Ricorso del Presidente del  Consiglio  dei  ministri  in  carica,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
domiciliataria ex lege, via dei  Portoghesi  12,  Roma.  ex  delibera
C.D.M. 17 dicembre 2010, contro la  Regione  autonoma  Friuli-Venezia
Giulia in persona del Presidente pro tempore,  con  sede  a  Trieste,
Piazza  dell'Unita'  d'Italia  n.  1,   per   la   dichiarazione   di
illegittimita' costituzionale degli articoli 108. comma 1; 113;  115.
commi 1. 2 e 3; 145, comma 11, punto c): 151, della  legge  regionale
del Friuli-Venezia Giulia n. 17 del 21 ottobre 2010,  recante  «Legge
di manutenzione dell'ordinamento regionale 2010» pubblicata nel  S.O.
n. 24 del 27 ottobre 2010 al B.O. n. 43 del 27 ottobre 2010. 
 
                                Fatto 
 
    Nel Supplemento ordinario n. 24 del 27 ottobre 2010 della Regione
Friuli-Venezia Giulia e' stata pubblicata la legge  regionale  n.  17
recante numerose disposizioni modificative o  integrative  di  quelle
vigenti nell'ordinamento regionale. in vari ambiti  di  materie,  tra
cui quella ambientale. 
    Peraltro, ai sensi  dello  Statuto  regionale  e  dell'art.  117,
secondo  comma,  lett.   s)   Cost.   la   tutela   dell'ambiente   e
dell'ecosistema rientra nella legislazione  esclusiva  di  competenza
statale e pertanto le norme regionali non possono porsi in  contrasto
con la disciplina  statale,  specie  se  contenuta  nel  c.d.  Codice
dell'ambiente (d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e succ. modif.),  recante
norme  che  «costituiscono  principi  generali  in  tema  di   tutela
dell'ambiente adottati in attuazione degli articoli 2, 3, 9, 32,  41,
42 e 44, 117, commi 1 e 3 della Costituzione  e  nel  rispetto  degli
obblighi internazionali e del diritto comunitario»  (art.  3-bis),  o
contenuta  nella  legge  sulla  protezione  della   fauna   selvatica
omeopatica. e per il prelievo venatorio (legge 11 febbraio  1992,  n.
157), vincolante per le regioni  a  statuto  ordinario  e  a  statuto
speciale (art. 1, comma 3). 
    In effetti, nello statuto della regione Friuli-Venezia Giulia (L.
cost.  n.  1/63)  la  materia  ambientale  non  e'  attribuita   alla
competenza legislativa regionale (v. artt. 4, 5 e  6)  e  questa,  in
ogni caso, come quella in materia di  caccia,  deve  esercitarsi  «in
armonia con la Costituzione, con i principi generali dell'o.g.  della
Repubblica, con le norme fondamentali delle riforme economico-sociali
e con gli obblighi internazionali dello Stato» (art. 4, primo comma). 
    D'altra  parte,  la  rilevata  «trasversalita'»   della   materia
ambientale se  non  comporta  l'esclusione  di  qualsiasi  intervento
regionale,  impedisce  comunque  l'approvazione  di   normative   che
contrastino, violino o rendano meno  efficace  la  tutela  ambientale
statale (v. C. cost. n. 398/2006). 
    Cio' posto, si impugnano le disposizioni indicate in epigrafe per
i seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 108, comma 1, della l.r.
n. 17/2010, in relazione agli artt. 4, 5 e  6  dello  Statuto,  legge
cost. n. 1/1963; all'art. 117, primo e secondo comma, lett. s)  della
Cost. e delle direttive 2001/42/CE del 27 giugno  2001  e  85/337/CEE
del 27 giugno 1985 e successive modificazioni. 
    L'art. 108, comma 1, inserisce nella l.r. n. 43/1990 il  seguente
articolo aggiuntivo: «Art. 5-ter (reiterazione domande di concessione
idraulica di piccola derivazione). 
    1. Le domande di concessioni  idraulica  di  piccola  derivazione
finalizzate alla produzione di energia idroelettrica di potenza media
installata fino a 500 Kw  medi,  presentate  antecedentemente  al  31
dicembre 1995 e il cui  procedimento  di  rilascio  si  sia  concluso
ovvero sia tuttora pendente, possono essere reiterate dai richiedenti
senza che le stesse siano assoggettate alla procedura di Via  di  cui
alla presente legge, in presenza delle seguenti condizioni: 
    a)  compatibilita'  con  le  previsioni  dei  vigenti   strumenti
urbanistici dei Comuni interessati; 
    b)  espletamento  dell'attivita'   istruttoria   da   parte   dei
competenti uffici regionali; 
    c) mantenimento del minimo deflusso  vitale  di  cui  al  decreto
legislativo n. 152/2006. 
    2. Le disposizioni del presente articolo non  si  applicano  alle
domande di concessione relative a impianti da collocare in area SIC e
in zone parco». 
    Tale disposizione, pero', si pone in grave contrasto  con  quanto
disposto dalla vigente normativa di  settore  ambientale  (d.lgs.  n.
152/2006) che nell'All. IV alla parte II  del  Codice,  al  punto  2,
lett. m), prevede espressamente che  devono  essere  sottoposti  alla
verifica di  assoggettabilita'  i  seguenti  progetti  di  competenza
regionale: 
    «2. Industria energetica ed estrattiva 
      
    (omissis). 
    m) impianti  per  la  produzione  di  energia  idroelettrica  con
potenza installata superiore a 100 KW». 
    Una siffatta diminuzione di tutela, per effetto della sottrazione
alla verifica di assoggettabilita' - sia pure sotto condizione e  con
esclusione delle aree SIC e delle zone parco - di rilevanti  impianti
di produzione idroelettrica,  viene  a  violare  le  succitate  norme
statutarie, che non consentono  arretramenti  in  materia  di  tutela
ambientale  nonche'  l'art.  117,  secondo  comma,  lett.  s)   della
Cost.,direttamente applicabile in forza del  richiamo  contenuto  del
citato art. 4, primo comma dello Statuto, che attribuisce allo  Stato
la tutela ambientale. 
    La disposizione regionale,  invero,  integra  una  arbitraria  ed
ingiustificata  esclusione  di  siffatta  tipologia   di   opere   di
produzione    energetica    alla    procedura    di    verifica    di
assoggettabilita', con evidente violazione delle  suddette  normative
nazionali di derivazione comunitaria, risolvendosi in una assoluta ed
apodittica loro sottrazione al giudizio tecnico circa la  sussistenza
di significativi impatti ambientali delle  stesse  e  alla  eventuale
adozione delle misure conseguenti (artt. 13-18 cod. amb.). 
    Essa inoltre integra violazione dell'art. 117, primo comma Cost.,
che  impone  il  rispetto  della  normativa  comunitaria  nonche'  di
quest'ultima direttamente che sottopone espressamente  a  valutazione
ambientale tutti i progetti  del  settore  energetico,  salvo  quelli
relativi a piccole aree, compresi gli  impianti  industriali  per  la
produzione di energia elettrica (dir. 27 giugno 2001, n.  2001/42/CE,
art. 3, comma 2, lett. a) e dir. 85/337/CEE e succ. modif,  all.  II,
punto 3) e che pertanto non consente di esentare impianti con potenza
superiore a 100 KW (come stabilito nel codice dell'ambiente). 
2. -  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  113  della  l.r.  n.
17/2010, in relazione agli artt. 4, 5,  6  dello  Statuto  Regionale;
all'art. 117, primo e secondo comma, lett. s) Cost.; agli artt. 3,  4
e 5 della dir. 2001/42/CE. 
    L'art. 113 sostituisce l'art. 10  della  l.r.  n.  43  del  1990,
relativo alla presentazione del progetto e dello  studio  di  impatto
ambientale, cosi' disponendo: 
        «Art. 10  (presentazione  del  progetto  e  dello  studio  di
impatto ambientale). 
    1. Il soggetto proponente la realizzazione di un'opera  o  di  un
intervento ai sensi dell'articolo 5, comma 2, presenta alla struttura
regionale competente in materia di valutazione di impatto ambientale,
anche su supporto informatico, il progetto definitivo e lo studio  di
impatto ambientale redatto conformemente all'articolo 11. 
    2. Entro trenta giorni dalla presentazione  della  documentazione
di cui al  comma  1,  verificata  la  completezza  della  stessa,  la
struttura  regionale  competente  ne  invia  copia   alle   autorita'
interessate individuate tra quelle di cui all'articolo  13  affinche'
esprimano il parere di competenza. Dell'invio di tale  documentazione
e' data contestuale comunicazione al soggetto proponente. 
    3. Il soggetto  proponente  provvede  agli  adempimenti  previsti
all'articolo 14, commi 1 e 2. 
    4. Entro trenta giorni dalla presentazione  della  documentazione
di cui al comma 1, qualora la stessa risulti incompleta, la struttura
regionale  competente  la  restituisce  al  soggetto  proponente  con
l'indicazione degli elementi mancanti, In tal  caso  il  progetto  si
intende non presentato» 
    Tale disposizione non prevede piu' che al progetto  sia  allegato
anche «l'elenco delle autorizzazioni  intese,  concessioni,  licenze,
pareri, n.o. ed assensi comunque  denominati,  gia'  acquisiti  o  da
acquisire ai fini della realizzazione e dell'esercizio  dell'opera  o
intervento» prescritto invece dall'art. 23, comma  2,  del  d.lgs.  3
aprile  2006,  n.  152,  a  miglior  comprensione   e   dimostrazione
dell'effettivo  impatto  ambientale  dell'impianto  preventivato,  in
relazione anche agli obblighi di cui all'art. 12  e  all'all.  I  del
cod. amb.. 
    Una  simile  arbitraria  diminuzione  di  tutela,  per   impianti
industriali normalmente di significativo impatto ambientale non trova
alcuna giustificazione ne' alcun fondamento, esulando dagli artt.  4,
5 e 6 dello Statuto regionale e comunque contrasta con i  limiti  del
relativo potere legislativo (che deve svolgersi  in  armonia  con  la
Costituzione e con i principi generali dell'o.g.), nonche' con l'art.
117, secondo comma lett. s) Cost., che riserva allo Stato  la  tutela
dell'ambiente e la scelta delle sue concrete modalita' minime, e  con
- l'art. 117, primo comma, che impone  il  rispetto  della  normativa
comunitaria, nonche' direttamente con quest'ultima. 
    Infatti, la dir.  2001/42/CE  demanda  agli  Stati  l'obbligo  di
accertare  preventivamente  se  i  piani  e  progetti   del   settore
energetico possano avere effetti significativi sull'ambiente (art. 3,
commi 2 e 5; art. 4, comma 1; art. 5), prescrivendo all'uopo  precisi
«criteri per la determinazione dei possibili effetti  significativi»,
che necessitano espressamente della conoscenza  di  quegli  elementi,
omessi nella disposizione impugnata (v. all. II della dir. cit.). 
3. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 115,  commi  1,  2  e  3
della l.r. n. 17/2010, in relazione negli artt. 4, 5, 6 dello Statuto
Regionale; all'art. 117, primo e secondo comma, lett. s) Cost.;  agli
artt. 3, 4 e 5 della dir. 2001/42/CE. 
    L'art. 115 sostituisce l'art. 14  della  l.r.  n.  43  del  1990,
relativo alla pubblicita' del progetto  e  dello  studio  di  impatto
ambientale, cosi' disponendo: 
        «Art. 14 (pubblicita' del progetto, dello studio  di  impatto
ambientale). 
    1. Entro cinque giorni dal ricevimento della comunicazione di cui
all'articolo 10, comma 2, il Soggetto proponente  fa  pubblicare  sul
quotidiano  locale  maggiormente  diffuso   nell'ambito   provinciale
interessato,    l'annuncio    dell'avvenuta    presentazione    della
documentazione di cui all'articolo 10, comma 1, con la specificazione
dei  propri  dati  identificativi,  con   la   sommaria   descrizione
dell'opera, nonche' con l'indicazione dei luoghi dove possono  essere
consultati  gli  atti  e  del  termine  per   la   presentazione   di
osservazioni alla struttura regionale competente. 
    2. Il soggetto proponente da' notizia dell'avvenuta pubblicazione
ai sensi del comma 1  alla  struttura  regionale  competente  e  alle
autorita' interessate di cui all'articolo 10, comma 2. 
    3. Contestualmente alla pubblicazione  di  cui  al  comma  1,  la
documentazione presentata e' messa a disposizione del pubblico, anche
mediante  pubblicazione  nel  sito  web  della  Regione,  presso   la
struttura regionale competente in materia di valutazione  di  impatto
ambientale e presso i Comuni di cui all'articolo 13, comma 1, lettera
a), per un periodo di sessanta giorni, affinche'  chiunque  ne  possa
prendere visione. 
    4.  La  struttura  regionale  competente  rende  disponibile   al
pubblico un congruo numero dei  riassunti  di  cui  all'articolo  11,
comma 2, lettera m). Chiunque puo'  chiedere  e  ottenere,  anche  su
supporto  digitale,  il  rilascio  di  copie  o  di  estratti   della
documentazione   presentata,   dietro   rimborso   delle   spese   di
riproduzione». 
    Tale disposizione differisce sostanzialmente da quanto prescritto
dall'art. 23, comma 1, del d.lgs. n. 152/06 che,  diversamente  dalla
nuova normativa regionale, prevede che la pubblicazione degli  avvisi
stampa avvenga contestualmente alla presentazione  dell'istanza,  cui
deve essere allegata copia, e non successivamente entro 5  giorni,  e
che  tutti  i  termini  per  l'informazione,  la  partecipazione,  la
valutazione e la decisione decorrano dalla data  di  presentazione  e
non invece da quella di pubblicazione. 
    La disposta discrasia  temporale  e'  destinata  a  rendere  meno
efficiente la tutela ambientale e pertanto si pone in  contrasto  sia
con gli artt. 4, 5 e 6 dello Statuto regionale, che non consentono di
discostarsi in pejus dalla  normativa  statale  ambientale,  sia  con
l'art. 117, primo e secondo comma, lett. s) Cost., sia  con  la  piu'
rigorosa  normativa  comunitaria,  dettata  dalla  dir.   2001/42/CE,
ritardando la partecipazione e decisione informata  del  procedimento
da  parte  di  controinteressati,  del   pubblico   e   delle   altre
Amministrazioni interessate o coinvolte. 
4. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 145, comma 11, lett.  c)
della  l.r.  n.  17/2010,  in  relazione  all'art.  4  dello  Statuto
Regionale; all'art. 117, primo e secondo comma lett. s) della  Cost.,
agli artt. 1, comma 7-bis, 7, 10, 12, 18 comma 4 e  19-bis,  comma  2
della legge 11 febbraio 1992,  n.  157,  alla  normativa  comunitaria
(dir. 2009/147/CE e relativa  Guida)  e  all'art.  2  della  legge  6
febbraio 2006, n. 66. 
    L'art. 145 aggiunge all'art. 30 della l.r.  n.  6/2008  anche  il
seguente comma: c) dopo il comma 3 e' aggiunto il seguente: 
        «3-bis. Le annotazioni  sul  tesserino  regionale  di  caccia
relative ai capi abbattuti devono essere compilate al  termine  della
giornata venatoria». 
    Peraltro tale disposizione non tiene  conto  della  necessita  di
adeguare la materia all'entrata in vigore della legge n. 66 del 2006,
con  la   quale   l'Italia   ha   formalmente   aderito   all'accordo
internazionale denominato AEWA (African-Eurasian Waterbird Agreement)
finalizzato alla conservazione  degli  uccelli  acquatici  migratori.
Tale accordo, stipulato nell'ambito della Convenzione di Bonn per  la
Conservazione delle Specie Migratrici, prevede la necessita' per  gli
Stati firmatari di attuare una serie di azioni per  la  tutela  degli
Uccelli acquatici migratori,  ivi  comprese  alcune  misure  volte  a
garantire la sostenibilita' del prelievo venatorio.  In  particolare,
viene  richiesta,  tra  l'altro,  la  raccolta  di  informazioni  sui
carnieri effettuati: tale  necessita'  non  puo'  essere  ottemperata
prevedendo l'annotazione al  termine  della  giornata  di  caccia  in
quanto in tal modo  si  compromette  la  possibilita'  di  realizzare
efficaci forme di controllo sul  rispetto  delle  regole  vigenti  in
materia di contingentamento dei carnieri giornalieri o stagionali  da
parte  degli  Organi  di  vigilanza.  Tale   problematica   riguarda,
peraltro, tutte le specie, anche quelle stanziali per le quali esiste
di  norma  un  contingentamento  (piani  di   prelievo)   giornaliero
stagionale. Pertanto, la  disposizione  regionale,  disciplinando  le
modalita'  di  utilizzo  del  tesserino  venatorio  in  modo  da  non
consentire il necessario controllo durante l'azione di caccia si pone
in contrasto con i limiti  posti  dall'art.  4,  primo  comma,  dello
Statuto alla potesta' legislativa regionale, costituiti dalla armonia
con  la  Costituzione  (che  attribuisce   allo   Stato   la   tutela
dell'ambiente   e   dell'ecosistema   e   rispetto   dell'ordinamento
comunitario);  dalle  norme  fondamentali  delle  riforme   economico
sociale (tale essendo la legge n. 157/92, che  prevede  l'indicazione
nel calendario regionale «del numero massimo dei capi da abbattere in
ciascuna giornata di attivita' venatoria»: art. 18, comma 4; v  anche
art. 19, comma 2 e 19-bis comma 3) (v. C. cost  n.  165/2009);  dagli
obblighi internazionali (di cui al succitato accordo AEWA, oltre alla
Convenzione di Berna, resa esecutiva con legge 5 agosto 1881, n. 503)
e da quelli comunitari (cir. 2009/147/CE del 30  novembre  2009  che,
come la  precedente  79/409/CEE,  prescrive  accurati  controlli  del
prelievo venatorio a tutela della fauna selvatica;  oltre  che  della
Guida alla disciplina della caccia, redatta dalla Commissione Europea
nel 2004 e aggiornata nel 2008 (punto 2.4.16). 
    E' infatti evidente che i controlli sull'indicazione  del  numero
degli esemplari  abbattuti  durante  la  giornata  o  nella  stagione
vengono totalmente vanificati ove si consenta  che  tale  indicazione
sul tesserino sia posta a fine giornata (con  il  rischio,  a  questo
punto, di non registrare alcun abbattimento). 
    Ne discende anche la diretta violazione dell'art.  117,  primo  e
secondo comma, della Cost.  e  della  succittata  direttiva  e  Guida
comunitaria. 
5. -  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  151  della  l.r.  n.
17/2010, in relazione all'art. 4 dello  Statuto  Regionale;  all'art.
117, primo e secondo comma, Cost.; agli artt. 19 e 19-bis,  comma  3,
della legge n. 157/1992 e alla normativa comunitaria (art. 9 dir.  n.
2009/147/CE e Guida alla disciplina della  caccia  della  Commissione
Europea). 
    L'art. 151 cosi' dispone: 
        «Al comma 1-ter dell'articolo 11  della  legge  regionale  14
giugno 2007, n. 14 (legge comunitaria 2006), sono aggiunte, in  fine,
le seguenti parole «L'Amministrazione regionale,  in  relazione  alla
salvaguardia   di   urgenti   interessi    unitari    di    carattere
sovraprovinciale, puo' rilasciare  direttamente  i  provvedimenti  di
deroga relativi a tali specie per le finalita' di cui all'articolo 5,
comma 1, lettere a), b), d) ed e), sentite  le  Province  interessate
che forniscono l'assistenza e la collaborazione necessarie». 
    Cosi' facendo pero', la disposizione impugnata viene ad escludere
l'obbligo di acquisire il preventivo  parere  dell'ISPRA  (ex  INFS),
obbligatoriamente previsto dagli artt. 19 comma 2 e 19-bis  comma  3,
della legge n. 157/92, nonche' dall'art. 9, comma 2, lett.  d)  della
dir. n. 2009/147/CE (e della precedente n.  409/1979/CEE)  oltre  che
dalla Guida comunitaria alla caccia. 
    Essa pertanto viola i limiti  posti  dall'art.  4,  primo  comma,
dello Statuto alla competenza legislativa della Regione in materia di
caccia, costituiti dalla tutela dell'ambiente (riservata  allo  Stato
dalla  Costituzione  ex  art.  117,  secondo  comma),   dalle   norme
fondamentali delle riforme economico-sociali (tale essendo  la  legge
n. 157/92, in quanto volta  ad  assicurare  «quel  nucleo  minimo  di
salvaguardia della fauna selvatica ritenuto vincolante anche  per  le
Regioni speciali»: Cost.  n.  165/2009,  punto  3);  dalla  normativa
Comunitaria sopracitata. 
    Per tutti i suesposti motivi,  le  norme  regionali  indicate  in
epigrafe  vanno  dichiarate   incostituzionali   e   conseguentemente
annullate.