Sentenza 
 
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto  a  seguito
del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 novembre
2008 (Riordino della disciplina delle  Comunita'  montane,  ai  sensi
dell'art. 2, comma  21,  della  legge  24  dicembre  2007,  n.  244),
promosso dalla Regione Veneto con ricorso notificato  il  26  gennaio
2009, depositato in cancelleria il 3 febbraio 2009 ed iscritto al  n.
2 del registro conflitti tra enti 2009. 
    Visto l'atto di costituzione  di  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  22  febbraio  2011  il  Giudice
relatore Alfonso Quaranta; 
    uditi gli avvocati Mario Bertolissi e Andrea Manzi per la Regione
Veneto e l'avvocato dello Stato Pierluigi Di Palma per il  Presidente
del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato  il  26  gennaio  2009  e  depositato
presso la cancelleria  della  Corte  il  successivo  3  febbraio,  la
Regione Veneto ha promosso conflitto di  attribuzione  nei  confronti
del Presidente del Consiglio dei ministri in relazione al decreto del
Presidente del Consiglio dei  ministri  19  novembre  2008  (Riordino
della disciplina delle Comunita' montane, ai sensi  dell'articolo  2,
comma 21, della legge 24 dicembre 2007, n. 244). 
    1.1. - A decorrere  dalla  data  di  pubblicazione  del  suddetto
decreto, per effetto di quanto previsto  dall'art.  2  del  medesimo,
infatti, si sono prodotti, anche per la ricorrente,  gli  effetti  di
cui al comma 20 dell'art. 2 della legge n. 244 del 2007, il quale  ha
previsto che: 
      «a) cessano di appartenere  alle  comunita'  montane  i  comuni
capoluogo di provincia, i comuni costieri e  quelli  con  popolazione
superiore a 20.000 abitanti; 
      b) sono soppresse le comunita' montane nelle quali  piu'  della
meta' dei comuni non sono situati per almeno  l'80  per  cento  della
loro superficie al di sopra di  500  metri  di  altitudine  sopra  il
livello del mare ovvero non sono comuni situati per almeno il 50  per
cento della loro superficie al di sopra di 500  metri  di  altitudine
sul livello  del  mare  e  nei  quali  il  dislivello  tra  la  quota
altimetrica inferiore e la superiore non  e'  minore  di  500  metri;
nelle regioni alpine il limite minimo di altitudine e  il  dislivello
della quota altimetrica, di cui al periodo precedente,  sono  di  600
metri; 
      c) sono altresi' soppresse le comunita' montane che,  anche  in
conseguenza di quanto disposto nella lettera a), risultano costituite
da meno  di  cinque  comuni,  fatti  salvi  i  casi  in  cui  per  la
conformazione e le caratteristiche del territorio non  sia  possibile
procedere alla costituzione delle stesse con  almeno  cinque  comuni,
fermi restando gli obiettivi di risparmio; 
      d) nelle rimanenti comunita'  montane,  gli  organi  consiliari
sono composti in modo da garantire la presenza delle minoranze, fermo
restando che ciascun comune non puo' indicare piu' di  un  membro.  A
tal fine la base elettiva e' costituita  dall'assemblea  di  tutti  i
consiglieri  dei  comuni,  che  elegge   i   componenti   dell'organo
consiliare con voto limitato. Gli organi esecutivi sono  composti  al
massimo da un terzo dei componenti l'organo consiliare». 
    2. - La Regione premette  di  aver  gia'  proposto  questione  di
legittimita' costituzionale in ordine al suddetto art. 2,  comma  20,
della legge finanziaria per il 2008. 
    3. - Con un ampio excursus, la ricorrente ripercorre l'articolata
vicenda normativa che ha interessato le comunita' montane. 
    4. - Deduce, quindi, come  per  effetto  del  suddetto  d.P.C.m.,
delle diciannove  comunita'  montane  del  Veneto,  otto  sono  state
soppresse, sicche' si e' proceduto a nominare commissari straordinari
della  Giunta  regionale  per  ciascuna   delle   comunita'   montane
soppresse. 
    5.  -  Ad  avviso  della  difesa  regionale,   l'intervento   del
legislatore statale, con il d.P.C.m. in questione, ma ancor prima con
la legge n. 244 del 2007, costituirebbe  un'invasione  da  parte  del
governo centrale in un ambito di potesta' legislativa esclusiva,  che
non  puo'  essere  giustificato  neppure  invocando  la  chiamata  in
sussidiarieta' di alcune funzioni. 
    In ogni  caso,  sarebbe  stato  violato  il  principio  di  leale
collaborazione. 
    Inoltre,  l'intervento  legislativo  in  questione  non  potrebbe
essere  ricondotto  ad  esigenze  di  coordinamento   della   finanza
pubblica, trattandosi di un  ambito  materiale  in  cui  la  potesta'
legislativa e' regionale, anche se concorrente. 
    Gli effetti prodotti dal suddetto d.P.C.m. darebbero luogo ad una
menomazione  del  potere  amministrativo  regionale   in   violazione
dell'art.   118   Cost.,   in   quanto   spetta   alla   Regione   la
riorganizzazione degli apparati  che  sono  deputati  a  svolgere  le
funzioni   demandate   alle   comunita'   montane   e   il   riordino
dell'erogazione delle funzioni stesse. 
    Detto intervento sarebbe, altresi', lesivo dell'art.  119  Cost.,
in quanto inciderebbe sulle scelte regionali in ordine all'erogazione
delle spesa. 
    L'intervento  legislativo  in  questione  apparirebbe,   inoltre,
inopportuno e irrazionale, in quanto si e'  prodotta  una  traumatica
interruzione  di  quel  rapporto   di   consolidata   convivenza   ed
aggregazione tra Comuni con esigenze simili,  che  nel  tempo  si  e'
venuto a costituire. 
    6. - La ricorrente ha chiesto  che  la  Corte  dichiari  che  non
spetta allo Stato incidere sulla disciplina delle  comunita'  montane
della Regione Veneto, modificando la  loro  struttura,  riducendo  il
numero dei  Comuni  che  ne  fanno  parte  e  imponendo  una  diversa
composizione dei  loro  organi  consiliari  ed  esecutivi,  spettando
all'ente  regionale  tale  potere,  con  l'effetto  di  annullare  il
d.P.C.m. 19 novembre 2008. 
    7. - Si e' costituito in  giudizio,  con  atto  depositato  il  3
febbraio  2009,   il   Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
deducendo come fosse  all'attenzione  della  Corte  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 21, della legge n. 244
del 2007, sulla cui base veniva emanato il d.P.C.m.  in  questione  e
che, pertanto, occorreva attendere l'esito del suddetto giudizio. 
    8. - In data 1° febbraio 2011, la Regione  Veneto  ha  depositato
memoria con la quale ha ribadito le conclusioni gia'  rassegnate  con
il ricorso. 
    La  Regione  ha  dato  atto  che  nelle  more  del  giudizio   e'
intervenuta la sentenza n. 237  del  2009,  con  la  quale  e'  stata
dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2,  commi  20  e
22, della legge n. 244 del  2007,  nonche'  dell'art.  2,  comma  21,
ultimo periodo della medesima legge, che prevede: «gli effetti di cui
al comma 20 si producono dalla data  di  pubblicazione  del  predetto
decreto». 
    Ad avviso della Regione la suddetta  pronuncia  confermerebbe  la
fondatezza   dei   propri   assunti   difensivi   e    determinerebbe
l'illegittimita' derivata del d.P.C.m. 19 novembre 2008. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - La Regione Veneto ha promosso conflitto di attribuzione  nei
confronti dello Stato in relazione  al  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri 19 novembre 2008  (Riordino  della  disciplina
delle Comunita' montane, ai sensi dell'articolo 2,  comma  21,  della
legge 24 dicembre 2007, n. 244), con il quale sarebbero state lese le
competenze garantite alla Regione dagli articoli 117, 118 e 119 della
Costituzione, nonche' dai  principi  di  leale  collaborazione  e  di
ragionevolezza, operando in un ambito materiale - comunita' montane -
rimesso alla potesta' legislativa residuale della regione, senza  che
siano  ravvisabili  ragioni  atte  a  dare  luogo  alla  chiamata  in
sussidiarieta',  nonche'  profili  di  coordinamento  della   finanza
pubblica. 
    2. -  In  via  preliminare,  occorre  precisare  che  l'impugnato
d.P.C.m. e' composto di due articoli: il primo prevede  che  «per  le
Regioni  Abruzzo,  Basilicata,  Calabria,  Emilia-Romagna,   Liguria,
Lombardia Marche, Molise, Piemonte, Toscana e Umbria e' accertata  la
riduzione a regime della spesa corrente per  il  funzionamento  delle
comunita' montane» ai sensi delle  disposizioni  ivi  richiamate;  il
secondo prevede che  per  le  «Regioni  Lazio,  Puglia  e  Veneto  si
producono gli effetti  del  comma  20  dell'art.  2  della  legge  24
dicembre 2007, n. 244,  dalla  data  di  pubblicazione»  del  decreto
stesso. 
    Tenuto conto del contenuto di  tale  provvedimento,  e'  evidente
come oggetto  del  conflitto  sia  esclusivamente  l'articolo  2  del
suddetto  decreto,  limitatamente  alla  disposizione  adottata   nei
confronti della ricorrente Regione Veneto; essendo del tutto pacifico
che le disposizioni contenute  nell'articolo  1,  nonche'  la  stessa
disposizione contenuta nell'articolo 2, per la parte in cui questa si
riferisce  a  Regioni  diverse  dalla   ricorrente,   sono   estranee
all'oggetto del conflitto medesimo, sicche' - per  tali  parti  -  il
ricorso,  con  il  quale  e'  chiesto  espressamente   l'annullamento
dell'intero d.P.C.m., deve essere dichiarato inammissibile. 
    3. - Cio' premesso, va precisato che la ricorrente Regione Veneto
deduce che, a decorrere dalla  data  di  pubblicazione  del  suddetto
decreto (intervenuta il 27 novembre 2008), si sono prodotti, nei suoi
confronti, gli effetti di cui all'art. 2, comma 20,  della  legge  24
dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008),  ove  e'
previsto che: 
      «a) cessano di appartenere  alle  comunita'  montane  i  comuni
capoluogo di provincia, i comuni costieri e  quelli  con  popolazione
superiore a 20.000 abitanti; 
      b) sono soppresse le comunita' montane nelle quali  piu'  della
meta' dei comuni non sono situati per almeno  l'80  per  cento  della
loro superficie al di sopra di  500  metri  di  altitudine  sopra  il
livello del mare ovvero non sono comuni situati per almeno il 50  per
cento della loro superficie al di sopra di 500  metri  di  altitudine
sul livello  del  mare  e  nei  quali  il  dislivello  tra  la  quota
altimetrica inferiore e la superiore non  e'  minore  di  500  metri;
nelle regioni alpine il limite minimo di altitudine e  il  dislivello
della quota altimetrica, di cui al periodo precedente,  sono  di  600
metri; 
      c) sono altresi' soppresse le comunita' montane che,  anche  in
conseguenza di quanto disposto nella lettera a), risultano costituite
da meno  di  cinque  comuni,  fatti  salvi  i  casi  in  cui  per  la
conformazione e le caratteristiche del territorio non  sia  possibile
procedere alla costituzione delle stesse con  almeno  cinque  comuni,
fermi restando gli obiettivi di risparmio; 
      d) nelle rimanenti comunita'  montane,  gli  organi  consiliari
sono composti in modo da garantire la presenza delle minoranze, fermo
restando che ciascun comune non puo' indicare piu' di  un  membro.  A
tal fine la base elettiva e' costituita  dall'assemblea  di  tutti  i
consiglieri  dei  comuni,  che  elegge   i   componenti   dell'organo
consiliare con voto limitato. Gli organi esecutivi sono  composti  al
massimo da un terzo dei componenti l'organo consiliare». 
    4. -  La  ricorrente  ha  chiesto,  pertanto,  che  questa  Corte
dichiari che non spettava allo Stato - bensi'  all'ente  regionale  -
incidere sulla  disciplina  delle  comunita'  montane  della  Regione
Veneto, modificando la loro struttura, riducendo il numero dei Comuni
che ne fanno parte e imponendo  una  diversa  composizione  dei  loro
organi  consiliari  ed  esecutivi;   di   conseguenza,   ha   chiesto
l'annullamento del decreto impugnato. 
    5. - Tanto la Regione ricorrente, quanto l'Avvocatura dello Stato
hanno ricordato che, nei termini di rito, era gia'  stata  sottoposta
al vaglio di questa Corte la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 2, commi 17, 18, 19, 20, 21 e 22, della legge  n.  244  del
2007, aventi ad oggetto il riordino delle comunita' montane. 
    Tali disposizioni stabilivano (art. 2, comma 17, della  legge  n.
244 del 2007) che le Regioni, al fine di concorrere agli obiettivi di
contenimento della spesa pubblica, avrebbero dovuto provvedere, entro
il termine indicato, «al riordino della  disciplina  delle  comunita'
montane», tenendo  conto  (art.  2,  comma  18)  di  alcuni  principi
fondamentali. Il comma 20, stabiliva, in particolare,  la  cessazione
dell'appartenenza  alle  comunita'  montane  di  determinati  comuni,
nonche'  la  soppressione  automatica  delle  comunita'  montane  che
presentassero determinati requisiti - qualora le Regioni non avessero
provveduto a quanto disposto dal comma 17, nel termine  fissato  -  a
far data dalla pubblicazione del d.P.C.m. di cui al comma 21,  ultimo
periodo. 
    Il citato comma 21, oltre alla  disposizione  appena  richiamata,
prevedeva,   al   primo   periodo,   l'accertamento    dell'effettivo
conseguimento delle riduzioni di spesa di cui  al  comma  17,  «sulla
base delle leggi regionali  promulgate  e  delle  relative  relazioni
tecnico-finanziarie». 
    6. - Successivamente alla proposizione del ricorso ora  in  esame
e' intervenuta la sentenza di questa Corte n. 237 del  2009,  con  la
quale e' stata dichiarata l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.
2, commi 20 e 22, della legge n. 244 del 2007, nonche'  dell'art.  2,
comma 21, ultimo periodo, della stessa legge, secondo il  quale  «gli
effetti di cui al comma 20 si producono dalla data  di  pubblicazione
del predetto decreto». 
    7. - In particolare, la Corte,  nel  ribadire  che  l'ordinamento
delle  comunita'  montane  rientra   nella   competenza   legislativa
residuale delle Regioni, ha affermato che il  comma  20  viola  anche
l'art. 117, terzo comma, Cost., in quanto contiene una disciplina  di
dettaglio ed autoapplicativa che non puo' essere ricondotta all'alveo
dei principi  fondamentali  della  materia  del  coordinamento  della
finanza pubblica, giacche' non lascia alle Regioni alcuno  spazio  di
autonoma scelta  e  dispone,  in  via  principale,  direttamente,  la
conseguenza, molto incisiva, della soppressione delle  comunita'  che
si trovino nelle specifiche e puntuali condizioni ivi previste. 
    La Corte ha, inoltre, rilevato che il comma  stesso  contiene  la
previsione della garanzia della presenza delle minoranze negli organi
consiliari delle  comunita',  ambito  che  esula  dalla  materia  del
coordinamento   della   finanza   pubblica,   in    quanto    attiene
esclusivamente all'ordinamento dei predetti  organismi,  che  rientra
nella competenza residuale delle Regioni. 
    Con la medesima sentenza si e'  anche  ritenuto  che  e'  «palese
l'illegittimita' dell'ultima parte del comma 21, che  attribuisce  ad
un  atto  amministrativo  dello  Stato  (il  previsto  d.P.C.m.),   a
decorrere dalla data di sua pubblicazione, efficacia abrogativa delle
disposizioni regionali adottate,  ove  riconosciute  insufficienti  a
garantire le riduzioni di spesa indicate nel comma 17». 
    La  Corte  ha,  quindi,  riconosciuto  che  la  previsione  della
cessazione dell'esistenza  di  comunita'  montane  o  dell'automatico
scorporo di comuni dall'ambito delle  comunita'  stesse  vanifica  il
contenuto precettivo della legge  regionale  eventualmente  adottata,
con violazione del criterio di riparto di competenze e del  principio
di legalita' costituzionale,  in  forza  dei  quali  ogni  intervento
sull'efficacia   di   leggi   regionali   deve    trovare    puntuale
giustificazione in fonti costituzionali. 
    Diversamente, e' stata ritenuta  non  illegittima  la  previsione
contenuta nel primo periodo del comma 21, in quanto  essa  disciplina
un'attivita' che, sebbene rimessa ad un provvedimento  amministrativo
dello Stato, non e' stata considerata idonea a ledere prerogative  di
autonomia regionale. 
    8. - Tanto premesso, deve rilevarsi come l'art. 2 del d.P.C.m. 19
novembre 2008, nella  parte  in  cui  forma  oggetto  della  presente
controversia, sia in contrasto con gli effetti prodotti dalla  citata
sentenza n. 237 del 2009 e  che,  in  conseguenza  della  intervenuta
caducazione  per  illegittimita'   costituzionale   della   normativa
legislativa di base (art. 2, commi 20 e  21,  ultimo  periodo,  della
legge n. 244  del  2007),  sia  venuta  meno  anche  la  legittimita'
dell'art. 2 del d.P.C.m. stesso, nella parte in cui si riferisce alla
Regione Veneto. 
    9. - Deve, pertanto,  affermarsi  che  non  spettava  allo  Stato
l'adozione di siffatta determinazione  nei  confronti  della  Regione
Veneto e si deve, quindi, annullare l'art. 2 dell'impugnato  d.P.C.m.
nel punto in cui esso fa riferimento alla ricorrente.