Ordinanza 
 
nel giudizio per conflitto di attribuzione  tra  poteri  dello  Stato
sorto a seguito della nota del Presidente del Consiglio dei  ministri
del 3 dicembre  2009,  n.  50067/181.6/2/07.IX.I  e  della  nota  del
Presidente del Consiglio  dei  ministri  del  22  dicembre  2009,  n.
52285/181.6/2/07.IX.I, promosso dal Giudice dell'udienza  preliminare
del Tribunale di Perugia con ricorso depositato in cancelleria il  15
giugno 2010 ed iscritto al n. 7 del  registro  conflitti  tra  poteri
dello Stato 2010, fase di ammissibilita'. 
    Udito nella camera di consiglio del 15 dicembre 2010  il  Giudice
relatore Giuseppe Tesauro. 
    Ritenuto che, con  ordinanza/ricorso,  depositata  il  15  giugno
2010, il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale  di  Perugia,
nel corso di un processo penale a  carico  di  un  ex  direttore  del
SISMI, nonche' di un ex collaboratore prima ed ex dipendente poi  del
medesimo SISMI, ha sollevato conflitto  di  attribuzione  fra  poteri
dello Stato nei confronti del Presidente del Consiglio dei  ministri,
in relazione a due note del predetto, rispettivamente del 3  dicembre
2009  (n.  50067/181.6/2/07.IX.I)  e  del  22   dicembre   2009   (n.
52285/181.6/2/07.IX.I); 
        che il ricorrente premette che,  con  le  predette  note,  il
Presidente del Consiglio dei ministri aveva confermato il segreto  di
Stato  opposto  dai  citati  soggetti  nel  corso   dell'espletamento
dell'interrogatorio di cui all'articolo 415-bis, commi  3  e  5,  del
codice di procedura penale in relazione a «modi  e  forme  dirette  e
indirette di finanziamento per la gestione  da  parte  di  Pio  Pompa
della sede del SISMI di via Nazionale a Roma,  allorche'  il  sevizio
era retto da Nicolo'  Pollari»,  a  «modi  e  forme  di  retribuzione
diretta o indiretta, di Pio Pompa e Jenny Tontodimamma, collaboratori
prima e dipendenti poi del SISMI diretto da Nicolo' Pollari», piu' in
generale a «direttive ed ordini impartiti dalle competenti  Autorita'
di governo», a «questioni inerenti agli interna corporis del  SISMI»,
in  tal  modo  precludendo  al  giudice  penale  l'acquisizione   e/o
l'utilizzazione   di    informazioni    necessarie    a    consentire
l'accertamento del fatto-reato, in una fase, quella della conclusione
delle indagini preliminari,  «nella  quale  [...]  gia'  si  dovrebbe
pervenire alla dichiarazione di non doversi procedere  nei  confronti
degli imputati, senza accedere alla successiva fase  dibattimentale»,
senza alcuna specificazione circa la rispondenza del segreto, in tale
peculiare ambito, alle finalita' tenute in considerazione dalla legge
che lo tutela; 
        che, ad avviso del ricorrente, il segreto non  sarebbe  stato
legittimamente  opposto  ma  riguarderebbe  vicende   estranee   alle
finalita' a tutela delle quali  puo'  essere  apposto,  cosicche'  il
medesimo ricorrente afferma di non aver potuto far altro che proporre
conflitto di attribuzione, denunciando  l'illegittima  lesione  delle
attribuzioni   giurisdizionali,   essendo   indubbia   la   rilevanza
dell'opposizione del segreto di Stato nella  definizione  della  fase
pendente  del  giudizio  penale  instaurato  a  carico  dei  predetti
soggetti; 
        che, infatti, la non opponibilita' del segreto di  Stato  nei
termini di cui alle note 3 dicembre  2009  e  22  dicembre  2009  del
Presidente del Consiglio dei  ministri,  discenderebbe  dagli  stessi
principi espressi in passato dalla  giurisprudenza  costituzionale  e
dalle linee-guida della normativa sul tema,  volta  a  realizzare  un
sempre maggiore contemperamento  tra  le  finalita'  del  segreto  di
Stato, e cioe' fra il supremo interesse della sicurezza  dello  Stato
inteso quale interesse dello Stato-comunita' alla propria  integrita'
territoriale ed alla propria indipendenza, di cui agli articoli 1,  5
e 52  della  Costituzione,  e  la  tutela  degli  altri  fondamentali
interessi tutelati dalla Costituzione; 
        che, secondo il ricorrente, sia dalla legge 24 ottobre  1977,
n. 801 (Istituzione e ordinamento dei servizi per le  informazioni  e
la sicurezza e  disciplina  del  segreto  di  Stato,  che  sia  dalla
successiva legge 3 agosto 2007, n. 124 (Sistema di  informazione  per
la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto), ed  in
specie dal decreto del Presidente del Consiglio dei  ministri  dell'8
aprile  2008  (Criteri  per  l'individuazione  delle  notizie,  delle
informazioni, dei documenti, degli atti, delle attivita', delle  cose
e dei luoghi suscettibili di essere oggetto di segreto di Stato), che
alla citata legge n. 124 ha dato attuazione, si  evincerebbe  che  il
segreto di Stato non puo' essere opposto con  riguardo  ad  attivita'
estranee alle finalita' istituzionali del servizio; 
        che, in particolare, in nessun punto dell'elenco allegato  al
d.P.C.m. si farebbe  riferimento  alla  possibilita'  di  opporre  il
segreto di Stato in  relazione  al  dato  relativo  all'esistenza  di
finanziamenti del Servizio per lo svolgimento di  attivita'  estranee
alle finalita' istituzionali dello  stesso  ovvero  di  direttive  ed
ordini nei confronti di dipendenti  e  collaboratori,  impartite  dal
Direttore e finalizzate a siffatte attivita',  come  gia'  dimostrato
dallo stesso art. 26, comma 1, della legge n. 124  del  2007  che  ha
stabilito che «la raccolta e il trattamento  delle  notizie  e  delle
informazioni sono finalizzati esclusivamente al  perseguimento  degli
scopi istituzionali del Sistema di informazioni per la sicurezza»; 
        che, quindi, nella specie, secondo il GUP di  Perugia,  posto
che la condotta ascritta agli imputati nel giudizio pendente  dinanzi
al medesimo sarebbe riferita ad un  indebito  utilizzo  dei  fondi  e
delle  risorse  del  Servizio  per  l'espletamento  di   un'attivita'
sicuramente estranea ai compiti istituzionali  del  SISMI  e  che  in
seguito e'  stata  addirittura  sanzionata  penalmente,  risulterebbe
evidente che l'opposizione (e  la  conferma)  del  segreto  di  Stato
inerente a tali vicende - tale da «precludere al  giudice  penale  la
verifica  dell'intera  fenomenologia  del  fatto,  in  tutti  i  suoi
elementi costitutivi, intrinseci ed estrinseci» - non sia rispondente
alle finalita' tenute in considerazione dalla legge che lo tutela; 
        che, pertanto, il ricorrente chiede che la Corte dichiari che
non spettava al Presidente del  Consiglio  dei  ministri  «secretare,
mediante conferma dell'opposizione del segreto da altri opposto, modi
e forme dirette e indirette di finanziamento per la gestione da parte
di Pio Pompa della sede del SISMI di via Nazionale a Roma,  allorche'
il  sevizio  era  retto  da  Nicolo'  Pollari»,  «modi  e  forme   di
retribuzione diretta o indiretta, di Pio Pompa e Jenny  Tontodimamma,
collaboratori prima e dipendenti poi del  SISMI  diretto  da  Nicolo'
Pollari», nonche' l'esistenza di «direttive  ed  ordini,  durante  il
periodo in cui il SISMI e' stato retto da Nicolo' Pollari,  impartiti
ai  menzionati  Pio  Pompa  e  Jenny  Tontodimamma  di  raccolta   di
informazione su magistrati italiani o stranieri»  e  conseguentemente
annulli i predetti atti di conferma del segreto. 
    Considerato  che,  in  questa  fase   del   giudizio,   a   norma
dell'articolo 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87,  la  Corte  costituzionale   e'   chiamata   a   delibare   senza
contraddittorio  in  ordine  all'ammissibilita'  del   conflitto   di
attribuzione, sotto il profilo della sussistenza della «materia di un
conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza»; 
        che, sotto il profilo soggettivo, il giudice per le  indagini
preliminari, in funzione  di  giudice  dell'udienza  preliminare,  e'
legittimato  a  sollevare  conflitto,  con  specifico  riferimento  a
conflitti proposti in relazione all'apposizione del segreto di Stato,
«avuto riguardo alla giurisprudenza di questa Corte che riconosce  ai
singoli organi giurisdizionali la legittimazione ad essere  parti  di
conflitti di attribuzione tra  poteri  dello  Stato,  in  quanto,  in
posizione  di  piena  indipendenza  garantita   dalla   Costituzione,
competenti  a  dichiarare   definitivamente,   nell'esercizio   delle
relative funzioni, la volonta' del potere cui appartengono» (ord.  n.
338 del 2007; n. 125 del 2007); 
        che, peraltro, sussiste nella specie anche la  legittimazione
in  concreto  del  giudice  dell'udienza  preliminare   a   sollevare
conflitto, in quanto il predetto, chiamato a decidere sulla richiesta
di rinvio a giudizio presentata  dal  pubblico  ministero,  e'  nella
piena  titolarita'  dei  suoi  poteri,  e  gli  atti  impugnati  sono
suscettibili di incidere direttamente sul contenuto dei provvedimenti
giurisdizionali che il medesimo e' chiamato ad emettere (decreto  che
dispone il giudizio di cui  all'art.  429  del  codice  di  procedura
penale o sentenza di non luogo a procedere di cui all'art. 425  dello
stesso codice); 
        che deve essere affermata anche la legittimazione a resistere
al conflitto fra poteri dello  Stato,  in  relazione  al  segreto  di
Stato, del Presidente del Consiglio dei ministri, «in  quanto  organo
competente a dichiarare definitivamente la volonta'  del  potere  cui
appartiene in ordine alla tutela, apposizione, opposizione e conferma
del segreto di Stato, non solo in base a quanto  previsto,  dapprima,
dalla legge 24 ottobre 1977, n. 801 (Istituzione  e  ordinamento  dei
servizi per le informazioni e la sicurezza e disciplina  del  segreto
di Stato) e, poi, dalla legge 3  agosto  2007,  n.  124  (Sistema  di
informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del
segreto), ma anche alla stregua delle  norme  costituzionali  che  ne
definiscono le attribuzioni» (ordinanze n. 425 del 2008, n.  230  del
2008, n. 337, n. 125 e n. 124 del 2007); 
        che, quanto al profilo oggettivo del conflitto, e'  lamentata
dal  ricorrente  la  lesione   di   attribuzioni   costituzionalmente
garantite, posto che esso ricorrente assume che  l'opposizione  e  la
conferma del segreto di Stato in ordine a vicende  ritenute  estranee
alle finalita' a tutela delle quali puo' essere apposto precluderebbe
al giudice l'accertamento del fatto-reato, con  conseguente  paralisi
dell'attivita' giudiziaria; 
        che tale preliminare valutazione, adottata prima facie ed  in
assenza di contraddittorio, lascia impregiudicata  ogni  ulteriore  e
diversa determinazione anche relativamente ai profili attinenti  alla
stessa ammissibilita' del ricorso; 
        che, pertanto, allo stato, va dichiarata l'ammissibilita' del
ricorso,  tanto  sotto  il  profilo  oggettivo,  che   sotto   quello
soggettivo