IL GIUDICE DI PACE 
 
    Nel procedimento penale,  n.  47/10  Rg  GdP  a  carico  di  Hbri
Abdlrazak, nato in Marocco il 13 maggio 1976. 
    Nel corso del processo a carico  di  Hbri  Abdlrazak  ,  imputato
della contravvenzione p. e p. dall'art. 10-bis del d.P.R.  n.  286/98
perche'  si  tratteneva  illegalmente  nel  territorio  dello  Stato,
all'odierna  udienza  il  P.M.  avanzava  istanza  di  eccezione   di
illegittimita' della normativa di,  cui  agli  articoli  10-bis,  16,
comma 1, d.lgs. n. 286/98, 61-bis del  d.lgs.  n.  274/2000  e  1-ter
della legge n. 102/09 per violazione degli articoli  3,  24,  secondo
comma, 27, terzo comma e 97, primo comma della Costituzione,  cui  si
associava il difensore dell'imputato. 
    Il Giudicante ritiene che debba essere sollevata, per i motivi di
seguito esposti, questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.
10-bis, limitatamente all'ipotesi di  soggiorno  illegale,  dell'art.
16, comma 1 del d.lgs n. 286/92 e art. 62-bis del d.lgs n.  274/2000,
nel testo novellato  dalla  legge  n.  94  del  5  luglio  2009,  per
contrasto con gli articoli 3, 24, secondo comma, 27 secondo  comma  e
97 primo comma della Costituzione. 
    A parere  del  rimettente  i  dubbi  di  costituzionalita'  delle
disposizioni censurate  sono  rilevanti  nel  presente  giudizio,  in
quanto  la  sanzione  da  comminare  all'imputato   in   ipotesi   di
riconoscimento di penale responsabilita' dovrebbe essere  determinata
in   applicazione   della   disposizioni   della   cui   legittimita'
costituzionale si dubita. 
    I medesimi dubbi sono parimenti non manifestamente infondati  per
le considerazioni che seguono. 
    1) Art. 10-bis d.lgs. n. 286/98 (limitatamente  alla  ipotesi  di
soggiorno  illegale)  violazione  dell'art.  3  della   Costituzione:
violazione del principio di ragionevolezza; violazione del  principio
di uguaglianza sia come necessita' di disparita' di  trattamento  per
situazioni diverse, sia come necessita' di parita' di trattamento  di
situazioni simili. 
    a) La disposizione normativa in esame, entrata in vigore alla ore
00,00 del giorno 8 agosto 2009, punisce con l'ammenda da  5.000,00  a
10.000.00 euro lo straniero che fa ingresso ovvero si  trattiene  nel
territorio dello Stato. 
    Dalla data di entrata in vigore della norma pertanto  gli  stessi
fatti gia' configurati  come  illeciti  amministrativi  dall'art.  13
d.lgs. n. 286/98 assumono anche natura di illeciti penali. 
    Premesso che i principi dettati dall'art. 3 Costituzione, benche'
riferiti a cittadini devono intendersi estesi anche agli stranieri in
quanto volti alla tutela dei  diritti  inviolabili  dell'uomo  (Sent.
C.c. n. 104/09); che il  reato  contestato  all'odierno  imputato  e'
quello di soggiornare in Italia alla data di entrata in vigore  della
legge; che ai fini del tempus commissi delicti nel nostro ordinamento
risulta accolto il criterio della condotta, poiche'  e'  nel  momento
della condotta che il soggetto sceglie di  porsi  contro  il  dettato
normativo che la legge puo' esercitare su di  lui  la  sua  efficacia
intimidatrice; che di conseguenza e' in tale  momento  che  il  reato
deve intendersi commesso in quanto il soggetto non deve sottostare  a
conseguenze piu' gravi di quelle che  egli  poteva  attendersi  dalla
legge in vigore al momento in cui ha posto in essere l'azione punita;
che opinando diversamente si avrebbe una inammissibilita' retroattiva
del precetto sanzionatorio, si osserva che ad avviso  del  remittente
la norma che punisce il soggiorno dello straniero,  indipendentemente
dalla data di ingresso  in  Italia  senza  prevedere  un  termine  di
allontanamento per lo straniero  presente  nel  territorio  nazionale
prima dell'entrata in vigore della legge, pecca di irrazionalita', in
quanto  penalizza  una  posizione  soggettiva,  conseguente  a  fatti
preesistenti e  non  costituenti  reato  all'epoca  in  cui  si  sono
realizzati. 
    Ne', la censura prospettata puo' ritenersi eliminata con richiamo
alla preesistenza della analoga previsione  contenuta  dall'art.  13,
comma 2, lett. b)  del  T.U.,  considerato  che  in  questo  caso  lo
straniero mentre era a conoscenza  delle  conseguenze  amministrative
della propria condotta ignorava gli effetti penali della stessa. 
    b) Appare  altresi'  ingiustificata  la  parita'  di  trattamento
riservata allo straniero  che  soggiorni  illegalmente  dopo  essersi
introdotto  nel  territorio   nazionale   sapendo   (quantomeno   per
presunzione legale) di compiere un atto punito  penalmente,  con  una
azione  commissiva  totalmente  libera  ed  autodeterminata  ed  allo
straniero che trovandosi in Italia in data antecedente all'entrata in
vigore della legge non poteva essere a conoscenza  di  commettere  lo
stesso reato. Con il risultato evidente  di  sanzionare  allo  stesso
modo una condotta illegale ed una situazione  di  fatto  realizzatasi
nel passato e divenuta illegale  solo  per  effetto  dell'automatismo
applicativo della norma, che non prevede termini  ne'  modalita'  per
rimuovere la nuova situazione di illegalita'. 
    E' appena il caso di osservare che  ai  fini  dell'allontanamento
volontario dello straniero sotteso dalla disposizione censurata,  non
e' stato previsto alcun tipo di  intervento  volto  a  consentire  il
rimpatrio per non incorrere nel reato punito, diversamente da  quanto
contemplato  per  gli  allontanamenti  coattivi,  per  i  quali  sono
apprestate misure mirate al rinvio allo Stato di appartenenza ovvero,
quando cio' non sia possibile, allo Stato di  provenienza  (Art.  13,
comma  12  T.U.)  e  la  stipula  di  convenzioni  con  soggetti  che
esercitano trasporti di linea o con  organismi  anche  internazionali
che svolgono attivita' di assistenza per stranieri (Art. 14, comma  8
T.U.). 
    Inoltre  non  e'  stato  neppure  prevista  la  possibilita'   di
sottrarsi alla condanna con   l'allontanamento  volontario,  che  non
risulta previsto come causa di non luogo a procedere diversamente  da
quanto stabilito per l'allontanamento coattivo. 
    c)  Sotto  altro  profilo  si  rende  manifesta  l'ingiustificata
difformita'  di  trattamento  peggiorativo  introdotto  dalla   norma
censurata rispetto alla disciplina di condotte analoghe e piu'  gravi
di cui all'art.  145-ter  del  T.U.,  per  le  quali  anche  dopo  le
modifiche apportate dalla legge n. 94/2009, l'applicazione della pena
resta in ogni caso subordinata all'assenza  del  giustificato  motivo
del trattenimento nel territorio dello Stato, che la norma  in  esame
invece non prevede. 
    Un ulteriore motivo di  patente  disparita'  di  trattamento  per
situazioni omogenee e' costituita dalla  introduzione  recente  della
disciplina derogatoria contenuta nella legge n. 102/2009. 
    La suddetta legge,  emanata  in  data  5  agosto  2009,  in  data
precedente alla promulgazione della legge n. 94/2009, ma  entrata  in
vigore in data successiva il giorno 8  agosto  2009,  all'art.  1-ter
commi 1  e  8  prevede  una  procedura  di  emersione  limitata  alla
categoria  dei  lavoratori  irregolari  adibiti   ad   attivita'   di
assistenza e di sostegno, alle famiglie. 
    La soluzione adottata dal legislatore per risolvere  un  problema
sociale fortemente avvertito dalla collettivita' e' stata  quella  di
prevedere  un  regime  di  eccezione   per   i   suddetti   stranieri
soggiornanti in modo irregolare, prevedendo che per loro soltanto non
si procedesse penalmente nelle more della procedura di emersione. 
    L'opzione  normativa  conforme  al  dettato  costituzionale,  che
rimette al legislatore di  regolare  la  condizione  giuridica  dello
straniero (Art. 10, secondo  comma  Cost.)  pone  l'interrogativo  se
l'insindacabile discrezionalita'  del  legislatore  nella  disciplina
dell'immigrazione  con  la  conseguente  possibilita'  di   prevedere
categorie di  stranieri  meritevoli  di  accoglienza  sul  territorio
nazionale rispetto ad altre categorie,  possa  esercitarsi  in  forma
ugualmente libera sul piano penale fino al punto  di  discriminare  i
soggetti sulla base della sola attivita' lavorativa. 
    Laddove si consideri che entrambi gli interventi  normativi  sono
volti  al  controllo  dei  flussi  migratori   ed   alla   disciplina
dell'ingresso e dalla permanenza degli stranieri in Italia e  che  il
trattamento differenziato stabilito  dal  legislatore  non  trova  in
questo caso  giustificazione  nella  peculiare  rilevanza  ne'  nella
particolarita' degli interessi tutelati dall'art.  10-bis  d.lgs.  n.
286/08, ad avviso del giudicante la risposta deve essere  negativa  e
pertanto in contrasto con il parametro costituzionale di riferimento. 
    2) Art. 10-bis, d.lgs. n. 286/98 (limitatamente alla  ipotesi  di
soggiorno illegale). Violazione dell'art.  24,  secondo  comma  della
Costituzione, lesione del diritto di  difesa  per  contrasto  con  il
principio «nemo tenetur se detegere»; violazione dell'art. 27,  terzo
comma della Costituzione lesione delle  finalita'  rieducative  della
pena. 
    a) In relazione ai profili di incostituzionalita' sopra riportati
delle  norma  in  esame,  si  condividono  e  si  fanno  proprie   le
argomentazioni svolte dal P.M.,  nelle  quali  si  evidenzia  che  lo
straniero che si trovava in Italia in modo irregolare alle 00,00  del
giorno 8 agosto 2009 ha ricevuto direttamente dalla legge  un  ordine
di allontanamento senza indicazioni di come eseguirlo legalmente. 
    Per conformarsi al  dettato  normativo  lo  straniero  irregolare
dovrebbe (avrebbe dovuto) uscire clandestinamente, mentre era compito
del legislatore indicare forme di  allontanamento  senza  per  questo
autodenunciarsi secondo il brocardo «nemo tenetur se detegere». 
    Non va trascurato che la norma si rivolge a soggetti che  non  si
trovano  nelle  condizioni  materiali  per  adempiere  spontaneamente
all'allontanamento per mancanza  di  documenti,  mezzi  finanziari  e
possibilita' di rivolgersi ad un vettore regolare per far ritorno  in
patria  e  che  nella  predette  condizioni  di   impossibilita'   di
raggiungere  il  paese  di  origine,  per  ottemperare  alla   norma,
dovrebbero fare ingresso illegale in altri Stati. 
    Il legislatore nell'emanare un  precetto  penale  deve  presumere
presente nella platea  dei  destinatari  una  parte  intenzionata  ad
adempiere, per evitare la sanzione penale comminata. 
    Operando diversamente, come nel caso in esame, il legislatore  si
espone nella censura di incostituzionalita'  non  lasciando  ai  suoi
destinati alcuna possibilita' di ottemperare al dettato normativo. 
    Si richiama  in  proposito  che,  in  sede  di  innovazioni  alla
normativa in  tema  di  detenzione/porto  d'armi,  con  la  legge  n.
895/1967 si stabili' all'art. 8 la non  punibilita'  per  coloro  che
entro trenta giorni dall'entrata in vigore  della  legge  e  comunque
prima  di  una  eventuale  accertamento   del   reato,   consegnavano
spontaneamente le armi. 
    b) La violazione dell'art. 10-bis dlgs.  n.  286/98  pur  essendo
formalmente sanzionato con l'ammenda, prescrive che  il  giudice  una
volta accertata la commissione  del  reato  debba  applicare  in  via
automatica la sanzione sostituiva della  espulsione  dello  straniero
dal territorio nazionale. 
    Poiche' il ricorso improprio al magistrato penale per giungere ad
un risultato eminentemente amministrativo rappresenta  una  forma  di
amministrativizzazione del diritto penale anziche'  di  tutela,  deve
ritenersi che il legislatore abbia superato  il  limite  costituzione
nella  configurazione  del  nuovo  illecito  penale  munito  di  pena
sprovvista di qualsiasi funzione educativa. 
    3) Art. 62-bis d.lgs. n. 274/2000 e art. 16, comma  1  d.lgs.  n.
286/98. Violazione dell' art. 97, primo comma della Costituzione  per
contrasto  con  il  principio  del  buon  andamento  della   pubblica
amministrazione esteso anche alla giurisdizione. 
    a) In applicazione degli articoli 62-bis d.lgs. n. 274/2000 e  16
comma 1 d.lgs. n. 286/1998 qualsiasi tipo di pronuncia  nel  giudizio
in  esame,  pur  in  presenza  di  un  rito  snello  ed  estremamente
semplificato, resta subordinata alla verifica della sussistenza delle
cause ostative di cui all'art. 14, comma  1  del  T.U.  (accertamenti
supplementari  in  ordine  alla  identita'   o   nazionalita'   dello
straniero, acquisizione di documenti per  il  viaggio  disponibilita'
del vettore o di altri mezzi di trasporto), che  laddove  sussistenti
comporterebbero una condanna all'ammenda (di  scarsa  deterrenza  nei
confronti dei destinatari  generalmente  privi  di  mezzi  per  farvi
fronte), laddove insussistenti o ad una  pronuncia  di  non  luogo  a
procedere o all'espulsione in via sostituiva,  prevista  come  sbocco
ordinario del processo nelle intenzioni del legislatore. 
    Sennonche' il risultato perseguito dal legislatore deve ritenersi
frustrato in partenza laddove si consideri che il nuovo  procedimento
si  aggiunge  e   si   intreccia   con   il   sistema   sanzionatorio
amministrativo di cui all'art. 13 e seguenti del  T.U.  mantenuto  in
vita per  consentire  l'effettivo  controllo  e  la  repressione  del
fenomeno   dell'immigrazione   illegale,   che    va    indubbiamente
efficacemente contrastata. Per cui l'introduzione delle  nuove  norme
nei confronti dello stesso straniero, una volta  che  l'Autorita'  di
Pubblica  sicurezza  che  riveste  anche  la  qualita'  di   Pubblico
Ufficiale, accerti la condizione  di  soggiorno  illegale  si  aprono
contestualmente ed automaticamente due distinti  procedimenti,  l'uno
amministrativo e l'altro penale. Il primo destinato  a  sfociare  nel
provvedimento prefettizio di espulsione,  da  eseguirsi  a  cura  del
Questore, il secondo a cura  del  G.d.P.  nelle  forme  degli  artico
20-bis e ter del d.lgs. n. 274/2000  e  destinato  a  sfociare  nelle
intenzioni del legislatore di norma alla decisone  applicativa  della
sanzione sostitutiva della espulsione in applicazione degli  articoli
16, comma 1 d.lgs. n. 286/98 e 62-bis d.lgs. n. 274/2000. 
    Il secondo tuttavia resta subordinato al primo in quanto vi e' la
previsione esplicita della prevalenza della espulsione amministrativa
rispetto al processo penale, tant'e' che il  G.d.P.  deve  dichiarare
sempre  non  luogo  a  procedere   allorquando   acquisisce   notizia
dell'esecuzione dell'espulsione amministrativa. 
    Ne consegue come puntualizzato dal P.M.,  con  argomenti  che  si
condividono e si fanno propri, che il  sistema  normativo  licenziato
dal legislatore e' inficiato  da  una  sorta  di  corto  circuito  in
quanto: 
        di norma il G.d.P. nel caso di condanna dovrebbe applicare la
sanzione sostituiva della espulsione, come prevedono gli articoli 16,
comma 1, d.lgs. n. 286/98 e 62-bis, d.lgs. n. 274/2000; 
        ma per, fare questo lo straniero deve essere in condizioni di
subire sin da subito l'accompagnamento coattivo alla frontiera,  come
previsto dall'art. 14, comma 1 e 16 d.lgs. n. 286/98; 
        qualora si tratti di uno straniero nelle condizioni di cui al
punto che precede, il questore deve  avere  gia'  provveduto  al  suo
accompagnamento  alla  frontiera  in  esecuzione  del   gia'   emesso
provvedimento prefettizio di espulsione, come prevedono gli  articoli
13 e 14 del d.lgs. n. 286/98; 
        qualora vi sai stata gia' l'esecuzione in sede amministrativa
della espulsione il G.d.P. deve  dichiarare  non  luogo  a  procedere
anche a processo iniziato, come previsto dall'art. 10-bis,  comma  5,
d.lgs. n. 286/98. 
    Corollario   del   suddetto   meccanismo   processuale   e'   che
l'applicazione della pena sostituiva dell'espulsione in  sede  penale
risulta inevitabilmente paralizzata e inapplicabile. 
    In relazione  a  quanto  precede  ad  avviso  di  questo  giudice
l'instaurazione del sistema del doppio binario con la duplicazione in
sede  penale  della  medesima  procedura  gia'  esistente   in   sede
amministrativa, rivolta  in  via  principale  al  medesimo  risultato
finale  dell'espulsione  dello  straniero  irregolare  si   pone   in
contrasto con il principio del buon  andamento  di  cui  all'art.  3,
primo  comma  della  Costituzione,  non  solo  per   quanto   attiene
all'esercizio della funzione giurisdizionale  in  senso  stretto,  ma
anche per  quanto  attiene  all'organizzazione  ed  al  funzionamento
dell'ufficio giudiziario. 
    Nelle disposizioni in esame il problema dei rapporti tra illecito
penale ed illecito amministrativo e' stato risolto con l'applicazione
di entrambe le norme penali e amministrative, ma  con  subordinazione
delle prime alle seconde al fine di evitare il cumulo di sanzioni per
lo stesso fatto. 
    Il conclusione, ad avviso di questo giudice, le norme  denunciate
alterano il quadro  normativo  in  materia  di  sanzioni  penali  per
l'illecito ingresso  o  trattenimento  di  stranieri  nel  territorio
nazionale e rendono necessaria la verifica di  compatibilita'  con  i
principi costituzionali indicati a riferimento.