Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, (c.f. 80188230587) rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato (c.f. 80224030587) presso i cui uffici e' domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12, contro la Regione Lombardia, (c.f. 80050050154) in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 1, lett. r) della Legge Regione Lombardia 5 febbraio 2010 n. 7, come da delibera del Consiglio dei Ministri in data 1º aprile 2010. Sul B.U.R. Lombardia 28 dicembre 2010 n. 52 e' stata pubblicata la Legge Regionale 27 dicembre 2010 n. 21, recante «Modifiche alla legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26 Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche, in attuazione dell'articolo 2, comma 186-bis della legge 23 dicembre 2009, n. 191». Il Governo Ritiene che tale legge sia censurabile nelle disposizioni contenute nell'art. 1, comma 1, lett. t) e pertanto propone questione di legittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 127 comma 1 cost. per i seguenti Motivi La legge in esame che, in attuazione dell'art. 2, comma 186-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, detta modifiche alla legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26, recante la disciplina dei servizi locali di interesse economico generale e norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche, presenta diversi profili di illegittimita' costituzionale relativamente alla disposizione di cui all'art. 1, comma 1, lettera t). L'art. 1, comma 1, lettera t) della legge in esame novella l'art. 49, della 1.r. n. 26/2003, in tema di organizzazione del servizio idrico integrato. Il nuovo articolo 49 della legge regionale n. 26/2003 risulta censurabile relativamente ai commi 2 e 4 per i seguenti motivi: 1) La norma contenuta nel novellato art. 49, comma 2, stabilisce che: «Gli enti locali possono costituire una societa' patrimoniale d'ambito ai sensi dell'articolo 113, comma 13 del d.lgs. n. 267/00, a condizione che questa sia unica per ciascun ATO e vi partecipino direttamente o indirettamente mediante conferimento della proprieta' delle reti, degli impianti, delle altre dotazioni patrimoniali del servizio idrico integrato e, in caso di partecipazione indiretta del relativo ramo d'azienda, i comuni rappresentativi di almeno i due terzi del numero dei comuni dell'ambito.». In proposito, si evidenzia, che il comma 13 dell'art. 113 del d. lgs. 267/2000, richiamato dalla norma regionale, pur non risultando esplicitamente abrogato dal combinato disposto degli artt. 23-bis, comma 10, lett. m., del d.l. n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008 e 12 del D.P.R. n. 168 del 2010, recante il regolamento in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica, e' stato implicitamente abrogato dall'art.113 citato laddove nel comma 5 si afferma il principio della proprieta' pubblica delle reti e nel comma 10 si prevede l'abrogazione delle disposizioni dell'art.113 divenute incompatibili proprio con la disposizione menzionata. Per di piu' il medesimo comma 13 del citato art.113 prevede espressamente che la disciplina in esso contenuta si applichi «nei casi in cui non sia vietato dalle normative di settore». Il settore idrico integrato e' disciplinato ai sensi degli artt.141 e ss del d.lgs. n. 152/06 da norme statali per quanto concerne la tutela dell'ambiente, della concorrenza, nonche' la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni del servizio idrico integrato. Piu' in particolare la disciplina della proprieta' delle reti e' regolata dall'art. 143, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006 a mente del quale «Gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture idriche di proprieta' pubblica, fino al punto di consegna e/o misurazione, fanno parte del demanio ai sensi dell'art. 822 e ss. del codice civile e sono inalienabili se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge». Richiamando in questa sede i principi sanciti da codesto Giudice delle leggi in subiecta materia (Cfr. C. cost. 16-20 novembre 2009, n. 307), il comma richiamato costituisce norma di settore che prevale sul disposto del citato comma 13 dell'articolo 113 del TUEL e rende quindi illegittima la previsione di un trasferimento della proprieta' degli impianti ad una societa', ancorche' a partecipazione pubblica. Il trasferimento della proprieta', come previsto dalla norma regionale, ad una societa' che e' soggetto di diritto privato comunque in posizione di autonomia soggettiva rispetto agli enti pubblici soci, si pone in contrasto non soltanto con la citata disposizione statale, bensi' anche con gli artt. 822, 823, 824, del cod. civ., dalla lettura combinata dei quali si evince che gli acquedotti provinciali e comunali sono soggetti al regime del demanio pubblico che, per l'appunto, ne prevede la inalienabilita' se non nei modi e limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano. Pertanto, quand'anche non si ritenesse implicitamente abrogato il comma 13 dell'articolo 113 del d.lgs. n. 267 del 2000, la clausola di salvezza ivi contenuta riguardo alle discipline di settore determina la prevalenza del citato art. 143, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006, e (di riflesso) il contrasto fra quest'ultimo e la norma della LR. in oggetto. La norma regionale risulta inoltre violare l'art. 23-bis, comma 5 del d.l. n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica, dove si afferma che resta ferma la proprieta' pubblica delle reti. Le medesime illegittimita' si rilevano in ordine al collegato comma 6, lettera c) del novellato articolo 49 che dispone che l'ente responsabile dell'ATO definisca i criteri per il trasferimento dei beni e del personale delle gestioni esistenti. 2) Il nuovo comma 4, dell'art. 49, stabilisce che in ogni caso la societa' patrimoniale pone a disposizione del gestore incaricato della gestione del servizio le reti, gli impianti, le altre dotazioni patrimoniali, e l'ente responsabile dell'ATO puo' assegnare alla societa' il compito di espletare le gare per l'affidamento del servizio, le attivita' di progettazione preliminare delle opere infrastrutturali relative al servizio idrico e le attivita' di collaudo delle stesse. La nuova formulazione del comma 4, nella parte in cui consente di sottrarre all'ATO la competenza ad aggiudicare la gestione del servizio idrico integrato, contrasta con le disposizioni della normativa statale di riferimento, di cui l'art. 150, comma 2, del d.lgs. n. 152/2006 e l'art. 12, comma 1, lettera b), del D.P.R. n. 168/2010, che prevedono che sia l'autorita' d'Ambito ad aggiudicare la gestione del servizio idrico integrato. Del resto, la riserva alla legge statale del potere di attribuire ad altri le funzioni gia' di competenza degli ATO e' confermata anche dalla legge n. 191/2009, all'art. 2, comma 186-bis, la quale, nel prevedere la soppressione delle AATO e la successiva attribuzione delle relative funzioni, ha previsto la loro attribuzione in blocco ad altro, unico soggetto, anziche', come invece previsto dalla disposizione regionale in parola, l'enucleazione di una singola attribuzione da devolvere a soggetto formalmente privato isolatamente dalle rimanenti competenze (quale, ad es., la redazione del Piano d'ambito, che come noto costituisce una sorta di antecedente logico, giuridico, economico e tecnico‑operativo degli atti, ad iniziare dal bando, necessari alla indizione e celebrazione della gara per l'affidamento). Conclusivamente, le norme censurate appaiono costituzionalmente illegittime e meritano di essere annullate in quanto, risultando non conformi alla citata legislazione di settore, sono invasive delle competenze statali per violazione dell'art. 117 Cost., comma 2, che attribuiscono rispettivamente alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la tutela della concorrenza, la materia dell'ordinamento civile nel cui ambito rientra il regime dei beni demaniali, la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ed infine la tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali. Il comma 2 del novellato art. 49 della 1.r. della cui legittimita' si controverte risulta peraltro contrastante con l'art. 117 primo comma Cost. in quanto attribuendo la proprieta' delle reti a soggetti privati deroga ad un vincolo derivante dall'ordinamento comunitario in ossequio al quale l'art.15, comma 1-ter DI n. 135/09 ha previsto tra l'altro che tutte le forme di affidamento della gestione del servizio idrico integrato devono avvenire nel rispetto dei principi di autonomia gestionale del soggetto gestore e di piena ed esclusiva proprieta' pubblica delle risorse idriche.