IL TRIBUNALE Ha pronunciato, dandone lettura, la seguente ordinanza nella controversia in materia di lavoro iscritta al n. 793/2009 R.G.A.C. e vertente tra Garreffa Maria Giuseppa, rappresentata e difesa dall'avv. Fabio De Simone Sacca'; ricorrente e Ministero della giustizia, in persona del Ministro pro tempore rappresentato e difeso dall'avvocatura distrettuale dello Stato; resistente. Con ricorso depositato il 13 marzo 2009 la ricorrente, Maria Giuseppa Garreffa, dipendente del Ministero della giustizia nel Dipartimento di giustizia minorile, allega di essere stata assunta presso il Centro di giustizia minorile della Calabria con contratto individuale del 30 ottobre 1999 (documento n. 2 del fascicolo parte ricorrente) ed inquadrata con la qualifica di direttore coordinatore di area pedagogica, IX qualifica, area funzionale C, posizione economica C3. Successivamente, come si evince dall'esame degli atti prodotti a corredo del ricorso, il 30 settembre 2003, la ricorrente era stata investita dell'incarico di Direttore dell'ufficio di Servizio Sociale peri Minorenni di Reggio Calabria (documento n. 6 fascicolo parte ricorrente). La ricorrente afferma che, in ragione del dettato dell'art. 4 della legge del 27 luglio 2005 n. 154 (G.U. n. 177 del primo agosto 2005), avrebbe dovuto essere, con effetto dall'entrata in vigore della legge in questione, il 16 marzo 2005, inquadrata nel ruolo dirigenziale possedendo a quella data la qualifica di Direttore coordinatore di servizio sociale presso il Dipartimento di giustizia minorile. Lamentando l'inottemperanza al disposto normativo da parte dell'amministrazione, ha chiesto tutela non solo per il mancato inquadramento e la mancata percezione delle connesse differenze retributive, ma anche per il risarcimento danno ex art. 2043 c.c. «dei danni patiti e patendi scaturiti dal mancato inquadramento della ricorrente nella qualifica di dirigente, da determinarsi in via equitativa e, comunque, nella misura non inferiore ad Euro 30.000 oltre accessori dal dovuto al soddisfo», danno da mancata promozione identificato nell'«impossibilita' di ricoprire una qualifica professionale sicuramente piu' prestigiosa e di ottenere un inquadramento professionale superiore». In subordine, ha chiesto la liquidazione del danno contrattuale per violazione del principio di correttezza e buona fede in sede di esecuzione ravvisabile nel perdurante comportamento omissivo dell'amministrazione. Il Ministero, costituendosi, ha sostenuto l'infondatezza della pretesa assumendo, per un verso, che la c.d. legge Meduri non si applicherebbe al personale appartenente alla Giustizia minorile, e, per altro, che la ricorrente non possedeva alla data del 16 agosto 2005 i requisiti professionali richiesti dalla legge del 27 luglio 2005, n. 154 per l'inquadramento nella qualifica di dirigente penitenziario. Difatti, ad avviso del Ministero, sarebbe ostativa all'affermazione del diritto la circostanza che il profilo di assistente sociale presso il Dipartimento di giustizia minorile sarebbe stato attribuito alla ricorrente per effetto di un cambio profilo da educatore ad assistente sociale e non sarebbe stato conseguito per effetto del superamento di un concorso pubblico, come richiesto dalla previsione legislativa invocata. Cio' avrebbe pure differenziato la posizione della ricorrente da quella di altri soggetti, da lei indicati a comparazione, anch'essi appartenenti all'amministrazione minorile e destinatari dell'inquadramento a Dirigente in forza della legge n. 154/2005, ma che avrebbero conseguito il profilo con uno specifico concorso. Va premesso che, per effetto della legge n. 154/2005, e' stata operata una riforma del regime giuridico del personale appartenente alla carriera dirigenziale penitenziaria che il legislatore, in considerazione della particolare natura delle funzioni esercitate da tale personale, collegate ai compiti di esecuzione penale (art. 2 d.lgs. n. 63/2006), ha ritenuto di ricondurre nell'alveo dei rapporti di lavoro di diritto pubblico, sottraendolo alla generale disciplina contrattuale del comparto Ministeri. Va anche osservato che la controversia promossa dalla ricorrente appartiene alla giurisdizione ordinaria, poiche' essa concerne la pretesa di un funzionario in atto non appartenente alla carriera dirigenziale (in cui sono ricomprese le figure annoverate nella tabella allegata al d.lgs. n. 63/2006 di attuazione della delega contenuta nella legge n. 254/2005) di essere inquadrato come dirigente ope legis ossia in forza del dettato dell'art. 4, comma 1, della legge n. 254/2005. A tale conclusione (in senso analogo vedasi Cassazione Sezioni Unite ordinanza n. 5460 del 2009) si deve necessariamente pervenire in quanto l'art. 4, comma 3, della citata legge statuendo che «nelle more dell'entrata in vigore dei decreti legislativi previsti dall'art. 1, comma 1, il rapporto di lavoro del personale nominato dirigente ai sensi del comma 1 del presente articolo e del personale gia' appartenente alle medesime qualifiche dirigenziali e' regolato dalle disposizioni previste per il personale statale in regime di diritto pubblico» riconnette solo all'acquisizione dell'inquadramento dirigenziale l'applicazione del regime di diritto pubblico e, pertanto, solo a tale condizione opera la devoluzione al giudice amministrativo della cognizione delle controversie. Passando al merito, va esaminato il dettato normativo da cui trae origine la controversia. L'art. 4 della legge n. 154/2005 con una norma transitoria e finale cosi' dispone: «Fermo restando quanto previsto dall'art. 1, comma 1, in fase di prima attuazione e per le immediate esigenze di funzionamento dell'Amministrazione penitenziaria, il personale che alla data di entrata in vigore della presente legge e' inquadrato nella posizione economica C3, gia' appartenente ai profili professionali di direttore coordinatore di istituto penitenziario, di direttore medico coordinatore e di direttore coordinatore di servizio sociale dell'Amministrazione penitenziaria, ai quali hanno avuto accesso mediante concorso pubblico, nonche' gli ispettori generali del ruolo ad esaurimento, sono nominati dirigenti secondo la posizione occupata da ciascuno nel rispettivo ruolo, in considerazione della esperienza professionale maturata nel settore avendo gia' svolto funzioni riconosciute di livello dirigenziale. Per le medesime esigenze di cui al comma 1, fino alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi previsti dall'art. 1, comma 1, il personale non inquadrato nella posizione economica C3 delle medesime figure professionali indicate al comma 1 del presente articolo consegue l'inquadramento nella posizione economica superiore, in relazione alle vacanze determinate nel ruolo, secondo la posizione nello stesso occupata. Nelle more dell'entrata in vigore dei decreti legislativi previsti dall'art. 1, comma 1, il rapporto di lavoro del personale nominato dirigente ai sensi del comma 1 del presente articolo e del personale gia' appartenente alle medesime qualifiche dirigenziali e' regolato dalle disposizioni previste per il personale statale in regime di diritto pubblico. 4. All'art. 4, comma 3, del decreto legislativo 21 maggio 2000, n. 146, le lettere a), b), d), e) ed l) sono abrogate.». Ad avviso del decidente, la limitazione della riqualificazione ad alcuni soltanto dei profili ora confluiti nella categoria C3 e l'esclusione di altri appare irragionevole, giacche', in presenza del medesimo grado di professionalita', da ritenersi esistente in via presuntiva per l'inclusione delle figure nel medesimo livello della classificazione contrattuale, il legislatore avrebbe dovuto garantire a tutti coloro che ricoprivano profili del livello C3, conseguiti per concorso, il passaggio alla posizione dirigenziale. Sicche' la ricorrente, per il fatto stesso di ricoprire uno dei profili professionali della categoria C3, conseguito mediante concorso, avrebbe avuto diritto alla riqualificazione. Si impone, pertanto, la necessita' del vaglio della Corte costituzionale in termini di ragionevolezza (art. 3 Cost.) dell'art. 4, comma 1, della legge n. 154/2005 nella parte in cui limita ai profili professionali di direttore coordinatore di istituto penitenziario, direttore medico coordinatore e di direttore coordinatore di servizio sociale l'automatico inquadramento come dirigenti. Infatti, l'inquadramento automatico previsto dalla legge e presumibilmente giustificato dall'esigenza di copertura immediata dei posti, concerne il personale che, alla data di entrata in vigore della legge, sia inquadrato nella categoria C3, purche' gia' appartenente ai profili professionali di direttore coordinatore di istituto penitenziario, direttore medico coordinatore e direttore coordinatore di servizio sociale dell'Amministrazione penitenziaria, e che a tali profili abbia avuto accesso mediante concorso pubblico. Sono esclusi altri profili, come si e' detto, pur presumibilmente equivalenti in quanto riconducibili alla medesima posizione economica e compresi nella stessa area, quella C, quali il direttore coordinatore di area pedagogica e il direttore contabile. Sono esclusi pure coloro che abbiano conseguito i profili direttore coordinatore di istituto penitenziario, di direttore medico coordinatore e di direttore coordinatore di servizio sociale dell'Amministrazione penitenziaria con meccanismo diverso dal concorso. La dizione della legge, quanto all'indicazione dei profili, non puo' essere intesa altrimenti che tassativa. Il legislatore si avvale, infatti, volutamente di una dizione normativa che ha tenore non esemplificativo. Per altro, la norma denuncia la sua natura eccezionale e, pertanto, di stretta interpretazione, poiche' introduce una deroga alla regola dell'accesso alla dirigenza per pubblico concorso al fine di sopperire all'immediata ed urgente necessita' di provvedere alla copertura di posti. La scelta per l'accesso automatico mediante confluenza di profili preesistenti appare frutto di una valutazione discrezionale del legislatore. Ma la scelta solo di alcuni fra piu' profili appartenenti alla medesima posizione economica ed area evidenzia aspetti di irragionevolezza, non essendo ravvisabili ragioni che consentano di differenziare i profili preferiti rispetto agli altri. Nel caso in esame, la ricorrente, alla data di entrata in vigore della legge era gia' inquadrata in un profilo C3, conseguito mediante concorso, quello di direttore coordinatore di area pedagogica ed era transitata per cambio profilo in quello di direttore di servizio sociale per i minorenni. In primo luogo, va detto che e' superabile in via di interpretazione la prima questione posta dal Ministero resistente circa la riferibilita' del beneficio al solo personale dell'amministrazione penitenziaria e non a quello del dipartimento minorile. Difatti, il testo normativo non puo' essere limitato nella sua applicazione al solo personale dell'amministrazione penitenziaria con esclusione del personale che, con analoghe mansioni e identico profilo di inquadramento, opera nel dipartimento dell'amministrazione minorile, non essendo giustificata una disciplina differenziata laddove si discuta di figure professionali identiche ed aventi il medesimo patrimonio professionale, poiche' una diversa interpretazione della legge si presterebbe a forti sospetti di incostituzionalita' alla luce dell'art. 3 Cost. Ma tale interpretazione adeguatrice puo' e deve essere compiuta dal giudice a quo, trattandosi di una interpretazione costituzionalmente orientata, che non necessita dell'intervento ablativo o additivo della Corte costituzionale sul dettato della disposizione. Il testo normativo in esame, laddove fa riferimento all'«personale che alla data di entrata in vigore della presente legge e' inquadrato nella posizione economica C3, gia' appartenente ai profili professionali di direttore coordinatore di istituto penitenziario, di direttore medico coordinatore e di direttore coordinatore di servizio sociale dell'Amministrazione penitenziaria», va inteso nell'intentio legis come riferibile anche al personale della giustizia minorile avente analoghe funzioni nell'ambito dell'esecizione penale e non limitato al solo personale del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, giacche' l'unica distinzione fra le due tipologie attiene ai destinatari dell'esecuzione penale che, nel primo caso, sono i minori e, nel secondo, i maggiori di eta'. Ma resta da risolvere la diversa questione se il dettato normativo della norma transitoria sopra citata, nella parte in cui limita l'inquadramento superiore automatico a determinati profili, in atto inquadrati in C3, a cui gli interessati abbiano «avuto accesso mediante concorso pubblico», intenda volutamente escludere dall'accesso alla riqualificazione o trasformazione ope legis tutti coloro che abbiano acquisito i profili in questione per effetto di meccanismi ultronei rispetto al concorso, sia che cio' consegua alla progressione in carriera verticale o, come nel caso in esame, al cambio profilo nell'ambito della medesima categoria. Per giungere ad una corretta ricostruzione della voluntas legis, deve osservarsi che il riferimento all'accesso mediante concorso non e' presente solo nella disposizione esaminata della legge n. 154/2005, ma e' ripetuta nell'art. 1, primo comma, che detta i criteri di confluenza nella nuova carriera dirigenziale, in cui si legge «Il Governo e' delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu' decreti legislativi al fine di disciplinare l'ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria ed il trattamento giuridico ed economico di tale carriera nella quale ricomprendere il personale direttivo e dirigenziale dell'Amministrazione penitenziaria appartenente agli ex profili professionali di direttore penitenziario, di direttore di ospedale psichiatrico giudiziario e di direttore di servizio sociale, ai quali hanno avuto accesso a seguito di concorso, nonche' il personale del ruolo amministrativo ad esaurimento della medesima Amministrazione penitenziaria, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi.». La clausola sembra, pertanto, esplicitamente funzionale proprio ad escludere da tali riqualificazioni coloro che abbiano conseguito gli stessi profili nel corso della carriera, anche se per cambio profilo. Essa, infatti, viene assumere un significato preciso anche in relazione alla natura tassativa dell'elenco delle figure professionali previste dalla norma, poiche' il meccanismo dell'accesso, se esteso nella sua applicazione alla progressione orizzontale, rafforza la volonta' di creare un numerus clausus di profili nell'ambito dell'area C, livello C3, titolari di una posizione di vantaggio. Si crea cosi' uno sbarramento che opera sia dal basso che rispetto a profili equivalenti. Ma, gia' in astratto, la scelta dell'accesso mediante concorso al profilo appare ragionevole solo se correlata ad una progressione verticale. Difatti, la scelta della selezione concorsuale ha in tal caso uno scopo funzionale al buon andamento ed efficienza poiche' costituisce nel pubblico impiego garanzia del possesso in via presuntiva dei requisiti fissati dalla legge per l'accesso ad una determinata figura professionale. Ma il criterio non e' piu' ragionevole, poiche' perde la sua funzione in relazione ai parametri costituzionali di riferimento, se opera anche per la progressione orizzontale in cui la differenziazione fra i vari profili non e' connessa ad un diverso grado di conoscenze professionali per cui non ha senso richiedere il superamento della selezione. Sicche' anche tale questione fa emergere quanto sia ingiustificata la differenziazione fra i profili del livello economico C3 operata dall'art. 4 della legge del 27 luglio 2005, n. 154, in assenza di un maggiore patrimonio professionale dei profili avvantaggiati rispetto a quelli esclusi, che, viceversa, essendo compresi nello stesso livello economico e nella stessa area sono, dunque, presuntivamente fra loro equivalenti. Dunque, deve rilevarsi che la regolamentazione voluta dal legislatore produce l'effetto ingiustificato che, mentre il personale di categoria C3 gia' inquadrato come direttore coordinatore di istituto penitenziario, di direttore medico coordinatore e di direttore coordinatore di servizio sociale accede automaticamente alla dirigenza in forza di legge, coloro che provengono da altri profili, fra cui i direttori coordinatori di area pedagogica, come la ricorrente, possono accedervi solo per concorso. L'equivalenza dei contenuti professionali delle figure incluse rispetto a quelle escluse e' argomentabile non solo in astratto, ma anche in concreto, ossia in ragione del contenuto delle declaratorie del contratto collettivo integrativo del Ministero della giustizia, quadriennio normativo 1998-2001, prodotto dalla lavoratrice. L'art. 1 del contratto integrativo suddetto definisce la sua sfera soggettiva di applicazione come «tutto il personale dipendente del Ministero della giustizia e destinatario del CCNL del comparto ministeri», e rivela la riferibilta' anche al personale dell'amministrazione minorile e penitenziaria non solo nell'art. 6, laddove sono individuate le delegazioni trattanti di parte pubblica anche per tali dipartimenti, ma nel contenuto di tutto il contratto che include disposizioni comuni (capo I) e specifiche per i singoli dipartimenti di cui si e' detto (capo II e III). Anche nell'ambito del sistema di classificazione del personale sono individuate (art. 18-bis) delle figure comuni ai dipartimenti, fra cui quella di direttore coordinatore di area pedagogica, conseguita dalla ricorrente con concorso, e quella di direttore coordinatore di servizio sociale prevista dalla legge n. 145/2005 («Vengono, inoltre, individuate le seguenti figure professionali comuni a taluni o a tutti i sistemi di classificazione dell'Amministrazione giudiziaria, dell'Amministrazione penitenziaria, della Giustizia minorile e degli Archivi notarili, ferma restando l'appartenenza dei lavoratori a ciascuna di dette distinte articolazioni, nei relativi settori»). La declaratoria di base, comune a tutti i profili dell'area funzionale C, posizione economica C3, riguarda i «a)lavoratori che assumono la direzione della struttura che non sia sede dirigenziale;b)lavoratori che assumono la direzione del settore o servizio e collaborano direttamente con il dirigente per la definizione e la realizzazione delle linee di indirizzo e degli obiettivi nel campo del trattamento in esecuzione penale prevalentemente esterna. Assumono la responsabilita' diretta dell'organizzazione e gestione del settore in collaborazione con le professionalita' inferiori.c)lavoratori che assumono le funzioni vicarie del dirigente.». La declaratoria del profilo di direttore coordinatore di centro servizio sociale include i «lavoratori che assumono la direzione del servizio, e collaborano direttamente con il dirigente dell'istituto o servizio per la definizione e la realizzazione delle linee di indirizzo e degli obiettivi nel campo del trattamento in materia di esecuzione penale. Sostituiscono in sua assenza il dirigente. Profilo professionale di riferimento nell'ambito del previgente ordinamento per qualifiche funzionali (d.P.R. 1984 n. 1219 e successive modifiche) e dell'organizzazione del lavoro cui detto ordinamento era rapportato: direttore coordinatore di centro di servizio sociale. Quella del direttore coordinatore di area pedagogica e' riferita ai: «Lavoratori che assumono la direzione del servizio, e collaborano direttamente con il dirigente dell'istituto o servizio per la definizione e la realizzazione delle linee di indirizzo e degli obiettivi nel campo del trattamento in materia di esecuzione penale. Sostituiscono in sua assenza il dirigente del settore. Profilo professionale di riferimento nell'ambito del previgente ordinamento per qualifiche funzionali (d.P.R. 1984 n. 1219 e successive modifiche) e dell'organizzazione del lavoro cui detto ordinamento era rapportato: direttore coordinatore di area pedagogica». Come si vede, non solo l'esistenza di una declaratoria comune di tutti i profili inclusi nel livello C3 denuncia gia' l'equivalenza fra di essi, ma anche il contenuto delle declaratorie specifiche delle due figure professionali evidenzia la medesima professionalita', caratterizzata dall'esercizio di funzioni vicarie rispetto al dirigente e da una attivita' in stretta collaborazione con questi, per cui non e' possibile affermare che la figura del direttore coordinatore di servizio sociale sia dotata di un maggiore contenuto professionale che consenta solo ad essa, a differenza di quella del direttore coordinatore di area pedagogica, di essere riqualificata in funzioni dirigenziali. Tale argomento di per se' sufficiente vale anche rispetto alle altre due figure professionali prese in esame dalla legge. Anche la lettura di atti parlamentari rafforza la convinzione dell'assenza di reali ragioni giustificative circa la distinzione. Negli atti della IIª commissione permanente - giustizia - resoconto sommario 478ª del 24 maggio 2005 - Ordine del giorno al disegno di legge n. 1184-B (riguarda la legge n. 154/2005) - Caruso Antonino, Dalla Chiesa-, si legge: «I1 Senato, in sede di esame del disegno di legge n. 1184-B, considerato che la riforma della carriera dirigenziale penitenziaria non riguarda i direttori coordinatori di area pedagogica e i direttori coordinatori amministrativo contabili; considerato che gli appartenenti alle citate figure professionali (70 unita') sono stati assunti negli anni 1999 e 2000, partecipando ad un concorso pubblico (due prove scritte e otto materie orali), per il quale erano previsti i seguenti requisiti: 1. essere in possesso del diploma di laurea; 2. avere un'anzianita' di servizio di cinque anni maturata nel medesimo profilo; 3. essere in possesso di un diploma di specializzazione post-laurea (biennale) ed, in mancanza, essere disponibile a frequentare un corso di formazione sostitutivo organizzato dall'Amministrazione; 4. partecipare ad un corso di formazione della durata di sei mesi, con esame finale, presso l'Istituto Superiore di Studi penitenziari, corso identico a quello previsto per l'immissione in ruolo dei dirigenti e conforme all'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica del 21 aprile 1972, n. 472; considerato che successivamente, attraverso lo strumento della riqualificazione, altro personale e' stato inquadrato nella medesima figura professionale senza aver sostenuto esami e senza il possesso del diploma di laurea; considerato che la riforma della carriera dirigenziale penitenziaria nemmeno riguarda i direttori coordinatori minorili; impegna il Governo a far si' che ai ricordati funzionari direttivi sia evitato, anche attraverso la promozione ed adozione di idonei strumenti normativi, un trattamento discriminatorio rispetto a quello previsto per i funzionari di pari qualifica dell'Amministrazione penitenziaria.». Inoltre, venne ritirato l'emendamento all'art. 1 che ricomprendeva anche il personale appartenente ai profili di direttore coordinatore di area pedagogica e di direttore coordinatore amministrativo contabile fra quelli della carriera dirigenziale penitenziaria («2. In attuazione del comma 1 del presente articolo, dopo il comma 1-bis dell'art. 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, 165 e' inserito il seguente: "1-ter. In deroga all'art. 2, commi 2 e 3, il personale della carriera dirigenziale penitenziaria, nell'ambito del quale e' ricompreso anche il personale appartenente ai profili di direttore coordinatore di area pedagogica e di direttore coordinatore amministrativo contabile cui tale personale ha avuto accesso a seguito di concorso ovvero procedura di riqualificazione, e' disciplinato dal rispettivo ordinamento"». Conseguentemente, all'art. 5, al comma 1 apportare le seguenti modificazioni: a) dopo le parole: «di cui agli articoli 1» aggiungere la seguente: «, 2»; b) sostituire le parole: «euro 4.021.784» con le seguenti: «euro 4.700.000»; c) sostituire le parole: «euro 1.240.505» con le seguenti: «euro 1.500.000»; d) sostituire le parole: «euro 5.262.289» con le seguenti: «euro 6.200.000». Al comma 2, sostituire le parole: «euro 70.711» con le seguenti: «euro 79.000». E' evidente che il precetto normativo importa una disparita' di trattamento fra coloro che all'atto dell'entrata in vigore della legge n. 254/2005, pur essendo inquadrati nella medesima categoria C3, provengono dai profili professionali previsti dal legislatore, giacche' essi sono automaticamente riqualificati dirigenti, mentre coloro che , invece, appartengono ad altri profili della medesima categoria devono affrontare un concorso per accedere alla qualifica dirigenziale, differenza di trattamento che non appare ragionevole in assenza di situazioni giuridiche ragionevolmente differenziate. Norme parametro del vaglio. Art. 3, 1 comma, Cost. laddove importa che situazioni eguali debbano essere oggetto di uguale disciplina normativa. In relazione alla rilevanza deve osservarsi che la soluzione della questione e' senza dubbio incidente sulla soluzione della controversia atteso che in assenza della pronuncia della Corte costituzionale la ricorrente non potrebbe, alla stregua del tenore letterale della disposizione di legge, trovare tutela. Quanto alla non manifesta inammissibilita' della questione, va detto che, non essendo possibile risolvere in via interpretativa il dissidio fra il precetto contenuto nella legge e l'art. 3 della Costituzione, deve sollevarsi d'ufficio in via incidentale la questione di legittimita' costituzionale.