Ordinanza 
 
nel giudizio per conflitto di attribuzione  tra  poteri  dello  Stato
sorto in seguito all'apertura delle indagini da parte del Procuratore
della Repubblica presso il Tribunale di  Santa  Maria  Capua  Vetere,
alle successive richieste di rinvio a giudizio, dell'11  maggio  2009
(R.G.N.R.  n.  8213/2009)  e  del  2  febbraio  2010   (R.G.N.R.   n.
5736/2010), da parte  del  Procuratore  della  Repubblica  presso  il
Tribunale  di  Napoli  e  all'ordinanza  del   Giudice   dell'udienza
preliminare del Tribunale di Napoli del 20 ottobre 2010, promosso dal
Senato della Repubblica con ricorso depositato in cancelleria  il  21
dicembre 2010 ed iscritto al n. 12 del registro conflitti tra  poteri
dello Stato 2010, fase di ammissibilita'. 
    Udito nella camera di consiglio  del  9  marzo  2011  il  Giudice
relatore Giorgio Lattanzi. 
    Ritenuto che, con ricorso depositato  il  21  dicembre  2010,  il
Senato della Repubblica ha sollevato un conflitto di attribuzione tra
poteri dello Stato nei confronti  del  Procuratore  della  Repubblica
presso il Tribunale di Santa  Maria  Capua  Vetere,  del  Procuratore
della  Repubblica  presso  il  Tribunale  di  Napoli  e  del  Giudice
dell'udienza  preliminare  di  quest'ultimo  tribunale,  chiedendo  a
questa Corte di  dichiarare  che  non  spettava  a  tali  procuratori
«esperire  indagini  a  carico  dell'on.  Mario  Clemente   Mastella,
Ministro all'epoca dei fatti contestati, omettendo di trasmettere, ai
sensi dell'art. 6 della legge costituzionale n. 1 del 1989, gli  atti
al Collegio per i reati ministeriali di cui al successivo articolo 7»
e  che  «non  spettava  al  Giudice  per  l'udienza  preliminare  del
Tribunale di Napoli (...) rigettare con l'ordinanza  del  20  ottobre
2010 l'eccezione di incompetenza funzionale del Tribunale di Napoli a
giudicare il Ministro della giustizia on. Mario Clemente Mastella,  e
di procedere secondo il rito ordinario»; 
        che, in seguito alle indagini iniziate dalla Procura di Santa
Maria Capua Vetere e concluse da quella di Napoli e ad altre indagini
di questa procura, senza che, in entrambi i casi,  gli  atti  fossero
stati trasmessi al tribunale dei ministri, sono state  formulate  due
richieste di rinvio a giudizio a carico del Ministro Mastella  (l'una
dell'11 maggio 2009, nel procedimento penale di cui  al  R.G.N.R.  n.
8213/09; l'altra, del 2 febbraio 2010, nel procedimento penale di cui
al R.G.N.R. n. 5736/10); 
        che,  con  ordinanza  del  20  ottobre   2010,   il   Giudice
dell'udienza preliminare del Tribunale di Napoli ha ritenuto  che  «i
reati dall'accusa attribuiti a Mastella,  pur  se  riferibili  ad  un
periodo in cui questi era Ministro della  giustizia,  in  nulla  sono
collegabili  all'esercizio  di   quelle   funzioni»,   ha   rigettato
l'eccezione di incompetenza  funzionale  e  ha  disposto  «procedersi
oltre»; 
        che, secondo il Senato, con tali omissioni e con  tali  atti,
di cui si  chiede  l'annullamento,  l'Autorita'  giudiziaria  avrebbe
menomato le attribuzioni costituzionali spettanti  al  ricorrente  in
base all'art. 96 della Costituzione, in forza delle quali  la  Camera
competente a deliberare  sull'autorizzazione  ivi  prevista  dovrebbe
venire informata della pendenza di qualsiasi procedimento penale,  se
relativo a fatti attribuiti a chi abbia rivestito, al tempo di  essi,
la qualita' di ministro, e avrebbe titolo a pretendere che,  in  tali
casi, gli atti siano  trasmessi,  in  base  all'art.  6  della  legge
costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1 (Modifiche  degli  articoli  96,
134 e 135 della Costituzione e della legge  costituzionale  11  marzo
1953, n. 1, e norme in materia di procedimenti per  i  reati  di  cui
all'articolo 96 della Costituzione), al tribunale dei ministri, quale
«unico organo giudiziario legittimato ad indagare  sulla  notizia  di
reato addebitato  al  Ministro  ed  a  qualificare,  all'esito  delle
indagini, la natura del reato»; 
        che, secondo il Senato, solo per tale via, infatti,  il  ramo
competente del Parlamento sarebbe in grado di  esprimere  la  propria
valutazione sulla natura ministeriale o non ministeriale  del  reato,
in relazione all'art. 96 Cost.; 
        che, nel caso di specie, viceversa, il Senato,  ignaro  della
pendenza del procedimento,  sarebbe  stato  «posto  nella  condizione
inammissibile  di  dovere  ricercare   altrimenti   le   informazioni
necessarie all'esercizio dei suoi poteri di  prerogativa»,  dapprima,
attivando il  Ministro  della  giustizia  pro  tempore,  in  data  22
dicembre 2009 e 17 giugno 2010, affinche'  acquisisse  ogni  elemento
conoscitivo utile; in seguito, in data 30 ottobre  2010,  richiedendo
la trasmissione degli atti direttamente al Presidente  del  Tribunale
di  Napoli,  che,  il   16   novembre   2010,   avrebbe   dato   atto
dell'intervenuta trasmissione, in data 2 novembre 2010, da parte  del
Procuratore della Repubblica al Ministro, a seguito di richiesta  del
secondo risalente al precedente 4 ottobre; 
        che, osserva il ricorrente, fin dalle  origini  l'ordinamento
repubblicano, pur devolvendo alla Corte  costituzionale  il  giudizio
sui  reati  ministeriali,  aveva  avvertito  la  necessita'  di  «una
disciplina  analitica  dei  rapporti  fra  la  giurisdizione   penale
costituzionale e la giurisdizione penale comune»,  disposta  sia  con
gli artt. da 10 a 14 della legge 25 gennaio 1962, n.  20  (Norme  sui
procedimenti e giudizi di accusa), sia con l'art. 8  della  legge  10
maggio 1978, n. 170 (Nuove norme sui  procedimenti  d'accusa  di  cui
alla legge 25 gennaio 1962, n. 20): in particolare, si era  stabilito
che, in caso di inizio dell'azione penale a carico di un ministro, il
pubblico ministero fosse tenuto a darne notizia al  Presidente  della
Camera, che ne  informava  la  Commissione  parlamentare  inquirente;
veniva poi demandata a  questa  Corte  la  risoluzione  di  eventuali
conflitti tra Commissione e Autorita' giudiziaria; 
        che, a seguito della revisione dell'art. 96 Cost.,  a  parere
del Senato, permane la medesima esigenza di coinvolgere in ogni  caso
la Camera competente, ove sia avviato un procedimento penale a carico
di un  ministro,  come  questa  Corte  avrebbe  riconosciuto  con  la
sentenza n.  241  del  2009,  sulla  base  dell'art.  8  della  legge
costituzionale n. 1 del 1989; 
        che, per tale ragione e al  fine  di  consentire  l'eventuale
esercizio del potere di autorizzazione previsto dall'art.  96  Cost.,
«il  Collegio  per  i  reati  ministeriali  costituisce  il  raccordo
indefettibile  per  la  regolazione   dei   rapporti   dell'autorita'
giudiziaria con le Camere rappresentative»: esso,  percio',  andrebbe
investito ai sensi dell'art. 6 della legge costituzionale  n.  1  del
1989 di ogni notizia di  reato  concernente  un  ministro,  affinche'
eserciti  la  propria  valutazione  anche  in  ordine  al   carattere
ministeriale del reato e attivi, in tal caso, la  Camera  competente,
ovvero, qualora il reato sia ritenuto di natura comune,  disponga  la
cosiddetta archiviazione anomala e ne informi,  in  base  all'art.  8
della medesima legge, la Camera  per  consentirle  l'esercizio  delle
proprie attribuzioni; 
        che dovrebbe  viceversa  escludersi,  a  parere  del  Senato,
l'esistenza (secondo quanto avrebbe  affermato,  in  particolare,  il
Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale  di  Napoli)  di  «una
sorta  di  competenza   esclusiva   sulla   competenza   del   potere
parlamentare», esercitabile dall'Autorita' giudiziaria: tale  sarebbe
la conclusione, invece, ove quest'ultima potesse procedere avverso un
ministro nelle forme ordinarie, eludendo le attribuzioni del collegio
per  i  reati  ministeriali,  e  conseguentemente  quelle,  ad   esse
collegate da "un nesso strettissimo", della Camera; 
        che cio' si sarebbe, invece, verificato nel caso  di  specie,
da parte sia delle procure, sia del giudice dell'udienza preliminare,
il quale avrebbe dovuto prendere atto di tale circostanza, al fine di
«quanto meno (...) provvedere autonomamente» ad informare il Senato; 
        che,  secondo  il  ricorrente,  non  sarebbe  discutibile  la
propria legittimazione a sollevare il conflitto, in quanto il  Senato
della Repubblica e' la Camera competente a concedere l'autorizzazione
a procedere nei confronti del Ministro Mastella, sia per la posizione
di senatore dallo stesso rivestita all'epoca dei fatti,  sia  per  la
circostanza che quando l'azione penale e' stata esercitata  nei  suoi
confronti egli  aveva  cessato  di  appartenere  al  Parlamento;  ne'
sarebbe contestabile la legittimazione  delle  autorita'  giudiziarie
coinvolte, nella specie il Tribunale di Napoli, Sezione  Gip/Gup,  il
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua
Vetere e il Procuratore  della  Repubblica  presso  il  Tribunale  di
Napoli, a resistervi; 
        che  ricorrerebbe,  parimenti,  il  requisito  oggettivo  del
conflitto, che riguarda la menomazione della  sfera  di  attribuzioni
direttamente conferite al Senato della Repubblica dalla  Costituzione
e dalla  legge  costituzionale  n.  1  del  1989,  determinata  dalla
condotta degli organi giudiziari predetti, che  avrebbero  omesso  il
compimento  di  adempimenti  processuali,  previsti  a  tutela  delle
prerogative  del  Senato,  svolgendo  le  indagini  e  disponendo  la
prosecuzione del procedimento nelle "forme ordinarie"; 
        che, infine, il  ricorrente  osserva  di  avere  interesse  a
proporre il ricorso, dal momento che l'illegittima procedura con  cui
l'Autorita'   giudiziaria   ordinaria   ha   qualificato   come   non
ministeriali i reati  addebitati  al  Ministro  Mastella  lo  avrebbe
privato di ogni possibilita' di partecipazione  e  di  coinvolgimento
nel procedimento, indispensabili  per  il  compimento  delle  proprie
valutazioni al riguardo. 
    Considerato che in questa fase del giudizio,  a  norma  dell'art.
37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo  1953,  n.  87  (Norme
sulla costituzione e sul funzionamento della  Corte  costituzionale),
questa Corte e' chiamata a delibare senza contraddittorio  in  ordine
all'ammissibilita' del conflitto di attribuzione,  sotto  il  profilo
della sussistenza della «materia di un conflitto la  cui  risoluzione
spetti alla sua competenza», restando impregiudicata ogni ulteriore e
diversa valutazione, anche in punto di ammissibilita'; 
        che, quanto alla sussistenza  dei  requisiti  soggettivi,  il
Senato della Repubblica e' legittimato a sollevare conflitto, al fine
di difendere le attribuzioni che gli spettano ai sensi  dell'art.  96
Cost. (sentenze n. 241 del 2009 e n. 403 del 1994; ordinanze  n.  211
del 2010; n. 8 del 2008; n. 217 del 1994); 
        che la legittimazione a resistere nel presente  conflitto  va
riconosciuta al Giudice dell'udienza  preliminare  del  Tribunale  di
Napoli, in quanto organo competente a dichiarare definitivamente, nel
procedimento  di  cui  e'  investito,  la  volonta'  del  potere  cui
appartiene, in ragione  dell'esercizio  di  funzioni  giurisdizionali
svolte  in  posizione  di  piena   indipendenza,   costituzionalmente
garantita (da ultimo, ordinanza n. 211 del 2010); 
        che, parimenti, sono legittimati a resistere nel conflitto  i
Procuratori della Repubblica presso i Tribunali di Santa Maria  Capua
Vetere e di Napoli, in quanto direttamente investiti  delle  funzioni
previste dall'art. 112 Cost. e dunque gravati dall'obbligo  non  solo
di esercitare l'azione penale, ma anche di svolgere le  attivita'  di
indagine a questa finalizzate (ordinanze n. 276 del 2008; n.  73  del
2006; n. 404 del 2005); 
        che, con riguardo ai presupposti  oggettivi,  il  ricorso  e'
indirizzato a garanzia di una sfera di  attribuzioni  costituzionali,
desumibili, secondo la prospettazione del  Senato  della  Repubblica,
dall'art. 96 Cost. e dalla legge costituzionale 16 gennaio  1989,  n.
1; 
        che, ai sensi dell'art. 37, quarto comma, della legge  n.  87
del 1953, va disposta la notificazione del ricorso e  della  presente
ordinanza anche alla Camera dei deputati,  stante  l'identita'  della
posizione costituzionale dei due rami  del  Parlamento  in  relazione
alle questioni di principio da trattare  (sentenza  n.  7  del  1996;
ordinanze n. 211 del 2010; n. 8 del 2008; n. 102 del 2000; n. 470 del
1995).