Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 7, primo comma,
della legge 5 maggio 1976, n. 248 (Provvidenze in favore delle vedove
e degli orfani dei grandi invalidi  sul  lavoro  deceduti  per  cause
estranee all'infortunio sul lavoro o alla malattia  professionale  ed
adeguamento dell'assegno di incollocabilita' di cui all'articolo  180
del testo unico approvato  con  d.P.R.  30  giugno  1965,  n.  1124),
promosso dalla Corte d'appello di Catania, nel procedimento  vertente
tra l'INAIL e R. A., con ordinanza del 29 maggio 2008, iscritta al n.
197 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 33, 1ª serie speciale, dell'anno 2009. 
    Visti  l'atto  di  costituzione  dell'INAIL  nonche'  l'atto   di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'8  giugno  2010  il   giudice
relatore Alfio Finocchiaro; 
    Uditi l'avvocato Luigi La Peccerella  per  l'INAIL  e  l'avvocato
dello Stato Francesco Lettera per il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - La Corte d'appello di Catania - nel corso  del  procedimento
promosso  dall'Istituto  nazionale  per  l'assicurazione  contro  gli
infortuni sul lavoro nei confronti di R.A., ed avente ad  oggetto  la
domanda di corresponsione dell'assegno continuativo di cui all'art. 1
della legge 5 maggio 1976, n. 248 (Provvidenze in favore delle vedove
e degli orfani dei grandi invalidi  sul  lavoro  deceduti  per  cause
estranee all'infortunio sul lavoro o alla malattia  professionale  ed
adeguamento dell'assegno di incollocabilita' di cui all'articolo  180
del testo unico approvato con d.P.R. 30 giugno 1965, n.  1124),  come
modificato dall'art. 11 della legge 10 maggio 1982, n. 251 (Norme  in
materia di  assicurazione  contro  gli  infortuni  sul  lavoro  e  le
malattie professionali) - ha sollevato, in riferimento agli artt.  3,
24 e 38 della Costituzione, questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 7, primo comma, della legge n. 248 del 1976 nella parte  in
cui prevede che, per ottenere l'assegno di cui all'art. 1, gli aventi
diritto devono presentare domanda «entro il  termine  di  centottanta
giorni dalla data del decesso dell'assicurato». 
    Il Collegio rimettente premette che  il  giudice  del  lavoro  di
Catania aveva accolto la domanda di R.A. - quale  figlio  inabile  di
R.A., titolare di rendita INAIL con un grado di inabilita' permanente
relativa superiore al sessantacinque per cento - avente ad oggetto la
corresponsione del predetto assegno continuativo, stante  la  mancata
contestazione da parte dell'INAIL della sussistenza dei requisiti per
il riconoscimento della prestazione pretesa e ritenuta la  tardivita'
della  eccezione  di  decadenza  dall'Istituto  formulata  ai   sensi
dell'art. 7 della legge n. 248 del 1976. 
    A seguito di gravame proposto dall'INAIL  -  che  aveva  ribadito
l'eccezione di intervenuta  decadenza  ai  sensi  della  disposizione
richiamata per avere l'appellato proposto istanza  di  corresponsione
dell'assegno continuativo solo in data 29 febbraio 2000, e quindi ben
oltre il termine di centottanta giorni dalla  data  del  decesso  del
padre R.A., avvenuto il 10  aprile  1997  -  la  Corte  d'appello  ha
rilevato che l'Istituto lamentava l'erroneita'  della  decisione  del
giudice  di  prime  cure  nella  parte  in  cui   aveva   qualificato
l'eccezione  in  questione  quale  eccezione  in  senso  stretto   e,
pertanto, rilevabile solo ad istanza di parte con le  preclusioni  di
cui all'art. 416 cod. proc. civ. Al riguardo, il  giudice  a  quo  ha
osservato che il termine di  decadenza  previsto  dall'art.  7  della
legge n. 248 del 1976 per la presentazione della domanda  di  assegno
continuativo, secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza
di merito e di legittimita', ha natura  sostanziale  ed  e'  pertanto
rilevabile  d'ufficio,  sicche'  il  mancato  rispetto  del  suddetto
termine determina l'estinzione del diritto senza alcuna  possibilita'
di sanatoria, con la conseguente rilevanza della questione  sollevata
ai fini della definizione del giudizio. 
    In punto di non manifesta infondatezza della questione, la  Corte
rimettente sospetta che la perentorieta' del termine previsto per  la
presentazione della domanda, in ragione della decorrenza  dalla  data
del decesso dell'assicurato, si  ponga  in  contrasto  anzitutto  con
l'art. 3 Cost., tenuto conto di quanto statuito con la sentenza n. 14
del 1994, con la quale questa Corte  ha  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 122 del  d.P.R.  30  giugno  1965,  n.  1124
(Testo unico  delle  disposizioni  per  l'assicurazione  obbligatoria
contro gli infortuni sul lavoro e le malattie  professionali),  nella
parte in cui non prevedeva che l'Istituto assicuratore, nel  caso  di
decesso dell'assicurato, dovesse avvertire i  superstiti  della  loro
facolta' di proporre domanda per la rendita nella misura e  nei  modi
previsti dall'art. 85, nel termine  decadenziale  di  novanta  giorni
decorrenti dalla data dell'avvenuta comunicazione piuttosto che dalla
data  della  morte  dell'assicurato.  La   diversa   regolamentazione
dell'istituto dell'assegno speciale continuativo - che si diversifica
dalla rendita ai superstiti solo in quanto la  morte  dell'assicurato
non e' riconducibile all'infortunio o alla malattia professionale per
i quali la rendita e' stata in vita  concessa  -  determinerebbe  una
ingiustificata disparita' di  trattamento  rispetto  alla  disciplina
propria della rendita ai superstiti, come richiamata dal citato  art.
122 per effetto della pronuncia n. 14 del 1994 di questa Corte. 
    Sarebbero, inoltre, violati gli artt.  24  e  38  Cost.,  poiche'
l'eventuale scarsa conoscenza delle norme e la decorrenza del termine
dalla   data    della    morte    dell'assicurato    determinerebbero
l'ingiustificata  perdita  del  diritto  del  coniuge  e  dei   figli
superstiti di cui all'art. 85 del T.U. n. 1124 del 1965. 
    2. - Nel giudizio innanzi alla Corte si  e'  costituito  l'INAIL,
che ha concluso per la infondatezza della  questione,  sostenendo  la
diversita' delle fattispecie poste  a  confronto,  non  solo  per  la
diversa durata dei termini di decorrenza del termine decadenziale, ma
altresi' per le profonde differenze  tra  i  due  diritti  sui  quali
incide il termine, avendo la fattispecie  di  cui  all'art.  122  del
d.P.R. n. 1124 del 1965, a differenza di quella  di  cui  all'art.  1
della legge n. 248 del 1976, come presupposti non solo la titolarita'
della rendita in capo al defunto, ma anche il nesso di causalita' tra
la patologia in relazione alla quale la rendita era stata  costituita
e l'avvenuto decesso. 
    3. - Nel giudizio  e'  altresi'  intervenuto  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, che  ha  concluso  per  la  infondatezza  della
questione, alla luce del rilievo della  non  sovrapponibilita'  delle
relative  discipline,  osservando  che  la  risalente  pronuncia   di
illegittimita' costituzionale evocata dal Collegio  rimettente  aveva
tenuto conto  della  incidenza  di  un  termine  decadenziale  in  un
contesto di scarsa conoscenza delle norme e, comunque, adombrando  la
possibilita', al fine di superare i rilievi del giudice a quo, di una
interpretazione adeguatrice, di cui, in  ogni  caso,  sottolinea  gli
oneri a carico della finanza pubblica che  sarebbero  correlati  alla
riapertura dei termini con riguardo anche alle situazioni pregresse. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - La Corte d'appello  di  Catania  dubita  della  legittimita'
costituzionale dell'art. 7, primo comma, della legge 5  maggio  1976,
n. 248 (Provvidenze in favore delle vedove e degli orfani dei  grandi
invalidi sul lavoro deceduti per cause  estranee  all'infortunio  sul
lavoro o alla malattia professionale ed adeguamento  dell'assegno  di
incollocabilita' di cui all'articolo 180 del  testo  unico  approvato
con d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124), nella parte in cui prevede  che,
per ottenere la corresponsione dell'assegno speciale continuativo  di
cui all'art.  1  della  stessa  legge,  spettante  ai  superstiti  di
soggetti titolari di rendita INAIL con grado di inabilita' permanente
pari almeno al sessantacinque per cento, occorre  presentare  domanda
entro il  termine  di  centottanta  giorni  dalla  data  del  decesso
dell'assicurato. Tale  disposizione  si  porrebbe  in  contrasto  con
l'art. 3  Cost.  per  la  ingiustificata  disparita'  di  trattamento
rispetto alla disciplina prevista per i superstiti in caso di decesso
dell'assicurato riconducibile ad infortunio o malattia  professionale
per il quale la  rendita  veniva  dallo  stesso  percepita  in  vita:
infatti, l'art. 122 del decreto del Presidente  della  Repubblica  30
giugno  1965,  n.  1124   (Testo   unico   delle   disposizioni   per
l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni  sul  lavoro  e  le
malattie professionali),  nella  formulazione  risultante  a  seguito
della sentenza della Corte costituzionale n.  14  del  1994,  dispone
che, in tal caso, l'Istituto debba avvertire i superstiti della  loro
facolta' di proporre domanda per il conseguimento della  rendita  nei
modi e nella misura previsti dall'art. 85 dello stesso  decreto,  nel
termine  decadenziale  di  novanta  giorni  decorrenti   dalla   data
dell'avvenuta comunicazione piuttosto che, come previsto dalla  norma
nel testo originario, dalla  data  della  morte  dell'assicurato.  La
disposizione censurata recherebbe, inoltre, vulnus all'art. 24  Cost.
per violazione del diritto di difesa; nonche' all'art. 38  Cost.  per
la violazione del diritto ad un'adeguata copertura  assicurativa,  in
quanto la scarsa conoscenza delle norme e la decorrenza  del  termine
dalla  data   della   morte   dell'assicurato   determinerebbero   la
ingiustificata perdita del diritto del coniuge e dei figli superstiti
alla corresponsione dell'assegno de quo. 
    2. - La questione e' fondata con riferimento alla violazione  dei
parametri di cui agli artt. 3 e 24 Cost. 
    2.1. - Va innanzitutto  richiamata  la  normativa  inerente  alle
modalita' e alle  condizioni  perche'  i  superstiti  di  infortunati
abbiano diritto alla  rendita  nella  misura  e  nei  modi  stabiliti
dall'art. 85 del d.P.R. n.  1124  del  1965  o  all'assegno  speciale
continuativo mensile di cui all'art. 1 della legge n. 248 del 1976. 
    L'art. 122 del  T.U.  n.  1124  del  1965  stabiliva,  nel  testo
originario, che, qualora la morte dell'assicurato fosse  sopraggiunta
in conseguenza dell'infortunio, dopo la liquidazione della rendita di
inabilita' permanente, la domanda  per  ottenere  la  rendita,  nella
misura e con le modalita'  stabilite  nell'art.  85,  dovesse  essere
proposta dai superstiti, a pena di decadenza,  entro  novanta  giorni
dalla data della morte. 
    Il successivo art. 123 dispone che,  nel  caso  di  morte  di  un
infortunato   avvenuta   durante   il   periodo   di   corresponsione
dell'indennita'  per  inabilita'  temporanea  o  di  pagamento  della
rendita di inabilita' permanente o mentre  si  svolgono  le  pratiche
amministrative  per  la  liquidazione   della   rendita,   l'Istituto
assicuratore, se gli risulti che i  superstiti  dell'infortunato  non
erano informati del decesso, deve, appena venuto a conoscenza,  darne
notizia ai superstiti, agli effetti dell'eventuale applicazione della
norma di cui all'articolo precedente, ed aggiunge (secondo comma) che
in ogni caso il termine di  cui  all'articolo  predetto  decorre  dal
giorno nel quale i superstiti sono venuti a conoscenza del decesso. 
    L'art. 1 della legge n. 248 del 1976 attribuisce al coniuge ed ai
figli superstiti di titolari di rendita per inabilita' permanente  di
grado non inferiore all'ottanta  per  cento  (percentuale  ridotta  a
sessantacinque per effetto della modifica di cui  all'art.  11  della
legge  n.  251  del  1982)  il  diritto  ad  uno   speciale   assegno
continuativo mensile. A norma dell'art. 7, primo comma, della  stessa
legge n. 248 del 1976, gli  aventi  diritto  a  tale  assegno  devono
presentare entro il termine di  centottanta  giorni  dalla  data  del
decesso   dell'assicurato   apposita   domanda,    corredata    dalla
certificazione degli uffici finanziari e da  una  dichiarazione  resa
dagli stessi aventi diritto,  dalle  quali  risulti  l'esistenza  dei
requisiti di legge. 
    In siffatto quadro normativo, questa Corte, con  sentenza  n.  14
del 1994, ha dichiarato l'illegittimita'  costituzionale  del  citato
art.  122  nella  parte  in  cui   non   prevedeva   che   l'istituto
assicuratore, nel caso di decesso dell'assicurato, dovesse  avvertire
i superstiti della loro facolta' di proporre domanda per  la  rendita
nella  misura  e  nei  modi  previsti  dall'art.   85   nel   termine
decadenziale di novanta giorni decorrente dalla data  della  avvenuta
comunicazione. Tale pronuncia  e'  stata  determinata  essenzialmente
dalla esigenza di rendere la norma in questione coerente  con  quella
del successivo art. 123. 
    In conseguenza di tale intervento, il  termine  decadenziale  per
l'esercizio della facolta' dei superstiti  di  proporre  domanda  per
ottenere la rendita di cui all'art. 85 del T.U. n. 1124 del  1965  e'
fatto  decorrere  dalla  data  in  cui  questi  ultimi  hanno   avuto
comunicazione     dall'Istituto     assicuratore     della      morte
dell'infortunato. Diversamente, quello relativo alla domanda  per  lo
speciale assegno continuativo mensile di cui all'art. 1  della  legge
n. 248 del 1976, che compete al coniuge ed  ai  figli  superstiti  di
titolari di rendita per inabilita' permanente di grado non  inferiore
al  sessantacinque  per  cento,  decorre  dalla  data   del   decesso
dell'assicurato, e cio' a prescindere dal momento in cui  gli  stessi
hanno avuto conoscenza della morte del loro dante causa. 
    La  diversita'  di  disciplina  e'  irragionevole  ove  si  tenga
presente che le fattispecie poste a confronto derivano entrambe dalla
titolarita' della rendita in capo al defunto, mentre  la  circostanza
delle diversita' sostanziali delle condizioni per avere diritto  alle
attribuzioni patrimoniali conseguenti al decesso non  giustifica  una
disciplina decadenziale diversa,  e  cio'  anche  in  presenza  della
differente durata del termine stesso, poiche' cio' che rileva ai fini
della tutela del diritto di difesa non e' l'ampiezza di tale termine,
ma la decorrenza dello stesso da  un  momento  in  cui  l'interessato
acquista conoscenza, tramite  l'Istituto  assicuratore,  della  morte
dell'infortunato. 
    3. -  L'accoglimento  della  questione  sotto  il  profilo  della
violazione degli  articoli  3  e  24  Cost.  comporta  l'assorbimento
dell'ulteriore parametro costituzionale evocato dal rimettente.