Ordinanza nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 10 febbraio 2005 relativa alla insindacabilita', ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dall'on. Vittorio Sgarbi nei confronti del magistrato Gherardo Colombo, promosso dalla Corte di Cassazione con ricorso depositato in cancelleria il 3 agosto 2010 ed iscritto al n. 9 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2010, fase di ammissibilita'. Udito nella camera di consiglio del 15 dicembre 2010 il Giudice relatore Paolo Grossi. Ritenuto che, con ricorso depositato il 3 agosto 2010, la Corte di cassazione, terza sezione civile, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, in riferimento alla deliberazione con la quale l'Assemblea, approvando il 10 febbraio 2005 la relazione della Giunta per le autorizzazioni a procedere (doc. IV-quater n. 48), ha dichiarato la insindacabilita', ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dal deputato Vittorio Sgarbi nei confronti del magistrato Gherardo Colombo; che la Corte ricorrente premette di essere stata investita dalla impugnazione proposta dal dott. Gherardo Colombo, magistrato in servizio all'epoca dei fatti, avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna depositata il 6 dicembre 2005, con la quale, in riforma della decisione adottata in primo grado, era stata respinta la domanda di risarcimento dei danni avanzata in relazione al contenuto ingiurioso e diffamatorio di alcune dichiarazioni rese dall'allora deputato Vittorio Sgarbi nel corso della trasmissione televisiva messa in onda il 27 marzo 1998 dalla emittente R.T.I. nella serie "Sgarbi quotidiani"; che, nei giudizi di merito, l'attore si era doluto di essere stato rappresentato in quelle dichiarazioni, assieme alla collega dott.ssa Ilda Boccassini, come «magistrati mediocri che, mossi da ostilita' verso altro magistrato (il dott. Mele) di gran lunga di loro piu' meritevole e capace, gli avevano impedito una importante progressione in carriera, rendendo all'organo di autogoverno della magistratura "dichiarazioni" tali da "bloccargli" la strada»; che, nel proporre ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte di appello di Bologna - con la quale era stata esclusa la responsabilita' dell'onorevole Sgarbi in ragione della delibera del 10 febbraio 2005, con la quale la Camera dei deputati aveva ritenuto applicabile, nei confronti del deputato, la scriminante dell'art. 68, primo comma, Cost., nell'ambito del giudizio civile introdotto dalla dott.ssa Ilda Boccassini per le dichiarazioni rese dallo stesso Sgarbi nella medesima trasmissione televisiva del 27 marzo 1998 - il dott. Colombo aveva, in particolare, denunciato violazione e falsa applicazione dell'art. 68, primo comma, Cost., in quanto la Corte territoriale avrebbe errato sia nel ritenere rilevante la deliberazione di insindacabilita' delle opinioni espresse dal deputato Sgarbi, essendo questa attinente alla diversa causa promossa dalla dott.ssa Boccassini; sia nel non rilevare la illegittimita' di tale delibera per mancanza di motivazione sul nesso funzionale tra le dichiarazioni rese dal parlamentare nella richiamata trasmissione e suoi precedenti atti tipici; sia, infine, nel non sollevare conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati, in ragione dell'anzidetto vizio; che la Corte ricorrente ha, preliminarmente, disatteso la validita' dell'assunto posto a fondamento del primo motivo di ricorso, reputando «non contestabile» l'applicabilita', anche agli effetti del giudizio introdotto dal dott. Colombo, della menzionata delibera di insindacabilita', avuto riguardo alla identita' e contestualita' delle opinioni del parlamentare, coinvolgenti tanto la dott.ssa Boccassini che il dott. Colombo, e considerato che la Camera si era limitata a recepire il parere della Giunta, «che quelle dichiarazioni aveva delibato considerandone destinatario proprio il Colombo»; che, peraltro, la deliberazione in questione sarebbe effettivamente affetta dai vizi denunciati, in quanto la Camera dei deputati, nel valutare le dichiarazioni del deputato, avrebbe omesso di considerare che il contesto in cui le affermazioni erano state rese, in se' non riferibili ad alcun atto tipico della funzione parlamentare svolta dal medesimo, risultava avulso da qualsiasi connotazione istituzionale; in particolare - sottolinea la Corte ricorrente - quello che l'on. Sgarbi aveva definito come il cosiddetto "caso Mele" risultava privo di corrispondenza sostanziale con atti tipici rispetto ai quali la trasmissione televisiva potesse fungere da strumento divulgativo; circostanza, d'altra parte, asseverata dalla stessa Camera dei deputati, la quale, nel limitarsi a valorizzare il mero contesto genericamente politico in cui le dichiarazioni contestate si sarebbero inserite, evocava, «ex ore suo, nella suddetta sua delibera, una ipotesi paradigmatica di esclusa configurabilita' della immunita'»; che, pertanto, da tali rilievi discenderebbe la illegittimita' della delibera in questione e «il suo carattere invasivo delle attribuzioni del potere giudiziario», con conseguente richiesta di dichiarare, previa l'ammissibilita' del ricorso, che non spettava alla Camera dei deputati deliberare che le dichiarazioni del deputato Vittorio Sgarbi, nella trasmissione "Sgarbi quotidiani" del 27 marzo 1998, concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni ai sensi dell'art. 68, primo comma, Cost. Considerato che, in questa fase del giudizio, la Corte e' chiamata, a norma dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, a deliberare, senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile in quanto vi sia «materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza», sussistendone i requisiti soggettivo ed oggettivo e restando impregiudicata ogni ulteriore questione, anche in punto di ammissibilita'; che, sotto il profilo del requisito soggettivo, va riconosciuta la legittimazione della Corte di cassazione a sollevare conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, in quanto organo giurisdizionale, in posizione di indipendenza costituzionalmente garantita, competente a dichiarare definitivamente la volonta' del potere cui appartiene nell'esercizio delle funzioni attribuitegli; che, parimenti, deve essere riconosciuta la legittimazione della Camera dei deputati ad essere parte del presente conflitto, quale organo competente a dichiarare in modo definitivo la propria volonta' in ordine all'applicazione dell'art. 68, primo comma, Cost.; che, per quanto attiene al profilo oggettivo, la Corte ricorrente lamenta la lesione della propria sfera di attribuzione, costituzionalmente garantita, in conseguenza di un esercizio ritenuto illegittimo, per inesistenza dei relativi presupposti, del potere spettante alla Camera dei deputati di dichiarare l'insindacabilita' delle opinioni espresse dai membri di quel ramo del Parlamento ai sensi dell'art. 68, primo comma, Cost.; che, dunque, esiste la materia di un conflitto la cui risoluzione spetta alla competenza della Corte.