Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo  59,  comma
3,  della  legge  della  Regione  Puglia  4  agosto   2004,   n.   14
(Assestamento e  prima  variazione  al  bilancio  di  previsione  per
l'esercizio finanziario 2004) promosso dal  Consiglio  di  Stato  nel
procedimento vertente tra Ficco Donata e la Regione Puglia  ed  altri
con ordinanza del 23 marzo 2009  iscritta  al  n.  211  del  registro
ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 35, 1ª serie speciale, dell'anno 2009. 
    Visti gli atti di costituzione di Ficco Donata  e  della  Regione
Puglia; 
    Udito nell'udienza pubblica  del  16  novembre  2010  il  giudice
relatore Sabino Cassese; 
    Uditi gli avvocati Giuseppe Gallo  per  Ficco  Donata  e  Alfonso
Celotto per la Regione Puglia. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Il Consiglio di Stato, con ordinanza del 23 marzo  2009,  ha
sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'articolo  59,
comma 3, della legge della  Regione  Puglia  4  agosto  2004,  n.  14
(Assestamento e  prima  variazione  al  bilancio  di  previsione  per
l'esercizio finanziario 2004), per violazione degli artt. 3, 24, 97 e
113 della Costituzione. 
    La disposizione  censurata  stabilisce  che  «In  sede  di  prima
applicazione delle disposizioni di  cui  al  presente  articolo  sono
fatti salvi gli  esiti  delle  procedure  di  progressione  verticale
effettuate in  base  alla  Delib.G.R.  30  dicembre  1997,  n.  10179
(Articoli 30 e 32 della legge regionale 4 febbraio 1997, n. 7 - Bandi
di concorsi interni riservati al personale di ruolo  della  Regione).
Restano fermi, pertanto, gli inquadramenti effettuati in base a  tali
procedure da imputarsi all'aliquota di cui al comma 1,  anche  se  in
esubero rispetto alla medesima. I  posti  in  esubero  rispetto  alla
citata aliquota sono portati in detrazione dall'aliquota  di  cui  al
comma 2  in  occasione  dell'espletamento  di  procedure  concorsuali
successive alla data di entrata in vigore della presente legge». 
    2. -  Il  collegio  rimettente  riferisce  che  l'appellante  nel
giudizio principale chiede la riforma della sentenza con cui e' stato
rigettato, in primo grado, il suo ricorso avverso una delibera  della
Giunta della Regione Puglia che, in asserita ottemperanza di sentenze
di  annullamento  di  concorsi  interamente  riservati  al  personale
interno, adottate dal giudice amministrativo,  ha  indetto  un  nuovo
concorso pubblico per un numero insufficiente di posti. 
    In base a quanto espone il giudice a quo, la  Regione  Puglia  ha
bandito, nel 1998 e nel 1999, due concorsi,  rispettivamente  per  la
copertura di n. 482 posti di VIII qualifica funzionale e  di  n.  381
posti  di  VII  qualifica  funzionale,  interamente  riservati   agli
impiegati  regionali  inquadrati   nella   qualifica   immediatamente
inferiore, conformemente a quanto allora previsto dall'art. 32  della
legge della Regione Puglia 4 febbraio 1997, n. 7 (Norme in materia di
organizzazione dell'Amministrazione regionale) e dall'art.  39  della
legge della Regione Puglia  9  maggio  1984,  n.  26  (Norme  per  la
disciplina del  trattamento  giuridico  ed  economico  del  personale
regionale per il triennio 1982-1984 - Accordo nazionale del 29 aprile
1983). 
    Adito con ricorsi proposti da funzionari  regionali  esclusi  dai
predetti  concorsi  per  carenza  del   requisito   della   qualifica
immediatamente inferiore, il Tribunale amministrativo  regionale  per
la Puglia  ha  successivamente  promosso  questione  di  legittimita'
costituzionale delle predette disposizioni legislative regionali, che
sono state dichiarate illegittime da questa Corte  (sentenza  n.  373
del 2002, nella parte in cui esse  riservavano  «il  100%  dei  posti
messi a concorso a  personale  interno»).  Conseguentemente,  il  Tar
Puglia, con diverse sentenze adottate nel 2004 (nn. 2610, 2842,  2836
e 5227), ha annullato le procedure  concorsuali  indette  sulla  base
delle norme dichiarate costituzionalmente illegittime,  specificando,
secondo quanto riferisce il rimettente, che «la copertura  dei  posti
[...] disponibili [...] alla  data  di  indizione  dei  concorsi  non
poteva avvenire attraverso un reclutamento soltanto interno e che  la
Regione, nell'indire una nuova procedura concorsuale  avrebbe  dovuto
operare ora per allora, avendo a riferimento non solo i posti vacanti
ad una certa data,  ma  anche  la  disciplina  normativa  che  allora
regolava lo status dei dipendenti regionali». 
    In tale  contesto,  la  Regione  Puglia  ha  approvato  la  norma
legislativa censurata,  con  essa  facendo  salvi  «gli  esiti  delle
procedure di progressione verticale  effettuate»  in  base  ai  bandi
annullati dal giudice amministrativo,  e,  in  asserita  ottemperanza
delle sentenze rese da questa Corte e dal giudice amministrativo,  ha
adottato la delibera oggetto di impugnazione nel giudizio a quo,  con
la quale e' stato indetto un concorso,  aperto  agli  esterni,  volto
alla copertura di 60 (30 per la categoria D1 e 30  per  la  categoria
D3) degli originari 863 posti cui si riferivano  i  concorsi  interni
annullati. 
    L'appellante   nel   giudizio   principale   ha   partecipato   a
quest'ultimo concorso, conseguendo un punteggio superiore al  minimo,
ma non sufficiente per accedere alle prove successive, in ragione del
numero limitato di posti messi a  concorso,  la  cui  quantificazione
egli ha conseguentemente contestato, proponendo prima ricorso al  Tar
Puglia,  che  lo  ha  dichiarato   inammissibile   per   carenza   di
legittimazione ad agire, e poi proponendo l'appello che forma oggetto
del giudizio principale, con il  quale  egli  deduce  l'elusione  del
giudicato  amministrativo  e  l'illegittimita'  costituzionale  della
sopravvenuta norma censurata. 
    3. -  Cio'  premesso,  il  collegio  rimettente  ritiene  che  la
questione di legittimita' costituzionale della  norma  censurata  sia
rilevante e non manifestamente infondata. 
    3.1. - In punto di rilevanza, il giudice a quo,  premettendo  che
all'appellante deve  riconoscersi  un  «interesse  sostanziale»  alla
quantificazione dei posti messi a  concorso  in  esatta  ottemperanza
delle sentenze con cui il giudice amministrativo ha annullato «atti a
contenuto generale ad effetti indivisibili», quali sono  i  bandi  di
concorso interamente riservati al personale interno, osserva  che  le
predette  sentenze  hanno  prodotto,  «quale  effetto  conformativo»,
l'obbligo della Regione di procedere, «ora  per  allora»,  a  bandire
concorsi aperti agli esterni,  che  secondo  il  collegio  rimettente
devono  avere  ad  oggetto  almeno  il  50%   di   quei   posti,   in
considerazione   della    «esplicita    indicazione    della    Corte
Costituzionale per la quale la riserva  limitata  al  50%  dei  posti
messi  a  concorso,  in  favore   del   personale   della   qualifica
immediatamente inferiore [...] e' stata ritenuta non irragionevole  e
non lesiva del precetto  costituzionale».  Tuttavia,  ad  avviso  del
collegio rimettente, la possibilita' della Regione  di  adempiere  al
predetto obbligo, mettendo a concorso il 50% dei  posti  vacanti  nel
1998/1999, e' rimasta preclusa dalla sopravvenuta «sanatoria» operata
dalla disposizione legislativa censurata,  che  ha  fatto  pienamente
salvi gli esiti delle procedure  concorsuali  annullate  dal  giudice
amministrativo, cosi' determinando il ridotto numero di posti messi a
concorso con la delibera impugnata. Ne' sono invocabili,  secondo  il
collegio rimettente, impedimenti sopraggiunti diversi dalla esistenza
della  censurata  sanatoria  legislativa,  quali   i   vincoli   alle
assunzioni derivanti da leggi sopravvenute, dal momento che «le leggi
finanziarie che dall'anno 2002 hanno limitato il numero dei posti  da
coprire valevano per quelli che si erano resi liberi  successivamente
all'anno 2001 ma non per quelli per cui la  ricognizione  di  vacanza
era stata effettuata negli anni 1998/1999, che erano  stati  comunque
(illegittimamente) coperti ed in ordine ai quali si  era  formato  il
giudicato che imponeva di utilizzare diverse procedure». 
    3.2. - Quanto alla valutazione di non manifesta infondatezza,  il
giudice a quo ritiene che la disposizione legislativa censurata,  nel
dare «reviviscenza a norme dichiarate  incostituzionali  dalla  Corte
Costituzionale» per violazione dei principi di «imparzialita' e [...]
buon andamento dell'amministrazione», si ponga in contrasto  con  gli
artt. 3 e 97 Cost. 
    Ad avviso del collegio rimettente,  inoltre,  tale  disposizione,
che possiede i caratteri della legge provvedimento, «confligge  anche
con  il  principio  di  effettivita'  della  tutela  giurisdizionale,
sancito dagli artt. 24 e 113 della Costituzione, per essere state dal
legislatore regionale pretermesse non solo sentenze di  un  Tribunale
amministrativo   ma   anche   una   sentenza   della   stessa   Corte
Costituzionale». 
    4. - La Regione Puglia, parte appellata nel giudizio  principale,
si e'  costituita  in  giudizio  in  data  17  settembre  2009  e  ha
successivamente depositato memoria in data 21 ottobre 2010. La difesa
regionale osserva,  innanzitutto,  che  successivamente  al  deposito
dell'ordinanza di rimessione, l'appellante nel giudizio principale ha
sostenuto la prova orale del concorso pubblico senza  raggiungere  il
punteggio  minimo  richiesto  per   il   suo   superamento,   venendo
conseguentemente meno il suo interesse  a  contestare  il  numero  di
posti messi a concorso con la delibera impugnata. Tale circostanza di
fatto,  ad  avviso  della  difesa   regionale,   determinerebbe   una
sopravvenuta   irrilevanza   della    questione    di    legittimita'
costituzionale sollevata nell'ambito  del  giudizio  principale,  con
conseguente obbligo della Corte costituzionale di restituire gli atti
al giudice a quo per una valutazione della perdurante rilevanza della
questione di legittimita' costituzionale. 
    In    via    subordinata,    la    Regione    Puglia    eccepisce
l'inammissibilita'  della   sollevata   questione   di   legittimita'
costituzionale,  in   considerazione   del   carattere   alternativo,
contraddittorio e non univoco del petitum  formulato  dal  giudice  a
quo, il quale, per un verso, chiederebbe  una  pronuncia  caducatoria
della disposizione censurata e, per altro verso, domanderebbe  invece
«un intervento  additivo  affinche'  si  colmi  l'incostituzionalita'
mediante l'ampliamento del numero di posti  messi  a  concorso  dalla
Regione Puglia». Infine, nel merito, la difesa regionale contesta che
gli artt. 3 e 97 Cost. risultino violati dalla disciplina  censurata,
la  quale,   anziche'   ripristinare   le   norme   gia'   dichiarate
incostituzionali riproponendo  un  bando  di  concorso  integralmente
riservato  ai  dipendenti  regionali,  avrebbe  invece  «cercato   di
rinvenire un ragionevole punto di bilanciamento tra  le  esigenze  di
ribandire concorsi con riserva non superiore al 50% per  i  candidati
interni e di salvaguardare comunque il fascio  di  affidamenti  e  di
aspettative  dei  dipendenti  che  erano  comunque   gia'   risultati
vincitori dei precedenti concorsi».  Ne'  sussisterebbe,  secondo  la
difesa della Regione Puglia, l'ipotizzata violazione degli artt. 24 e
113 Cost. determinata dal numero  insufficiente  dei  posti  messi  a
concorso,  dal  momento  che  i  vincoli  derivanti  dalla  normativa
finanziaria e di bilancio  non  avrebbero  comunque  consentito  alla
Regione di mettere a concorso la  meta'  dei  posti  originari,  come
richiesto dalle pronunce della Corte  costituzionale  e  del  giudice
amministrativo. 
    5. - L'appellante nel giudizio principale, che si  e'  costituito
in giudizio con atto depositato  in  data  22  settembre  2009  e  ha
presentato successiva memoria in data 21 ottobre 2010, facendo propri
gli argomenti e  le  conclusioni  dell'ordinanza  di  rimessione,  ha
insistito per la declaratoria di illegittimita' costituzionale  della
disciplina censurata. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Consiglio di Stato, con ordinanza del 23 marzo  2009,  ha
sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'articolo  59,
comma 3, della legge della  Regione  Puglia  4  agosto  2004,  n.  14
(Assestamento e  prima  variazione  al  bilancio  di  previsione  per
l'esercizio finanziario 2004), per violazione degli artt. 3, 24, 97 e
113 della Costituzione. 
    Ad avviso del collegio rimettente, la norma censurata,  nel  fare
«salvi  gli  esiti»  di   «procedure   di   progressione   verticale»
interamente riservate a personale interno, che erano state bandite ed
espletate in applicazione di norme legislative  dichiarate  per  tale
ragione illegittime da questa Corte (sentenza n. 373 del 2002), e che
erano state conseguentemente annullate  dal  giudice  amministrativo,
violerebbe  gli  artt.  3  e  97   della   Costituzione,   «incidendo
sull'imparzialita' ed il buon andamento dell'amministrazione»,  e  si
porrebbe altresi' in contrasto  «con  il  principio  di  effettivita'
della tutela giurisdizionale, sancito dagli  artt.  24  e  113  della
Costituzione». 
    2. - Preliminarmente, va respinta la  richiesta,  avanzata  dalla
difesa della Regione Puglia, di restituire gli atti al giudice a  quo
per una valutazione della perdurante  rilevanza  della  questione  di
legittimita'  costituzionale.  Il  collegio  rimettente  ha   infatti
motivato in modo non implausibile circa la rilevanza della  questione
sollevata. Il giudizio costituzionale e' autonomo rispetto  a  quello
principale,  nel  senso  che  non  risente  delle  vicende  di  fatto
successive  all'ordinanza  di  rimessione  (secondo  quanto  disposto
dall'art. 18 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale), quale la dedotta sopravvenuta carenza  di  interesse
dell'appellante nel giudizio principale in ragione del conseguimento,
da parte  di  quest'ultimo,  di  un  punteggio  inferiore  al  minimo
richiesto nelle prove orali del concorso. 
    Deve essere inoltre  disattesa  l'eccezione  di  inammissibilita'
sollevata, in  via  subordinata,  dalla  medesima  difesa  regionale.
Contrariamente  a  quanto  da  quest'ultima  affermato,  infatti,  il
petitum formulato dal giudice a quo e' chiaro e univoco. Il  collegio
rimettente domanda una pronuncia con effetto  di  annullamento  della
disposizione censurata, senza fare alcun riferimento,  nella  propria
ordinanza di rimessione, ad interventi  additivi  o  manipolativi  da
parte di questa Corte. 
    3. - Nel merito, la questione e' fondata. 
    3.1. -  La  disciplina  censurata  ha  fatto  salvi  gli  effetti
dell'applicazione    di    disposizioni    legislative     dichiarate
costituzionalmente illegittime da questa Corte con la sentenza n. 373
del 2002. Essa, pertanto, ha riprodotto il medesimo vizio  di  quelle
norme, cioe' la violazione  dei  principi  di  imparzialita'  e  buon
andamento, determinata dalla previsione di una riserva  al  personale
interno della totalita' dei posti messi  a  concorso  dalla  pubblica
amministrazione. L'orientamento affermato nella sentenza n.  373  del
2002 e' stato ribadito ulteriormente nella successiva  giurisprudenza
di questa Corte, secondo la quale una riserva integrale ai dipendenti
gia' in servizio dei posti messi a  concorso,  come  quella  prevista
dalle procedure di cui la disposizione censurata ha fatto  salvi  gli
esiti,  contraddice  il  carattere  aperto  della  selezione.  Questo
rappresenta un elemento essenziale del concorso  pubblico  e  il  suo
difetto costituisce lesione degli artt. 3 e 97 Cost. (sentenze n. 169
e n. 100 del 2010, n. 293 del 2009). 
    3.2. - Sotto altro profilo, la norma censurata, in  quanto  legge
provvedimento che incide sugli effetti di un giudicato,  interferisce
con l'esercizio  della  funzione  giurisdizionale,  determinando  una
violazione anche degli artt. 24 e 113 Cost. (fra le  molte,  sentenze
n. 24 del 2009 e n. 267 del 2007). 
    4. - Va quindi dichiarata l'illegittimita'  costituzionale  della
disposizione censurata.