LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria  sul  ricorso
31977-2005 proposto da: 
    Servizi  Industriali  S.r.l.  (C.F.   n.   09758620158   -   P.I.
05983950014), in  persona  del  legale  rappresentante  pro  tempore,
elettivamente  domiciliata  in  Roma,  via  Cosseria  n.  5,   presso
l'avvocato Romanelli Guido Francesco, che la  rappresenta  e  difende
unitamente agli avvocati Montanaro Riccardo, Brigada Daniela,  giusta
procura a margine del ricorso, ricorrente. 
    Contro Comune di Orbassano (C.F. n. 0138460019), in  persona  del
Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in  Roma,  via  P.  da
Palestrina  n.  63,  presso  l'avvocato  Contaldi   Mario,   che   lo
rappresenta e  difende  unitamente  all'avvocato  Dal  Piaz  Claudio,
giusta procura a margine del controricorso, controricorrente. 
    Avverso la sentenza n. 1302/2005 della Corte d'appello di Torino,
depositata il 7 settembre 2005; 
    Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza  del
14 aprile 2010 dal Consigliere dott. Aldo Ceccherini; 
    Udito, per la ricorrente, l'avvocato F. Romanelli che ha  chiesto
l'accoglimento del ricorso; 
    Udito, per il controricorrente, l'avvocato  M.  Contaldi  che  ha
chiesto il rigetto del ricorso; 
    Udito il P.M., in  persona  del  Sostituto  procuratore  generale
dott. Pasquale Paolo Maria Ciccolo che ha concluso per il rigetto del
ricorso. 
    Premesso che: 
    oggetto  del  presente  giudizio   e'   la   legittimita'   della
deliberazione della Giunta del Comune di Orbassano in data 26  aprile
1993,  che  ha  determinato  nella  misura  di  £  1.353.329.210   il
contributo dovuto dalla societa' ricorrente, in quanto gestore di  un
impianto di trattamento dei rifiuti, a norma dell'art. 16 della legge
della Regione Piemonte 2 maggio 1986, n. 18,  emanata  in  attuazione
del d.P.R.  10  settembre  1982,  n.  915,  successivamente  abrogata
dall'art. 45, comma 5 della legge Regione Piemonte 13 aprile 1995, n.
59, e sostituita con altra disposizione di contenuto simile; 
    la norma regionale citata prevede  un  contributo  a  favore  dei
comuni nei quali sono localizzati gli  impianti  di  trattamento  dei
rifiuti, e lo pone a carico  dei  soggetti  gestori  di  impianti  di
innocuizzazione e di eliminazione e di discariche di rifiuti  urbani,
assimilabili agli urbani, speciali - fatta esclusione per gli  inerti
- e tossici e nocivi, nonche' dei soggetti  gestori  di  impianti  di
stoccaggio provvisorio dei rifiuti tossici e nocivi per conto terzi; 
    nel giudizio e' controversa la natura del contributo, e,  qualora
lo stesso debba qualificarsi come imposta di  concessione  regionale,
l'esistenza dei presupposti di legittimita' dell'imposizione a  norma
dell'art. 3 della legge 16 maggio 1970, n. 281, nel testo  modificato
dall'art. 4 della legge 14 giugno 1990, n. 158; 
    il ricorso mette in discussione  la  legittimita'  costituzionale
della disposizione di legge citata,  perche'  eccedente  la  potesta'
legislativa ed impositiva attribuita alle regioni a statuto ordinario
dagli artt. 117 e 119 Costituzione, nel testo, vigente  pro  tempore,
anteriore alle modifiche  apportate  dalla  legge  costituzionale  18
ottobre 2001, n. 3; 
    Ritenuto che: 
    il contributo previsto dalla  legge  regionale  in  questione  e'
applicato,  a  favore  dei  comuni,  sull'attivita'  di  gestione  di
impianti di trattamento di rifiuti, e non sugli atti e  provvedimenti
emessi dalla regione, nell'esercizio  delle  sue  funzioni  (come  le
autorizzazioni della regione, a norma dell'art. 6, lett.  a),  d.P.R.
10 settembre 1982, n. 915), o dagli enti locali, nell'esercizio delle
funzioni regionali ad essi delegate ai sensi degli artt.  117  e  118
della Costituzione, atti che - per essere imponibili - devono  essere
indicati nell'apposita tariffa approvata con decreto  del  Presidente
della Repubblica, avente valore di legge ordinaria, secondo quanto e'
previsto dall'art. 3 della legge 16 maggio 1970, n.  281  (nel  testo
modificato dall'art. 4 della  legge  14  giugno  1990,  n.  158);  il
contributo  al  comune,  pertanto,   non   trova   fondamento   nella
disposizione da ultimo indicata; 
    il contributo  a  favore  dei  comuni,  di  cui  si  tratta,  non
costituisce peraltro neppure una forma di  finanziamento  particolare
dell'attivita' di trattamento,  ammasso,  deposito  e  discarica  dei
rifiuti, per la quale era invece previsto dall'art. 21  dello  stesso
d.P.R. 10 settembre 1982,  n.  915,  uno  speciale  diverso  sistema,
attuato con la modifica degli artt. 268-272  del  R.D.  14  settembre
1931, n. 1175; il gettito assicurato  dal  contributo  regionale  era
destinato invece  ad  interventi  finalizzati  alla  conservazione  e
valorizzazione della natura e dell'ambiente (art. 16, comma  3  legge
Regione Piemonte 2 maggio 1986, n. 18); 
    l'indicata finalita' del contributo  e'  intesa  a  finanziare  o
compensare costi sociali e ambientali che deriverebbero per i  comuni
dallo svolgimento dell'attivita' di trattamento dei rifiuti sul  loro
territorio;  questi  costi  non  sono  generati   dall'attivita'   di
trattamento dei rifiuti in quanto  tale  -  giacche',  al  contrario,
questa attivita' e' funzionale alla  tutela  dell'ambiente  in  senso
lato - ma sono una parte dei costi generati dalla  produzione  stessa
dei rifiuti  da  trattare;  solo  con  riguardo  alla  localizzazione
dell'attivita' medesima e' possibile ravvisare un  onere  particolare
del comune sul territorio del quale si svolge  l'attivita',  definita
di pubblico interesse dall'art. 1 d.P.R. 10 settembre 1982,  n.  915,
onere che percio' dovrebbe finanziarsi con l'imposizione generale, in
ordine alla quale peraltro la Regione  Piemonte  non  aveva  potesta'
legislativa; 
    l'analogia con i contributi di urbanizzazione previsti all'art. 3
della legge 28 gennaio 1977, n. 10 - che nella sentenza impugnata  e'
stata  dalla  corte  torinese  argomentata  dalla   circostanza   che
l'approvazione,  da  parte  della  Regione,  del  progetto  di  nuovo
impianto di trattamento e di stoccaggio dei rifiuti urbani,  speciali
nonche' tossici e nocivi sostituisce, ad ogni effetto, visti, pareri,
autorizzazioni e  concessioni  di  competenza  di  organi  regionali,
provinciali e comunali,  costituisce,  ove  occorra,  variante  dello
strumento  urbanistico  generale  e  comporta  la  dichiarazione   di
pubblica utilita', urgenza ed indifferibilita' dei  lavori  (D.L.  31
agosto 1987, n. 361,  coordinato  con  la  legge  di  conversione  29
ottobre 1987, n. 441) - non e' sostenibile nella fattispecie, perche'
il contributo in questione non  e'  in  funzione  dell'urbanizzazione
dell'area, e manca una legge dello Stato che preveda quel contributo;
piu' in radice,  l'assimilazione  del  contributo  ad  un  canone  di
concessione  -   dove   si   giustificherebbe   quale   corrispettivo
dell'attivita' trasferita - non  ha  rispondenza  nella  fattispecie,
nella quale la pretesa fatta valere dal comune si basa esclusivamente
sulla norma impositiva regionale, e non su una concessione  comunale,
mentre la concessione e' contemplata bensi' per  lo  smaltimento  dei
rifiuti (art. 8 d.P.R.  10  settembre  1982,  n.  915),  ma  non  per
l'innocuizzazione, eliminazione, stoccaggio provvisorio  e  discarica
dei rifiuti, attivita' soggette ad autorizzazione regionale (art.  6,
primo comma, lett. d), 10 e 16 d.P.R. n. 915 del 1982); 
    dovendosi convenire che il contributo in questione, qualora  pure
non sia un  tributo,  non  e'  configurabile  come  un  corrispettivo
giustificato   da   una   specifica    attivita'    della    pubblica
amministrazione a  favore  del  privato,  ma  e'  in  ogni  caso  una
prestazione patrimoniale imposta a norma dell'art.  23  Costituzione,
il  mero  rilievo  che  la  riserva  di  legge  contenuta  in  questa
disposizione puo' essere soddisfatta anche da una legge regionale non
basterebbe a diradare i dubbi sulla  sua  costituzionalita',  perche'
postulerebbe comunque il rispetto dell'art. 119,  comma  primo  della
Costituzione (nel testo anteriore alla legge costituzionale n. 3  del
2001), per il quale alle regioni era  bensi'  riconosciuta  autonomia
finanziaria, ma solo nelle forme e nei limiti stabiliti  dalle  leggi
della Repubblica, che la coordinava con la finanza dello Stato, delle
province e dei comuni; 
    per la stessa ragione appena indicata non  sembra  sufficiente  a
fondare la potesta' normativa  impositiva  della  regione  l'art.  6,
lett. f del d.P.R. 10 settembre  1982,  n.  915,  che  consente  alle
regioni la piena autonomia nell'emanazione di norme integrative e  di
attuazione  del  decreto,  per  le  procedure  di  controllo   e   di
autorizzazione, ma non prevede dei corrispettivi (a favore  di  altri
enti) per lo svolgimento dell'attivita'  autorizzata  di  trattamento
dei rifiuti, e tanto meno stabilisce i relativi limiti; 
    che si tratti di tributo, o di prestazione patrimoniale  imposta,
sono in ogni caso da ricordare  i  seguenti  principi,  ripetutamente
affermati dalla Corte costituzionale con riferimento agli artt. 117 e
119 della Costituzione, nel testo anteriore alla legge costituzionale
18 ottobre 2001, n. 3: 
    a) pur essendo l'autonomia tributaria delle  regioni  un  aspetto
dell'autonomia finanziaria prevista dall'art. 119 della Costituzione,
onde  le  regioni  devono  dirsi  titolari  di   potesta'   normativa
tributaria, tuttavia il riferimento  alle  «forme»  ed  ai  «limiti»,
nonche' alle «leggi della Repubblica», contenuto  nello  stesso  art.
119, nel testo allora vigente, condizionava largamente  il  contenuto
di tale autonomia sia per quanto attiene al tipo  di  tributo,  nella
sua configurazione e nei suoi elementi costitutivi, sia in  relazione
al suo profilo quantitativo; 
    b) in virtu' di tale condizionamento, era quindi la legge statale
la  fonte  necessaria  e  obbligata  della  disciplina  degli   spazi
regionali, con la conseguenza che la  potesta'  normativa  tributaria
delle regioni - pur riconosciuta per provvederle dei mezzi occorrenti
per far fronte alle spese  necessarie  allo  svolgimento  delle  loro
funzioni normali - non era «strumentale» rispetto alle competenze  di
cui all'art. 117  della  Costituzione,  cosi'  atteggiandosi  con  la
stessa forza di quelle, ma operava al di fuori di  quell'ambito  «con
proprio oggetto ed entro i diversi particolari confini che  le  leggi
della Repubblica - in conformita' dei principi costituzionali -  sono
legittimate a fissare», anche al fine di adeguare la  finanza  locale
alla riforma tributaria generale; 
    c) tale potesta' regionale si configurava, pertanto, non come una
potesta'  legislativa  di   tipo   «concorrente»,   bensi'   soltanto
«attuativa»  delle  leggi  dello  Stato,  analoga  a  quella  di  cui
all'ultimo comma dell'art. 117 della Costituzione (sentenze  nn.  272
del 1986, 204 del 1987, 214 del 1987, 294 del 1990, 295 del 1993); 
    alla luce di tali principi, una volta escluso che  il  contributo
in questione sia configurabile come  canone  di  concessione  o  come
corrispettivo, la discussione sulla sua  natura,  nel  senso  che  si
tratti di tributo o di prestazione  patrimoniale  imposta,  non  pare
risolutiva, perche' in entrambi i casi considerati  il  dubbio  sulla
legittimita'   della   norma   impositiva   regionale   non   sarebbe
manifestamente infondato, non essendo identificabile la  disposizione
di legge statale della quale l'art.  16  della  legge  della  Regione
Piemonte 2 maggio 1986, n. 18, sarebbe attuazione, o nel  cui  quadro
essa troverebbe la sua  giustificazione,  nel  senso  chiarito  dalla
giurisprudenza della corte delle leggi; 
    in  conclusione,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 16 della legge Regione Piemonte 2 maggio 1986, n.  18,  che
impone ai gestori degli  impianti  di  trattamento  dei  rifiuti  una
prestazione patrimoniale al di  fuori  di  una  specifica  previsione
delle leggi della Repubblica, in contrasto  con  gli  articoli  della
Costituzione 23 e 119, nel testo anteriore alla  modifica  di  questo
articolo attuata dall'art. 5 della legge 18 ottobre  2001,  non  pare
manifestamente infondata; 
    essa,  inoltre,  e'  rilevante  nel  presente  giudizio,  perche'
l'incostituzionalita'   della   norma    impositiva    determinerebbe
l'illegittimita' della  deliberazione  della  Giunta  del  Comune  di
Orbassano posta a fondamento della pretesa  impositiva  dell'ente,  e
quindi l'accoglimento del ricorso;