Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  20,  comma  1,
del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo
sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la   competitivita',   la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito dalla legge 6 agosto 2008, n.  133  promosso  dalla  Corte
d'appello di  Torino  nel  procedimento  vertente  tra  la  Compagnia
Valdostana delle Acque s.p.a.  e  l'I.N.P.S.  con  ordinanza  del  15
luglio 2009, iscritta  al  n.  263  del  registro  ordinanze  2009  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, 1ª  serie
speciale, dell'anno 2009. 
    Visti gli atti di costituzione della Compagnia  Valdostana  delle
Acque s.p.a. e  dell'  I.N.P.S.  nonche'  l'atto  di  intervento  del
Presidente del Consiglio dei ministri; 
    Udito nell'udienza pubblica  del  16  novembre  2010  il  Giudice
relatore Luigi Mazzella; 
    Uditi gli avvocati Marino Bin e  Luigi  Manzi  per  la  Compagnia
Valdostana delle  Acque  s.p.a.,  Antonino  Sgroi  per  l'I.N.P.S.  e
l'avvocato dello Stato Paola Palmieri per il Presidente del Consiglio
dei ministri. 
    Ritenuto che nel corso  di  un  giudizio  civile  promosso  dalla
Compagnia Valdostana delle Acque S.p.A. -  Compagnie  Valdotaine  des
Eaux S.p.A. contro  l'Istituto  Nazionale  della  Previdenza  Sociale
(INPS), la Corte d'appello di Torino  ha  sollevato,  in  riferimento
agli artt. 3 e 24, primo  comma,  della  Costituzione,  questioni  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.   20,   comma   1,   «secondo
capoverso» [rectius: secondo periodo], del  decreto-legge  25  giugno
2008, n. 112 (Disposizioni urgenti  per  lo  sviluppo  economico,  la
semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della  finanza
pubblica   e   la   perequazione   tributaria),    convertito,    con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133; 
        che la Corte rimettente premette che la  societa'  appellante
ha chiesto all'INPS la restituzione delle contribuzioni per  malattia
e maternita' versate nel periodo 1°  giugno  2001-31  dicembre  2006,
affermando di aver erogato direttamente ai propri lavoratori  -  gia'
dipendenti dell'Ente nazionale per l'energia elettrica  (ENEL)  -  le
relative prestazioni; 
        che il giudice a quo afferma che, in virtu' dell'art. 18  del
decreto-legge  11  luglio  1992,  n.  333  (Misure  urgenti  per   il
risanamento della finanza pubblica), convertito dalla legge 8  agosto
1992, n. 359, la Compagnia  Valdostana  delle  Acque  gestisce  nella
Valle d'Aosta il servizio in precedenza gestito dall'ENEL  e  che  la
societa' rivendica a suo favore il medesimo esonero dal pagamento dei
contributi di malattia spettante all'ENEL  ai  sensi  del  d.P.R.  17
marzo 1965, n. 145 (Disciplina dell'assicurazione obbligatoria contro
le  malattie  e  del  trattamento  economico  di  maternita'  per  il
personale dipendente dall'Ente Nazionale per  l'Energia  Elettrica  -
ENEL), normativa che ricalcava l'art. 6 della legge 11 gennaio  1943,
n. 138 (Costituzione dell'Ente «Mutualita' fascista  -  Istituto  per
l'assistenza di malattia ai lavoratori»); 
        che l'esonero era collegato al fatto che l'ENEL corrispondeva
direttamente ai propri  dipendenti  il  trattamento  di  malattia  e,
secondo la societa', l'ultrattivita' di tali disposizioni deriverebbe
dall'art. 18 del decreto-legge n. 333 del 1992, il  quale  ha  esteso
alle societa' per azioni nate dalla privatizzazione di enti  pubblici
l'applicazione dell'art. 3, comma 2, della legge 30 luglio  1990,  n.
218 (Disposizioni  in  materia  di  ristrutturazione  e  integrazione
patrimoniale degli istituti di credito di diritto pubblico), il quale
faceva salvi «i diritti quesiti, gli  effetti  di  leggi  speciali  e
quelli rivenienti  dalla  originaria  natura  pubblica  dell'ente  di
appartenenza»; 
        che la Corte rimettente richiama la  sentenza  n.  10232  del
2003 resa dalle sezioni unite della Corte di cassazione, la quale  ha
statuito che l'art. 6, secondo comma, della legge n.  138  del  1943,
che  esonera  l'INPS  dal   pagamento   dell'indennita'   quando   il
trattamento economico di malattia venga corrisposto per legge  o  per
contratto collettivo dal datore  di  lavoro  non  vale  ad  escludere
l'obbligo  di  contribuzione  previdenziale  a  favore  dello  stesso
istituto previdenziale; 
        che,  ad  avviso  della  Corte  d'appello  di  Torino,   tale
pronuncia «riguarda dunque tutti i datori di lavoro che corrispondono
direttamente il trattamento di malattia e  non  solo  quelli  che  lo
fanno in base alla contrattazione collettiva»; 
        che il giudice a quo aggiunge che, nelle more  del  giudizio,
e' sopravvenuto l'art. 20, comma 1, decreto-legge n. 112 del 2008,  a
norma del quale «Il secondo comma dell'art. 6, della legge 11 gennaio
1943, n. 138, si interpreta nel senso che  i  datori  di  lavoro  che
hanno corrisposto per legge o  per  contratto  collettivo,  anche  di
diritto comune, il trattamento economico di malattia, con conseguente
esonero   dell'Istituto   nazionale    della    previdenza    sociale
dall'erogazione  della  predetta  indennita',  non  sono  tenuti   al
versamento  della  relativa  contribuzione   all'Istituto   medesimo.
Restano acquisite alla gestione e conservano  la  loro  efficacia  le
contribuzioni comunque versate per i periodi anteriori alla data  del
1° gennaio 2009»; 
        che, secondo la Corte  rimettente,  tale  norma,  riguardando
anche i datori di lavoro, quale la Compagnia Valdostana delle  Acque,
che corrispondono direttamente l'indennita'  di  malattia  ai  propri
dipendenti in base a disposizione di legge,  si  applica  anche  alla
fattispecie oggetto del giudizio  a  quo,  impedendo  la  ripetizione
delle contribuzioni gia' versate dall'appellante che si riferiscono a
periodi anteriori alla data  del  1°  gennaio  2009  e  non  potrebbe
giustificare una diversa conclusione il fatto che la societa' esegui'
a suo tempo i versamenti dei contributi con riserva  di  ripetizione,
poiche' il secondo periodo dell'art. 20, comma 1,  del  decreto-legge
n.  112  del  2008,  con  l'utilizzo  dell'avverbio  «comunque»,   si
riferisce a tutti i versamenti gia'  eseguiti,  ivi  compresi  quelli
effettuati con riserva di ripetizione; 
        che la Corte  d'appello  di  Torino  ritiene  che  la  norma,
laddove dispone che le contribuzioni «comunque versate» per i periodi
anteriori al 1° gennaio 2009 restano acquisite alla  gestione,  violi
in primo luogo l'art. 3 Cost., poiche' introduce  una  disparita'  di
trattamento  fortemente  lesiva  del  principio  di  uguaglianza  tra
soggetti che nulla hanno versato e soggetti  che,  come  la  societa'
appellante, hanno preferito pagare i contributi, pur con  riserva  di
ripetizione, tra l'altro favorendo  i  soggetti  meno  meritevoli  di
tutela; 
        che, ad avviso della rimettente, sarebbe violato anche l'art.
24, primo comma, Cost., e, in particolare, il principio  secondo  cui
tutti possono agire per la tutela dei  propri  diritti  ed  interessi
legittimi; 
        che nel giudizio di costituzionalita'  si  e'  costituita  la
Compagnia Valdostana delle Acque  -  Compagnie  Valdotaine  des  Eaux
S.p.A., la quale ha concluso per l'accoglimento  della  questione  di
illegittimita'  costituzionale,   richiamando,   relativamente   alla
rilevanza della questione, le argomentazioni contenute nell'ordinanza
di rimessione; 
        che, per quel che riguarda la violazione dell'art.  3  Cost.,
la Compagnia Valdostana delle Acque afferma che  la  norma  censurata
contrasta con il principio di eguaglianza e  di  ragionevolezza,  sia
perche' tratta alla stessa maniera situazioni diverse - quelle in cui
versano chi ha corrisposto i contributi di malattia  con  riserva  di
ripetizione e  chi  li  ha  invece  pagati  volontariamente  e  senza
condizioni - sia perche' tratta in maniera diversa situazioni  uguali
- quella di chi ha pagato con riserva di ripetizione e quella di  chi
non ha versato affatto i contributi in oggetto -; 
        che  l'art.  24  Cost.  sarebbe  invece  violato  perche'  la
disposizione censurata sottrarrebbe irragionevolmente  al  datore  di
lavoro un'azione (quella di ripetizione) che gli spetta  in  base  al
diritto vivente rappresentato dalla  giurisprudenza  di  legittimita'
che consente al datore di lavoro, che ha eseguito  il  pagamento  dei
contributi con riserva, di agire per la loro restituzione; 
        che si e' costituito anche l'INPS, il quale ha chiesto che la
questione  sia  dichiarata  «irrilevante,  inammissibile  e  comunque
infondata»; 
        che,   circa   l'irrilevanza    della    questione,    l'ente
previdenziale sostiene che l'obbligo di pagare ai  propri  dipendenti
l'indennita' di  malattia  grava  sulla  Compagnia  Valdostana  delle
Acque, non in virtu' di un  contratto  collettivo,  bensi'  in  forza
della normativa speciale rappresentata dagli artt. 1 e 2  del  d.P.R.
n. 145 del 1965,  i  quali  contestualmente  prevedono  l'obbligo  di
versare la contribuzione di malattia; 
        che la questione sarebbe inammissibile anche perche' relativa
ad una norma (l'art. 20, comma 1, del decreto-legge n. 112 del  2008)
che riguarda i versamenti dei contributi di malattia non piu'  dovuti
in virtu' dell'interpretazione che il legislatore ha dato dell'art. 6
della legge n. 138  del  1943,  mentre  la  fattispecie  oggetto  del
giudizio a quo e' disciplinata dal d. P. R. n. 145 del 1965; 
        che, nel merito, la questione sarebbe  infondata  perche'  il
legislatore   ha   semplicemente   inserito,   in   una   norma    di
interpretazione autentica, una disposizione che fa salvi i  pagamenti
eseguiti antecedentemente alla sua entrata in vigore, analogamente  a
quanto lo stesso legislatore aveva disposto in precedenti occasioni; 
        che nel  giudizio  di  costituzionalita'  e'  intervenuto  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  il  quale  chiede  che   la
questione sia dichiarata infondata; 
        che, in  riferimento  alla  denunciata  lesione  dell'art.  3
Cost., la difesa dello Stato sostiene che la norma censurata  tempera
gli effetti derivanti dalla  cancellazione  retroattiva  dell'obbligo
contributivo, la quale altrimenti avrebbe esposto l'INPS ad un numero
indeterminato di azioni di ripetizione  con  conseguente  rischio  di
compromissione della possibilita' per l'ente previdenziale di erogare
le  provvidenze  previste  in  caso  di   malattia   dei   lavoratori
subordinati; 
        che, ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, non
sussisterebbe violazione dell'art. 24 Cost., poiche' la norma oggetto
della questione di legittimita' costituzionale  concerne  profili  di
diritto  sostanziale,   in   riferimento   ai   quali,   secondo   la
giurisprudenza della Corte costituzionale, non puo' essere denunciata
la lesione del predetto parametro costituzionale. 
    Considerato  che  la  Corte  d'appello  di  Torino   dubita,   in
riferimento agli artt. 3 e 24, primo comma, della Costituzione, della
legittimita'  costituzionale  dell'art.   20,   comma   1,   «secondo
capoverso» [rectius: secondo periodo], del  decreto-legge  25  giugno
2008, n. 112 (Disposizioni urgenti  per  lo  sviluppo  economico,  la
semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della  finanza
pubblica   e   la   perequazione   tributaria),    convertito,    con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133; 
        che tale norma dispone che  «Il  secondo  comma  dell'art.  6
della legge 11 gennaio 1943, n. 138, si interpreta nel  senso  che  i
datori di lavoro che hanno corrisposto  per  legge  o  per  contratto
collettivo, anche di diritto  comune,  il  trattamento  economico  di
malattia,  con  conseguente  esonero  dell'Istituto  nazionale  della
previdenza sociale dall'erogazione  della  predetta  indennita',  non
sono tenuti al versamento della relativa  contribuzione  all'Istituto
medesimo. Restano  acquisite  alla  gestione  e  conservano  la  loro
efficacia le contribuzioni comunque versate per i  periodi  anteriori
alla data del 1° gennaio 2009»; 
        che la Corte rimettente da' atto che la domanda  di  rimborso
dei  contributi  di  malattia  e'  stata  proposta  dalla   Compagnia
Valdostana delle  Acque  sostenendo  che,  in  base  alla  disciplina
speciale  valevole  per  l'ENEL  -  d.P.R.  17  marzo  1965,  n.  145
(Disciplina dell'assicurazione obbligatoria contro le malattie e  del
trattamento economico  di  maternita'  per  il  personale  dipendente
dall'Ente Nazionale per l'Energia Elettrica -  ENEL)  -  questo  ente
era, da un lato, tenuto a pagare ai propri dipendenti il  trattamento
economico di malattia (art. 1) e, dall'altro, esonerato  dal  versare
all'INPS la relativa contribuzione (art. 2) e che essa  Compagnia  e'
nata a seguito della privatizzazione dell'ENEL e pertanto si  applica
ad essa l'art. 18 del decreto-legge 11 luglio 1992,  n.  333  (Misure
urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito  dalla
legge 8 agosto 1992, n. 359, il quale ha  esteso  alle  societa'  per
azioni sorte dalla privatizzazione di  enti  pubblici  l'applicazione
dell'art.  3,  comma  2,  della  legge  30  luglio   1990,   n.   218
(Disposizioni  in  materia   di   ristrutturazione   e   integrazione
patrimoniale degli istituti di  credito  di  diritto  pubblico),  che
faceva salvi «i diritti quesiti, gli  effetti  di  leggi  speciali  e
quelli rivenienti  dalla  originaria  natura  pubblica  dell'ente  di
appartenenza», tra  i  quali  deve  essere  ricompreso  anche  quello
dell'esonero  dall'obbligo  di  versamento  della  contribuzione   di
malattia di cui al d.P.R. n. 145 del 1965; 
        che,  dunque,  nel  giudizio  a  quo  non  si  fa   questione
dell'applicazione o dell'interpretazione dell'art. 6 della  legge  n.
138 del 1943, poiche' la societa' datrice di  lavoro  non  chiede  la
restituzione dei contributi assumendo che da tale norma  discende  il
diritto dei datori di lavoro che erogano il trattamento  di  malattia
ai propri dipendenti a non versare la relativa contribuzione,  bensi'
sostiene di essere beneficiaria di una normativa speciale rispetto  a
quella generale rappresentata dal citato art. 6 della  legge  n.  138
del 1943; 
        che la definizione del giudizio principale  richiede  che  si
stabilisca se l'art. 3, comma 2, della legge n. 218 del 1990  produca
o no l'effetto di estendere alla Compagnia Valdostana delle Acque  la
speciale normativa originariamente  prevista  per  l'ENEL,  la  quale
testualmente esclude l'obbligo di versamento della  contribuzione  di
malattia; 
        che, posto che la norma censurata contiene  l'interpretazione
autentica, non del d.P.R. n. 145 del  1965,  ne'  dell'art.  3  della
legge n. 218 del 1990, bensi' dell'art. 6  della  legge  n.  138  del
1943, la Corte remittente avrebbe dovuto spiegare per quale motivo la
sollevata questione di legittimita' costituzionale sarebbe  rilevante
nel giudizio principale, poiche', quale che possa essere il  giudizio
di questa Corte in ordine alla legittimita' costituzionale  dell'art.
20 del decreto-legge n. 112 del 2008, se il  giudice  a  quo  dovesse
ritenere che le prescrizioni del d.P.R. n. 145 del 1965 si  applicano
alla societa' ricorrente  nel  giudizio  principale,  la  conclusione
sarebbe, in ogni  caso,  l'accoglimento  della  pretesa  restitutoria
avanzata  da  quest'ultima  senza  necessita'  di  fare  applicazione
dell'art.  6  della  legge  n.  138  del  1943  o  dell'art.  20  del
decreto-legge n. 112 del 2008; 
        che la Corte d'appello di Torino si limita ad  affermare  che
l'orientamento della  giurisprudenza  di  legittimita'  (secondo  cui
l'art. 6 della legge n. 138 del 1943  si  interpreta  nel  senso  che
l'erogazione del trattamento di  malattia  da  parte  dei  datori  di
lavoro non esonera questi ultimi dall'obbligazione  contributiva)  si
applica anche  ai  datori  di  lavoro  che  corrispondono  ai  propri
dipendenti il trattamento  di  malattia  in  virtu'  di  disposizioni
legislative, ma una simile affermazione non spiega per  quale  motivo
il d.P.R. n. 145 del 1965  non  sarebbe  applicabile  alla  Compagnia
Valdostana delle Acque nella  parte  in  cui  esclude  l'obbligo  del
datore di lavoro di versare la contribuzione di malattia; 
        che le questioni di legittimita' costituzionale  sono  dunque
manifestamente  inammissibili  per  insufficiente  motivazione  sulla
rilevanza.