IL GIUDICE DI PACE DI SONDRIO 
 
    Visti gli atti del procedimento penale n. 82/09 R.G.  G.d.P.  (n.
545/09 R. n. e. P.M.). 
    Contro: 
      1) ALI  Sherif,  nato  a  Fayum  (Egitto)  il  5  giugno  1988,
domiciliato in Milano, Via Padova. 
      2) AWD Salh,  nato  a  Fayum  (Egitto)  il  1°  novembre  1981,
domiciliato in Milano, Via Venosta n. 85. 
    Entrambi assistiti e difesi dall'Avv. Marco Del Curto,  difensore
d'ufficio, del Foro di Sondrio, procuratore domiciliatario; 
    imputati entrambi del reato di  cui  all'art.  10-bis  d.lgs.  n.
286/1998, perche' si trattenevano  nel  territorio  dello  Stato,  in
violazione delle disposizioni  del  Testo  Unico  delle  disposizioni
concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione.  Reati  accertati  in
Sondrio in data 17 settembre 2009. 
 
                               Osserva 
 
    1. L'art. 10-bis del d.lgs.  286/1998,  introdotto  dell'art.  1,
comma  16,  della  legge  15  luglio  2009  n.   94   ha   introdotto
nell'ordinamento  italiano  il  nuovo  reato   contravvenzionale   di
«ingresso e soggiorno illegale nel territorio  dello  Stato»,  punito
con l'ammenda da 5.000 a 10.000 euro,  che  si  configura  quando  lo
straniero «fa ingresso  ovvero  si  trattiene  nel  territorio  dello
Stato, in violazione delle  disposizioni  del  presente  testo  unico
nonche' di quelle di cui all'art. 1 della legge  28  maggio  2007  n.
68». Pertanto dall'8 agosto 2009 tutti gli stranieri  che  varcano  i
confini dello Stato senza rispettare le norme in materia di  ingresso
nel territorio italiano  ovvero  che  sono  presenti  sul  territorio
nazionale senza essere autorizzati alla permanenza, non saranno  piu'
destinatari  di  provvedimenti  amministrativi  di  espulsione  o  di
respingimento,  come  avveniva  prima  di  tale  data,   ma   saranno
denunciati in base alla nuova ipotesi di reato. 
    La criminalizzazione di questo «status» da parte del  legislatore
appare in contrasto con  alcuni  fondamentali  principi  della  Carta
costituzionale, sicche' non puo'  dirsi  infondata  la  questione  di
costituzionalita' della citata norma sotto vari profili. 
    2. Violazione dell'art. 3 Costituzione  sotto  il  profilo  della
irragionevolezza  di  criminalizzare  l'ingresso  e   la   permanenza
clandestina nel territorio dello Stato italiano. 
    Sebbene e' riconosciuto al legislatore il potere di  regolare  la
materia dell'immigrazione facendo uso del  potere  discrezionale  che
gli e' proprio nell'interesse pubblico  e  di  controllo  dei  flussi
migratori, la sua azione trova limiti nei principi  fondamentali  del
sistema penale stabiliti  dalla  Costituzione  e  nell'osservanza  di
soluzioni ispirate a  canoni  di  ragionevolezza  e  di  razionalita'
finalistica. 
    Sotto questo profilo, l'irragionevolezza della nuova  fattispecie
criminosa  resta  acclarata  dal  fatto  che  con  essa  si   intende
perseguire l'allontanamento dal territorio italiano  dello  straniero
irregolare ricorrendo alla sua criminalizzazione. 
    Cio' e' chiaramente desumibile dalle disposizioni accessorie alla
fattispecie incriminatrice aventi ad  oggetto  proprio  l'espulsione,
come prova la sanzione sostitutiva irrogabile dal Giudice di pace  ai
sensi  dell'art.  16  d.lgs.  286/98,  appositamente  modificato  per
comprendervi: a) la sentenza di condanna per il reato di cui all'art.
10-bis,  b)  la  causa  di  improcedibilita'  dell'azione  penale  in
presenza di espulsione  dello  straniero  in  via  amministrativa  e,
infine, c) la mancata previsione della necessita'  di  richiedere  il
nulla    osta    dell'Autorita'    Giudiziaria    per    l'esecuzione
dell'espulsione in via amministrativa. 
    Pertanto,  stante  la  vera  evidente  finalita'  perseguita  dal
legislatore con l'introdotta norma penale, la stessa appare priva  di
una ratio giustificatrice poiche'  il  sottaciuto  obiettivo,  quello
dell'espulsione  dell'extracomunitario,  era  gia'  perseguibile  con
l'applicazione del disposto dell'art. 13, comma 4, d.lgs. 286/98. 
    Ma la evidenziata irragionevolezza che  ammanta  la  nuova  norma
penale   e'   ulteriormente   emergente   dal   complessivo   profilo
sanzionatorio comprensivo non solo della pena dell'ammenda, ma  anche
dal  divieto  di  applicazione  del   beneficio   della   sospensione
condizionale  della  pena   per   effetto   dell'attribuzione   della
competenza al Giudice di pace ex art. 4, comma 2, lett. s-bis) d.lgs.
274/2000, e dalla facolta' concessa al Giudice onorario di sostituire
la pena principale  con  sostitutiva,  quella  dell'espulsione  dallo
Stato, per un periodo non inferiore a cinque anni, che oggettivamente
e' piu' grave della sanzione principale. 
    3. Violazione dell'art. 3 Cost per  irragionevole  disparita'  di
trattamento tra il reato di cui all'art. 10-bis e la  fattispecie  di
cui  all'art.  14,  co.  5-ter,  d.lgs.  286/98  in  relazione   alla
punibilita'  dello  straniero  che  non   ottempera   all'ordine   di
allontanamento  del  Questore  solo  ove  costui  si  trattiene   sul
territorio  italiano  «oltre   il   termine   stabilito»   e   «senza
giustificato motivo». Nella nuova fattispecie  criminosa,  introdotta
dall'art. 10-bis  d.lgs.  286/81,  queste  due  condizione  non  sono
presenti; qui basta che all'interessato viene meno  per  qualsivoglia
motivo il permesso di soggiorno  per  concretizzarsi  la  fattispecie
criminosa, senza possibilita' alcuna per l'interessato di far  valere
una qualche causa di giustificazione. 
    4. Violazione dell'art. 3 e 25, co. 2, Cost. da  parte  dell'art.
10-bis d.lgs.  286/98  in  relazione  alla  punibilita'  collegata  a
condizioni  personali  del  soggetto  attivo  anziche'  su  fatti   e
comportamenti riconducibili alla volonta' dello stesso. 
    La nuova  fattispecie  criminosa  introdotta  con  l'art.  10-bis
colpisce una mera condizione personale dello straniero: cioe' a  dire
la condizione di migrante. A costui infatti si imputa il reato per il
sol fatto che e' privo di un titolo abilitativo all'ingresso e/o alla
permanenza nel territorio  dello  Stato.  Tale  situazione,  che  non
implica di per se' pericolosita' sociale, non sempre e' riconducibile
ad una condotta  volontaria  dello  straniero,  il  quale  spesso  e'
costretto a fuggire dal suo Paese per  ragioni  di  sopravvivenza.  E
tanta e' la sua disperazione  che  non  esita  ad  affrontare  viaggi
estremamente pericolosi, spesso con esiti mortali, ovvero a  mettersi
nelle mani di criminali senza scrupoli. 
    Sul punto e' stato osservato che,  «l'ingresso  o  la  permanenza
illegale del singolo straniero non rappresentano, di per  se',  fatti
lesivi di beni meritevoli di tutela, ma  sono  l'espressione  di  una
condizione  individuale,  la  condizione  di  migrante:  la  relativa
incriminazione, pertanto, assume un connotato discriminatorio catione
subiecti contrastante non solo col principio di eguaglianza,  ma  con
la fondamentale garanzia costituzionale in materia  penale,  in  base
alla quale si puo' essere puniti solo per fatti materiali». 
    5. Violazione dell'art. 2  Cost  che  riconosce  e  garantisce  i
diritti inviolabili dell'uomo e  richiede  l'adempimento  dei  doveri
inderogabili di solidarieta' politica, economica e sociale. 
    Gia' dal 1995 la Corte Costituzionale  con  la  sentenza  n.  519
affermava che «Gli squilibri e le forti tensioni  che  caratterizzano
le  societa'  piu'   avanzate   producono   condizioni   di   estrema
emarginazione  e   ...l'affiorare   di   tendenze,   anche   soltanto
tentazioni, volte a nascondere la miseria e a considerare le  persone
in condizione di poverta' come pericolosi colpevoli». Soggiungeva  la
Corte che «la coscienza sociale ha compiuto un ripensamento a  fronte
di comportamenti  un  tempo  ritenuti  pericolo  incombente  per  una
ordinata   convivenza   e   la   societa'   civile   -    consapevole
dell'insufficienza dell'azione dello Stato  -  ha  attivato  autonome
risposte, come testimoniano le  organizzazioni  di  volontariato  che
hanno tratto la loro ragion d'essere, e la loro  regola,  dal  valore
costituzionale della solidarieta'». 
    Ora,  sebbene  quei  concetti  furono  evocati  dalla  Corte  per
concludere per l'incostituzionalita' del reato  di  mendicita',  essi
restano pietre miliari per la tutela dei nuovi poveri  di  oggi,  gli
stranieri migranti appunto, che con la loro  condotta  non  invasiva,
risolvendosi essa in una richiesta di aiuto per  una  aspettativa  di
una  vita  migliore,  non  pongono  seriamente  in  pericolo  i  beni
giuridici della tranquillita' pubblica e dell'ordine pubblico. 
    Ne consegue che il fenomeno dell'immigrazione di massa  non  puo'
essere affrontato con lo strumento penale. 
    6. Violazione dell'art. 117 Cost con  riferimento  agli  obblighi
internazionali assunti dall'Italia  in  materia  di  trattamento  dei
migranti. 
    La richiamata norma costituzionale e' violata ogni  qualvolta  il
legislatore ordinario non rispetti le  norme  poste  dai  trattati  e
dalle convenzioni internazionali. 
    Sotto questo profilo viene in rilievo il «Protocollo  addizionale
della  Convenzione  delle  Nazioni  Unite  contro   la   criminalita'
organizzata transnazionale per combattere il  traffico  di  migranti»
sottoscritto nel corso della conferenza di Palermo del 12-15 dicembre
2000. 
    In particolare l'art. 6 del Protocollo  prevede  che  ogni  Stato
Parte adotti misure legislative per conferire il carattere  di  reato
ad alcune  condotte,  quali  ad  esempio  il  traffico  di  migranti,
fabbricazione di falsi  documenti  di  viaggio,  ma  l'art.  5  detto
Protocollo stabilisce  che  i  migranti  non  diventano  assoggettati
all'azione penale fondata sul presente Protocollo  per  il  fatto  di
essere stati oggetto delle  condotte  di  cui  all'art.  6,  articolo
questo che impone pure agli Stati di adottare le  misure  legislative
atte a preservare e tutelare i diritti delle persone che  sono  state
oggetto di quelle condotte  criminose  e  di  fornire  «un'assistenza
adeguata ai migranti la cui vita, o incolumita', e' in  pericolo  dal
fatto di essere stati oggetto delle condotte di cui all'art. 6». 
    Ne consegue che, siccome il nuovo reato di ingresso  e  soggiorno
illegale nel territorio  dello  Stato  persegue  i  migranti  che  si
trovano in una condizione rispetto alla quale lo Stato si e'  assunto
l'impegno ad assisterli e proteggerli, l'art. 10-bis d.lgs. 286/98 in
contrasto con  gli  obblighi  internazionali  assunto  dall'Italia  e
quindi viola il precetto costituzionale dell'art. 117 Costituzione.