Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri  pro  tempore,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i
cui uffici ex lege domicilia in Roma  via  dei  Portoghesi,.  n.  12,
contro la Regione Piemonte, in persona del Presidente pro tempore per
la declaratoria dell'illegittimita' costituzionale in parte qua della
legge regionale Piemonte del 3 agosto 2010,  n.  18,  pubblicata  sul
B.U.R. della Regione Piemonte  n.  31  del  5  agosto  2010  recante:
«Assestamento al bilancio di previsione per l'anno finanziario 2010 e
disposizione finanziarie» in relazione all'art. 15, commi 2  e  3  ed
all'art. 27. 
    La proposizione del presente  ricorso  e'  stata  deliberata  dal
Consiglio dei Ministri nella  seduta  del  24  settembre  2010  e  si
depositano a tal fine estratto conforme del verbale e  relazione  del
Ministro proponente. 
    La legge  regionale  Piemonte  n.  18/2010,  composta  da  29  e'
articolata  in  III  capi,  di  cui  il  primo  detta   «Disposizioni
finanziarie», il secondo «Modificazioni di  leggi  regionali»  ed  il
terzo «Disposizioni transitorie e finali». 
    La legge regionale e' illegittima negli artt. 15, commi 2 e 3,  e
27 per i seguenti 
 
                             M o t i v i 
 
1) Violazione dell'art. 117, comma 2, lettere s) della  Costituzione,
in relazione all'art. 15, commi 2 e 3  legge  regionale  Piemonte  n.
18/2010. 
    L'articolo  15,  recante  «Modifiche  della  legge  regionale  n.
56/1977»,  inserisce   dopo   l'articolo   16,   l'articolo   16-bis,
censurabile per quanto disposto dai commi 2 e 3. 
    In particolare il comma 2  del  neo  introdotto  articolo  16-bis
prevede che, nel caso di adozione da parte del Consiglio comunale  di
un piano di alienazione e valorizzazione del patrimonio  immobiliare,
qualora la Regione non esprime il proprio dissenso  entro  90  giorni
dalla  ricezione  della  deliberazione  comunale  e  della   relativa
completa   documentazione,   «le   modificazioni   dello    strumento
urbanistico generale vigente, ivi contenute si intendono  approvate».
Successivamente il Comune dispone sull'efficacia della variante. 
    Il comma 3  del  medesimo  articolo  prevede  che  nel  caso,  di
modificazioni relative a terreni non  edificati,  comunque  destinati
dallo  strumento  urbanistico  generale  vigente   la   deliberazione
comunale di adozione del piano delle alienazioni e valorizzazioni del
patrimonio  immobiliare  dopo  la  pubblicazione   e   le   eventuali
osservazioni deve essere trasmessa  alla  Regione  e  alla  Provincia
interessata per l'approvazione, tramite  Conferenza  dei  Servizi  ai
sensi degli articoli 14 e seguenti legge n. 241/1990, della  variante
urbanistica adottata. 
    Il d.lgs. 3 aprile  2006,  n.  152,  recante  «norme  in  materia
ambientale» all'art. 5, comma 1, lettera a), definisce la valutazione
ambientale di piani e programmi, (nel seguito valutazione  ambientale
strategica  VAS)  come:  «il  processo  che  comprende,  secondo   le
disposizioni di cui al titolo II della  seconda  parte  del  presente
decreto,  lo  svolgimento  di  una  verifica  di   assoggettabilita',
l'elaborazione   del   rapporto   ambientale,   lo   svolgimento   di
consultazioni, la valutazione del piano o del programma, del rapporto
e  degli  esiti  delle  consultazioni,  l'espressione  di  un  parere
motivato, l'informazione sulla decisione ed il monitoraggio». 
    Il successivo art. 6 dispone a sua  volta  che:  «La  valutazione
ambientale strategica riguarda i piani  e  i  programmi  che  possono
avere  impatti,  significativi   sull'ambiente   e   sul   patrimonio
culturale». 
    Il Piano comunale di alienazione e valorizzazione del  patrimonio
immobiliare di cui sopra rivestendo una rilevanza urbanistica con  il
conseguente possibile impatto sul territorio,  ricade  nel  campo  di
applicazione della vigente  normativa  sulla  Valutazione  Ambientale
Strategica di Piani e Programmi disciplinata dall'articolo  6,  commi
da 2 a 3-bis del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e pertanto deve  essere
sottoposto almeno alla verifica di assoggettabilita'  a  VAS  di  cui
all'art. 12, comma 6 del medesimo decreto legislativo. 
    Inoltre nel caso in cui  le  previsioni  del  Piano  comunale  di
alienazione e valorizzazione del  patrimonio  immobiliare  comportino
modifiche sostanziali al Piano urbanistico comunale,  tali  da  avere
conseguenze ambientali rilevanti, e' necessario attivare la procedura
di VAS per quest'ultimo. 
    Conclusivamente, la  norma  regionale  in  esame  non  prevedendo
l'assoggettamento dei citati  piani  alla  vigente  disciplina  sulla
Valutazione Ambientale Strategica, presenta profili di illegittimita'
costituzionale in quanto reca disposizioni difformi  dalla  normativa
statale di riferimento, su richiamata, afferente alla  materia  della
«tutela dell'ambiente e dell'ecosistema» di cui all'art.  117,  comma
2, lettera s)  per  la  quale  lo  Stato  ha  competenza  legislativa
esclusiva. 
2) Violazione dell'art. 117, comma 2, lettere e)  ed  s)  e  comma  3
della  Costituzione,  in  relazione  all'art.  27,  legge   regionale
Piemonte n. 18/2010. 
    L'articolo 27, recante  «moratoria  delle  procedure  relative  a
impianti fotovoltaici prevede la sospensione sine die delle procedure
autorizzative in corso  o  attivate  successivamente  all'entrata  in
vigore  della  legge  regionale   medesima   relative   ad   impianti
fotovoltaici non integrati da realizzare su terreni ricompresi  nelle
aree di  esclusione  di  cui  al  paragrafo  3.3  dell'allegato  alla
Deliberazione della Giunta regionale 28 settembre 2009, n. 30-12221. 
    Cosi' disponendo la legge eccede  la  competenza  della  Regione,
invadendo quella statale in materia di  tutela  della  concorrenza  e
ambiente di cui all'articolo 117, comma 2 lett. e) e s),  nonche'  in
materia  di  «produzione,   trasporto   e   distribuzione   nazionale
dell'energia», di cui all'art. 117, comma 3,  della  Costituzione,  e
cio' per contrasto con la normativa statale di principio  in  materia
di fonti rinnovabili, dettata dal  decreto  legislativo  29  dicembre
2003, n.  387  intitolato:  «Attuazione  della  direttiva  2001/77/CE
relativa alla promozione dell'energia  elettrica  prodotta  da  fonti
energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita'». 
    Nello specifico, viene in rilievo l'art. 12, comma 3 del  decreto
legislativo n. 387/2003, laddove si prevede  che  «la  costruzione  e
l'esercizio  degli  impianti  di  produzione  di  energia   elettrica
alimentati  da  fonti  rinnovabili,  gli  interventi   di   modifica,
potenziamento rifacimento totale  o  parziale  e  riattivazione  come
definiti dalla normativa vigente, nonche'  le  opere  connesse  e  le
infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio  degli
impianti  stessi,  sono  soggetti  ad   una   autorizzazione   unica,
rilasciata dalla regione  o  altro  soggetto  istituzionale  delegato
dalla regione, nel rispetto delle normative  vigenti  in  materia  di
tutela dell'ambiente,  di  tutela  del  paesaggio  e  del  patrimonio
storico-artistico». 
    Il successivo comma 4 prevede che  «L'autorizzazione  di  cui  al
comma 3 e' rilasciata a seguito di un  procedimento  unico  al  quale
partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto
dei principi di semplificazione e  con  le  modalita'  stabili  dalla
legge  7  agosto  1990,  n.  241  e   successive,   modificazioni   e
integrazioni.  [...]  Il  termine  massimo  per  la  conclusione  del
procedimento di cui  al  presente  comma  non  puo'  comunque  essere
superiore a centottanta giorni». 
    L'indicazione del termine, contenuta nel sopra  citato  art.  12,
comma 4, deve qualificarsi quale principio fondamentale in materia di
«produzione, trasporto e distribuzione  nazionale  dell'energia»,  in
quanto  tale  disposizione  risulta  ispirata   alle   regole   della
semplificazione amministrativa e della celerita' garantendo, in  modo
uniforme sull'intero territorio nazionale, la  conclusione  entro  un
termine definito del procedimento autorizzativo. 
    Al  riguardo,  la  Corte  costituzionale  e'   gia'   intervenuta
affermando l'illegittimita' costituzionale di una norma regionale che
individuava una  serie  di  aree  territoriali  ritenute  non  idonee
all'installazione di impianti fotovoltaici (Corte cost., sentenza  n.
282/2009). In particolare la Consulta  ha  affermato  che  «(...)  la
presenza delle indicate diverse competenze legislative giustifica  il
richiamo alla Conferenza unificata, ma non consente alle Regioni [..]
di provvedere autonomamente alla individuazione  di  criteri  per  il
corretto inserimento nel paesaggio degli impianti alimentati da fonti
di energia alternativa» (sentenza n. 166 del 2009). 
    Il bilanciamento tra le  esigenze  connesse  alla  produzione  di
energia e gli interessi, variamente  modulati,  rilevanti  in  questo
ambito impone, infatti un prima ponderazione concertata  in  ossequio
al principio di  leale  cooperazione,  al  fine  di  consentire  alle
Regioni ed agli enti locali di contribuire alla compiuta  definizione
di adeguate forme di contemperamento  di  tali  esigenze.  Una  volta
raggiunto tale equilibrio, ogni Regione  potra'  adeguare  i  criteri
cosi' i  definiti  alle  specifiche  caratteristiche  dei  rispettivi
contesti territoriali (...)» (si veda da ultimo Corte cost., sentenza
n. 168/2010). 
    La disposizione regionale si espone  a  censure  di  legittimita'
costituzionale anche perche' si pone  in  aperto  contrasto  rispetto
alle norme internazionali (Protocollo di Kyoto) e comunitarie (art. 3
direttiva n. 2001/77/CE e successive modifiche) le  quali  sempre  in
base   ai   principi   riconosciuti   dalla   Corte   costituzionale,
«nell'incentivare  lo  sviluppo  delle  suddette  fonti  di   energia
individuano soglie minime di produzione che ogni Stato si  impegna  a
raggiungere entro un determinato  periodo  di  tempo»  (Corte  cost.,
sentenza n. 124/2010). 
    Pertanto, l'articolo in esame, nella parte in cui  sospende  fino
all'adozione del provvedimento regionale di recepimento  delle  linee
guida nazionali, le procedure  autorizzative  pendenti  (in  corso  o
attivate dopo l'entrata in  vigore  della  legge  regionale)  per  la
realizzazione degli impianti fotovoltaici non integrati, si  pone  in
contrasto con i suddetti  principi  non  essendo  possibile  che,  la
sospensione  del  procedimento  di  autorizzazione,  non  incida  sul
rispetto del termine massimo di conclusione del procedimento. 
    Giova altresi'  ricordare  che  in  un  caso  analogo,  la  Corte
costituzionale con la sentenza n. 364/2006 (giudizio di  legittimita'
dell'art. l, commi l e 3, della legge Regione Puglia 11 agosto  2005,
n. 9, «Moratoria per le procedure di valutazione d'impatto ambientale
e per le procedure autorizzative in materia di  impianti  di  energia
eolica»), ha confermato la portata dei principi  sopra  richiamati  i
quali precludono al legislatore regionale di disporre la  sospensione
di procedimenti autorizzativi per  la  realizzazione  di  impianti  a
fonti rinnovabili, proprio in quanto una siffatta sospensione integra
una violazione dell'art. 12 del decreto legislativo  n.  387/2003  e,
per tale via dell'articolo 1 l 7, commi 1 e 3 della Costituzione. 
    L'art. 27 della norma regionale  impugnata,  come  detto,  invade
anche la  competenza  statale  esclusiva  in  tema  di  tutela  della
concorrenza di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s). 
    Infatti la sospensione sine  die  delle  procedura  autorizzative
relative ad impianti fotovoltaici. non integrati, in  violazione  del
termine  di  180  giorni  per conclusione  del  procedimento  fissato
dal comma 4 dell'art. 12, d.lgs. n. 387/2003 altera il  regime  della
concorrenza con riferimento  a  tutte  le  altre  Regioni  ove  detto
termine viene rispettato.