Ricorso della Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente della Giunta provinciale pro tempore Lorenzo Dellai, autorizzato con deliberazione della Giunta provinciale n. 2414 del 22 ottobre 2010 (doc. 1), rappresentata e difesa, come da procura speciale n. rep. 27415 del 22 ottobre 2010 (doc. 2), rogata dalla dott.ssa Gianna Scopel, Direttore del Servizio contratti e gestioni generali, esercitante le funzioni di Ufficiale rogante della Provincia, dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova, dall'avv. Nicolo' Pedrazzoli dell'Avvocatura della Provincia di Trento e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma nello studio di questi in via Confalonieri n. 5; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione che non spetta allo Stato nella materia della tutela del paesaggio, affidata alla potesta' legislativa primaria della Provincia autonoma di Trento, di prescrivere con decreto di natura regolamentare che essa debba adottare «entro centottanta giorni, le norme necessarie a disciplinare il procedimento di autorizzazione paesaggistica semplificata in conformita' ai criteri del decreto stesso», nonche' per il conseguente annullamento: dell'art. 6, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 9 luglio 2010, n. 139, Regolamento recante procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve entita', a norma dell'art. 146, comma 9, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 199 del 26 agosto 2010), che tale disposizione contiene, per violazione; dell'art. 8, comma primo, n. 6), nonche' integrativamente nn. 2), 3), 4), 5), 7), 8), 11), 14), 16), 17), 18), 21), 22 e 24) del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Testo unificato delle leggi sullo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige); dell'art. 16 del medesimo Statuto; delle norme di attuazione dello Statuto di cui al d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115, al d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381 ed al d.P.R. 1° novembre 1973, n. 690; delle norme di attuazione dello Statuto di cui al decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, con particolare riferimento agli articoli 2 e 3. F a t t o L'art. 8, n. 6), dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige di cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, attribuisce alle Province autonome potesta' legislativa primaria nella materia della tutela del paesaggio. La competenza in materia di tutela del paesaggio e' accompagnata dalla competenza - sempre primaria - in varie altre materie, tra cui la toponomastica (art. 8, n. 2, St.), la tutela e la conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare (art. 8, n. 3), gli usi e costumi locali (art. 8, n. 4), l'urbanistica e i piani regolatori (n. 5), gli usi civici (n. 7), l'ordinamento delle minime proprieta' colturali (n. 8), i porti lacuali (n. 11), le miniere, cave e torbiere (n. 14), l'alpicoltura e i parchi per la protezione della flora e della fauna (n. 16), la viabilita' (n. 17), gli acquedotti e i lavori pubblici di interesse provinciale, compresa la regolamentazione tecnica e l'esercizio degli impianti di funivia (n. 18), l'agricoltura e le foreste (n. 21), l'espropriazione per pubblica utilita' (n. 22), le opere idrauliche (n. 24). Nelle stesse materie l'art. 16 dello Statuto assegna alla Provincia le funzioni amministrative. Alle previsioni statutarie ha fatto seguito la speciale normativa di attuazione, tra cui rilevano in particolare il decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 381 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica ed opere pubbliche), il decreto del Presidente della Repubblica 20 gennaio 1973, n. 115 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di trasferimento alle province autonome di Trento e di Bolzano dei beni demaniali e patrimoniali dello Stato e della Regione), nonche' il decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1973, n. 690 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige concernente tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare). La Provincia autonoma di Trento ha esercitato le proprie competenze con le sue leggi. In particolare, attualmente la legge provinciale 4 marzo 2008, n. 1 (Pianificazione urbanistica e governo del territorio) reca, al titolo III, la disciplina provinciale in materia di tutela del paesaggio. L'art. 68 della legge provinciale n. 1 del 2008 individua gli interventi assoggettati ad autorizzazione paesaggistica. Anche la legge provinciale 27 maggio 2008, n. 5 (Approvazione del nuovo piano urbanistico provinciale), interviene in materia con una serie di disposizioni relative alla carta del paesaggio e alla carta delle tutele paesistiche. La Provincia di Trento possiede dunque un sistema completo di tutela del paesaggio, che da anni opera efficacemente ed in tempi rapidi. Diverso da quanto previsto per la Provincia di Trento e' il riparto costituzionale tra lo Stato e le Regioni ordinarie, disciplinato dall'art. 117 Cost. In questo la «tutela del paesaggio» non e' specificamente menzionata, e tuttavia (pur se l'art. 9 affida in generale alla Repubblica tale compito) la materia e' compresa, in linea di principio, nella potesta' esclusiva statale in materia di «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali», prevista dal secondo comma, lettera s). Al livello della legislazione ordinaria, lo Stato ha disciplinato la materia della tutela del paesaggio da ultimo con il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137). In particolare, la Parte terza (Beni paesaggistici) disciplina all'art. 146 il procedimento di autorizzazione paesaggistica. Ed il comma 9 di detto articolo demanda ad un regolamento statale la definizione di procedure semplificate per il rilascio dell'autorizzazione in relazione ad interventi di lieve entita' in base a criteri di snellimento e concentrazione dei procedimenti. Tuttavia, il Codice e' ben consapevole della competenze proprie delle autonomie speciali, tanto che all'art. 8, dedicato appunto ad esse, esso dispone una specifica salvaguardia, precisando che «nelle materie disciplinate dal presente codice restano ferme le potesta' attribuite alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e Bolzano dagli statuti e dalle relative norme di attuazione». E' vero che poi incongruamente esso all'art. 131 includeva le Province autonome di Trento e di Bolzano tra gli enti soggetti alla «potesta' esclusiva dello Stato di tutela del paesaggio»: ma proprio per questa ragione tale disposizione e' stata dichiarata costituzionalmente illegittima da codesta ecc.ma Corte costituzionale con la sentenza n. 226 del 2009, su ricorso di questa Provincia. La previsione del comma 9 dell'art. 146 del Codice relativa alle procedure semplificate per autorizzazione di interventi di lieve entita' e' ora attuata - sempre al livello statale - dal decreto del Presidente della Repubblica 9 luglio 2010, n. 139, intitolato appunto Regolamento recante procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve entita', a norma dell'art. 146, comma 9, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni. La Provincia autonoma di Trento non ha ragione alcuna di censurare tale regolamento, nella parte in cui esso detta tale procedura semplificata. Sennonche', inopinatamente, all'art. 6 tale regolamento, dopo avere disposto al comma 1 che le proprie disposizioni trovano immediata applicazione nelle Regioni a statuto ordinario, dispone al comma 2 che «in ragione dell'attinenza delle disposizioni del presente decreto ai livelli essenziali delle prestazioni amministrative, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, e della natura di grande riforma economico sociale del Codice e delle norme di semplificazione procedimentale in esso previste, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, in conformita' agli statuti ed alle relative norme di attuazione, adottano, entro centottanta giorni, le norme necessarie a disciplinare il procedimento di autorizzazione paesaggistica semplificata in conformita' ai criteri del presente decreto». In altri termini, lo Stato pretende di definire con il proprio regolamento i vincoli ai quali e' soggetta la potesta' legislativa primaria della Provincia autonoma di Trento, nonche' di vincolare in concreto tale potesta' sia quanto ai tempi della propria legislazione sia quanto allo stesso contenuto, che dovrebbe «conformarsi» a quello dello stesso regolamento statale. Cosi' disponendo, il comma 2 dell'art. 6 risulta illegittimo ed invasivo delle prerogative costituzionali della Provincia autonoma di Trento per le seguenti ragioni di D i r i t t o 1. - Illegittimita' e lesivita' dell'art. 6, comma 2, in quanto con atto di natura regolamentare impone un vincolo di adeguamento ai criteri da esso stabiliti. Come esposto in narrativa, e' pacifica la competenza provinciale in materia di tutela del paesaggio espressamente prevista dall'art. 8, n. 6), dello Statuto speciale. La natura e la permanente funzione di tale attribuzione di competenza e' stata anche di recente ribadita dalla giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte, che con la gia' ricordata sent. n. 226/2009 ha dichiarato l'illegittimita' del comma 3 dell'art. 131 (Paesaggio) del decreto legislativo n. 42 del 2004 proprio nella parte in cui esso - incongruamente rispetto a quanto disposto dall'art. 8 in relazione alle autonomie speciali - includeva le Province autonome di Trento e di Bolzano tra gli enti territoriali soggetti al limite della potesta' legislativa esclusiva statale di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. Pacifica la competenza provinciale nella materia, occorre ricordare che l'art. 2, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali leggi regionali e provinciali, nonche' la potesta' statale di indirizzo e coordinamento) prevede che nelle materie di competenza provinciale la stessa legislazione statale non operi direttamente, ma che la legislazione provinciale debba essere adeguata ai principi e norme costituenti limiti ai sensi degli articoli 4 e 5 dello Statuto speciale e recati dai nuovi atti legislativi dello Stato entro i sei mesi successivi alla pubblicazione di questi ultimi nella Gazzetta Ufficiale o nel piu' ampio temine da essi stabilito. E' dunque evidente che la potesta' legislativa della Provincia puo' essere condizionata dallo Stato solo con atti legislativi, e non con atti di normazione secondaria. Questo principio e' del resto stato ribadito piu' volte dalla giurisprudenza costituzionale. Si veda ad esempio, di recente, la sent. n. 209/2009 nella quale la Corte, premesso che «si versa in materie di competenza primaria delle Province autonome (edilizia sovvenzionata, assistenza e beneficenza pubblica)», ha riconosciuto che di conseguenza «ogni intervento limitativo dello Stato in tali ambiti deve essere stabilito con legge, sia nell'ipotesi in cui si ritenga che l'intervento assicuri la garanzia dei livelli minimi di tutela dei diritti sociali, secondo la giurisprudenza di questa Corte prima richiamata, sia in via generale, in forza del disposto dell'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, norma di attuazione che regola i rapporti tra legislazione statale e legislazione regionale», dal momento che «tale norma consente allo Stato di porre in essere interventi limitativi di competenze delle Province autonome solo con legge». La stessa sentenza ricorda che «in tal senso e' anche la giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, sentenza n. 267 del 2003)». In effetti, gia' nella sent. n. 267/2003 la Corte aveva statuito che dall'art. 2 d.lgs. n. 266/1992 «si desume agevolmente che l'obbligo di adeguamento a carico della legislazione delle Province autonome puo' derivare soltanto da una norma statale avente rango legislativo, e non, invece, da norma di rango secondario»: ed anche in tale occasione codesta Corte ricordava di avere «piu' volte affermato» la stessa regola, e si riferiva ancora alle «sentenze n. 84 del 2001 e n. 371 del 2001». Ad abundantiam, puo' essere qui ricordata anche la sent. n. 145/2005, che ha dichiarato l'illegittimita' dell'art. 10 legge n. 4/2004, «nella parte in cui non esclude le Province autonome dall'ambito territoriale dell'emanando regolamento», osservando che «la potesta' regolamentare dello Stato non puo' essere esercitata in relazione a materie che appartengono alla competenza legislativa della Provincia autonoma di Trento». Del resto, il divieto di regolamenti statali nelle materie regionali - e dunque piu' ancora di vincoli imposti da regolamenti statali - vale anche per le Regioni ordinarie, e valeva gia' prima della sua codificazione espressa ad opera della legge cost. n. 3/2001 (v. l'art. 117, comma 6, Cost.). Sempre nella sent. n. 267/2003 la Corte rileva che «la giurisprudenza di questa Corte, in diverse occasioni, ha avuto modo di evidenziare come - gia' sotto la vigenza del vecchio testo dell'art. 117 della Costituzione - lo Stato non potesse imporre vincoli alle Regioni nelle materie di propria competenza se non mediante una legge, e non, invece, per mezzo di un atto regolamentare». Le Regioni, «infatti, non sono soggette, in linea di principio, alla disciplina dettata con i regolamenti governativi (sentenza n. 507 del 2000; nello stesso senso, si vedano anche le sentenze n. 250 del 1996 e n. 482 del 1995)». Risulta dunque evidente dalle considerazioni sopra esposte che il d.P.R. n. 139 del 2010, in quanto regolamento (come e' definito dall'art. 146, comma 9, del Codice dei beni culturali, e come esso stesso si definisce), e' a priori fonte inidonea a statuire in materia di vincoli di adeguamento in qualunque modo facenti capo alla Provincia autonoma di Trento. Ad esso - quale fonte regolamentare - non spetta, dunque, ne' di imporre simili vincoli (che sono invece posti dallo Statuto e dalle norme di attuazione, ma solo in relazione alle leggi statali che intervengano a determinati titoli), ne' di stabilire dei termini entro i quali l'adeguamento debba avvenire, ne' di individuare titoli di giustificazione dello stesso dovere di adeguamento. Ne risulta che l'impugnato art. 6, comma 2, e' illegittimo ed invasivo delle prerogative costituzionali della Provincia nella sua totalita'. 2. - Ulteriore illegittimita' e lesivita' dell'art. 6, comma 2, nella parte in cui richiama l'art. 117, comma 2, lett. m) della Costituzione. Come esposto in narrativa, l'art. 6, comma 2 del d.P.R. n. 139 del 2010, nel tentativo di giustificare il presunto onere di adeguamento che esso vorrebbe imporre alle Regioni speciali ed alle Province autonome, cerca di «elevare» il tono delle proprie disposizioni, qualificandole da un lato come «livelli essenziali delle prestazioni», dall'altro come norme «di grande riforma economico sociale». Vi sarebbe cosi' onere di adeguamento «in ragione dell'attinenza delle disposizioni del presente decreto ai livelli essenziali delle prestazioni amministrative, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, e della natura di grande riforma economico sociale del Codice e delle norme di semplificazione procedimentale in esso previste». Va premesso che simili qualificazioni sarebbero irrilevanti, e nella concreta formulazione anche costituzionalmente illegittime, persino se contenute in una legge. Da un lato infatti - quanto all'irrilevanza - e' pacifico (e confermato da sovrabbondante giurisprudenza costituzionale) che a nulla valgono tali disposizioni se non corrispondono alla sostanza della cosa, e che d'altronde questa esiste - quando esiste - a prescindere da ogni qualificazione. Dall'altro - quanto alla illegittimita' - e' ugualmente evidente che la qualificazione generica di tutte le disposizioni di un complesso corpo normativo quali «livelli essenziali delle prestazioni» (di seguito si dira' anche per le «grandi riforme») risulterebbe comunque illegittima per l'evidente incongruita' ed arbitrarieta'. A maggiore ragione, evidentemente, simili qualificazioni sono a priori arbitrarie ed illegittime ove contenute in atto normativo che istituzionalmente non e' abilitato a vincolare (le Regioni e) le Province autonome nelle materie di loro competenza. Va comunque per scrupolo difensivo ulteriormente osservato che, trattandosi nel caso specifico di competenza statutaria della Provincia autonoma di Trento, il richiamo ai «livelli essenziali delle prestazioni amministrative, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera m)» risulta costituzionalmente illegittimo anche per violazione dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, in quanto esso vorrebbe far valere nei confronti della Provincia autonoma regole del nuovo titolo V che, attribuendo una potesta' esclusiva allo Stato, restringono le competenze regionali. Si vuol dire che - come codesta Corte ha essa stessa stabilito, di recente ad esempio nella sentenza n. 45 del 2010 (ma v. anche la sent. n. 145/2005) - le limitazioni specifiche che il nuovo titolo V pone alle competenze regionali nelle proprie materie (come nel caso il limite dei livelli essenziali) operano in relazione alle Regioni speciali nel quadro dei vincoli posti dal sistema statutario, ad esempio come principi di riforma economico-sociale: e non come titolo autonomo di limitazione della potesta' legislativa provinciale. E' poi da contestare che le norme sulla autorizzazione semplificata attengano effettivamente ai «livelli essenziali delle prestazioni» di cui alla lettera m) dell'art. 117, comma 2, Cost. La giurisprudenza costituzionale ha in effetti precisato, in positivo, che la lettera m) consente allo Stato solo di fissare «standard strutturali e qualitativi delle prestazioni da garantire agli aventi diritto» (sentt. n. 10/2010, n. 207/2010). Con le disposizioni sulla autorizzazione semplificata non si stabilisce invece alcuno standard quantitativo o qualitativo di prestazioni determinate, attinenti a questo o a quel «diritto» civile o sociale garantito dalla stessa Costituzione (sentenze n. 387/2007 e n. 10/2010). Al contrario, viene regolato in un certo modo lo svolgimento della attivita' amministrativa in una materia di indiscutibile competenza provinciale, ma la disciplina delle funzioni amministrative di regola non puo' che spettare allo Stato o alla Provincia secondo il riparto delle competenze per materia. 3. - Ulteriore illegittimita' e lesivita' dell'art. 6, comma 2, nella parte in cui richiama i vincoli derivanti alle autonomie speciali dalle «grandi riforme». D'altronde, e' forse proprio per tale ragione che la disposizione impugnata affianca alla affermazione che le norme dello stesso decreto sarebbero «livelli essenziali delle prestazioni» la menzione della presunta «della natura di grande riforma economico sociale del Codice e delle norme di semplificazione procedimentale in esso previste». Ma anche tale disposizione risulta illegittima. Che nel d.lgs. n. 42 del 2004 vi possano essere norme di grande riforma puo' ovviamente bene essere. Se tali siano le non meglio identificate «norme di semplificazione procedimentale» che in esso siano previste puo' ancora bene essere, benche' sia in ogni caso impossibile valutare la questione sin quando non si specifichi di quali norme si stia parlando. Ma qualunque sia il valore delle disposizioni del Codice (valore che in ogni caso non dipende minimamente da cio' che ne possa dire il d.P.R. n. 139 del 2010), cio' che sicuramente va escluso e' che le norme di grande riforma siano quelle contenute nello stesso regolamento sulla semplificazione delle procedure per gli interventi di lieve entita'. L'art. 6, comma 2, equivocamente specula sull'indiscusso principio secondo il quale la Provincia di Trento ha un dovere di adeguamento alle eventuali norme di grande riforma contenute nello stesso Codice, per dedurne, con un evidente salto logico, un dovere di adeguamento alle norme del regolamento. Questo infatti per definizione non puo' contenere «norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica» ai sensi dello Statuto di autonomia, per le ragioni gia' esposte al punto 1) del presente ricorso. Di qui l'irrilevanza di tale titolo di intervento statale nella presente controversia, e l'illegittimita' dell'incongruo richiamo che ne fa l'impugnato art. 6, comma 2. 4. - In subordine. Violazione dell'art. 3 d.lgs. n. 266/1992 e in ogni caso illegittimita' dell'art. 6, comma 2, anche come atto di indirizzo e coordinamento. L'art. 3 del decreto legislativo n. 266 del 1992 prevede, per gli atti statali di indirizzo e di coordinamento, specifiche forme di consultazione diretta con la regione o le province autonome secondo le rispettive competenze. Il d.P.R. n. 139/2010 si qualifica espressamente come regolamento, in coerenza con l'art. 146, comma 9, del Codice. E' dunque per mero tuziorismo che si segnala che il d.P.R. n. 139/2010 sarebbe illegittimo anche qualora fosse considerato atto di indirizzo e coordinamento. Infatti, in primo luogo, il Governo non ha acquisito lo specifico parere della Provincia, richiesto dall'art. 3, comma 3, d.lgs. n. 266/1992. Ne' si potrebbe replicare che vi e' stato il coinvolgimento della Conferenza unificata, dato che nella Conferenza la posizione della Provincia non e' decisiva (i gruppi delle autonomie decidono a maggioranza), e dato che in ogni modo l'intesa della Conferenza non puo' surrogare la consultazione individuale della Provincia. Inoltre, anche considerato come atto di indirizzo e coordinamento esso sarebbe in ogni caso viziato in relazione a quanto sopra considerato nei punti 2) e 3), per le ragioni ivi esposte. Infine, gli atti di indirizzo e coordinamento sono soggetti al principio di legalita' sostanziale, in base a consolidata giurisprudenza costituzionale, e l'art. 146, comma 9, del Codice non contiene criteri sufficienti a limitare la discrezionalita' governativa e a soddisfare il principio di legalita' sostanziale. Esso, infatti, affida al regolamento il compito di stabilire «procedure semplificate per il rilascio dell'autorizzazione in relazione ad interventi di lieve entita' in base a criteri di snellimento e concentrazione dei procedimenti», dettando dunque criteri del tutto generici ed insufficienti per dare fondamento ad un potere di indirizzo e coordinamento. Del resto, l'art. 146, comma 9, non presupponeva certo che il regolamento pretendesse di applicarsi alle Province autonome; anzi, l'art. 8 del Codice - come gia' detto - contiene una clausola di salvaguardia delle competenze delle Regioni speciali.