IL GIUDICE DI PACE 
 
    Letti gli atti del procedimento penale  n.  409/2010  R.G.N.R.  a
carico di Ajie Ifeanyi nato in Nigeria il 2 febbraio 1982 chiamato  a
rispondere del  reato  di  cui  all'art.  10-bis  d.lgs.n.  286/1998,
all'udienza all'uopo fissata del  25  marzo  2010,  nella  contumacia
dell'imputato e non essendosi il difensore, sebbene invitato, avvalso
della  facolta'  di   cui   all'art.   32-bis,   d.lgs.n.   274/2000,
preliminarmente rileva di nutrire dubbi in ordine  alla  legittimita'
costituzionale dell'art. 10-bis, d.lgs.n.  286/1998  con  riferimento
agli artt. 3, 25 commi 2 e 27 Cost. 
    Da tali disposizioni, invero, e' ricavabile il principio  secondo
cui, affinche' possa dirsi legittimo il ricorso alla sanzione  penale
da parte del legislatore, occorre che la condotta del soggetto agente
si materializzi in un comportamento esterno il quale deve,  altresi',
rivelarsi idoneo a determinare una lesione o, quanto meno  una  messa
in pericolo del bene giuridico tutelato dalla norma  (c.d.  principio
di necessaria lesivita' ed offensivita'),  requisiti,  entrambi,  non
agevoli da individuare nella fattispecie criminosa de qua. 
    La stessa pare, invero, articolata piu' su  una  mera  condizione
personale e sociale dell'agente e propria di una categoria di persone
che a fatti e comportamenti riconducibili alla volonta' del  soggetto
attivo. 
    Ne' pare che la fattispecie de qua  possa  ritenersi  lesiva  del
bene della sicurezza pubblica, in ragione di quanto  insegnato  dallo
stesso Giudice delle leggi nella pronuncia. n.  78/2007  nella  quale
viene evidenziato che «il mancato possesso di titolo abilitativo alla
permanenza dello Stato» rappresenta un elemento «che di per  se'  non
e' univocamente sintomatico di una particolare pericolosita' sociale»
mentre, con la pronuncia n. 22/2007 la Corte ha ritenuto il reato  di
cui all'art. 14, comma 5-ter del  d.lgs.n.  286/1998  (inottemperanza
all'ordine di allontanamento del Questore) come una «fattispecie  che
prescinde da  un'accertata  o  presunta  pericolosita'  dei  soggetti
responsabili». E, quindi, a maggior ragione deve  ritenersi  che  una
presunzione di  pericolosita'  non  possa  affatto  ricorrere  per  i
soggetti responsabili della condotta tipica di nuova  incriminazione,
ai quali non e' ascrivibile  nemmeno  la  mancata  osservanza  di  un
provvedimento amministrativo. 
    Si ritiene, quindi, che l'ingresso o  la  presenza  illegale  del
singolo straniero non rappresentano, di per se', fatti lesivi di beni
meritevoli di tutela penale ma sono l'espressione di  una  condizione
individuale, la condizione di migrante: la  relativa  incriminazione,
pertanto,  assume  un  connotato  discriminatorio  ratione   subiecti
contrastante non solo con il principio  di  eguaglianza,  ma  con  la
fondamentale garanzia costituzionale in materia penale, in base  alla
quale si puo' essere puniti solo per fatti materiali. 
    Il principio di necessaria offensivita' costituisce indubbiamente
un limite alla  discrezionalita'  del  legislatore:  non  puo'  dirsi
consentito che, per finalita' di mera  deterrenza,  siano  introdotte
sanzioni che non si ricollegano a fatti colpevoli  ma,  piuttosto,  a
modi di essere ovvero ad una mera disobbedienza priva  di  disvalore,
anche potenziale, per un  determinato  bene  giuridico  che  si  deve
proteggere (cfr. Corte cost. n. 364/1998; n. 58/1995; n. 360/1995; n.
263/2000; n. 354/2002). 
    Ragioni  di  ragionevolezza,  uguaglianza   e   proporzionalita',
ricavabili dagli stessi parametri costituzionali sopra  evocati,  del
resto,  impongono  che  ricorso  alla  sanzione  penale,  nel  nostro
ordinamento, possa essere ammessa esclusivamente per la protezione di
beni giuridici di rilievo costituzionale e solo come  extrema  ratio,
quando cioe' lo scopo non possa  essere  raggiunto  attraverso  altri
strumenti dell'ordinamento giuridico. 
    In ordine alla rilevanza della questione sollevata e' sufficiente
evidenziare che, in caso suo di  accoglimento,  l'imputato  finirebbe
per non avere alcuna conseguenza sotto il profilo penale. 
    Non si puo' fare a meno di evidenziare, infine, la sottoposizione
al vaglio  di  costituzionalita'  della  Corte  costituzionale  della
medesima disposizione de qua sotto una  molteplicita'  di  profili  a
seguito di ordinanze di rimessione (cfr., segnatamente, ex  plurimis,
ord. n. 300 del 6 ottobre 2009 del Giudice di Pace di Torino su  G.U.
n. 51/2009; ordd. n. 324 e 325 del 14 ottobre  2009  del  Giudice  di
Pace di Gubbio e ord. n. 326 del 2 ottobre 2009 del Giudice  di  Pace
di Vigevano su G.U. n. 3/2010; ord. n. 68 del  5  novembre  2009  del
Giudice di Pace di Albano Laziale su G.U. n.  11/2010)  che,  per  la
loro   serieta',   rilevanza,   e    non    manifesta    infondatezza
giustificherebbero, anche per il giudizio in oggetto, di per se',  la
sospensione del processo in base al combinato disposto degli artt.  2
e 3 c.p.p. (Cass. Pen II Sez. 25 marzo 1997). 
    Tutto cio' premesso e dedotto,