Sentenza 
 
nei giudizi per conflitti di attribuzione tra enti  sorti  a  seguito
degli articoli 2, commi 4 e 6, 3, comma 1, del decreto del Presidente
della  Repubblica  20  marzo  2009,  n.  89  (Revisione  dell'assetto
ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola dell'infanzia e
del Primo ciclo di istruzione ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con  modificazioni,
dalla legge 6 agosto  2008,  n.  133),  promossi  con  ricorsi  delle
Regioni Toscana e Piemonte, notificati il 10 e il 16 settembre  2009,
depositati in cancelleria il 16 ed il 24 settembre 2009  ed  iscritti
ai nn. 6 e 8 del registro conflitti tra enti 2009. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri, di cui uno fuori termine; 
    udito nell'udienza pubblica  del  22  febbraio  2011  il  Giudice
relatore Alfonso Quaranta; 
    uditi gli avvocati Nicoletta Gervasi per  la  Regione  Toscana  e
l'avvocato dello Stato Michele Dipace per il Presidente del Consiglio
dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato il 10  settembre  2009  e  depositato
presso la cancelleria della Corte  il  successivo  16  settembre,  la
Regione Toscana ha promosso conflitto di attribuzione  tra  enti  nei
confronti del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  avente  ad
oggetto il decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009,  n.
89 (Revisione dell'assetto ordinamentale, organizzativo  e  didattico
della scuola dell'infanzia e del Primo ciclo di istruzione  ai  sensi
dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n.  112,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto  2008,  n.  133),
con riguardo agli articoli 2, commi 4 e 6, 3, comma 1, per  contrasto
con gli articoli 117 e 118 della Costituzione e  con  i  principi  di
leale collaborazione e di sussidiarieta'. 
    2. - La Regione Toscana, preliminarmente, richiama  il  contenuto
delle disposizioni oggetto del conflitto. 
    L'art. 2, comma 4, stabilisce «l'istituzione di nuove scuole e di
nuove sezioni avviene in collaborazione con  gli  enti  territoriali,
assicurando la coordinata partecipazione delle scuole statali e delle
scuole paritarie al sistema scolastico nel suo complesso». 
    L'art.  2,  comma  6,  prevede  che  «le  sezioni  della   scuola
dell'infanzia con un numero di iscritti inferiore a  quello  previsto
in via ordinaria, situate in comuni montani, in piccole  isole  e  in
piccoli comuni, appartenenti a comunita' privi di strutture educative
per la prima infanzia, possono accogliere piccoli gruppi  di  bambini
di eta' compresa tra i due e  i  tre  anni,  la  cui  consistenza  e'
determinata nell'annuale decreto interministeriale  sulla  formazione
dell'organico. L'inserimento di tali bambini avviene  sulla  base  di
progetti attivati,  d'intesa  e  in  collaborazione  tra  istituzioni
scolastiche  e  i  comuni  interessati,  e  non  puo'  dar  luogo   a
sdoppiamenti di sezioni». 
    L'art. 3, comma  1,  infine,  dispone  che  «l'istituzione  e  il
funzionamento di scuole statali  del  I  ciclo  devono  rispondere  a
criteri di qualita' ed efficienza  del  servizio,  nel  quadro  della
qualificazione  dell'offerta  formativa  e  nell'ambito  di  proficue
collaborazioni  tra   l'amministrazione   scolastica   e   i   comuni
interessati anche tra di loro consorziati». 
    3. - La ricorrente sottolinea che il d.P.R. in questione e' stato
adottato in attuazione dell'art. 64, comma 4,  del  decreto-legge  25
giugno 2008 n. 112 (Disposizioni urgenti per lo  sviluppo  economico,
la  semplificazione,  la  competitivita',  la  stabilizzazione  della
finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito in  legge,
con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. Tale  comma  e'
stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, nelle lettere f-bis)
ed f-ter), con la sentenza di questa Corte n. 200 del 2009. 
    In particolare, le suddette lettere f-bis) ed f-ter) prevedevano,
rispettivamente, che i regolamenti  di  attuazione  avrebbero  dovuto
attenersi ai seguenti criteri: 
        definizione  di   criteri,   tempi   e   modalita'   per   la
determinazione e articolazione dell'azione di ridimensionamento della
rete scolastica prevedendo, nell'ambito delle risorse  disponibili  a
legislazione vigente, l'attivazione di  servizi  qualificati  per  la
migliore fruizione dell'offerta formativa (lettera f-bis); 
        nel caso di chiusura o accorpamento degli istituti scolastici
aventi sede nei piccoli comuni, lo  Stato,  le  Regioni  e  gli  enti
locali possono prevedere specifiche misure finalizzate alla riduzione
del disagio degli utenti (lettera f-ter). 
    4. - La ricorrente Regione  Toscana  ritiene  che  le  norme  del
citato  d.P.R.,  in  ordine  alle  quali   ha   promosso   conflitto,
intervengano  illegittimamente  in  ambiti  di  competenza  regionale
(programmazione scolastica e iniziative per ridurre il disagio  degli
utenti di zone svantaggiate) e  diano  attuazione  alle  disposizioni
sopra  richiamate,  di  cui  e'  stata  dichiarata   l'illegittimita'
costituzionale,  ponendosi,  dunque,  in  contrasto  con  la   citata
sentenza n. 200 del 2009. 
    5. - In particolare, la difesa regionale  assume  che  l'art.  2,
comma 4, e l'art. 3, comma 1, del d.P.R. n. 89 del 2009, violerebbero
gli  artt.  117  e  118  Cost.,  nonche'  il   principio   di   leale
collaborazione. 
    Tali   disposizioni,   infatti,   interverrebbero   su    profili
organizzativi  della  rete  scolastica,  rientranti  nella   potesta'
legislativa delle Regioni ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    Le stesse norme, per un  verso,  esulerebbero  dall'ambito  delle
norme generali sull'istruzione  o  dei  principi  fondamentali  della
materia, per altro verso, non esprimerebbero  esigenze  di  carattere
unitario che potrebbero legittimare l'intervento statale. 
    Con le disposizioni censurate, le Regioni verrebbero,  di  fatto,
private  del  ruolo  primario  nell'istituzione  di  nuove  scuole  -
dell'infanzia  e  del  Primo  ciclo  −  che  rappresenta   senz'altro
l'aspetto  piu'  rilevante   nell'ambito   della   programmazione   e
dell'organizzazione della rete scolastica. 
    Cio' anche in considerazione del  fatto  che  la  sussistenza  di
competenze in capo alle Regioni sull'organizzazione scolastica e  sul
dimensionamento degli istituti andrebbe ricondotta  agli  artt.  138,
comma 1, lettere a), b), c), e 143, del decreto legislativo 31  marzo
1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello
Stato alle Regioni ed agli enti locali,  in  attuazione  del  capo  I
della legge 15 marzo 1997, n. 59). 
    Sarebbe  palese,  quindi,  la  violazione  dell'art.  117  Cost.,
poiche' le norme impugnate disciplinano  aspetti  organizzativi,  con
riferimento  alla  determinazione  ed  articolazione  dell'azione  di
ridimensionamento della rete scolastica, senza prevedere un  adeguato
coinvolgimento delle Regioni. 
    Ne' potrebbe essere invocato l'art. 117, secondo  comma,  lettera
m), Cost., dal momento che  le  disposizioni  in  esame  non  fissano
standard minimi di prestazioni scolastiche. 
    Afferma, quindi, la ricorrente che le suddette  disposizioni  del
d.P.R. n. 89 del 2009 sarebbero da ricondurre alle  previsioni  delle
lettere f-bis) ed f-ter) del comma 4 dell'art. 64 del d.l. n. 112 del
2008, oggetto di pronuncia di incostituzionalita' con la gia'  citata
sentenza n. 200 del 2009. 
    In ragione di quanto sopra, le disposizioni del d.P.R.  medesimo,
intervenendo in materia di organizzazione e di dimensionamento  della
rete scolastica, sarebbero in contrasto con l'art.  117  Cost.  sotto
due profili: il primo, perche' lo Stato disciplina funzioni regionali
(in violazione,  quindi,  dell'art.  117,  terzo  comma,  Cost.);  il
secondo, perche' tale  disciplina  e'  dettata  con  regolamento  (in
violazione dell'art. 117, sesto comma, Cost.). 
    Le  norme  sarebbero  ulteriormente  lesive  delle   attribuzioni
regionali poiche', attenendo ad ambiti di  competenza  regionale,  il
regolamento nel quale sono state inserite avrebbe  dovuto  contenere,
con  riferimento  all'istituzione  di  nuove  scuole,  la  previsione
dell'intesa con le Regioni interessate, mentre, nell'un caso (art. 2,
comma 4), si richiamano genericamente forme di collaborazione con gli
enti  territoriali  per  l'istituzione  delle  scuole  dell'infanzia;
nell'altro (art. 3, comma 1), addirittura, non si prevede alcun ruolo
delle Regioni nella istituzione e nel funzionamento delle scuole  del
Primo ciclo. 
    Le norme in questione, quindi, invaderebbero le competenze  delle
Regioni anche per violazione dell'art.  118  Cost.  e  del  principio
della leale collaborazione e non si giustificherebbero  neppure  alla
luce del principio di sussidiarieta'. 
    6. - Anche in merito all'art. 2, comma 6, del d.P.R.  n.  89  del
2009 la ricorrente ravvisa la violazione degli artt. 117 e 118 Cost.,
e del principio di leale collaborazione. 
    Tale disposizione, in quanto avrebbe la  finalita'  di  prevenire
e/o ridurre il disagio per quell'utenza che si  trova  in  zone  piu'
svantaggiate del territorio, riguarderebbe un profilo  di  competenza
concorrente regionale, ai sensi dell'art. 117, terzo comma,  che  non
puo' formare oggetto di normativa regolamentare statale. 
    Anche in  ordine  a  detta  questione,  la  Regione  richiama,  a
sostegno delle proprie argomentazioni, la sentenza n. 200 del 2009. 
    Mancherebbe, anche in questa ipotesi,  la  previsione  di  idonee
forme di concertazione con le Regioni, violandosi, in tal  modo,  gli
artt. 117 e 118 Cost., nonche' il principio di leale collaborazione. 
    7. - In data 21 ottobre 2010 si e' costituito, fuori termine,  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato. 
    8. - Con ricorso notificato il 16  settembre  2009  e  depositato
presso la cancelleria della Corte il successivo 24  settembre,  anche
la Regione Piemonte ha impugnato l'art. 2, commi 4 e 6, e  l'art.  3,
comma 1, del d.P.R. n. 89 del 2009, assumendone il contrasto con  gli
artt. 117 (commi terzo e sesto) e 118 Cost.,  e  con  i  principi  di
sussidiarieta', di adeguatezza e di leale collaborazione. 
    8.1. - Ad avviso della ricorrente, che prospetta censure analoghe
a quelle formulate dalla Regione Toscana, le  disposizioni  in  esame
interverrebbero su profili organizzativi  della  rete  scolastica  di
competenza delle Regioni ai sensi dell'art. 117, terzo comma,  Cost.,
come affermato dalla Corte con la sentenza n. 200 del 2009. 
    8.2. - In particolare,  con  riguardo  all'art.  2,  comma  4,  e
all'art. 3, comma 1, e' dedotta la violazione degli artt. 117  e  118
Cost., nonche' del principio di leale collaborazione. 
    Nelle disposizioni citate manca ogni riferimento ai compiti delle
Regioni.  Queste  vengono,  di  fatto,  private  del  ruolo  primario
nell'istituzione di nuove scuole - dell'infanzia e del Primo ciclo  −
che rappresenta senz'altro l'aspetto piu' rilevante nell'ambito della
programmazione e dell'organizzazione della rete scolastica. 
    Le norme del d.P.R  n.  89  del  2009  disciplinerebbero  aspetti
organizzativi, con riferimento alla determinazione  ed  articolazione
dell'azione  di  ridimensionamento  della  rete   scolastica,   senza
prevedere un adeguato coinvolgimento delle Regioni. 
    L'assetto  organizzativo  del  sistema  scolastico  non  potrebbe
essere ricondotto alle norme generali  sull'istruzione  e,  pertanto,
non potrebbe essere oggetto di regolamento statale, poiche', ai sensi
dell'art. 117, sesto comma,  Cost.,  il  potere  regolamentare  dello
Stato  esiste  solo  nelle  materie  di  sua   potesta'   legislativa
esclusiva. 
    Le norme impugnate sarebbero da ricondurre, sostanzialmente, alle
previsioni dell'art. 64, comma 4, dichiarate incostituzionali con  la
sentenza n. 200 del 2009. 
    In particolare, con riguardo a tale norma, la Corte ha  affermato
principi riferibili  anche  alle  disposizioni  del  regolamento  ora
censurate. 
    Infatti, le norme in esame, dettate con regolamento e pertanto in
violazione dell'art. 117, sesto comma, Cost., intervengono in materia
di dimensionamento e di  organizzazione  della  rete  scolastica,  in
contrasto con l'art. 117, terzo comma, Cost. 
    Le  norme  sarebbero  ulteriormente  lesive  delle   attribuzioni
regionali, poiche' non prevedono alcun ruolo delle  Regioni,  ledendo
cosi' l'art. 118 Cost. ed il principio della leale collaborazione. 
    9. - In data 22 ottobre 2010 si e' costituito il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  deducendo  la  inammissibilita'  e  la   non
fondatezza del ricorso. 
    9.1. - Le disposizioni  regolamentari  impugnate  costituirebbero
diretta attuazione di norme generali in  materia  di  istruzione,  di
competenza esclusiva dello Stato (artt. 33, 34 e 117, secondo  comma,
Cost.), contenute nella legge 28 marzo 2003, n. 53 (Delega al Governo
per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli
essenziali delle prestazioni in materia di  istruzione  e  formazione
professionale), la cui attuazione e' avvenuta con i relativi  decreti
legislativi delegati e con l'art. 64 del  decreto-legge  n.  112  del
2008. 
    Peraltro, tale  ultima  norma  e'  stata  ritenuta,  quanto  alle
disposizioni  di  principio  in  essa  contenute,  costituzionalmente
legittima  (citata  sentenza  n.  200   del   2009),   poiche'   esse
costituiscono norme generali sull'istruzione. 
    Sempre nella  sentenza  sopra  richiamata,  precisa  l'Avvocatura
dello Stato, un distinto  titolo  di  legittimazione  dello  Stato  a
disciplinare la materia, e' ravvisato  nella  competenza  legislativa
esclusiva relativa alla determinazione dei livelli  essenziali  delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali  da  garantire  su
tutto il territorio nazionale (art. 117, secondo  comma,  lettera  m,
Cost.). 
    Quindi, alla luce dei principi enunciati nella  citata  sentenza,
non vi sarebbe alcun dubbio che le disposizioni del d.P.R. n. 89  del
2009, impugnate  dalla  Regione,  rientrino  tra  le  norme  generali
sull'istruzione  scolastica  e  tra  i   livelli   essenziali   delle
prestazioni  in   materia   di   organizzazione   scolastica   e   di
utilizzazione del personale dirigente e docente della  scuola;  norme
rientranti, dunque,  nella  competenza  legislativa  esclusiva  dello
Stato, per l'attuazione delle quali sussiste la potesta'  statale  di
emanare i relativi regolamenti (art. 117, secondo comma, lettere n ed
m, e sesto comma). 
    9.2.  -  Per  quanto  concerne,  in  particolare,  l'articolo  2,
relativo  alla  scuola   dell'infanzia,   il   testo   dello   stesso
confermerebbe, quale riferimento di base, la disciplina che regola il
settore della  scuola  dell'infanzia,  richiamando  integralmente  il
decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59 (Definizione delle  norme
generali  relative  alla  scuola  dell'infanzia  e  al  primo   ciclo
dell'istruzione, a norma dell'articolo 1 della legge 28  marzo  2003,
n. 53), attuativo della riforma introdotta dalla citata legge  n.  53
del 2003. Tale  riferimento  di  base  viene  integrato  dalle  nuove
disposizioni, conformi alle indicazioni fissate dall'articolo 64  del
decreto-legge n. 112 del 2008. 
    La disposizione contenuta nel comma  4,  della  cui  legittimita'
costituzionale   la   Regione    Toscana    dubita,    riguarda    la
generalizzazione del  servizio  reso  dalle  scuole  dell'infanzia  e
prevede che l'amministrazione scolastica  periferica  metta  in  atto
intese con gli  enti  locali,  secondo  una  logica  collaborativa  e
programmatoria che include anche il sistema delle scuole paritarie. 
    La disposizione contestata, di cui al comma 6, prevede poi che le
sezioni  della  scuola  dell'infanzia  con  un  numero  di   iscritti
inferiore a quello previsto in via ordinaria, site in comuni prive di
strutture educative per la prima infanzia, possono accogliere piccoli
gruppi di bambini di eta' compresa tra i due  e  i  tre  anni  e  che
l'inserimento di tali bambini avviene sulla base di progetti attivati
d'intesa e in collaborazione  tra  le  istituzioni  scolastiche  e  i
comuni interessati e non puo' dar luogo a sdoppiamenti di sezioni. 
    L'articolo 3, anch'esso oggetto di  impugnativa,  concernente  il
Primo  ciclo  di  istruzione,  si  limiterebbe  a  riprendere,  senza
modifiche sostanziali,  quanto  previsto,  in  materia,  dal  decreto
legislativo   n.   59   del   2004,   contenente    norme    generali
sull'istruzione, specificandone le finalita'  generali  e  la  durata
complessiva, e confermando la necessita' di  proficue  collaborazioni
tra l'amministrazione scolastica e gli enti locali. 
    Pertanto,  quest'ultima  deve  essere   considerata   una   norma
programmatica, che riguarda il  sistema  scolastico  complessivo  del
Primo ciclo; essa, dunque, non attiene alla determinazione della rete
scolastica o alla  programmazione  della  stessa.  Tenuto  conto  del
riparto delle competenze tra Stato e Regioni  delineato  dalla  Corte
con la sentenza  n.  200  del  2009,  risulterebbe  evidente  che  la
disposizione  dell'art.  2,  comma  4,  stabilisce  alcuni   principi
generali, nel prevedere l'istituzione di nuove scuole  dell'infanzia,
di indirizzo alla programmazione della rete scolastica regionale,  la
cui  disciplina  compete  alle  singole  Regioni  per  il  rispettivo
territorio. 
    9.3. - La difesa dello Stato aggiunge che la riprova che non sono
state toccate competenze  regionali  sarebbe  data  dal  decreto  del
Presidente della Repubblica 20  marzo  2009,  n.  81  (Norme  per  la
riorganizzazione della rete scolastica e  il  razionale  ed  efficace
utilizzo delle risorse umane della scuola, ai sensi dell'articolo 64,
comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n.  112,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133), con  il  quale  e'
stata data attuazione all'articolo 64, comma 4-quinquies, del  citato
d.l. n. 112 del 2008. 
    Sarebbe,  pertanto,  da  escludere   che,   mediante   le   norme
regolamentari contestate dalla ricorrente, sia stata data  attuazione
all'articolo 64, comma 4, lettera f-bis), del d.l. n. 112  del  2008,
dichiarato incostituzionale. Tale norma, comunque, ancor prima  della
declaratoria di incostituzionalita', era da ritenersi  implicitamente
abrogata per effetto  di  quanto  previsto  dall'articolo  64,  comma
4-quinquies, gia' citato. 
    9.4. - Anche la previsione del comma 6 del medesimo  articolo  2,
in ordine  alla  possibilita'  di  accoglienza  di  bambini  di  eta'
compresa tra i due e i tre anni nelle sezioni di scuola dell'infanzia
in specifiche realta' territoriali, non potrebbe considerarsi  lesiva
delle attribuzioni regionali e del principio di leale collaborazione. 
    Tale disposizione non appare, infatti, preordinata ad  ovviare  a
disagi derivanti dalla chiusura di istituzioni scolastiche e, quindi,
il  richiamo  all'articolo  64,  comma  4,  lettera  f-ter),  sarebbe
inconferente. 
    La norma si riferisce ad un  servizio  aggiuntivo  che  si  vuole
garantire e per la cui erogazione e' necessario disporre del relativo
organico sulla base del quale, poi, esso potra' essere dimensionato. 
    9.5. - Le disposizioni in questione sarebbero, altresi',  rivolte
ad assicurare i livelli essenziali delle  prestazioni  concernenti  i
diritti civili  e  sociali  su  tutto  il  territorio  nazionale,  di
esclusiva potesta' legislativa dello Stato,  ai  sensi  dell'articolo
117, secondo comma, lettera m), Cost. 
    Non sembra, infatti, dubbio che la normativa in esame sia  intesa
a prevedere che agli utenti del servizio scolastico  venga  garantito
un adeguato livello di fruizione delle  prestazioni  formative  sulla
base di standard uniformi valevoli per l'intero territorio nazionale.
La stessa normativa  non  esclude  la  possibilita'  che  le  singole
Regioni, nell'ambito della loro competenza  concorrente  in  materia,
possano migliorare  i  livelli  delle  prestazioni  adeguandoli  alle
esigenze peculiari del territorio. 
    9.6. - Analoghe  considerazioni  sono  prospettate  dalla  difesa
dello Stato in ordine all'articolo 3, comma 1, del d.P.R. n.  89  del
2009, che non comporterebbe lesioni alle attribuzioni  proprie  delle
Regioni, posto che non introduce alcuna nuova disciplina in un ambito
ad esse riservato e  non  mette  in  alcun  modo  in  discussione  la
spettanza alle medesime delle funzioni  inerenti  al  dimensionamento
della rete scolastica, ma si limita  a  riprendere,  senza  modifiche
sostanziali, quanto previsto dal decreto legislativo n. 59 del  2004,
relativo al Primo ciclo di istruzione, confermando la  necessita'  di
proficue collaborazioni tra l'amministrazione scolastica e  gli  enti
locali per l'istituzione e il  funzionamento  di  scuole  che  devono
rispondere a criteri di qualita' e di efficienza. 
      
    Invero, il riferimento a tali criteri non costituirebbe altro che
una esplicitazione  del  principio  fondamentale  di  buon  andamento
dell'amministrazione, di cui all'art. 97 Cost. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Con  distinti  ricorsi  la  Regione  Toscana  e  la  Regione
Piemonte hanno  promosso  conflitto  di  attribuzione  tra  enti  nei
confronti del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  in  ordine
all'articolo 2, commi 4 e 6, e all'articolo 3, comma 1,  del  decreto
del Presidente della Repubblica  20  marzo  2009,  n.  89  (Revisione
dell'assetto ordinamentale, organizzativo e  didattico  della  scuola
dell'infanzia e del Primo ciclo di istruzione ai sensi  dell'articolo
64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008,  n.  112,  convertito,
con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133),  deducendo  la
lesione delle attribuzioni costituzionalmente garantite alle Regioni,
in  ragione  della  violazione  dagli  articoli  117  e   118   della
Costituzione, nonche' dei  principi  di  leale  collaborazione  e  di
sussidiarieta'. 
    2.  -  Le  ricorrenti,   prospettando   censure   sostanzialmente
identiche, deducono, nel complesso, che le disposizioni del d.P.R. in
questione invaderebbero  ambiti  di  esclusiva  competenza  regionale
(programmazione scolastica e iniziative per ridurre il disagio  degli
utenti delle zone  svantaggiate),  dando  attuazione  a  disposizioni
legislative dichiarate costituzionalmente illegittime con la sentenza
di questa Corte n. 200 del 2009. 
    In particolare, l'art. 2, comma 4,  e  l'art.  3,  comma  1,  del
d.P.R. n. 89 del 2009, interverrebbero in materia di  dimensionamento
e di organizzazione della rete scolastica, cosi' ledendo  l'art.  117
Cost. sotto un duplice profilo: da un lato, lo Stato  disciplinerebbe
funzioni regionali, in contrasto con il citato art. 117, terzo comma,
Cost.;   dall'altro,   tale   disciplina   sarebbe   introdotta   con
regolamento, in violazione del sesto comma  dell'art.  117  Cost.  Le
disposizioni in questione contrasterebbero, altresi', con l'art.  118
Cost. e con il principio di leale collaborazione, attesa  la  mancata
previsione  della  necessaria  intesa  con  le  Regioni  interessate,
nonche' con il principio di sussidiarieta'. 
    A sua volta, l'art. 2, comma 6, del citato d.P.R. n. 89 del 2009,
in quanto avrebbe la finalita' di prevenire e/o  ridurre  il  disagio
per quell'utenza che  si  trova  nelle  zone  piu'  svantaggiate  del
territorio,  riguarderebbe  un  profilo  di  competenza   concorrente
regionale, cosi' ledendo l'art. 117, commi  terzo  e  sesto,  nonche'
l'art. 118 Cost. ed il principio di leale collaborazione, mancando la
previsione di idonee forme di concertazione con le Regioni. 
    3. - In ragione dell'oggetto comune, i due ricorsi devono  essere
riuniti ai fini di una trattazione congiunta. 
    4. - La questione promossa con i suddetti ricorsi  per  conflitto
di attribuzione tra Stato e Regioni deve  essere  risolta  alla  luce
della pronuncia resa da questa Corte  (citata  sentenza  n.  200  del
2009) sulla legittimita' costituzionale delle disposizioni  contenute
nell'art. 64, comma 4,  del  decreto-legge  25  giugno  2008  n.  112
(Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la  semplificazione,
la competitivita', la stabilizzazione della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria), convertito  in  legge,  con  modificazioni,
dalla legge 6 agosto 2008, n. 133; pronuncia  di  cui,  all'evidenza,
non si e' tenuto conto nell'adozione del regolamento  governativo  di
delegificazione emanato, ai sensi dell'art. 17, comma 2, della  legge
23 agosto 1988,  n.  400  (Disciplina  dell'attivita'  di  Governo  e
ordinamento della Presidenza del  Consiglio  dei  Ministri),  con  il
d.P.R. n. 89 del  2009,  recante  −  tra  le  altre  −  le  censurate
disposizioni di cui all'art. 2, commi 4 e 6, e all'art. 3, comma 1, e
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 15 luglio 2009, n. 162. 
    5. - Questa Corte, con la citata sentenza, nel pronunciarsi sulla
questione di fondo concernente la distinzione tra le  norme  generali
sull'istruzione, riservate in via esclusiva allo Stato dall'art. 117,
comma secondo, lettera n), Cost., e  i  principi  fondamentali  della
materia istruzione, rientrante questa  nella  competenza  legislativa
concorrente di cui all'art. 117, terzo comma,  Cost.,  ha  affermato,
testualmente, che rientrano tra  le  norme  generali  sull'istruzione
«quelle disposizioni statali che definiscono  la  struttura  portante
del sistema nazionale  di  istruzione  e  che  richiedono  di  essere
applicate in modo necessariamente unitario ed uniforme  in  tutto  il
territorio nazionale, assicurando,  mediante  una  offerta  formativa
omogenea, la sostanziale parita' di trattamento tra  gli  utenti  che
fruiscono del servizio dell'istruzione (interesse primario di rilievo
costituzionale), nonche' la liberta' di istituire scuole e la parita'
tra le scuole statali e non statali». 
    Sono, invece, espressione di principi fondamentali della  materia
dell'istruzione «quelle norme che, nel  fissare  criteri,  obiettivi,
direttive o discipline,  pur  tese  ad  assicurare  la  esistenza  di
elementi di base comuni  sul  territorio  nazionale  in  ordine  alle
modalita' di fruizione del servizio dell'istruzione, da un lato,  non
sono  riconducibili  a  quella  struttura  essenziale   del   sistema
d'istruzione che  caratterizza  le  norme  generali  sull'istruzione,
dall'altra, necessitano, per la loro attuazione (e non  gia'  per  la
loro semplice esecuzione) dell'intervento del legislatore regionale». 
    6.  -  Per  stabilire,  dunque,  se,  con  le   impugnate   norme
regolamentari, lo Stato abbia  effettivamente  invaso  una  sfera  di
competenza legislativa regionale, occorre  partire  dalle  suindicate
affermazioni  di  fondo,  fatte  da  questa  Corte,  osservando,   in
particolare, che, nella stessa  sentenza,  si  e'  precisata  la  non
spettanza allo Stato  dell'adozione  di  disposizioni  regolamentari,
ancorche' contenute in un regolamento di delegificazione, che fossero
esorbitanti dall'ambito della  competenza  legislativa  esclusiva  in
tema di determinazione delle norme generali sull'istruzione; cio'  in
applicazione, in particolare, di quanto previsto dall'art. 117, sesto
comma, Cost. 
    Sulla base delle indicate  premesse,  la  Corte,  con  la  citata
pronuncia,   ha,   in   particolare,   dichiarato    l'illegittimita'
costituzionale, proprio con riferimento a quanto  previsto  dall'art.
117,  commi  secondo,  lettera  n),  terzo  e  sesto,  Cost.,   delle
disposizioni contenute nelle lettere f-bis) ed f-ter) del citato art.
64, comma 4, del d.l. n. 112 del 2008, aggiunte dalla relativa  legge
di conversione. Le disposizioni recate dalle lettere f-bis) ed f-ter)
sono state ritenute estranee all'area della materia rientrante  nella
locuzione norme generali sull'istruzione. 
    Da quanto innanzi, deriva che devono essere ritenute  esorbitanti
dall'ambito della competenza  esclusiva  statale  in  tema  di  norme
generali  sull'istruzione  e  lesive   della   potesta'   legislativa
concorrente della Regione  in  materia  di  istruzione  pubblica,  le
disposizioni  del  regolamento  governativo  che,  in  qualche  modo,
possono essere considerate dipendenti, derivanti o comunque  connesse
a quelle dichiarate incostituzionali con la citata  sentenza  n.  200
del 2009. 
    7. - Passando all'esame delle singole  disposizioni  oggetto  dei
conflitti, viene, innanzitutto, in rilievo quella contenuta nell'art.
2, comma 4, del citato regolamento governativo, di cui le  ricorrenti
assumono la illegittimita'. 
    La censura e' fondata. 
    Il suddetto comma, con riferimento alla  "Scuola  dell'infanzia",
dispone che «l'istituzione di nuove scuole e di nuove sezioni avviene
in  collaborazione  con  gli  enti   territoriali,   assicurando   la
coordinata  partecipazione  delle  scuole  statali  e  delle   scuole
paritarie al sistema scolastico nel suo complesso». 
    7.1. - Orbene, la istituzione di nuove scuole e di nuove  sezioni
nelle  scuole  dell'infanzia  gia'  esistenti,  attiene,  in  maniera
diretta, al dimensionamento della  rete  scolastica  sul  territorio;
attribuzione che la sentenza n. 200 del 2009 ha riconosciuto spettare
al legislatore regionale, in quanto non riconducibile,  nel  contesto
generale del citato art. 64, comma 4,  del  d.l.  n.  112  del  2008,
all'ambito delle norme generali sull'istruzione. Cio'  comporta  che,
con la disposizione inserita nel predetto comma  4  dell'art.  2  del
regolamento governativo, lo  Stato  ha  invaso  la  competenza  delle
ricorrenti sul punto specifico di adattamento della  rete  scolastica
alle esigenze socio-economiche di ciascun territorio regionale,  «che
ben possono e devono essere apprezzate» in ciascuna Regione,  con  la
precisazione che non possono, al riguardo, «venire in rilievo aspetti
che ridondino sulla qualita' dell'offerta formativa e, dunque,  sulla
didattica» (citata sentenza n. 200 del 2009). In tale contesto, anche
la finalita' di assicurare la coordinata partecipazione delle  scuole
statali e delle scuole paritarie al sistema  scolastico  complessivo,
cui il medesimo comma 4 fa espresso  riferimento,  e'  funzionale  al
dimensionamento della rete. 
    Ne', d'altra parte, in senso contrario  puo'  essere  addotta  la
circostanza - prospettata dalla difesa dello  Stato  −  che  analoghe
disposizioni sono contenute nel d.P.R. 20 marzo 2009,  n.  81  (Norme
per la riorganizzazione della  rete  scolastica  e  il  razionale  ed
efficace  utilizzo  delle  risorse  umane  della  scuola,  ai   sensi
dell'art. 64, comma 4, del decreto-legge  25  giugno  2008,  n.  112,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133). 
    Da  un  sommario  esame  di  tale  regolamento  governativo  puo'
evincersi che la disciplina in esso prevista  e',  in  larga  misura,
estranea al dimensionamento della  rete  scolastica  sul  territorio,
come  conferma  la  circostanza  che  la  maggior  parte  delle   sue
disposizioni e' finalizzata ad  un  razionale  ed  efficace  utilizzo
delle risorse umane della scuola, investendo, in  sostanza,  il  tema
della didattica, piuttosto che  quello  sopra  indicato  relativo  al
dimensionamento  della  rete  scolastica.   Comunque,   il   suddetto
regolamento non ha formato oggetto di impugnazione, ne'  puo'  essere
invocato  in  questa  sede  perche'  sia  ritenuta  immune  dai  vizi
denunciati la disposizione oggetto di censura con i ricorsi in esame. 
    7.2. - Infine, la norma  regolamentare  ora  impugnata  non  puo'
essere ascritta all'area  dei  principi  fondamentali  della  materia
concorrente della istruzione, in quanto la fonte regolamentare, anche
in forza di  quanto  previsto  dall'art.  117,  sesto  comma,  Cost.,
sarebbe comunque inidonea a porre detti principi. Ed inoltre (ma cio'
si osserva solo ad abundantiam) risulterebbe violato, in modo palese,
il principio di leale collaborazione per  la  mancata  previsione  di
ogni forma di coinvolgimento regionale nella adozione delle  relative
misure di riordinamento della rete. 
    8. - Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi per  quanto  attiene
alla disposizione contenuta nel comma  6  del  medesimo  art.  2  del
regolamento governativo. 
    La relativa censura, pertanto, e' fondata. 
    Detto comma prevede che «le sezioni  della  scuola  dell'infanzia
con un  numero  di  iscritti  inferiore  a  quello  previsto  in  via
ordinaria, situate in comuni montani, in piccole isole e  in  piccoli
comuni, appartenenti a comunita' privi di strutture educative per  la
prima infanzia, possono accogliere piccoli gruppi di bambini di  eta'
compresa tra i due e i tre anni, la cui  consistenza  e'  determinata
nell'annuale    decreto    interministeriale     sulla     formazione
dell'organico».   Il   suddetto   comma   prosegue   disponendo   che
«l'inserimento  di  tali  bambini  avviene  sulla  base  di  progetti
attivati, d'intesa e in collaborazione tra istituzioni scolastiche  e
i comuni  interessati,  e  non  puo'  dar  luogo  a  sdoppiamento  di
sezioni». 
    8.1. - Al riguardo, deve essere rilevato che,  come  si  e'  gia'
innanzi precisato, questa Corte, con la sentenza n. 200 del 2009,  ha
dichiarato la illegittimita' costituzionale dell'art.  64,  comma  4,
lettera f-ter), del  d.l.  n.  112  del  2008,  in  quanto  demandava
all'allora emanando regolamento governativo di prevedere,  «nel  caso
di chiusura o di accorpamento degli istituti scolastici  nei  piccoli
comuni», «specifiche misure finalizzate alla  riduzione  del  disagio
degli utenti». 
    A fondamento  della  suindicata  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale  questa  Corte  ha  affermato  che  «la   disposizione
contenuta in tale lettera opera una  estensione  allo  Stato  di  una
facolta'   di   esclusiva   pertinenza   delle   Regioni,    mediante
l'attribuzione allo stesso di un compito  che  non  gli  compete,  in
quanto quello  della  chiusura  o  dell'accorpamento  degli  istituti
scolastici  nei  piccoli  Comuni  costituisce  un  ambito  di  sicura
competenza regionale proprio perche' strettamente legato alle singole
realta'  locali,  il  cui  apprezzamento  e'  demandato  agli  organi
regionali». 
    A cio' la Corte ha significatamente aggiunto che e'  in  facolta'
delle Regioni e degli enti locali «prevedere misure volte a  ridurre,
nei  casi  in  questione,  il  disagio  degli  utenti  del   servizio
scolastico,  proprio  per  l'impatto  che  tali  eventi  hanno  sulle
comunita' insediate nel territorio e  con  riguardo  alle  necessita'
dell'utenza delle singole realta' locali». 
    8.2.  -  Orbene,   l'impugnata   disposizione   del   regolamento
governativo, approvato con il d.P.R. n. 89 del 2009, non puo'  essere
considerata  attuazione  delle  norme  generali  sull'istruzione,  di
specifica competenza legislativa esclusiva dello Stato, contenute nel
citato art. 64, comma 4, del d.l. n. 112 del 2008. Le misure previste
dal comma in questione  del  suddetto  regolamento  sono  chiaramente
volte ad eliminare o ridurre  il  disagio  dell'utenza  del  servizio
scolastico nei piccoli comuni,  con  una  valutazione  che  non  puo'
prescindere dalle particolari condizioni in cui versano le  comunita'
locali di ridotte dimensioni, perche' insediate in territori  montani
o in piccole isole ovvero comunque in comuni di  dimensioni  tali  da
essere privi di strutture educative per la prima infanzia. Si tratta,
dunque, di misure specificamente volte a  ridurre  il  disagio  degli
utenti del servizio scolastico in  un  settore,  quale  quello  delle
scuole per  l'infanzia,  in  cui  esso  puo'  assumere  una  notevole
importanza  proprio  con  riferimento  alle  peculiari  esigenze   di
«bambini di eta' compresa tra i due e i tre anni». 
    E',  dunque,  del  tutto   ovvio   che   spetta   alle   Regioni,
nell'esercizio  della  loro  competenza  legislativa  concorrente  in
materia di istruzione pubblica, non disgiunta (e' bene aggiungere) da
rilevanti aspetti di competenza regionale, di carattere esclusivo, in
tema di servizi sociali, l'adozione di misure  volte  alla  riduzione
del disagio di tali particolari utenti del servizio scolastico. 
    8.3. - Ne' e'  senza  significato,  d'altronde,  che,  come  gia'
rilevato dalla sentenza n. 200 del 2009, le Regioni, anche prima  del
d.l. n. 112 del 2008 e  della  stessa  riformulazione  dell'art.  117
Cost. ad opera della legge  costituzionale  18  ottobre  2001,  n.  3
(Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), erano
titolari di  competenze  attinenti  alla  programmazione  della  rete
scolastica e alla attribuzione di contributi alle scuole non statali.
Cio' in base, fondamentalmente,  a  quanto,  a  suo  tempo,  previsto
dall'art.  138  del  decreto  legislativo  31  marzo  1998,  n.   112
(Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello  Stato  alle
Regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge  15
marzo 1997, n. 59) e delle altre disposizioni legislative  richiamate
dalla stessa citata sentenza n. 200 del 2009. 
    8.4.  -  Anche  con  riferimento  alla  contestata   disposizione
regolamentare  deve  essere  ribadito  quanto  prima  osservato   con
riguardo al precedente comma 4, e cioe' che le prescrizioni contenute
nel riportato comma 6 non possono essere considerate  espressione  di
principi fondamentali della materia concorrente della istruzione, per
la inidoneita' della fonte regolamentare a fissare detti principi  e,
in ipotesi, per la violazione, comunque, dell'art. 117, comma  sesto,
Cost.,  oltre  che  per  la  radicale  mancanza  di  ogni  forma   di
coinvolgimento  regionale,  in  violazione  del  canone  della  leale
collaborazione tra istituzioni. 
    9. - La difesa  dello  Stato,  con  riferimento  ad  entrambe  le
questioni relative ai commi 4 e 6 dell'art.  2  del  regolamento,  ha
richiamato, da un lato, l'art. 118, primo  comma,  Cost.,  osservando
che  i   suddetti   commi,   oggetto   dell'impugnazione   regionale,
troverebbero fondamento anche nella attrazione in sussidiarieta',  da
parte dello Stato, della  competenza  a  provvedere  in  materia,  e,
dall'altro, l'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.,  osservando
che le misure previste dai medesimi commi sarebbero ascrivibili  alla
materia della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su
tutto il territorio nazionale. 
    Entrambe  le   deduzioni,   da   esaminare   congiuntamente   con
riferimento ai due commi oggetto  di  contestazione  da  parte  delle
ricorrenti, non possono essere condivise. 
    Sotto il primo profilo, quello relativo cioe'  alla  chiamata  in
sussidiarieta', e' sufficiente osservare che, a prescindere  da  ogni
altra e diversa considerazione ostativa e  comunque  dalla  questione
concernente la utilizzabilita' a tale fine della fonte regolamentare,
la allocazione al superiore livello statale di attribuzioni spettanti
alle Regioni,  secondo  la  costante  giurisprudenza  costituzionale,
presuppone che siano previste adeguate forme di coinvolgimento  delle
Regioni al fine di tutelare le istanze  regionali  costituzionalmente
garantite  in  un  ambito  che  involge  indubbiamente   profili   di
competenza concorrente (sentenza n. 303 del 2003, alla quale ha fatto
seguito una giurisprudenza costante; da ultimo  sentenza  n.  16  del
2010). 
    Sotto il secondo profilo, e' sufficiente  osservare  che  per  la
giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 282 del 2002)  si  e'  in
presenza di una normazione  attinente  ai  livelli  essenziali  delle
prestazioni, quando la normativa al riguardo fissi, appunto,  livelli
di  prestazioni  da  assicurare  ai  fruitori   dei   vari   servizi;
fattispecie questa che certamente esula dallo spettro di applicazione
delle norme regolamentari in ordine alle quali sono stati proposti  i
ricorsi, ora in esame, per conflitto di attribuzioni. 
    10. - Infine, quanto alla impugnazione dell'art. 3, comma 1,  del
regolamento governativo de quo, la cui rubrica  e'  "Primo  ciclo  di
istruzione", occorre rilevare che, secondo detto comma, l'istituzione
e  il  funzionamento  di  scuole  statali  del  Primo  ciclo  «devono
rispondere a criteri di qualita'  ed  efficienza  del  servizio,  nel
quadro della qualificazione dell'offerta formativa e  nell'ambito  di
proficue collaborazioni tra l'amministrazione scolastica e  i  comuni
interessati anche tra di loro consorziati». 
    Le ricorrenti denunciano  l'illegittimita'  costituzionale  della
suddetta  disposizione  sulla  base  dei  medesimi  parametri   sopra
richiamati. 
    10.1. - La censura non e' fondata. 
    Deve essere, innanzitutto, rilevato che  la  citata  disposizione
regolamentare, nella sua prima parte, si limita, in realta',  ad  una
mera affermazione di  principio  relativamente  ad  una  generale  ed
ineludibile esigenza,  qual  e'  quella  relativa  alla  fondamentale
necessita' che anche l'istituzione e il  funzionamento  delle  scuole
statali del Primo ciclo (come, del resto, per  tutti  gli  ordini  di
scuole) rispondano a criteri di qualita' ed efficienza  del  servizio
scolastico. 
    Sotto questo aspetto, la disposizione censurata, essendo priva di
un reale contenuto precettivo,  non  sarebbe  idonea,  per  se'  sola
considerata, a recare  alcun  vulnus  alle  competenze  regionali  in
materia di istruzione. 
    Nella sua seconda parte, pero', la disposizione di cui al comma 1
dell'art. 3 contiene una prescrizione, la quale ha,  invece,  un  suo
specifico contenuto precettivo. 
    Essa precisa che l'obiettivo della  qualita'  ed  efficienza  del
servizio scolastico nel  Primo  ciclo  deve  essere  perseguito  «nel
quadro della qualificazione dell'offerta formativa e  nell'ambito  di
proficue collaborazioni tra l'amministrazione scolastica e  i  comuni
interessati anche tra di loro consorziati». 
    Considerata  nel  suo  complesso,  la   disposizione   impugnata,
inserita nel citato comma 1 dell'art. 3 del  regolamento  governativo
di delegificazione, puo' essere  ricondotta,  per  il  suo  contenuto
sostanziale, all'attuazione  di  disposizioni  che  questa  Corte  ha
riconosciuto come  ascrivibili  alla  materia  delle  norme  generali
sull'istruzione,  riservata  alla  competenza  legislativa  esclusiva
dello Stato (art. 117, secondo comma,  lettera  n,  Cost.).  Cio'  in
quanto essa tende concretamente a  dare  attuazione  a  disposizioni,
d'ordine  appunto  generale,  e  come  tali  operanti  in  tutto   il
territorio nazionale, contenute nell'art. 64, comma 4,  del  d.l.  n.
112 del 2008 e qualificate, con la citata sentenza n. 200  del  2009,
come norme generali sull'istruzione. 
    Infatti,  proprio  per  l'espresso  riferimento   alle   esigenze
specifiche  della   «qualificazione   dell'offerta   formativa»,   la
disposizione impugnata concorre − per quanto attiene  particolarmente
al Primo  ciclo  dell'istruzione,  che  per  sua  natura  riveste  un
fondamentale rilievo nella  formazione  delle  nuove  generazioni  di
scolari al loro  primo  contatto  con  il  mondo  della  scuola  −  a
delineare  quel   sistema   nazionale   dell'istruzione,   il   quale
necessariamente deve essere caratterizzato da elementi di unitarieta'
ed uniformita' su tutto il territorio nazionale. 
    A cio' va aggiunto che la disposizione del comma 1 in  questione,
specificamente per il suo riferimento  ai  «criteri  di  qualita'  ed
efficienza del servizio» scolastico del Primo ciclo  dell'istruzione,
ai  fini  del  miglioramento  dell'offerta  formativa,  non   e'   in
contrasto, ma anzi ne  rappresenta  il  necessario  presupposto,  con
quanto previsto dal d.lgs.  19  febbraio  2004,  n.  59,  recante  la
«Definizione delle misure generali relative alla scuola dell'infanzia
e al Primo ciclo dell'istruzione, a norma dell'articolo 1 della legge
28 marzo 2003, n. 53». 
    Quanto, infine, ai profili attinenti alla  leale  collaborazione,
con riguardo alle deduzione delle ricorrenti circa la  illegittimita'
della mancata previsione nella norma censurata di  un  coinvolgimento
regionale, deve osservarsi che, vertendosi in materia  di  competenza
statale esclusiva, non sussisteva per lo Stato alcun obbligo  a  tale
riguardo. Nondimeno, la norma  regolamentare  in  esame  si  e'  data
carico   del   coinvolgimento   delle   istituzioni   locali   e   ha
corrispondentemente  previsto  che  la  qualificazione   dell'offerta
formativa  deve   svolgersi   comunque   «nell'ambito   di   proficue
collaborazioni  tra   l'amministrazione   scolastica   e   i   comuni
interessati»,  eventualmente   tra   loro   consorziati;   con   cio'
prevedendo, appunto, un meccanismo di  leale  collaborazione  con  le
istituzioni locali rappresentative degli  interessi  delle  comunita'
territoriali e soddisfacendo la relativa  esigenza  di  coordinamento
interistituzionale. 
    11. - Alla luce, pertanto, delle considerazioni  innanzi  svolte,
in parziale  accoglimento  dei  due  ricorsi  regionali  indicati  in
epigrafe, deve essere dichiarato che non spettava allo Stato  emanare
le disposizioni regolamentari contenute nell'art. 2, commi 4 e 6, del
d.P.R. n. 89 del 2009. Di  tali  disposizioni  deve  essere  disposto
l'annullamento. 
    12. - I due ricorsi devono essere, invece, respinti  nella  parte
in  cui  censurano  l'art.  3,  comma  1,  del  medesimo  regolamento
governativo  con  la  conseguenza  che  deve  essere  dichiarato  che
spettava allo Stato l'adozione della  citata  disposizione  contenuta
nel medesimo d.P.R. n. 89 del 2009.