LA CORTE DI APPELLO 
 
    Letti gli atti relativi al mandato di arresto europeo  emesso  in
data 25 giugno 2009 dalla  Corte  di  Appello  di  Besançon  (F)  nei
confronti di Fuso Sandro, nato a Mantes La Jolie (F) il  3  settembre
1965, pervenuti a questa Corte di appello in data 27  novembre  2009,
atti dai quali  risulta  che  lo  stesso  e'  stato  condannato,  con
sentenza della predetta Corte di appello, alla  pena  di  anni  2  di
reclusione per il delitto di cui agli artt. 313-1AL 2,  313-7,  313-8
del codice penale francese (corrispondente al reato di  cui  all'art.
640 codice penale italiano), commesso nel novembre-dicembre  2004  in
Francia (Jura); 
    Letti, altresi', gli atti relativi al mandato di arresto  europeo
emesso in data 25 giugno 2009 dalla Corte di Appello di Besançon  (F)
nei confronti di Valke Fuso Chantal, nata a  Parigi  (F)  12  gennaio
1963 pervenuti a questa Corte di Appello in data  27  novembre  2009,
atti pure dai quali risulta che la stessa e' stata condannata con  la
medesima sentenza emessa dalla predetta  Corte  di  Appello  francese
alla pena di anni 2 di reclusione per il delitto di  cui  agli  artt.
313-1AL 2, 313-7, 313-8 del codice penale francese (corrispondente al
reato di cui all'art.  640  codice  penale  italiano),  commesso  nel
novembre-dicembre 2004 in Francia (Jura); 
    Rilevato che, con decreto del Presidente della Corte  di  Appello
di Perugia datato 1° dicembre 2009, veniva disposta la riunione degli
atti relativi ai due mandati di arresto; 
    Lette la sentenza e la copia degli atti  relativi  alla  condanna
posta a base del mandato di arresto europeo; 
    Lette, inoltre, la nota datata Roma, 16 febbraio 2010,  trasmessa
per telefax dal Ministero della Giustizia italiano,  in  ottemperanza
alla ordinanza istruttoria emessa da questa Corte in data 26  gennaio
2010, nonche' la lettera datata Parigi, 12 febbraio 2010, indirizzata
dall'Avv. Louis Bore al consegnando Fuso Sandro, oggi prodotta  dalla
difesa di costui; 
    Ritenuta la propria competenza, ai sensi dell'art.  5,  comma  2,
legge n. 69/2005, poiche' Fuso,  cittadino  italiano,  e  Valke  Fuso
Chantal sono entrambi residenti in Vernazzano di Tuoro sul  Trasimeno
(PG); 
    Sentito il Procuratore Generale presso questa Corte di Appello ed
il difensore dei coniugi Fuso,  che  hanno  formulato  le  rispettive
richieste trascritte nel relativo processo verbale; 
 
                               Osserva 
 
    Dagli atti acquisiti risulta che,  originariamente,  la  consegna
dei  coniugi  Fuso  e'  stata  chiesta  dalla  competente   Autorita'
Giudiziaria francese sulla base di una sentenza - quella emessa dalla
Corte di appello di Besançon e sopra citata, non ancora definitiva. 
    Il quadro processuale e', pero', da ritenere  mutato  sulla  base
della valutazione combinata della nota 16 febbraio 2010 del Ministero
della Giustizia italiano e della lettera prodotta  dalla  difesa,  in
quanto la sentenza di condanna emessa dalla predetta Corte di appello
francese deve ritenersi ormai  definitiva,  essendo  stato  rigettato
dalla Corte di cassazione francese il  ricorso  proposto  avverso  di
essa. 
    Ne consegue che, a seguito di tale sostanziale mutamento,  questa
Corte di appello non puo', anzitutto, non prendere in  considerazione
la  richiesta,  oggi  formulata  espressamente  da   Fuso,   in   via
subordinata, di potere espiare  la  pena  inflittagli  dall'Autorita'
Giudiziaria francese in Italia in quanto cittadino italiano; cio' per
il preciso disposto di cui all'art. 18, lett. R legge n. 69/2005. 
    Per altro verso,  quanto  alla  Valke  Fuso,  cittadina  francese
residente in Italia,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
sollevata  in  subordine  dal  suo  difensore  e'  da  ritenere   non
manifestamente  infondata  e  rilevante  ai  fini   della   decisione
demandata a questa Corte; 
    Valke Fuso e', infatti, cittadina francese residente  in  Italia,
ove e' stabilmente dimorante nel comune di Tuoro sul  Trasimeno,  Via
Vernazzano Basso da lungo tempo, unitamente  alla  propria  famiglia:
situazione  questa  che  risulta  comprovata   dalla   documentazione
acquisita. 
    Risulta ancora come, alla luce della normativa di cui alla  legge
n. 69/2005, occorrerebbe dare esecuzione alla  consegna  della  Valke
Fuso allo Stato richiedente. 
    Cio' posto, ritiene la Corte la  rilevanza  e  la  non  manifesta
infondatezza della questione di costituzionalita' dell'art. 18, comma
1, lettera r), legge n. 69/2005, nella parte in cui  non  prevede  il
rifiuto della consegna del residente  non  cittadino  prospettata  in
relazione alla violazione degli artt. 3 e 27, comma 3 e 117  comma  1
Cost. 
    Quanto alla  violazione  dell'art.  3  Cost.  si  rileva  che  la
decisione quadro 2002/584/Gai dia una mera facolta' agli Stati membri
della  Unione  europea  di  estendere  le  guarentigie  eventualmente
riconosciute ai propri cittadini anche agli stranieri  residenti  sul
territorio; tuttavia una  volta  introdotta  tale  parificazione  per
quanto riguarda il "MAE processuale" (art. 19, comma 1,  lettera  c),
che prevede la possibilita' di consegna del cittadino o del residente
alla condizione che  la  persona  dopo  essere  stata  ascoltata  sia
rinviata nello Stato membro di esecuzione per  scontarvi  la  pena  o
l'eventuale misura di  sicurezza  applicata  dallo  Stato  membro  di
emissione, appare del tutto illogico che tale parificazione  non  sia
stata  effettuata  dal  richiamato  art.  18,  comma  1,  lettera  r)
concernente il "MAE esecutivo" di una sentenza  di  condanna  di  uno
Stato estero, che riserva al solo cittadino italiano il rifiuto della
consegna. 
    Tanto piu' che l'art. 4,  n.  6  della  decisione  quadro,  sopra
richiamata, ha espressamente  previsto  che  l'Autorita'  Giudiziaria
chiamata ad eseguire un MAE fondato su una condanna definitiva  possa
rifiutare la consegna "qualora  la  persona  ricercata  dimori  nello
stato  membro  di  esecuzione,  ne  sia  cittadino  o  vi   risieda",
parificando il residente al cittadino dello Stato. 
    Quanto alla violazione dell'art. 27, terzo comma Cost. appare non
manifestamente infondata nella misura in cui un soggetto  stabilmente
residente sul territorio dello Stato, ove ha stabilito il centro  dei
propri interessi affettivi e lavorativi, venga costretto  ad  espiare
la pena inflittagli in un contesto territoriale a lui ormai estraneo,
con pregiudizio di un futuro reinserimento sociale del condannato, in
violazione del principio della finalita' rieducativa della pena. 
    Quanto, infine, alla violazione dell'art. 117, comma 1 Cost.,  la
norma in esame, nel prevedere il rifiuto  di  consegna  per  il  solo
cittadino italiano, ed imponendolo per tutti i cittadini della UE, si
pone  in  contrasto  con   i   vincoli   derivanti   dall'ordinamento
comunitario, in particolare con  l'art.  4,  n.  6  decisione  quadro
2002/584/GAI, laddove non  consente  di  differenziare,  in  tema  di
rifiuto della consegna, la  posizione  del  cittadino  da  quella  di
residente non cittadino.