Ordinanza 
 
nei giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  10-bis  del
decreto legislativo  25  luglio  1998,  n.  286  (Testo  unico  delle
disposizioni concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e  norme
sulla condizione dello straniero), aggiunto dall'art.  1,  comma  16,
lettera a), della legge  15  luglio  2009,  n.  94  (Disposizioni  in
materia di sicurezza pubblica),  promossi  dal  Giudice  di  pace  di
Genova con ordinanza del 9 dicembre 2009 e dal  Giudice  di  pace  di
Isernia con ordinanza del 12 febbraio 2010, iscritte ai nn. 112 e 222
del registro ordinanze 2010 e  pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica nn. 16 e 35, 1ª serie speciale, dell'anno 2010. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio del 26 gennaio  2011  il  giudice
relatore Paolo Maria Napolitano. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 9 dicembre 2009,  il  Giudice  di
pace di Genova ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 24 e  25
della  Costituzione,   questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 10-bis del decreto  legislativo  25  luglio  1998,  n.  286
(Testo   unico   delle   disposizioni   concernenti   la   disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto
dall'art. 1, comma 16, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n.  94
(Disposizioni in materia di sicurezza pubblica); 
    che il giudice a quo premette, in fatto, di  dover  giudicare  un
cittadino straniero extracomunitario  accusato  del  nuovo  reato  di
ingresso o soggiorno illegale  nel  territorio  dello  Stato  di  cui
all'art.10-bis del d.lgs. n. 286 del 1998 e afferma che la  questione
e'   rilevante   perche'   dalle   risultanze   dibattimentali    non
emergerebbero ostacoli all'applicazione della norma incriminatrice; 
    che il  rimettente,  in  punto  di  non  manifesta  infondatezza,
ritiene che la norma censurata violi i  principi  di  ragionevolezza,
uguaglianza e solidarieta' (artt. 2 e 3 Cost.),  come  gia'  ritenuto
con ampia ed esaustiva motivazione dal Tribunale ordinario di  Pesaro
con ordinanza in data 31  agosto  2009,  cui  egli  fa  integrale  ed
esplicito riferimento; 
    che,  inoltre,  il  Giudice  di  pace  di  Genova  dubita   della
conformita' a Costituzione della fattispecie incriminatrice in  esame
anche con riferimento agli artt. 24 e 25 Cost.; 
    che, a suo parere, sarebbe violato il principio di determinatezza
della  fattispecie  penale   cosi'   come   elaborato   dalla   Corte
costituzionale nella sentenza n. 34 del 1995; 
    che nella suindicata decisione concernente, anche in  quel  caso,
un reato di mera omissione, la Corte aveva affermato che la  generica
indicazione  del  comportamento  penalmente  punibile,  l'assenza  di
indicazioni circa il grado di inerzia sanzionabile e la  mancanza  di
determinazione del tempo entro il quale porre in essere  la  condotta
doverosa comportavano una violazione del «principio di  tassativita'»
della fattispecie e, di conseguenza,  del  principio  di  riserva  di
legge assoluta in materia penale consacrata dall'art. 25 Cost.; 
    che l'art. 10-bis del d.lgs. n. 286 del  1998  presenterebbe  gli
stessi difetti di insufficiente  tipizzazione  della  fattispecie  in
primo luogo perche' non incriminerebbe una condotta ma un mero status
quale quello di irregolare nel territorio dello  Stato  italiano,  in
secondo luogo, perche' non sarebbe  indicato  il  grado  dell'inerzia
punibile  mancando  la  specificazione  del  momento  dal  quale   lo
straniero deve effettivamente allontanarsi dal territorio dello Stato
e, infine, perche' non sarebbe indicato il tempo entro  il  quale  la
condotta doverosa ipotizzata dal legislatore deve essere compiuta; 
    che, pertanto, la condotta di indebito trattenimento sarebbe  del
tutto  indeterminata  e  potenzialmente  applicabile  ad  una   serie
illimitata di comportamenti, determinando in tal modo una  violazione
del diritto di difesa,  poiche'  un  soggetto  sarebbe  esposto  alla
contestazione del reato per il solo fatto di essersi  trattenuto  nel
territorio dello Stato, senza avere la possibilita' in alcun modo  di
contrastare l'addebito e senza poter dare prova di avere  soddisfatto
il precetto legislativo; 
    che e' intervenuto nel giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la  questione  sia  dichiarata  inammissibile  o
infondata; 
    che, a parere dell'Avvocatura dello Stato, la questione  relativa
alla violazione degli artt. 2 e 3 Cost. e'  inammissibile  in  quanto
motivata per relationem mentre e' noto che secondo la  giurisprudenza
costituzionale il giudice  remittente  deve  manifestare  il  proprio
dubbio di legittimita'  costituzionale  con  argomentazioni  proprie,
espressamente indicate nell'ordinanza di rimessione; 
    che l'ulteriore questione sarebbe  invece  infondata  perche'  la
scelta   di   dare   rilievo   penale   a   comportamenti    illeciti
precedentemente sanzionati solo in via amministrativa  rientra  nella
discrezionalita' del legislatore in ordine  all'individuazione  delle
condotte penalmente punibili e delle relative sanzioni; 
    che, inoltre, non sarebbe esatta  l'affermazione  del  rimettente
circa l'indeterminatezza della fattispecie in quanto  il  legislatore
punisce una condotta specifica e inequivoca, quale quella di chi  sia
presente sul territorio dello Stato senza  titolo  legittimante,  «il
cui grado di inerzia non punibile [sarebbe] dato dalla inesigibilita'
della condotta»; 
    che, con ordinanza del 12 febbraio 2010, il Giudice  di  pace  di
Isernia ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma,
e 111, primo  e  secondo  comma,  Cost.,  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 10-bis del d.lgs. n. 286 del 1998,  aggiunto
dall'art. 1, comma 16, lettera a), della legge n. 94 del 2009; 
    che il giudice a quo premette, in fatto, di  dover  giudicare  un
cittadino straniero extracomunitario  imputato  del  nuovo  reato  di
ingresso o soggiorno illegale nel territorio dello Stato per «essersi
trattenuto  nel  territorio   dello   Stato   in   violazione   delle
disposizioni del T.U. sull'immigrazione (in quanto privo del permesso
di soggiorno)»; 
    che l'imputato,  a  seguito  di  un  controllo  dei  carabinieri,
risultava sprovvisto dei documenti di identificazione e di  soggiorno
nel territorio nazionale e dai successivi  rilievi  dattiloscopici  e
fotosegnaletici, emergeva che, pur non essendo gravato da  pregiudizi
penali, lo stesso aveva fatto ingresso  nel  territorio  dello  Stato
sottraendosi ai controlli di frontiera; 
    che, a parere del remittente, la norma sarebbe in  contrasto  con
l'art. 3 Cost. perche' non prevede, quale  elemento  costitutivo  del
reato (o  quantomeno  come  esimente  codificata),  l'assenza  di  un
giustificato motivo,  che  e'  invece  espressamente  previsto  nella
fattispecie ben piu' grave di inottemperanza all'ordine del  questore
di  lasciare  il  territorio  nazionale  (delittuosa,  e   non   gia'
contravvenzionale) di cui all'art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286
del 1998, operando cosi' un'evidente discriminazione tra chi  rifiuta
di   obbedire   ad   un   ordine   legalmente   reso   dell'autorita'
amministrativa e chi semplicemente permane sul territorio nazionale; 
    che risulterebbero violati anche gli artt. 24, secondo  comma,  e
111, primo e secondo comma, Cost., in quanto  l'impossibilita'  dello
straniero di provare l'esistenza di un giustificato  motivo  che  gli
abbia impedito di regolarizzare la sua  posizione  costituirebbe  una
chiara lesione del  diritto  di  difesa  nonche'  del  principio  del
contraddittorio nella formazione della prova; 
    che, infatti, a causa  della  natura  del  reato  in  esame,  non
sarebbe possibile per l'imputato alcuna pratica difesa risultando  la
prova  della  sussistenza  dell'elemento   costitutivo   del   reato,
rappresentato dalla presenza sul territorio nazionale, ex actis dalla
semplice lettura dell'atto di presentazione immediata, cio' in palese
contrasto con il principio per il quale la prova si  forma  solo  nel
dibattimento; 
    che, pertanto, il processo si risolverebbe in un vuoto  simulacro
privo delle guarentigie costituzionali di cui all'art. 111 Cost.; 
    che la norma incriminatrice sarebbe in  contrasto  con  l'art.  3
Cost.  anche  sotto  il  profilo  dell'irragionevolezza   dell'azione
legislativa, assolutamente arbitraria e priva di ogni giustificazione
sul piano costituzionale; 
    che il rimettente ritiene  la  questione  rilevante  non  essendo
possibile l'applicazione delle scriminanti previste dagli artt. 51  e
seguenti cod. pen., di natura tipica, ne' tantomeno l'estensione,  in
chiave analogica, della scriminante  (anch'essa  tipizzata)  prevista
dall'art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286  del  1998,  di  stretta
applicazione, poiche' posta in  relazione  ad  un  comportamento  del
tutto diverso (cioe' quello di non  aver  ottemperato  all'ordine  di
allontanamento disposto  dal  Questore),  non  assimilabile,  stricto
sensu, alla fattispecie prevista dalla norma qui censurata; 
    che, infine,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale  si
porrebbe  come  questione  pregiudiziale,  in  quanto,  se   accolta,
comporterebbe  l'assoluzione  dell'imputato  dal  reato  per  cui  si
procede   o   quantomeno   imporrebbe   di   valutarne    l'effettiva
colpevolezza. 
    Considerato che le ordinanze di rimessione, indicate in epigrafe,
sollevano questioni identiche o analoghe,  onde  i  relativi  giudizi
vanno riuniti per essere definiti con unica decisione; 
    che i  giudici  a  quibus  dubitano,  in  riferimento  a  plurimi
parametri, della legittimita'  costituzionale  dell'art.  10-bis  del
decreto legislativo  25  luglio  1998,  n.  286  (Testo  unico  delle
disposizioni concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e  norme
sulla condizione dello straniero), aggiunto dall'art.  1,  comma  16,
lettera a), della legge  15  luglio  2009,  n.  94  (Disposizioni  in
materia di sicurezza pubblica), che punisce con l'ammenda da 5.000  a
10.000 euro, salvo che il fatto  costituisca  piu'  grave  reato,  lo
straniero che fa ingresso o si trattiene illegalmente nel  territorio
dello Stato; 
    che le ordinanze di rimessione presentano  carenze  in  punto  di
descrizione  della  fattispecie  concreta  e  di  motivazione   sulla
rilevanza tali da precludere lo scrutinio nel merito delle questioni; 
    che, quanto all'ordinanza di rimessione del Giudice  di  pace  di
Genova,  l'indicato  difetto  di  descrizione  della  fattispecie  e'
pressoche' totale, in  quanto  il  rimettente  non  riporta  il  capo
d'imputazione ne' tantomeno descrive l'effettiva condotta  contestata
all'imputato, limitandosi a riferire  che  questi,  rintracciato  nel
territorio dello Stato, non  e'  stato  in  grado  di  dimostrare  la
regolarita' della propria posizione di soggiorno; 
    che,  in  mancanza  di  qualsiasi  riferimento  alla  fattispecie
concreta che ha  dato  origine  all'imputazione,  resta  inibita  per
questa Corte la necessaria verifica circa l'influenza della questione
di legittimita' sulla decisione richiesta al rimettente; 
    che anche l'ordinanza proveniente dal Giudice di pace di  Isernia
presenta  carenze  insuperabili   quanto   alla   descrizione   della
fattispecie; 
    che, infatti, il rimettente descrive la fattispecie  concreta  in
modo  contraddittorio,  non  chiarendo  se  la  condotta   contestata
all'imputato e' quella di  ingresso  illegale  nel  territorio  dello
Stato  o  di  indebito  trattenimento  nel  territorio  dello  Stato,
circostanza che assume particolare rilievo,  dato  che  le  questioni
sollevate attengono  alla  mancanza  dell'esimente  del  giustificato
motivo; 
    che, inoltre, manca ogni motivazione  in  ordine  alla  rilevanza
della questione, non essendo prospettata, neppure con riguardo a mere
allegazioni difensive, alcuna circostanza che, nel  caso  di  specie,
potrebbe assumere rilievo quale «giustificato motivo»; 
    che la carenza di elementi  potenzialmente  giustificativi  della
condotta, nella descrizione della fattispecie sottoposta a  giudizio,
priva la questione sollevata di attuale  rilevanza,  o  comunque  non
consente il necessario controllo al riguardo; 
    che  le  questioni  vanno  dichiarate,  pertanto,  manifestamente
inammissibili.