  nei  settori  dei  servizi
pubblici essenziali  non  subiscano  interruzioni»,  in  mancanza  di
chiarimenti  sulle  ragioni  dell'impossibilita'  di  tutelare  detti
interessi  con  modalita'  diverse,  rispettose   dei   principi   di
eguaglianza e di tutela della concorrenza. 
    Il TAR richiama,  quindi,  la  regolamentazione  stabilita  dalla
legge  n.  287  del  1990  quale   parametro   di   controllo   della
ragionevolezza della norma censurata, dato che la prima,  sebbene  si
autoqualifichi come di attuazione dell'art. 41 Cost., costituisce pur
sempre una legge ordinaria e non reca  l'unica  possibile  disciplina
attuativa di tale parametro, con la conseguenza che la  deroga  della
medesima, di per se' sola, non puo' comportare violazione degli artt.
3 e 41 Cost. 
    2. - I giudizi, avendo ad oggetto la medesima norma, censurata in
riferimento agli stessi parametri costituzionali,  sotto  gli  stessi
profili e con  argomentazioni  sostanzialmente  coincidenti,  pongono
un'identica questione di legittimita' costituzionale e, quindi, vanno
riuniti e decisi con un'unica sentenza. 
    3. - Alitalia-Linee Aeree  Italiane  s.p.a.,  in  amministrazione
straordinaria (di seguito, Commissario), non e'  parte  del  processo
principale in cui e'  stata  pronunciata  l'ordinanza  di  rimessione
iscritta nel r.o. n. 225 del 2009, in quanto non  e'  stata  in  esso
convenuta, ne' vi ha spiegato intervento. Pertanto,  l'intervento  di
tale societa', in persona del Commissario straordinario, nel giudizio
di legittimita'  costituzionale  introdotto  da  detta  ordinanza  e'
inammissibile, dato che, secondo la costante giurisprudenza di questa
Corte, in linea generale, possono partecipare al medesimo  (oltre  al
Presidente del Consiglio dei ministri e, nel caso di legge regionale,
al Presidente della Giunta regionale)  solo  le  parti  del  giudizio
principale (sentenze n. 47 del 2008 e n. 314 del 2007). 
    La costituzione di detta societa' nei  giudizi  introdotti  dalle
ordinanze r.o. n. 223 e n. 224 del 2009 e', invece,  ammissibile,  in
quanto, sebbene non costituita nei processi principali, in questi  e'
soggetto controinteressato, poiche' il ricorso dinanzi  al  Tribunale
amministrativo rimettente e' stato proposto anche nei suoi confronti.
Secondo la giurisprudenza  costituzionale,  sono  infatti  «parti  in
causa»,  cui  va  notificata  l'ordinanza  di  rimessione,  «tutti  i
soggetti fra i quali e' in corso il giudizio  principale»,  «restando
ininfluente se la parte si sia costituita» (v. ordinanze n. 377 e  n.
13 del  2006).  Dunque,  dovendo  l'ordinanza  di  rimessione  essere
notificata a tali «parti in causa»,  ai  fini  dell'integrazione  del
contraddittorio, e' conseguentemente ammissibile la costituzione  del
Commissario in detti giudizi. 
    4. - In linea preliminare, devono essere esaminate  le  eccezioni
di inammissibilita' delle questioni, proposte  da  Alitalia-Compagnia
Aerea   Italiana   s.p.a.   (infra:   CAI),   dal    Commissario    e
dall'interveniente. 
    4.1.  -   Secondo   CAI,   le   questioni   sarebbero   anzitutto
inammissibili per difetto di motivazione sulla rilevanza,  in  quanto
il citato art. 4, comma 4-quinquies, conterrebbe  una  pluralita'  di
norme ed i rimettenti non avrebbero precisato quale di  esse  abbiano
inteso censurare e neppure svolto  argomenti  per  dimostrare  che  i
parametri  costituzionali  sarebbero  lesi   dalla   norma   che   ha
autorizzato la concentrazione,  anziche'  da  quella  concernente  le
misure comportamentali. 
    Il  TAR  avrebbe,  inoltre,  ritenuto  la  norma   in   questione
«postulata» dall'Autorita' nell'adottare il provvedimento  impugnato,
evocando un'implicazione logica insufficiente ai fini della rilevanza
della  questione,  senza  neppure  considerare  che  l'operazione  di
concentrazione in esame rinverrebbe fondamento in norme ulteriori. In
particolare,  secondo  l'Avvocatura  generale  dello   Stato,   detta
operazione sarebbe stata resa possibile dalla  procedura  di  vendita
disciplinata dall'art. 4, comma 4-quater, del d.l. n. 347  del  2003,
convertito dalla legge n. 39 del 2004, quindi  la  questione  sarebbe
stata «mal posta».  Ad  avviso  del  Commissario,  i  rimettenti  non
avrebbero,  poi,   chiarito   come   l'eventuale   dichiarazione   di
illegittimita' della norma censurata possa influire sul provvedimento
impugnato. 
    Secondo CAI, l'ordinanza r.o. n. 225  del  2009  ha  ritenuto  le
misure   comportamentali   oggetto   del   provvedimento    impugnato
strumentali alla tutela dell'interesse  dei  consumatori  e,  benche'
abbia affermato che in relazione alle medesime Federconsumatori  «non
ha proposto alcuna censura», avrebbe, contraddittoriamente, affermato
l'interesse  della  ricorrente   «a   mettere   in   discussione   la
legittimita' della stessa operazione di concentrazione». Inoltre,  il
giudice a quo non avrebbe  considerato  che  Federconsumatori  poteva
agire a tutela dell'interesse dei consumatori  e,  tuttavia,  non  ha
censurato le misure comportamentali; l'operazione  di  concentrazione
costituiva un dato di mero fatto e  avrebbe  potuto  avere  giuridico
rilievo soltanto se la ricorrente avesse dedotto che  nessuna  misura
comportamentale poteva garantire detto interesse,  non  sussistendone
uno  astratto  dei  consumatori  a   contestare   direttamente   tale
operazione,  con   conseguente   irrilevanza   della   questione   di
legittimita' costituzionale avente ad oggetto  la  norma  concernente
l'an della concentrazione. 
    L'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha,  invece,  eccepito  il
difetto di motivazione  sulla  rilevanza,  anche  sostenendo  che  la
concentrazione «ha modificato la titolarita' soggettiva» degli  slot,
«ma non ne ha accresciuto il numero,  quindi,  non  ha  inciso  sugli
equilibri di mercato». Inoltre, a suo avviso, i rimettenti  avrebbero
dovuto dimostrare che  la  concentrazione,  in  difetto  della  norma
impugnata, non avrebbe superato  il  controllo  esercitato  ai  sensi
della legge n. 287 del 1990. 
    Secondo CAI ed il  Commissario,  la  questione  sarebbe,  infine,
inammissibile anche per difetto  del  requisito  dell'incidentalita',
poiche' il rigetto delle censure concernenti i vizi propri  dell'atto
impugnato e l'inammissibilita' dei ricorsi  incidentali  condizionati
avrebbero  comportato  che  unico  e  residuo  petitum  dei   giudizi
principali sarebbe la questione di  legittimita'  costituzionale;  in
relazione a tale profilo, le fattispecie sarebbero omologhe a  quella
decisa da questa Corte con la sentenza n. 38 del 2009. 
    4.2. - Le eccezioni non sono fondate. 
    Le ordinanze di rimessione r.o. n. 223 e n.  224  del  2009,  con
motivazione sostanzialmente identica, hanno diffusamente  esposto  le
ragioni della titolarita' da parte delle ricorrenti «di una posizione
di interesse  legittimo  e  cioe'  di  una  posizione  qualificata  e
differenziata», osservando che ognuna e' «concorrente  delle  imprese
che  hanno  posto  in  essere  l'operazione  di  concentrazione».  In
particolare, hanno chiarito perche' tale posizione  non  sussista  in
relazione alle misure comportamentali e sia, invece, configurabile in
riferimento alle censure concernenti «la  legittimita'  della  stessa
operazione  di  concentrazione»  «presupposta   dal   provvedimento»,
sottolineando che la  disciplina  in  materia  di  concentrazioni  e'
stabilita «anche e soprattutto a tutela della liberta' di concorrenza
tra le imprese».  I  rimettenti  hanno,  infine,  osservato  che  una
diversa soluzione condurrebbe alla  «paradossale  e  non  accettabile
conclusione che, a fronte di un'operazione di concentrazione disposta
dalla legge in  "deroga"  alla  normale  disciplina  in  materia,  le
imprese  concorrenti  sarebbero  prive  di  ogni  forma   di   tutela
giurisdizionale». 
    Secondo l'ordinanza r.o. n. 225  del  2009,  la  circostanza  che
Federconsumatori ha  messo  in  discussione  «la  legittimita'  della
stessa    operazione    di    concentrazione»,    «presupposta    dal
provvedimento», e' sufficiente a far ritenere sussistente l'interesse
ad agire, poiche' la disciplina in materia di concorrenza «e' dettata
anche a tutela dei consumatori»,  non  rilevando,  in  contrario,  la
mancata formulazione di specifiche  censure  in  ordine  alle  misure
comportamentali oggetto del provvedimento impugnato. 
    Tutti i giudici a quibus hanno, infine, avuto  cura  di  indicare
che l'accoglimento della questione «si rifletterebbe  inevitabilmente
sulla legittimita' dell'impugnato provvedimento». 
    L'ampia motivazione  svolta  nelle  ordinanze  di  rimessione  in
ordine a detti  profili  ed  alla  rilevanza  della  questione  rende
applicabile   il   principio,   secondo   il   quale   il   riscontro
dell'interesse ad agire e «la  verifica  della  legittimazione  delle
parti sono rimessi alla valutazione del giudice rimettente, attenendo
entrambi alla rilevanza dell'incidente  di  costituzionalita'  e  non
sono suscettibili di riesame ove  sorretti  da  una  motivazione  non
implausibile» (sentenze n. 50 del 2007, n. 173 del 1994, n.  124  del
1968, n. 17 del 1960). Non rientra, infatti, tra i poteri  di  questa
Corte «quello di sindacare, in sede di ammissibilita',  la  validita'
dei presupposti di esistenza del giudizio a quo, a  meno  che  questi
non  risultino  manifestamente   e   incontrovertibilmente   carenti»
(sentenza n. 62 del 1992) ed essendo sufficiente che,  come  accaduto
nella   specie,   l'ordinanza    di    rimessione    argomenti    non
implausibilmente  la  rilevanza  della  questione   di   legittimita'
costituzionale (tra le piu' recenti, sentenza n. 34 del 2010). 
    4.2.1. - In riferimento alle specifiche  deduzioni  svolte  dalle
parti,  va,  anzitutto,   osservato   che   il   TAR   ha   censurato
esclusivamente  la  sottrazione,  da  parte  della  norma  impugnata,
dell'operazione  di  concentrazione  alla  regolamentazione  prevista
dalla legge n. 287 del 1990, senza  affatto  porre  in  questione  la
disciplina dell'amministrazione straordinaria e  della  procedura  di
vendita. Il citato art. 4,  comma  4-quinquies  (che  ha  appunto  ad
oggetto siffatta deroga, le  modalita'  del  controllo  e  le  misure
applicabili alle operazioni di concentrazione nello stesso indicate),
e', dunque, la sola norma a venire in rilievo, mentre, ai fini  della
rilevanza, e' sufficiente che la disposizione censurata incida  sulla
decisione del giudizio principale, costituendo ininfluente  questione
di fatto la concreta  possibilita'  delle  parti  di  giovarsi  degli
effetti della decisione (sentenza n. 241 del 2008). 
    L'ulteriore argomento dell'interveniente, concernente l'idoneita'
della  modificazione  della  titolarita'  soggettiva  degli  slot  ad
incidere sulla concorrenza, indipendentemente da ogni  considerazione
in ordine alla sua fondatezza, concerne il merito, non  la  rilevanza
della questione. 
    4.2.2. - Il requisito dell'incidentalita' ricorre, poi, quando la
questione investe una disposizione avente  forza  di  legge,  che  il
rimettente deve applicare, quale passaggio obbligato  ai  fini  della
risoluzione della controversia oggetto del processo  principale  (tra
le molte, sentenze n. 151 del 2009 e  n.  303  del  2007),  e  manca,
invece, qualora il petitum del giudizio abbia ad oggetto direttamente
una norma, in difetto di un atto che ad essa abbia dato  applicazione
(sentenza n. 84 del 2006; ordinanze n. 17  del  1999  e  n.  291  del
1986). 
    Siffatto requisito sussiste, quindi, quando l'annullamento  della
norma  censurata   sia   imprescindibile   per   la   rimozione   del
provvedimento che le ha dato applicazione, a sua volta necessaria  in
relazione  alla  situazione  giuridica  fatta  valere  nel   giudizio
principale,  come  accade   appunto   nel   caso   delle   «leggi   o
norme-provvedimento» (tale e'  la  disposizione  in  esame,  come  si
precisa di seguito). Diversamente,  sarebbe,  infatti,  negata  «ogni
garanzia» ed «ogni controllo» (cosi' sin dalla  sentenza  n.  59  del
1957), dato che, in riferimento a norme  aventi  tale  carattere,  la
tutela dei soggetti viene a  connotarsi  «secondo  il  regime  tipico
dell'atto  legislativo  adottato,  trasferendosi  dall'ambito   della
giustizia   amministrativa   a   quello   proprio   della   giustizia
costituzionale» (ex plurimis, sentenze n. 241 del  2008,  n.  62  del
1993). 
    In  definitiva,  quando  il  rapporto  che  intercorre   tra   il
provvedimento impugnato nel giudizio principale  e  la  norma  e'  di
«mera  esecuzione»   e,   nondimeno,   l'adozione   del   primo   sia
indispensabile  per  la  produzione  degli  effetti  previsti   dalla
seconda, sussiste l'incidentalita' della questione, in virtu'  di  un
principio in questi termini enunciato anche dalla sentenza n. 38  del
2009, non pertinentemente richiamata  a  conforto  dell'eccezione  di
inammissibilita'. 
    5. - Secondo CAI, le questioni sarebbero inammissibili  anche  in
quanto  i  rimettenti  avrebbero  chiesto  una  pronuncia   di   tipo
sostitutivo, omettendo di indicare una  soluzione  costituzionalmente
obbligata. Inoltre, il TAR avrebbe contraddittoriamente  riconosciuto
la  rilevanza  dell'interesse  tutelato  dal  citato  art.  4,  comma
4-quinquies, (identificato in quello di garantire la  continuita'  di
un servizio pubblico essenziale) e  negato  che  «il  legislatore  ne
abbia spiegato la sostanza».  Peraltro,  a  suo  avviso,  qualora  si
ritenga che i  rimettenti  abbiano  chiesto  una  pronuncia  di  mero
annullamento  della  norma,   le   questioni   sarebbero   egualmente
inammissibili,    poiche'    il    loro    eventuale     accoglimento
comprometterebbe detto interesse, ritenuto meritevole di tutela dallo
stesso TAR. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    I giudici a  quibus  deducono  che  la  norma  censurata  avrebbe
«sottratto» all'Autorita' «il compito di svolgere il procedimento  di
cui alla legge n. 287 del 1990» e, in buona sostanza, sostengono  che
l'accoglimento della questione renderebbe applicabile  la  disciplina
prevista  da  detta  legge.  Pertanto,  non  hanno  chiesto   nessuna
addizione ed il petitum  consiste  nella  richiesta  di  annullamento
della norma, mentre il giudizio di  prevalenza  dell'interesse  dalla
stessa tutelato rispetto agli altri interessi  in  gioco  attiene  al
merito, non all'ammissibilita' della questione. 
    6. - Il Commissario ha, infine, eccepito l'inammissibilita' della
questione di legittimita' costituzionale  (eccezione  esaminabile  in
riferimento ai giudizi introdotti dalle ordinanze r.o. n.  223  e  n.
224   del   2009),   a   causa    della    mancata    sperimentazione
dell'interpretazione adeguatrice e del difetto di  motivazione  sulla
non manifesta infondatezza. A suo  avviso,  e  secondo  CAI,  il  TAR
avrebbe, inoltre, evocato gli artt. 3 e 41 Cost. in modo  confuso  ed
eterogeneo,  senza  chiarire  in  cosa   consisterebbe   la   dedotta
disparita'  di   trattamento,   facendo   riferimento   talora   alla
ragionevolezza, talaltra  alla  liberta'  di  concorrenza,  talaltra,
ancora, alla parita' di trattamento. 
    Anche questa eccezione non e' fondata. 
    Relativamente al primo profilo, e' sufficiente osservare  che  la
formulazione    lessicale    della    disposizione    non    permette
un'interpretazione diversa da quella fornita dai rimettenti (ritenuta
lesiva degli artt. 3 e 41 Cost.). In ordine al  secondo  profilo,  va
sottolineato che  le  ordinanze  di  rimessione  hanno  svolto  ampie
argomentazioni a conforto delle censure  e  l'eccezione  ne  pone  in
discussione  la  fondatezza  e  la   congruita',   con   osservazioni
concernenti il merito, non l'ammissibilita' della questione. 
    7. - Nel merito, la questione non e' fondata. 
    7.1.  - La  disposizione  censurata  e'  contenuta  in  un   atto
normativo che, per quanto qui interessa, ha modificato  la  procedura
di amministrazione straordinaria preordinata a garantire la  gestione
delle crisi di imprese  di  grandissime  dimensioni,  introdotta  dal
decreto-legge n. 347 del 2003, convertito dalla legge n. 39 del 2004.
Il d.l. n. 347 del 2003, in particolare, dispone che  alla  procedura
possa darsi corso, tra  l'altro,  quando  si  intenda  realizzare  il
risanamento dell'impresa, anche mediante un  piano  di  cessione  dei
complessi aziendali inserito all'interno di un programma  finalizzato
ad assicurare la prosecuzione dell'esercizio dell'impresa  in  crisi,
nonche' nel caso in cui il riequilibrio sia  perseguito  mediante  la
cessione di semplici complessi di  beni  e  contratti,  regolando  le
modalita' di tale cessione. L'operazione  di  concentrazione  oggetto
del  provvedimento  impugnato  nei  giudizi  principali  e'  relativa
all'acquisizione di alcuni rami d'azienda di societa'  sottoposte  ad
amministrazione  straordinaria  e  di  altre  societa';  e   consiste
precisamente «nell'acquisizione  [...]  di  taluni  beni  e  rapporti
giuridici» di un gruppo di societa' in amministrazione  straordinaria
e «del controllo esclusivo delle societa'» facenti parte di un  altro
gruppo (cosi', la premessa ed il paragrafo 4 di detto provvedimento). 
    Le modifiche della disciplina dell'amministrazione  straordinaria
e le modalita' della cessione dei  beni,  tuttavia,  non  vengono  in
rilievo, dato che non sono state prese in considerazione dai  giudici
rimettenti,   i   quali    hanno    censurato    esclusivamente    la
regolamentazione del controllo della concentrazione,  in  riferimento
alla  disciplina  antitrust,  stabilita  dal  citato  art.  4,  comma
4-quinquies, dubitando della legittimita'  costituzionale  di  questa
sola norma. 
    7.2. -  Il  primo  profilo  rilevante  ai  fini  della  decisione
concerne  la  qualificazione  della   disposizione   censurata   come
«norma-provvedimento»,  che,  secondo  la  giurisprudenza  di  questa
Corte, va affermata quando essa «incide su un  numero  determinato  e
molto limitato di destinatari ed ha contenuto particolare e concreto»
(sentenze n. 267 del 2007, n. 2 del 1997), anche in  quanto  ispirata
da particolari esigenze (sentenza n. 429 del 2002). 
    Nella specie, piu' elementi  depongono  nel  senso  della  natura
provvedimentale del citato art. 4, comma 4-quinquies. In primo luogo,
la norma e' stata inserita da un  decreto-legge  composto  da  cinque
disposizioni (l'ultima si limita a  stabilire  l'immediata  efficacia
dell'atto  normativo),  una   delle   quali   reca   un'altra   norma
concernente,  significativamente,   soltanto   Alitalia-Linee   Aeree
Italiane s.p.a., Alitalia Servizi s.p.a.  e  le  societa'  da  queste
controllate (art. 3, comma 1). In secondo luogo, il limite  temporale
della norma censurata, unitamente alle condizioni  di  applicabilita'
della medesima, l'hanno resa  applicabile,  in  sostanza,  alla  sola
operazione di concentrazione oggetto dei giudizi principali. In terzo
luogo, il rilievo di  detta  norma  nella  definizione  della  citata
vicenda, nonche' la coincidenza temporale tra  approvazione,  entrata
in vigore  della  medesima  e  perfezionamento  della  concentrazione
costituiscono   indici   sintomatici   della   riferibilita'    della
disposizione  soltanto  a  quella  fattispecie.  D'altra  parte,   il
riferimento  costante,  nel  corso  dei  lavori   preparatori,   alla
concentrazione  oggetto  dei  giudizi  principali,  indipendentemente
dalle divergenti valutazioni offerte in ordine all'opportunita' della
scelta operata, alla luce del  ristretto  orizzonte  temporale  della
norma e dei  presupposti  della  deroga,  ne  conferma  il  carattere
provvedimentale. 
    La natura di  «norma-provvedimento»  del  citato  art.  4,  comma
4-quinquies, tuttavia, da sola, non incide sulla  legittimita'  della
disposizione. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte,  la
legge ordinaria  puo',  infatti,  attrarre  nella  propria  sfera  di
disciplina  oggetti  o  materie  normalmente  affidati  all'autorita'
amministrativa (tra le piu' recenti, sentenza n. 137 del 2009, n. 288
del 2008 e n. 267 del 2007) e tale carattere comporta soltanto che in
detta ipotesi la legge deve  osservare,  per  quanto  qui  interessa,
limiti generali, in  breve  il  principio  di  ragionevolezza  e  non
arbitrarieta',  ed  e'  soggetta  ad   uno   scrutinio   stretto   di
costituzionalita' (alle pronunce sopra richiamate, adde  sentenze  n.
429 del 2002, n. 185 del 1998, n. 153 e n. 2 del 1997). 
    La legittimita' di questo  tipo  di  leggi  va,  in  particolare,
«valutata in relazione al loro specifico contenuto» (sentenze n.  137
del 2009, n. 267 del 2007 e n. 492 del 1995)  e  devono  risultare  i
criteri che ispirano  le  scelte  con  esse  realizzate,  nonche'  le
relative  modalita'  di  attuazione  (sentenza  n.  137  del   2009).
Peraltro, poiche' la motivazione non inerisce agli  atti  legislativi
(sentenza n. 12 del 2006), e'  sufficiente  che  detti  criteri,  gli
interessi oggetto di tutela e la ratio della norma  siano  desumibili
dalla norma  stessa,  anche  in  via  interpretativa,  in  base  agli
ordinari strumenti ermeneutici, fermo restando che  il  sindacato  di
questa Corte sulla eventuale irragionevolezza della  scelta  compiuta
dal legislatore «non puo' spingersi fino a considerare la consistenza
degli elementi di fatto posti a base della scelta medesima» (sentenze
n. 347 del 1995 e n. 66 del 1992). 
    8. - La norma e'  censurata  nella  parte  in  cui,  autorizzando
l'operazione di concentrazione  oggetto  dei  giudizi  principali  in
deroga al procedimento  prescritto  dalla  legge  n.  287  del  1990,
determinerebbe una compressione  della  liberta'  di  concorrenza  in
assenza di ragionevoli giustificazioni e per cio'  stesso  violerebbe
gli artt. 3 e 41 della Costituzione. 
    I parametri evocati dal  TAR  esigono  di  ricordare  che  questa
Corte, nelle piu' risalenti pronunce concernenti l'art. 41 Cost.,  ha
sottolineato   che   la   «liberta'   di   concorrenza»   costituisce
manifestazione della liberta' d'iniziativa economica privata, che, ai
sensi del  secondo  e  del  terzo  comma  di  tale  disposizione,  e'
suscettibile di limitazioni  giustificate  da  ragioni  di  «utilita'
sociale» e da «fini sociali» (sentenze n. 46 del 1963  e  n.  97  del
1969). In seguito, e' stata offerta  una  nozione  piu'  ampia  della
garanzia della liberta' di concorrenza  ed  e'  stato  osservato,  in
primo luogo, che essa ha «una duplice finalita': da un lato,  integra
la liberta' di iniziativa economica che spetta nella stessa misura  a
tutti gli imprenditori e,  dall'altro,  e'  diretta  alla  protezione
della collettivita', in  quanto  l'esistenza  di  una  pluralita'  di
imprenditori, in concorrenza tra loro, giova a migliorare la qualita'
dei prodotti e a contenerne i prezzi» (sentenza n. 223 del 1982);  in
secondo luogo, che la concorrenza  costituisce  un  «valore  basilare
della  liberta'  di  iniziativa  economica  [...]   funzionale   alla
protezione degli interessi dei  consumatori»  (sentenza  n.  241  del
1990). Emerge in questa lettura dell'art. 41  Cost.,  particolarmente
del primo  comma,  lo  stretto  collegamento  logico-sistematico  con
l'art. 3 della Costituzione. 
    Le piu' recenti decisioni  di  questa  Corte,  dopo  la  modifica
dell'art. 117 Cost. ad opera della legge  costituzionale  18  ottobre
2001,  n.  3  (Modifiche  al  titolo  V  della  parte  seconda  della
Costituzione) e la previsione della «tutela della  concorrenza»  come
materia attribuita alla competenza legislativa esclusiva dello Stato,
hanno posto in luce che la nozione interna  di  concorrenza  riflette
«quella posta dall'ordinamento comunitario» (sentenze n. 45 del 2010,
n. 430 del 2007 e n. 12 del 2004). In particolare, si e' rilevato che
detta locuzione «comprende, tra l'altro, interventi regolatori che  a
titolo  principale  incidono  sulla  concorrenza,  quali:  le  misure
legislative di tutela in senso proprio, che hanno ad oggetto gli atti
ed  i  comportamenti  delle  imprese  che  influiscono  negativamente
sull'assetto  concorrenziale  dei  mercati  e  ne   disciplinano   le
modalita' di controllo, eventualmente anche di  sanzione;  le  misure
legislative di promozione, che  mirano  ad  aprire  un  mercato  o  a
consolidarne l'apertura, eliminando barriere all'entrata, riducendo o
eliminando   vincoli   al   libero   esplicarsi    della    capacita'
imprenditoriale e della  competizione  tra  imprese,  in  generale  i
vincoli alle modalita' di esercizio delle  attivita'  economiche.  In
tale maniera, vengono perseguite finalita' di  ampliamento  dell'area
di libera scelta sia dei cittadini, sia delle imprese, queste  ultime
anche quali fruitrici, a loro volta, di beni e di servizi»  (sentenze
n. 430 e n. 401 del 2007). «Si tratta, in altri termini, dell'aspetto
piu' precisamente di promozione della concorrenza, che e'  una  delle
leve della politica economica del Paese» (sentenze n. 80 del 2006, n.
242 del 2005, n. 175 del 2005 e n. 272 del  2004).  A  detta  materia
sono state, quindi, ricondotte, ad esempio, le misure volte a evitare
che un operatore estenda la  propria  posizione  dominante  in  altri
mercati (sentenza n. 326 del 2008), ovvero  a  scongiurare  «pratiche
abusive a danno dei consumatori» (sentenza n. 51 del 2008), oppure  a
garantire la piena apertura del mercato (sentenza n. 320  del  2008),
non quelle che «lo riducono o lo  eliminano»  (sentenza  n.  430  del
2007; analogamente, sentenze n. 63 del 2008 e n. 431 del 2007). 
    8.1. - Nell'interpretare le clausole generali «utilita'  sociale»
e «fini sociali» contenute  nell'art.  41,  secondo  e  terzo  comma,
Cost., questa Corte, sin dalle pronunce piu' risalenti, ha  affermato
che le ragioni ad  esse  riconducibili  «non  devono  necessariamente
risultare da esplicite dichiarazioni del legislatore» (sentenza n. 46
del 1963, ove sono richiamate le sentenze n. 5 e  n.  54  del  1962),
assumendo in seguito come «principio ripetutamente affermato»  quello
secondo il quale il giudizio in  ordine  «all'utilita'  sociale  alla
quale la Costituzione condiziona  la  possibilita'  di  incidere  sui
diritti  dell'iniziativa   economica   privata   concerne   solo   la
rilevabilita' di un intento legislativo di perseguire quel fine e  la
generica idoneita' dei mezzi predisposti per raggiungerlo»  (sentenze
n. 63 del 1991, n. 388 del 1992 e n. 446  del  1988).  La  successiva
giurisprudenza ha confermato che le esigenze  di  «utilita'  sociale»
devono essere bilanciate con la  concorrenza  (sentenza  n.  386  del
1996; analogamente, sentenza n. 241 del 1990) e va  qui  ribadita  la
necessita'  che   l'individuazione   delle   medesime   «non   appaia
arbitraria» e che esse non siano perseguite dal legislatore  mediante
misure palesemente incongrue (sentenza n. 548 del 1990; nello  stesso
senso, sentenze n. 152 del 2010 e n. 167 del 2009), assumendo rilievo
in tale valutazione anche il «carattere temporalmente limitato  della
disciplina» che le prevede (sentenza n. 94 del 2009).  La  necessita'
che  dette  misure   siano   ragionevoli   e   non   realizzino   una
ingiustificata   disparita'   di   trattamento   rende   chiara    la
correlazione, ancora una volta, tra gli artt. 3 e 41 Cost. 
    Alle clausole generali  in  esame  sono  stati  ricondotti  anche
interessi qualificati in vario modo e collegati alla sfera economica,
quali, in particolare, quelli attinenti alla esigenza  di  protezione
di una data produzione (sentenza n. 20 del 1980), ovvero a quella «di
salvaguardare l'equilibrio di mercato tra domanda ed offerta»  in  un
determinato settore (sentenza n. 63 del 1991), oppure  strumentali  a
garantire i valori della  concorrenzialita'  e  competitivita'  delle
imprese (sentenza n. 439 del 1991), o anche «l'esigenza di  interesse
generale di riconoscimento e valorizzazione del ruolo» di imprese  di
determinate dimensioni (sentenza n. 64 del 2007). In  definitiva,  e'
stato rilevato, nella sostanza, che la sfera di autonomia  privata  e
la  concorrenza  non  ricevono   «dall'ordinamento   una   protezione
assoluta»  e  possono,  quindi,  subire  le  limitazioni  ed   essere
sottoposte   al   coordinamento   necessario   «a    consentire    il
soddisfacimento  contestuale   di   una   pluralita'   di   interessi
costituzionalmente rilevanti» (sentenza n. 279 del 2006, ordinanza n.
162 del 2009). 
    8.2. - Nonostante, peraltro, il ricordato rilievo dato in qualche
occasione al bilanciamento tra utilita'  sociale  e  concorrenza,  la
giurisprudenza di questa Corte ha affrontato solo  indirettamente  il
rapporto  tra  concorrenza  e  regolazione  generale  e  il   profilo
dell'equilibrio tra l'esigenza di apertura del mercato e di  garanzia
dell'assetto concorrenziale rispetto alle condotte degli  attori  del
mercato stesso,  cioe'  imprese  e  consumatori,  da  una  parte;  e,
dall'altra,   la   tutela   degli   interessi   diversi,   di   rango
costituzionale, individuati nell'art.  41,  secondo  e  terzo  comma,
Cost., che possono venire in rilievo e la tutela dei  quali  richiede
un bilanciamento  con  la  concorrenza.  Eppure,  e'  chiaro  che  il
parametro  costituzionale  in  esame,  stabilendo  che   l'iniziativa
economica privata non puo' svolgersi  in  contrasto  con  «l'utilita'
sociale» ed in modo da recare danno alla sicurezza, alla liberta'  ed
alla dignita' umana, e prevedendo che l'attivita' economica  pubblica
e privata puo' essere indirizzata  e  coordinata  a  «fini  sociali»,
consente una regolazione strumentale a garantire la tutela  anche  di
interessi   diversi   rispetto   a   quelli   correlati   all'assetto
concorrenziale del mercato garantito. 
    Beninteso, la dovuta coerenza con l'ordinamento  comunitario,  in
particolare con  il  principio  che  «il  mercato  interno  ai  sensi
dell'art. 3 del Trattato sull'Unione europea comprende un sistema che
assicura che la concorrenza non sia falsata» (Protocollo  n.  27  sul
mercato interno e la concorrenza, allegato  al  Trattato  di  Lisbona
entrato in vigore il 1° dicembre 2009, che conferma l'art. 3, lettera
g, del Trattato CE), comporta il carattere  derogatorio  e  per  cio'
stesso eccezionale di questa regolazione. In altri  termini,  occorre
che siffatto intervento del legislatore costituisca la sola misura in
grado di garantire al giusto la tutela di quegli interessi. 
    I criteri utilizzati normalmente nella valutazione  antitrust  di
una  operazione   di   concentrazione   sono,   infatti,   collegati,
direttamente o  indirettamente,  al  fine  di  garantire  un  assetto
concorrenziale del mercato: la considerazione delle quote dalle quali
si parte a quelle cui si perviene, la costituzione o il rafforzamento
di   una   posizione   dominante,   l'ostacolo   significativo   alla
concorrenza, il potenziale pregiudizio per  i  consumatori,  fino  al
test di efficienza anche  interna  dell'esito  dell'operazione  e  al
rilievo particolare e specifico dell'acquisizione  di  un'impresa  in
stato d'insolvenza. E' questa, in sintesi, la  valutazione  spettante
ad un'autorita' indipendente al fine di autorizzare un'operazione  di
concentrazione, che il nostro ordinamento giuridico, in virtu'  della
legge 287 del 1990, chiede all'Autorita' antitrust e che quest'ultima
ha svolto negli ultimi vent'anni. Si tratta di una valutazione che va
al di la' del controllo ex post sulla condotta delle  imprese  tipico
della funzione di garanzia e, proprio in quanto si esercita ex  ante,
cioe' su un progetto di concentrazione,  finisce  per  avvicinarsi  e
toccare il confine tra tutela della  concorrenza  e  regolazione  del
mercato.   Cio'   nonostante,   e'   pur   sempre   una   valutazione
prevalentemente economica, che resta coerente con la natura tecnica e
indipendente dell'Autorita', in quanto  limitata  alla  verifica  del
perseguimento dei cosiddetti  obiettivi  economici  del  mercato,  in
particolare del suo assetto concorrenziale. 
    8.3.  - La   valutazione   richiesta   per   le   operazioni   di
concentrazione di dimensione nazionale, qual e'  quella  oggetto  dei
giudizi  principali,   come   non   implausibilmente   ritenuto   dai
rimettenti, e' ispirata ai criteri che sovraintendono a quella svolta
dalla Commissione  europea,  Direzione  generale  concorrenza,  delle
concentrazioni di dimensione comunitaria. La relativa  disciplina  e'
contenuta nel regolamento 20 gennaio 2004, n.  139  (Regolamento  del
Consiglio relativo al controllo delle concentrazioni  tra  imprese  -
«Regolamento  comunitario  sulle  concentrazioni»),  completato,  per
quanto  qui  soprattutto   interessa,   dalla   Comunicazione   della
Commissione  5   febbraio   2004,   n.   2004/C31/03,   recante   gli
«Orientamenti  relativi   alla   valutazione   delle   concentrazioni
orizzontali  a  norma  del  regolamento  del  Consiglio  relativo  al
controllo delle concentrazioni tra  imprese»  (infra:  Orientamenti).
Anche la disciplina del controllo delle concentrazioni di  dimensioni
comunitarie   contiene   criteri   di   valutazione   strumentali   a
finalizzarla ai cosiddetti obiettivi economici del mercato unico. 
    Il regolamento n. 139  del  2004  consente,  in  particolare,  di
apprezzare le eventuali efficienze generate dalle concentrazioni.  La
valutazione delle concentrazioni tiene conto sia dell'incidenza delle
medesime sulle imprese concorrenti, sia  della  circostanza  che,  ai
fini  della   dichiarazione   di   incompatibilita',   rileva   anche
l'idoneita' delle stesse a cagionare  un  danno  ai  consumatori.  Il
criterio di valutazione fondato sul test  di  efficienza  «e'  che  i
consumatori non  devono  ritrovarsi  in  una  situazione  peggiore  a
seguito della  concentrazione»;  «a  tal  fine,  i  miglioramenti  di
efficienza devono essere considerevoli e tempestivi e,  in  linea  di
principio, apportare dei vantaggi  ai  consumatori  in  quei  mercati
rilevanti nei quali sarebbero altrimenti probabili problemi sotto  il
profilo della concorrenza» (Orientamenti, paragrafo 79). 
    Una concentrazione valutata negativamente puo',  inoltre,  essere
ritenuta «compatibile con il mercato comune,  se  una  delle  imprese
partecipanti alla concentrazione versa in stato di crisi», in base ad
un  apprezzamento  condotto  sulla  scorta  di  criteri  prestabiliti
(Orientamenti, paragrafi 89-90).  Peraltro,  anche  anteriormente  al
regolamento n. 139 del 2004, la circostanza che l'impresa da  salvare
potesse rischiare altrimenti di uscire dal mercato e' stata  ritenuta
un fattore suscettibile di  positiva  valutazione.  Ne'  e'  mancato,
nella prassi della Commissione,  il  rilievo  che  «un'autorizzazione
della concentrazione  subordinata  a  condizioni  appropriate»  puo',
eventualmente,  essere  «piu'  favorevole  per  gli  utenti   di   un
deterioramento della struttura del mercato causato  dalla  potenziale
cessazione delle attivita'» da  parte  di  una  determinata  impresa,
specie quando entrano in gioco interessi rilevanti non  riconducibili
solo e/o direttamente all'assetto concorrenziale del mercato, come ad
esempio  il  pluralismo   dell'informazione   (Commissione   europea,
decisione del 2 aprile 2003, caso COMP/M.2876, Newscorp/Telepiu'). 
    Il citato  regolamento  presuppone,  poi,  l'esistenza  di  norme
antitrust nazionali, ma non necessariamente di  norme  che  impongono
l'autorizzazione preventiva alle concentrazioni. 
    L'art.  21,  paragrafo  4,  del  regolamento  n.  139  del   2004
stabilisce, infine, che «gli Stati membri possono adottare  opportuni
provvedimenti per tutelare  legittimi  interessi  diversi  da  quelli
presi in  considerazione»  dal  medesimo,  nei  limiti  dallo  stesso
stabiliti e compatibili con i principi del  diritto  comunitario.  Il
fatto, poi, che il rispetto  di  tale  limite  sia  verificato  dalla
Commissione, e in ultima analisi  dal  giudice  comunitario,  non  ne
esclude l'idoneita' ad incidere sull'esito della  concentrazione,  in
quanto il controllo vale solo a distinguere  gli  interventi  a  fini
protezionistici degli Stati da quelli dovuti  ad  interessi  pubblici
legittimi diversi dalla concorrenza (Commissione  europea,  Relazione
sulla politica della concorrenza 2009, del 3 giugno 2010). 
    8.4. - La rilevanza  dei  molteplici  interessi  coinvolti  dalle
operazioni  di  concentrazione,  ai  fini  della  valutazione   delle
medesime, risulta anche dalla disciplina  stabilita  in  altri  Stati
membri dell'Unione europea. In Francia, ad esempio,  e'  prevista  la
possibilita'  di  sottrarre  all'Autorita'  antitrust  il  potere  di
autorizzare  una  determinata  concentrazione,  quando   entrano   in
considerazione «motivi di interesse generale diversi dalla protezione
della concorrenza», che con questa devono essere bilanciati (l'art. L
430-7-1 II del codice di commercio, come  risultante  dalla  legge  4
agosto 2008, n. 776, prevede il potere del Ministro dell'economia  di
avocare il caso, in presenza di «motivi di  interesse  generale»  non
meglio precisati dalla norma). In Germania e' previsto il potere  del
Ministro dell'economia, all'esito di uno specifico  procedimento,  di
stabilire  per  le  imprese  vincoli  e  condizioni,  di  autorizzare
operazioni di concentrazione in precedenza vietate dall'Autorita'  di
concorrenza; e cio' per ragioni di  interesse  generale,  qualora  la
limitazione della concorrenza sia «compensata  dai  vantaggi  che  si
rinvengono per l'economia generale oppure se la concentrazione  viene
giustificata da un preminente interesse della collettivita'» (art. 42
GWB, legge sulla concorrenza). Nel Regno Unito, l'Enterprise Act  del
2002, sezione 42, prevede il potere di intervento del  Segretario  di
Stato competente per gli Affari e l'Impresa quando ritiene che  sulla
valutazione della concentrazione possono incidere «considerazioni  di
pubblico interesse»,  in  particolare  nel  settore  della  sicurezza
nazionale e dei media. Inoltre, lo stesso Segretario  di  Stato  puo'
aggiungere ulteriori motivi di interesse pubblico anche  rispetto  ad
una specifica concentrazione, con l'approvazione del Parlamento entro
28 giorni (motivo della stabilita' del sistema finanziario nazionale,
ad esempio, fatto prevalere nel caso dell'acquisizione della  Halifax
Bank of Scotland da parte della  Lloyds  TSB  nel  2008,  sui  rischi
dell'operazione per la concorrenza). 
    8.5. -  Siffatta  possibilita'  e'  prevista  anche  nel   nostro
ordinamento dall'art. 25 della legge n.  287  del  1990.  Tale  norma
stabilisce che «Il Consiglio dei Ministri, su proposta  del  Ministro
dell'industria, del commercio e dell'artigianato determina  in  linea
generale e preventiva i criteri sulla base dei quali l'Autorita' puo'
eccezionalmente  autorizzare,  per   rilevanti   interessi   generali
dell'economia  nazionale   nell'ambito   dell'integrazione   europea,
operazioni di concentrazione vietate ai sensi dell'art. 6, sempreche'
esse non comportino la eliminazione della concorrenza dal  mercato  o
restrizioni alla  concorrenza  non  strettamente  giustificate  dagli
interessi generali predetti» e prescrivendo «le misure necessarie per
il ristabilimento di condizioni di piena concorrenza entro un termine
prefissato». 
    All'interno delle figure  tipizzate  dal  diritto  antitrust,  le
concentrazioni  fruiscono,   in   definitiva,   di   una   disciplina
complessivamente piu' flessibile, vuoi in  quanto  sottoposte  ad  un
controllo ordinariamente, ma non necessariamente, preventivo, vuoi in
quanto possono essere, in alcuni casi  eccezionali,  suscettibili  di
una valutazione che puo' adeguatamente tenere conto dell'esigenza  di
tutelare preminenti interessi generali diversi  da  quelli  collegati
all'obiettivo  di  garantire  un  assetto  competitivo  del  mercato.
L'attenzione per questi interessi diversi  si  puo'  tradurre  in  un
potere di valutazione, in sostanza di regolazione generale,  comunque
non   tecnica,   demandato   normalmente   all'autorita'    politica,
eventualmente  in   aggiunta   o   in   sostituzione   dell'Autorita'
indipendente preposta al controllo antitrust. La funzione di garanzia
a  questa  spettante  rimane,  beninteso,  anche  in  questa  ipotesi
inalterata  quanto  al  controllo   ex   post   degli   esiti   della
concentrazione, in  particolare  rispetto  al  divieto  di  abuso  di
posizione dominante. 
    9. - Nel quadro di tali principi, alla luce del generale contesto
normativo di  riferimento,  il  citato  art.  4,  comma  4-quinquies,
risulta immune dalle censure proposte dai rimettenti. 
    La disciplina del controllo delle concentrazioni stabilita  dalla
legge n. 287 del 1990, che  fa  espressa  applicazione  dell'art.  41
Cost.,  e'   caratterizzata   dall'attribuzione   in   via   generale
all'Autorita'  del  compito  di  valutare  se  esse   comportino   la
costituzione o  il  rafforzamento  di  una  posizione  dominante  sul
mercato nazionale tale da eliminare o ridurre in modo  sostanziale  e
durevole la concorrenza, stabilendo le misure  necessarie  per  porvi
rimedio. Inoltre, l'art. 25 della legge n. 287 del 1990 contempla uno
specifico   meccanismo   per   tutelare   interessi   diversi   dalla
concorrenza.  Tale  disciplina,  tuttavia,   non   e'   a   contenuto
costituzionalmente vincolato. Il legislatore ordinario puo', infatti,
prevedere la possibilita' di autorizzare operazioni di concentrazione
in vista del contemperamento con altri  interessi  costituzionalmente
rilevanti, diversi da quelli inerenti all'assetto concorrenziale  del
mercato. 
    Nel caso in esame, peraltro, il legislatore  e'  intervenuto  con
una norma-provvedimento, si' che lo scrutinio  di  ragionevolezza  al
quale  questa  va  sottoposta  richiede  di  accertare   in   maniera
stringente  se   siano   identificabili   interessi   in   grado   di
giustificarla, desumibili anche in via interpretativa, e se sia stata
realizzata una scelta proporzionata ed adeguata, fermo  restando  che
tale  scrutinio  di  costituzionalita'  non  puo'  spingersi  sino  a
valutare autonomamente gli elementi  di  fatto  posti  a  base  della
scelta. 
    Tale  verifica  ha  esito  positivo.  Il  citato  art.  4,  comma
4-quinquies, indica che  le  operazioni  di  concentrazione  da  esso
considerate rispondono «a preminenti interessi generali», con formula
che assume concretezza alla luce del contesto nel quale la  norma  e'
inserita  e  dei  lavori  preparatori.  La  considerazione   che   la
disposizione  e'  contenuta  in  un  decreto-legge   e',   anzitutto,
sintomatica della necessita'  di  provvedere  in  via  d'urgenza;  il
riferimento,  contenuto  nella  premessa  di  tale  atto   normativo,
all'esigenza  di   modificare   la   procedura   di   amministrazione
straordinaria per le imprese di grandissime dimensioni, «individuando
una specifica disciplina per le grandi imprese operanti  nei  settori
dei servizi pubblici essenziali  volta  a  garantire  la  continuita'
nella prestazione di tali servizi», e  l'inserimento  della  medesima
nella legge che la regolamenta, fanno, inoltre, emergere  le  ragioni
della scelta. 
    Nella specie occorreva fronteggiare una situazione di  gravissima
crisi di un'impresa (come dimostra la sottoposizione  della  medesima
all'amministrazione straordinaria), che svolgeva un servizio pubblico
essenziale  del  quale  doveva  essere   garantita   la   continuita'
(circostanza, quest'ultima, espressamente condivisa dai  rimettenti),
peraltro  in  un  settore  particolare,  notoriamente  di  importanza
strategica  per  l'economia   nazionale,   meritevole   di   distinta
considerazione,   che   esigeva   di   scongiurare   distorsioni   ed
interruzioni  suscettibili  di  ricadute  sistemiche   in   ulteriori
comparti. Il legislatore ordinario ha  dunque  inteso  realizzare  un
intervento diretto a garantirne la continuita'  ed  a  permettere  la
conservazione del rilevante valore dell'azienda  (costituita  da  una
pluralita'  di  beni  e  rapporti,  di  varia  natura),  al  fine  di
scongiurare, in tal modo, anche una grave crisi occupazionale. 
    Di tale obiettivo danno ampio conto i lavori  preparatori.  Dagli
interventi  al  Senato  ed  alla  Camera,  nelle  Commissioni  ed  in
Assemblea, risulta, infatti, che e'  stato  continuo  il  riferimento
alla «necessita' di un'azione importante ed ampia per il  salvataggio
dell'Alitalia» e traspare costante il  convincimento  della  ritenuta
strumentalita' della norma in esame rispetto a tale obiettivo. Emerge
univoco l'intento di garantire la continuita' del trasporto aereo  su
tutte  le  rotte  nazionali,  anche  su  quelle  economicamente   non
convenienti, e di evitare la dissoluzione di un'impresa di  rilevanti
dimensioni e la dispersione del  valore  aziendale,  in  vista  della
tutela  dei  livelli  occupazionali   e   di   esigenze   strategiche
dell'economia  nazionale.  Questi   interessi,   sebbene   attengano,
prevalentemente, alla sfera economica,  per  le  osservazioni  dianzi
svolte,  ed  in  considerazione  della  gravita'  della   congiuntura
economica e della  peculiarita'  del  settore  di  riferimento,  sono
riconducibili alle ragioni di «utilita' sociale» ed ai «fini sociali»
(art.  41  Cost.)  che  giustificano  uno   specifico,   eccezionale,
intervento  di  regolazione  estraneo  alla   sfera   di   competenza
dell'Autorita' indipendente. 
    La  considerazione  che  siffatta  scelta,  dal  punto  di  vista
dell'obiettivo generale  perseguito  e  dello  strumento  utilizzato,
neppure e' eccentrica rispetto al contesto normativo  di  riferimento
suffraga, inoltre, l'inesistenza di profili di  irragionevolezza.  La
soluzione  privilegiata  dalla  disposizione  in  esame  puo'  essere
iscritta, infatti, nella nuova  modalita'  di  approccio  alla  crisi
dell'impresa che caratterizza il nostro ordinamento,  alla  quale  e'
stata ispirata anche la riforma della legge  fallimentare,  connotata
dal superamento della concezione liquidatoria dell'impresa, in favore
di quella diretta alla conservazione  del  valore  dell'azienda,  per
fini  di  utilita'  sociale  (tra  questi,  la  tutela  del  lavoro),
conseguibile anche mediante cessioni e concentrazioni. 
    Se, in definitiva,  il  bilanciamento  di  una  molteplicita'  di
interessi impone una scelta non tipica del controllo  antitrust,  ma,
in sostanza, caratterizzata da una connotazione di politica economica
e di regolazione del mercato imposta da una  situazione  eccezionale,
questa scelta non puo' essere giudicata  irragionevole  per  il  solo
fatto di essere stata operata mediante un atto legislativo. 
    10. -   Una   volta   identificati   gli    interessi    generali
costituzionalmente rilevanti che, anche alla luce delle  peculiarita'
della fase economica e del servizio pubblico espletato dalle  imprese
coinvolte nella  concentrazione,  sono  riconducibili  alle  clausole
generali «utilita' sociale» e «fini sociali» dell'art. 41, secondo  e
terzo comma, Cost., la soluzione realizzata per garantirne la  tutela
resiste  al  necessario  test  di  proporzionalita'   al   quale   va
sottoposta. 
    L'esame del  contesto  generale  di  riferimento  ha,  anzitutto,
evidenziato che la disciplina rilevante della concorrenza permette di
tenere conto di detti interessi e di valorizzarli anche  al  fine  di
una particolare conformazione del controllo delle concentrazioni. 
    E' poi particolarmente significativo che il citato art. 4,  comma
4-quinquies, sebbene abbia introdotto una deroga della disciplina  di
regola  applicabile,  in  riferimento  al  potere  dell'Autorita'  di
prescrivere misure strutturali e  di  esercitare  i  poteri  previsti
dall'art. 6, comma 2, della legge n. 287 del 1990, ha mantenuto fermi
gli artt. 2 e 3 della medesima e, quindi, la possibilita' di  colpire
ex post l'eventuale abuso di posizione dominante  che  seguisse  alla
concentrazione. A questo fine, va  considerato  che  l'art.  102  del
Trattato sul funzionamento  dell'Unione  europea  e'  applicabile  da
parte delle autorita' antitrust  nazionali  anche  ad  una  posizione
dominante che consegua ad una concentrazione di dimensione nazionale,
cio' che rafforza il potere dell'Autorita' di intervenire,  comunque,
con misure volte ad evitare lo sfruttamento abusivo di una  posizione
dominante. 
    Il legislatore  ordinario  ha,  altresi',  dimostrato  attenzione
all'interesse dei consumatori (obiettivo, nella specie,  di  rilievo,
alla luce dell'intento di garantire il mantenimento di un servizio di
trasporto fondamentale per il nostro Paese, su tutte le rotte),  che,
come sopra evidenziato, in ogni  latitudine  costituisce  oggetto  di
specifica considerazione nella disciplina  delle  concentrazioni.  La
norma in esame ha, infatti, mantenuto fermo il potere  dell'Autorita'
di  stabilire  le  misure  comportamentali  idonee  a   garantire   i
consumatori, e neppure ha inciso sulla possibilita' di esercitare  un
controllo continuo e di adottarle in tempi diversi,  conformandole  e
modulandole in vario modo, anche temporaneamente, tenendo conto a tal
fine dell'evoluzione del mercato e  dell'incidenza  di  questa  sugli
interessi dei consumatori. 
    Si tratta di  un  profilo  di  sicuro  rilievo  nel  giudizio  di
proporzionalita'  della  misura;  per  apprezzarne  l'importanza,  e'
sufficiente ricordare  che  la  Commissione  europea,  benche'  abbia
ritenuto che «gli impegni di natura strutturale [...] sono  in  linea
di principio preferibili in base allo  scopo  del  regolamento  sulle
concentrazioni [...]», nondimeno, ha precisato che  neppure  si  puo'
«escludere automaticamente la possibilita' che anche  altri  tipi  di
impegni  siano  atti  a  prevenire  un  ostacolo  significativo  alla
concorrenza effettiva» (paragrafo 15 della comunicazione  22  ottobre
2008  n.  2008/C267/01,  recante  «Comunicazione  della   Commissione
concernente le misure correttive considerate  adeguate  a  norma  del
regolamento CE n. 139/2004 del Consiglio  e  del  regolamento  CE  n.
802/2004 della Commissione»). 
    Il  regolamento  n.  139  del  2004,  come  e'  stato  ricordato,
stabilisce,  poi,  quale  limite  invalicabile  di   una   favorevole
valutazione delle concentrazioni, la circostanza che  esse non devono
comportare «un pregiudizio durevole per la concorrenza». In relazione
a questo profilo, il citato art. 4, comma 4-quinquies, ha  attribuito
all'Autorita'  il  potere  di  definire  «il  termine,  comunque  non
inferiore a tre anni,  entro  il  quale  le  posizioni  di  monopolio
eventualmente determinatesi devono cessare». Il carattere transitorio
della deroga del potere dell'Autorita' di disporre determinate misure
concorre, pertanto, a fare escludere l'irragionevolezza della norma e
la violazione degli artt. 3 e 41 della Costituzione.