Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1, commi 1  e
3, e 2 della  legge  della  Regione  Lazio  16  aprile  2009,  n.  14
(Disposizioni in materia di personale),  promosso  dal  Consiglio  di
Stato nel procedimento vertente tra M.G.M.  ed  altri  e  la  Regione
Lazio ed altri con ordinanza del 4 agosto 2009 iscritta al n. 147 del
registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 21, 1ª serie speciale, dell'anno 2010. 
    Visti gli atti di costituzione di M.G.M. ed altri e di  Confedir,
Direr, Direr- Dirl Lazio; 
    Udito nella camera di consiglio del 1° dicembre 2010  il  giudice
relatore Luigi Mazzella. 
    Ritenuto che il Consiglio di Stato ha sollevato,  in  riferimento
agli artt. 3, 24, 51, 81, 97, 111, 113 e 117, secondo comma,  lettera
l), della  Costituzione,  questioni  di  legittimita'  costituzionale
degli artt. 1, commi 1 e 3, nelle parti in cui  ricorrono  le  parole
«qualifica e» [rectius: «qualifica o»] e 2, della legge della Regione
Lazio 16 aprile 2009, n. 14 (Disposizioni in materia di personale); 
    che il giudizio principale ha  ad  oggetto  la  legittimita'  del
regolamento della Giunta regionale 10 maggio 2001, n. 2  (Regolamento
di attuazione dell'art. 22, comma 8, della legge regionale 1°  luglio
1996,  n.  25),  disciplinante  il  procedimento  relativo  al  nuovo
inquadramento  del  personale  interessato  alla  c.d.   perequazione
prevista dall'art. 22 della legge della Regione Lazio 1° luglio 1996,
n. 25 (Norme sulla dirigenza  e  sull'organizzazione  regionale),  il
quale ha stabilito che, ai fini della soluzione  delle  sperequazioni
determinatesi in sfavore del personale regionale non destinatario  di
alcune  precedenti  leggi  regionali,  si  sarebbe  provveduto   «con
successivo provvedimento»; 
    che il rimettente espone che, nel giudizio  di  primo  grado,  il
Tribunale amministrativo per il Lazio aveva dichiarato illegittimo il
predetto regolamento con sentenza i cui effetti esecutivi erano stati
confermati, in sede cautelare, da esso Consiglio di Stato ed aggiunge
di ritenere meritevole di conferma, anche nel  pendente  giudizio  di
merito di secondo grado, la  tesi  sostenuta  dal  giudice  di  primo
grado, ma tuttavia, nelle more del giudizio, e' intervenuta la  legge
reg. Lazio n. 14 del 2009 che, per la  tempistica  con  la  quale  e'
stata approvata, per il tenore letterale delle sue disposizioni e per
l'inequivoco suo finalismo, e' diretta ad impedire la definizione del
giudizio principale con una sentenza di conferma  delle  sentenza  di
annullamento impugnata; 
    che, in  particolare,  l'art.  1  della  citata  legge  regionale
dispone che «In considerazione del processo di riorganizzazione delle
strutture regionali, al fine di favorire la  razionalizzazione  degli
organici, assicurare il buon andamento dell'amministrazione  evitando
interruzioni e disfunzioni nell'attivita' gestionale, e' fatta  salva
la qualifica o categoria gia' attribuita al personale  alla  data  di
entrata in vigore della presente legge per effetto  dell'applicazione
dell'articolo 22, comma 8, della legge regionale 1° luglio  1996,  n.
25  (Norme  sulla  dirigenza  e  sull'organizzazione   regionale)   e
successive modifiche, purche' lo stesso abbia svolto  le  funzioni  o
mansioni  corrispondenti  alla  predetta   qualifica   o   categoria,
conferite con atto formale ed effettivamente esercitate per almeno un
triennio» (comma 1) e che «E'  fatta  salva  la  posizione  economica
acquisita dal personale, anche in  stato  di  quiescenza,  a  seguito
dell'espletamento delle funzioni o mansioni, correlate alla qualifica
o categoria gia' rivestita, purche'  formalmente  attribuite»  (comma
3); 
    che l'art. 2 della stessa legge regionale stabilisce  che  questa
entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione
nel Bollettino Ufficiale della Regione; 
    che, ad avviso del rimettente,  tali  norme  violerebbero  l'art.
117, secondo comma, lettera l), Cost., perche', avendo  la  finalita'
di definire una  o  piu'  controversie,  rientrano  nella  competenza
legislativa esclusiva statale in materia di giurisdizione e giustizia
amministrativa; 
    che, inoltre, sarebbero lesi gli artt. 3 e 24 Cost.,  perche'  la
legge reg. Lazio n. 14 del 2009 si limita a conculcare gli  interessi
legittimi e il diritto alla difesa delle parti  ricorrenti  in  primo
grado che avevano impugnato il menzionato regolamento n. 2 del  2001,
senza nulla concedere alle loro pretese, il che  concreta  anche  una
violazione del generale canone di uguaglianza; 
    che, a parere del giudice a quo,  sussisterebbe  anche  contrasto
con l'art. 111 Cost. e, in particolare, con il principio  di  parita'
delle parti, perche' la Regione Lazio, parte nel giudizio principale,
ha svolto anche il ruolo di titolare del potere  normativo  primario,
utilizzato per porre fine ad un giudizio definito in primo grado  con
una pronuncia a se' sfavorevole; 
    che il Consiglio di stato  denuncia,  poi,  la  violazione  degli
artt. 3, primo e secondo comma, e 113 Cost., affermando che la  legge
reg. Lazio n. 14 del 2009 e' una legge-provvedimento  perche'  incide
su  un  numero  determinabile  di  destinatari  ed  ha  un  contenuto
particolare e concreto, esorbitando dai limiti che la  giurisprudenza
costituzionale ha individuato all'emanazione di simili  provvedimenti
legislativi, essendo arbitraria,  irragionevole  e  risolvendosi  nel
tentativo di escludere la piena  giustiziabilita'  degli  atti  della
pubblica amministrazione; 
    che,  ad  avviso  del  giudice  a   quo,   le   norme   censurate
contrasterebbero con gli artt. 3, 51, primo  comma,  e  97,  primo  e
terzo comma, Cost., perche' consentono  inquadramenti  automatici  in
qualifiche superiori, aggirando la regola dell'accesso per concorso; 
    che sarebbero lesi, poi, gli artt. 3, 97 e 98  Cost.  poiche'  il
principio del buon andamento della pubblica  amministrazione  sarebbe
vulnerato anche da norme - come quelle censurate - che consentano  di
accedere  alla  dirigenza  mediante   scivolamenti   automatici   che
mortificano il ruolo e la dignita' della dirigenza,  con  conseguenze
arbitrarie e irragionevoli; 
    che,  infine,  il  Consiglio  di  Stato  lamenta  la   violazione
dell'art. 81 Cost., perche' le norme denunciate non indicano i  mezzi
per finanziare la spesa da esse generata e consistente nel  pagamento
della  retribuzione  al  personale  destinatario  della  perequazione
rimasto in servizio e della pensione a quello gia' cessato; 
    che nel giudizio  di  costituzionalita'  si  sono  costituite  la
Confederazione Nazionale  dei  Quadri  Direttivi  e  Dirigenti  della
Funzione Pubblica (CONFEDIR), la Federazione  Nazionale  Dirigenti  e
Quadri Direttivi delle Regioni (DIRER) e l'Associazione dei Dirigenti
della Regione Lazio (DIRER - Dirl Lazio), ricorrenti nel giudizio  di
primo grado e parti appellate nel giudizio a quo, le  quali  chiedono
che le questioni sollevate dal  Consiglio  di  Stato  siano  accolte,
sostenendo che esse trovano fondamento nella giurisprudenza di questa
Corte; 
    che si sono costituiti  anche  alcuni  dei  dipendenti  regionali
beneficiari del regolamento n. 2 del  2001  e  parti  appellanti  nel
giudizio principale, i quali chiedono le questioni  siano  dichiarate
manifestamente inammissibili o infondate; 
    che, ad avviso di questi ultimi, la legge reg. Lazio  n.  14  del
2009 e' conforme ai parametri costituzionali  evocati  nell'ordinanza
di  rimessione  e  la  sua  emanazione  e'  motivata  da  eccezionali
finalita' perequative; essa presuppone  un  procedimento  concorsuale
interno e si limita a far propri gli effetti di atti e  provvedimenti
amministrativi adottati  in  attuazione  di  precedenti  disposizioni
legislative ed in esecuzione di specifici provvedimenti cautelari del
giudice amministrativo. 
    Considerato che il Consiglio di Stato dubita, in riferimento agli
artt. 3, 24, 51, 81, 97, 111, 113 e 117, secondo comma,  lettera  l),
della Costituzione, della legittimita' costituzionale degli artt.  1,
commi 1 e 3, nelle parti in cui ricorrono  le  parole  «qualifica  e»
[rectius: «qualifica o»] e 2, della  legge  della  Regione  Lazio  16
aprile 2009, n. 14 (Disposizioni in materia di personale); 
    che, successivamente alla pronuncia dell'ordinanza di  rimessione
con la quale sono  state  sollevate  le  predette  questioni,  questa
Corte,  con  la   sentenza   n.   195   del   2010,   ha   dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'intera legge reg.  Lazio  n.  14
del 2009; 
    che, pertanto, le questioni medesime  debbono  essere  dichiarate
manifestamente inammissibili, essendo divenute prive di oggetto. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.