IL GIUDICE DI PACE Nella causa civile iscritta al n. 281/C/2010 nel Ruolo Generale per gli Affari Contenziosi, con ricorso depositato in data 4 febbraio 2010, e pendente tra: Fabio Passini, assistito dall'avv. Sheila Davi contro il Comune di Calto (Rovigo). Avente ad oggetto: ricorso ex art. 22 e segg. L. n. 689/1981, per l'annullamento previa sospensione dell'esecutivita', del verbale di contestazione X-1004901 elevato dalla Polizia Locale di Calto il 15 ottobre 2009 e notificato il 7 dicembre 2009, ricorso che di seguito si trascrive integralmente. Il sig. Passini Fabio, nato a Trecenta (Rovigo), il 13 ottobre 1976, residente in Ficarolo (Rovigo) via E. Figlioli n. 19, proprietario del veicolo tg. CN610SL, rappresentato e difeso dall'Avv. Sheila Davi ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'Avv. Vanni Marangoni sito in Occhiobello, via Eridania n. 111/B e' come mandato steso a margine del presente atto. Premesso che: in data 7 dicembre 2009 veniva ritualmente notificato al ricorrente, a mezzo di raccomandata a.r., il verbale di accertamento n. X-1004901/2009 - Prot. 904901 della Polizia Locale di Calto (Rovigo) del 15 ottobre 2009 che in copia si allega (doc. 1); nel predeto verbale e' contenuta la contestazione della violazione dell'art. 142, comma 8, del Codice della Strada rilevata mediante Traffiphot III SR - Photo R & V in via Eridania km 24+800 del comune di Calto (Rovigo), alle ore 15.29 dell'11 agosto 2009; nel medesimo verbale si legge che la violazione non e' stata immediatamente contestata per la seguente causa: «l'accertamento dell'infrazione e' avvenuto nelle previsioni di cui all'art. 201, comma bis, comma 1-ter del Codice della Strada»; il verbale impugnato comporta l'applicazione della sanzione amministrativa di € 155,00 e la decurtazione di punti 5 della patente; in assenza dell'immediata contestazione, il verbale veniva recapitato all'intestatario del veicolo in questione; ne deriva l'impossibilita' per il ricorrente di indicare le generalita' del conducente ai fine della sua inequivocabile identificazione, in quanto il veicolo in oggetto viene utilizzato anche da altre persone; Espone 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 212 della legge 23 dicembre 2009, n. 191 per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione relativo al pagamento del contributo unificato. Come noto, l'art. 2 al comma 212 della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Legge finanziaria 2010) ha introdotto il comma 6-bis nel decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, prevedendo l'obbligo del pagamento del contributo unificato pari a € 30,00 oltre ad € 8,00 per bollo, in caso di proposizione di un ricorso avanti al Giudice di Pace avverso verbali comminanti sanzioni amministrative ex articolo 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689 e successive modificazioni. E' evidente, che tale previsione ha generato, in sordina, una nuova tassa, in palese violazione degli art. 3 e 24 della Costituzione. Per fare un semplice esempio, infatti, un cittadino erroneamente o illegittimamente sanzionato dalla Polizia Municipale per aver omesso di reiterare il pagamento della sosta sulle «strisce blu» la cui sanzione amministrativa prevista dal Codice della Strada e' pari ad appena 22,00 euro, dovra' pagarne ben euro 38,00 per poter proporre ricorso innanzi al Giudice di Pace, con cio' evidenziandosi un'evidente sproporzione tra il valore della controversia e le spese che devono in ogni caso essere anticipate dal ricorrente, confermando la violazione del principio di ragionevolezza scaturente dall'art. 3 della Costituzione. La norma introdotta dalla legge finanziaria, peraltro, mina sostanzialmente anche il diritto alla difesa di cui all'art. 24, che si assume anch'esso violato dei soggetti sanzionati i quali saranno senz'alcun dubbio disincentivati a presentare un ricorso il cui costo anticipato potrebbe essere in gran parte dei casi inferiore al valore della sanzione. E' dunque evidente come l'onere imposto con la finanziaria 2010, relativo al pagamento del contributo unificato a carico di chi intenda proporre un ricorso avverso sanzioni amministrative non e' volto ad assicurare al processo uno svolgimento meglio conforme alla sua funzione, bensi' a precludere o ad ostacolare gravemente la tutela giurisdizionale del cittadino: ne consegue che quelle norme, volte a precludere la tutela giurisdizionale dei propri diritti, anche a mezzo di ostacoli di natura economica, devono essere dichiarate incostituzionali (C. Cost. 522 del 2002 e n. 333 del 2001). Imporre il pagamento di un contributo unificato, implica discriminazione nei confronti dei soggetti privi di adeguati mezzi economici, ostacolati nell'esercizio del loro diritto di agire in giudizio. E' pur vero che il soggetto destinatario di sanzione amministrativa potra' comunque rivolgersi al Prefetto, ma in tale modo si intende vincolare ancora di piu' l'accesso alla tutela giurisdizionale alla capacita' economica del singolo individuo. Per queste ragioni, ritenuto che tale provvedimento sia incostituzionale per la violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione, in quanto creerebbe un iniquo, evidente ed irragionevole squilibrio fra Enti o pubbliche amministrazioni con poteri sanzionatori da una parte e cittadini dall'altra, violando e vulnerando, quindi, il diritto alla difesa di quest'ultimi, la sottoscritta difesa, che pertanto non provvede al pagamento del contributo unificato, ritiene che la norma di cui all'art. 2 al comma 212 della legge 23 dicembre 2009, n. 191 sia palesemente illegittima costituzionalmente, tanto da rendersi necessaria la sua abrogazione, con necessaria rimessione della questione alla Corte Costituzionale, essendo la stessa non manifestamente infondata e rilevante ai fini della definizione del giudizio incardinato. 2) Illegittimita' del verbale per violazione di legge. Nel verbale impugnato gli agenti accertatori danno atto di aver posizionato il cartello indicante il controllo elettronico della velocita'. Invero alcuna prova e' stata fornita in relazione alla visibilita' delle stesso, in quanto sufficiente il mero posizionamento del predetto cartello, ma e' necessario che lo stesso possa essere percepito visivamente da chiunque si trovi a transitare nel tratto di strada in oggetto. In mancanza, l'accertamento della violazione e' da ritenersi illegittimo e conseguentemente il verbale deve essere annullato. Il verbale oggetto del presente ricorso e inoltre viziato in quanto non reca la data della notifica, elemento essenziale per la validita' dell'atto. Come emerge dalla lettura della relata di notifica viene infatti indicato in modo generico il riferimento al timbro postale. Ed invero la Suprema Corte ha affermato, in tema di sanzioni amministrative, che la notificazione degli estremi dell'infrazione effettuata da un funzionario dell'amministrazione che l'ha accertata come consentito ex art. 14, comma 4, legge n. 689/1981, comporta l'osservanza delle prescrizioni di legge del codice di procedura civile e dunque dell'art. 149 c.p.c. consistente nella redazione della relazione di notifica con menzione della data della notifica. Solo con la relata di notifica puo' essere fornita la prova della provenienza dell'atto da notificare, altrimenti l'amministrazione si trova nell'impossibilita' di dimostrare la contestazione della violazione con conseguente estinzione del credito da sanzione amministrativa (Cass. 9544/1992). Ma non basta, la Suprema Corte afferma inoltre l'inesistenza della notificazione quando difettino gli elementi caratteristici del modello delineato dalla legge (Cass. 14436/2006). Inoltre nel caso di specie il verbale di accertamento non e' stato inviato in piego raccomandato avendo la pubblica amministrazione semplicemente inviato un documento redatto in forma meccanizzata posto all'interno di una busta verde con cio' determinando l'assoluta incertezza in merito alla data di spedizione che non appare in alcun punto del documento inserito nella busta recapitata. In conclusione, l'assenza dell'indicazione della data di notifica, rende l'atto nullo e dunque il verbale e da ritenersi illegittimo. 3) Illegittimita' del verbale per mancanza della prova in ordine alla corretta taratura della strumentazione utilizzata. La mancata contestazione immediata della violazione ha determinato una palese violazione delle garanzie difensive del presunto trasgressore. Le modalita' seguite per la contestazione della violazione, a mezzo di notifica, non hanno assicurato la effettiva possibilita' del contraddittorio fra le parti nell'immediatezza del fatto (contraddittorio costituito dalle dichiarazioni ed eventuali contestazioni dell'interessato) quale espressione del diritto di difesa che il secondo comma dell'art. 24 Cost. garantisce in ogni stato e grado del procedimento. Il conducente non ha pertanto avuto la possibilita' di svolgere la sua immediata difesa e rilasciare alcuna dichiarazione a sua giustificazione. Nel verbale di contestazione non sono infatti indicate le generalita' del conducente, a riprova del mancato fermo del veicolo ad allo stato attuale non e' possibile individuare chi fosse alla guida dell'autovettura. La compressione di tale fondamentale diritto non puo' avvenire sulla base di un accertamento che non sia assolutamente attendibile. La Suprema Corte ha sempre ribadito che l'accertamento dell'infrazione deve essere il risultato di indagini finalizzate a verificare la sussistenza di tutti gli elementi oggettivi e soggettivi dell'infrazione, e non puo' pertanto consistere in una generica ed approssimata percezione della commissione di una violazione (Cass. 2926/1994). Se ne desume dunque la necessita' di svolgere un completo e rigoroso accertamento prima di contestare l'infrazione, consistente tra l'altro nella verifica dell'attendibilita' dei dati registrati dallo strumento elettronico utilizzato, il Traffiphot III SR; Orbene il sottoscritto difensore sostiene l'assoluta inattendibilita' della misurazione della velocita' rilevata dal Traffiphot III SR, non risultando agli atti il compimento di idoneo procedimento di taratura da parte di terzi che non abbiano dunque alcun interesse nel rilascio del richiesto certificato di taratura. Non deve infatti ritenersi sufficiente il compimento del procedimento di taratura compiuto dalla medesima ditta produttrice dell'apparecchio di accertamento della velocita' in quanto in evidente conflitto di interessi; in assenza dunque di tale idonea procedura, la misurazione della velocita' risulta assolutamente inattendibile e non idonea a provare la fondatezza dell'accertamento amministrativo. Nel caso di specie, si evince che la presunta taratura non e' stata compiuta da un centro autorizzato secondo le norme internazionali Uni En 30012. Non vi e' prova, allo stato, che l'apparecchiatura sottoposta a controllo da parte della Tesi Srl, citata dal Comune di Calto, sia esattamente quella utilizzata per il presunto accertamento della violazione amministrativa contestata. Appare comunque opportuno soffermarsi brevemente sul predetto procedimento di taratura allo scopo di delineare i motivi a sostegno dell'illegittimita' del verbale di contestazione oggetto del presente ricorso. Le norme di riferimento sono la Legge nazionale n. 273/1991 (Istituzione del Sistema Nazionale di Taratura), e le norme Internazionali in materia di Strumenti di Misura (Norme UNI 30012, OIML-R91). Anche l'ex Ministero del Lavori Pubblici, con comunicazione prot. 6050 del 27 settembre 2000, ha riconosciuto la necessita' della taratura dei misuratori di velocita' degli autoveicoli presso centri, accreditati dal SIT (Servizio di Taratura in Italia). L'operazione di taratura e' definita nella norma UNI 30012 al punto 3.23 come «Insieme delle operazioni che stabiliscono, sotto condizioni specificate, le relazioni tra i valori indicati da uno strumento di misurazione, o da un sistema di misurazione, o i valori rappresentati da un campione materiale e i corrispondenti valori noti di un misurando», noto quest'ultimo in quanto si tratta di in campione nazionale o di un campione di riferimento, a sua volta tarato rispetto a campioni nazionali. Essa e' necessaria in quanto costituisce l'unico metodo con cui si puo' assicurare la riferibilita' a campioni nazionali legalmente riconosciuti, ed in conseguenza anche l'unico metodo per verificare l'eventuale presenza di errori sistematici rispetto a detti campioni, sia presenti al momento della consegna dello strumento da parte del fabbricante, sia intervenuti durante l'uso a causa di derive delle varie regolazioni: vale in proposito quanto riportato nella norma UNI 30012 alla nota 23 della voce «taratura», laddove si stabilisce che «il risultato di una taratura permette la stima degli errori di uno strumento di misurazione, del sistema di misura e della misura materiale o di assegnare i valori alle graduazioni di una scala arbitraria». La taratura e' quindi anche l'unico modo per correggere detti errori sistematici e per verificare che l'incertezza di misura sia contenuta entro il valore previsto dall'analisi di tutte le possibili fonti di rumore, in modo da portare lo strumento ad operare nelle prescritte condizioni. Questa, operazione e' denominata «conferma metrologica», intendendo con questo termine «l'insieme delle operazioni richieste per assicurare che una funzione di un apparecchio per misurare sia in uno stato di conformita' ai requisiti per l'utilizzazione prevista» (norma UNI 30012, par. 3.1 e 4.3). Inoltre, la conferma metrologica deve essere ripetuta periodicamente come parte essenziale della manutenzione periodica, per evitare che eventuali variazioni delle regolazioni strumentali, intervenute per esempio a causa di urti, o in conseguenza di variazioni della temperatura ambiente, o per deterioramento dei materiali o ancora per altre cause, prevedibili o fortuite portino ad errori, non segnalati ne' segnalabili dalle indicazioni dello strumento durante le misurazioni (norma UNI 30012, par 4.11). Tali operazioni, si ribadisce, sono indispensabili al fine di garantire la legittimita' degli accertamenti e dei conseguenti risultati. Il principio della necessita' della corretta taratura e' stato affermato in giurisprudenza nella causa civile n. 531/97 avanti il Tribunale di Lodi, definita con sentenza n. 363/00 del 22 maggio 2000, nella sentenza n. 4629/04 del GdP di Taranto, nella sentenza n. 108/04 del GdP di Porretta Terme, nella sentenza n. 06/05 del GdP di Gonzaga, nella sentenza del GdP di Rovigo n. 642/04, nella sentenza n. 1220/05 del GdP di Lecce, nonche' nella sentenza n. 96/05 del GdP di Lendinara, GdP di Bari del 7 luglio 2005. Particolarmente significative sono le conclusioni del Tribunale di Lodi. Nella sentenza n. 363/00 del 22 maggio 2000 che cosi' si sintetizzano, sulla base di un'autorevole perizia tecnica redatta dal CTU, dott. Paolo Soardo, direttore dell'Istituto Galileo Ferraris di Torino: uno strumento di misura per essere attendibile deve essere tarato con riferimento a campioni nazionali, inizialmente e periodicamente; nessuna tolleranza forfetaria (5%) puo' sostituire la taratura, unica operazione in grado di rilevare e correggere eventuali errori sistematici e di confermare la conformita' dello strumento alle caratteristiche metrologiche richieste; non puo' esistere nessun sistema di autocontrollo interno in grado di sostituire la taratura rispetto a campioni nazionali; non vi e' conformita' nella procedura di omologazione adottata dal MLLPP rispetto alla normativa Nazionale ed Internazionale; in assenza di idonea procedura di taratura, la misurazione della velocita' risulta assolutamente inattendibile e non idonea a provare la fondatezza dell'accertamento amministrativo. Si evidenzia, inoltre, che nella maggioranza degli Stati Comunitari e non (Francia, Germania, Austria, Belgio, Olanda, Inghilterra, Finlandia, Svezia, Norvegia, Danimarca, Portogallo, Svizzera etc.) i dispositivi elettronici per il rilievo delle infrazioni ai limiti di velocita' (autovelox, telelaser, radar, Porvida 2000) sono periodicamente tarati presso centri accreditati, equivalenti ai nostri Centri SIT e riconosciuti in ambito Europeo da accordi multilaterali di cui anche l'Italia e' firmataria (EA: European co-operation for Accreditation). E' stato dimostrato, nel corso di istruttorie riguardanti casi similari a quello che stiamo esaminando, che sopralluoghi disposti dal giudice ed effettuati da CTU hanno accertato che gli apparecchi non sottoposti alla taratura, hanno rilevato degli scostamenti tra la velocita' del veicolo e quella accertata nella misura del 15-20%, ben lontana dalla tolleranza che viene applicata nella misura del 5% nei verbali che contestano l'eccesso di velocita'. Questa considerazione di per se stessa giustifica la preoccupazione che, in caso di errata misurazione della velocita', potrebbe trovare applicazione la piu' severa sanzione prevista dall'art. 142/9 con l'automatica aggiunta di quelle accessorie anziche' quella piu' mite di cui all'art. 142/8 (Giudice di Pace di Recco del 7 giugno 2006). Pertanto, nel caso di specie, la Polizia Municipale di Calto e' onerata di esibire la documentazione comprovante la legittimita' dell'accertamento impugnato, e sin da ora si chiede che venga esibito ex art. 210 c.p.c. Tale documentazione non puo' che essere rappresentata da un valido Certificato di Taratura, rilasciato da un Centro SIT accreditato per la taratura degli strumenti elettronici di accertamento della velocita', cosi' come stabilito dalla normativa e dalle pronunce sopra richiamate (certificato che comunque non puo' provenire dallo stesso fabbricante dello strumento per un evidente conflitto di interesse). In assenza di tale certificato, le rilevazioni dell'apparecchiatura in questione sono da ritenersi assolutamente inattendibili, poiche' affette da un vizio originario di illegittimita' tecnico-giuridica e tali da comprimere ingiustamente il diritto costituzionalmente garantito della difesa, ne consegue che il verbale di accertamento deve essere annullato: appare dunque condivisibile l'orientamento espresso dalla Corte costituzionale nella sentenza 17 giugno 1996, n. 198, secondo il quale il diritto di difesa non puo' essere compromesso dalle questioni organizzative della pubblica amministrazione che il dovere di rimuovere gli ostacoli che impediscono l'effettivita' di tale diritto, che nel caso di specie puo' avvenire attraverso la realizzazione di un corretto procedimento di taratura dello strumento elettronico in conformita' alle previsioni di legge. Tutto cio' premesso il sottoscritto procuratore nella sua qualita' ut supra Chiede Che l'Ill.mo Sig. Giudice di Pace Voglia: in via preliminare, ritenuta fondata e rilevante per il presente giudizio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 212 della legge n. 191 del 2009 per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione, previa sospensione del giudizio de quo, rimettere alla Corte costituzionale la predetta questione di legittimita' costituzionale; in via principale, annullare il verbale di accertamento di infrazione n. X-1004901/2009 Prot. 904901 del 15 ottobre 2009 della Polizia Locale di Calto; in via subordinata, applicare, il minimo della sanzione prevista dal Codice della Strada per le infrazioni contestate. Chiede altresi', in via preliminare, che l'Ill.mo Giudice di Pace Voglia disporre la sospensione dei termini di tempo e di pagamento relativi al predetto verbale. Con vittoria di spese, competenze ed onorari di causa. Occhiobello, 1° febbraio 2010 Si allega: 1) Copia verbale di accertamento di infrazione n. X-1004901/2009 Prot. 904901 del 5 ottobre 2009 della Polizia Locale di Calto. Tanto premesso, questo giudicante, rileva che dal deposito del suesteso ricorso, considerato che il ricorrente non ha pagato ne' il contributo unificato ne' le spese forfettizzate, ed ha contemporaneamente giustificato tale suo atteggiamento sollevando la questione di illegittimita', per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione delle norme che hanno, con effetto dal 1° gennaio 2010, esteso anche ai ricorsi depositati ai sensi della legge n. 689/81, che fino a quel momento ne erano esenti, l'obbligo del pagamento dei suddetti «tributi», nasce un problema interpretativo delle recenti disposizioni di legge. Difatti, si pone il problema di come atteggiarsi di fronte a tale questione, poiche', come e' noto, dal deposito del ricorso deriva, per la cancelleria, l'obbligo di formare un fascicolo e di portarlo all'attenzione del Giudice affinche' decida innanzitutto le questioni preliminari, quali l'eventuale sospensione dell'efficacia esecutiva del verbale impugnato, e, dati gli opportuni provvedimenti alla parte resistente, fissi con decreto la data dell'udienza di comparizione delle parti per la trattazione della causa. Il deposito del ricorso, nel caso in esame, e' stato accompagnato dalla «denuncia» dell'eventuale illegittimita' delle nonne richiamate, per cui questo Giudice ha deciso di esaminare la questione di legittimita' sollevata e, ritenendola non manifestamente infondata, ha dato corso agli ulteriori provvedimenti urgenti. In ogni caso, prima di esaminare il merito della causa, e' fondamentale rimettere la questione all'Ecc.ma Corte Costituzionale, affinche' la decida. Tanto premesso, il problema interpretativo che si pone, e' di accertare se la norma di cui si denuncia l'illegittimita', costituita dall'art. 2, comma 212 della legge 23 dicembre 2009, sia solo una disposizione di carattere fiscale, ovvero se la stessa abbia inteso riformare, come sostiene il ricorrente, anche la legge n. 689/81, frapponendo quindi un ostacolo all'accesso dei ricorrenti alla giurisdizione del giudice ordinario, in favore del solo rimedio, gerarchico al Prefetto. Rilevato pertanto che: l'obbligo di pagare, contestualmente al deposito del ricorso una somma che va da un minimo di € 38,00 fino ad un massimo di € 170,00, configurandosi, non solo come norma di carattere fiscale, ma incidendo sulle procedure della legge n. 689/1981, si pone come ostacolo all'accesso alla giurisdizione; peraltro, vi sono parecchie sanzioni, opponibili con il rimedio de qua (ad esempio quelle previste dall'art. 7 e 142/7 CdS) che prevedono il pagamento di somme inferiori od uguali al tributo minimo di cui sopra; inoltre, la stragrande maggioranza delle sanzioni opposte, e' accompagnata dalla decurtazione dei punti della patente di guida, con la conseguenza che la materia del contendere assume un valore indeterminato, per cui il contributo unificato sale ad € 170,00; l'unico rimedio concesso al presunto trasgressore rimane pertanto il ricorso gerarchico al Prefetto il quale, in tutti i casi in cui le sanzioni vengano contestate dalla Polizia Stradale, dai Carabinieri etc., viene ad essere contemporaneamente «giudice» e parte, essendo il rappresentante dell'Autorita' accertatrice; gia' in passato, con le sentenze n. 98 /2004 e n. 114/2004, l'Ecc.ma Corte Costituzionale aveva dichiarato l'illegittimita' di norme che confliggevano con il principio di ragionevolezza e con il facile accesso alla giurisdizione; come ritiene questo giudice, le censure che furono rivolte contro l'art. 22 della legge n. 689/81 e l'art. 201 CdS, possono essere parimenti condurre alla declaratoria di illegittimita' della norma di cui si discute nella presente ordinanza, in quanto il pagamento di un tributo di importo variabile ma che, nel minimo, e' superiore alle sanzioni edittali di molte norme del CdS, sembra al tempo stesso contrario al principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 e pare porsi come ostacolo all'accesso alla giurisdizione, con lesione dell'art. 24 della Carta Costituzionale; la legge n. 689/81, e' stata definita come una legge dalle forme semplici e si puo' dire che, proprio in relazione al fatto che non e' richiesta la cosiddetta «difesa tecnica» e la causa puo' essere introdotta con la spedizione di una lettera raccomandata a.r. e addirittura decisa senza la presenza del ricorrente all'udienza, come sancito dalla Sent. n. 534/1990, con cui l'Ecc.ma Corte dichiaro' l'illegittimita' parziale dell'art. 23 della legge n. 689/81, sia la legge piu' conforme all'intento di consentire a tutti i cittadini di adire il Giudice civile per ottenere rapidamente una giusta sentenza, senza alcuna spesa o comunque con il minimo dispendio di denaro; questo Giudice ritiene che Codesta Ecc.ma Corte si riferisse propri ai suddetti principi quando statui' che «la previsione del necessario accesso dell'opponente (o del suo procuratore) alla cancelleria del giudice competente al fine di depositare personalmente il ricorso appare infatti non solo irragionevole a fronte della peculiare semplicita' di forme che caratterizza il procedimento di opposizione all'ordinanza-ingiunzione di pagamento disciplinato dagli artt. 22 e 23, legge n. 689 del 1981, ma altresi' tale da rappresentare un significativo fattore di dissuasione anche di natura economica dall'utilizzo del mezzo di tutela giurisdizionale nella specifica materia, in considerazione tra l'altro dei costi che, in rapporto al valore generalmente modesto della controversia, l'intervento personale puo' comportare nei casi, certamente non infrequenti, in cui il foro dell'opposizione non coincida con il luogo di residenza dell'opponente; infine, qualora l'Ecc.ma Corte dovesse ritenere infondata la questione di legittimita', il ricorso sarebbe dichiarato inammissibile senza procedersi all'esame del merito; da qui la rilevanza della questione posta all'attenzione della Corte. Tanto premesso,