Ricorso della Regione siciliana, in persona  del  Presidente  pro
tempore,   rappresentato   e   difeso,   sia    congiuntamente    che
disgiuntamente, giusta procura a margine  del  presente  atto,  dagli
avvocati Beatrice Fiandaca e Marina Valli, elettivamente  domiciliato
presso la sede dell'Ufficio della  Regione  siciliana  in  Roma,  via
Marghera n. 36, ed autorizzato a proporre ricorso  con  deliberazione
della Giunta regionale che si allega; 
    Contro il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  pro  tempore,
domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, presso  gli  Uffici
della Presidenza dei Consiglio  dei  ministri,  e  difeso  per  legge
dall'Avvocatura dello Stato, per  la  risoluzione  del  conflitto  di
attribuzione insorto tra la Regione siciliana e lo Stato per  effetto
dell'inclusione nell'elenco degli immobili in uso all'Amministrazione
Difesa  da  assoggettare  a  procedure   di   alienazione,   permuta,
valorizzazione  e  gestione  previste  dall'art.  14-bis,  comma   3,
decreto-legge 25  giugno  2008,  n.  112,  convertito  in  legge  con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.  133,  pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 5 dell'8 gennaio 2011
(allegato 2, in estratto per la parte di interesse) anche di immobili
ubicati nel territorio della Regione  siciliana  di  cui  al  decreto
direttoriale n. 13/2/5/2010 dell'8 settembre 2010,  menzionato  nella
predetta Gazzetta Ufficiale e non conosciuto da questa Regione. 
 
                              F a t t o 
 
    Con decreto direttoriale n. 13/2/5/2010 dell'8  settembre  2010 -
del quali si conosce, per  essere  stato  pubblicato  nella  Gazzetta
Ufficiale, solo l'elenco allo  stesso  allegato  essendo  la  Regione
ancora in attesa di acquisire il relativo testo che ha richiesto  con
assessoriale del  18  gennaio  2011,  prot.  n.  2890  -  sono  stati
individuati, al fine  del  trasferimento  al  Patrimonio  disponibile
dello Stato,  gli  immobili  in  uso  all'Amministrazione  Difesa  da
assoggettare a procedure di alienazione,  permuta,  valorizzazione  e
gestione previste dall'art.14-bis, comma 3, decreto-legge  25  giugno
2008, n. 112, convertito in legge con  modificazioni  dalla  legge  6
agosto 2008, n. 133. 
    Nel predetto elenco figurano numerosi beni ubicati in Sicilia tra
cui alcuni, quali il Faro Capo Mulini di Acireale  (Catania)  e  l'ex
Carcere  militare  di  Palermo  che,  in  quanto   beni   d'interesse
storico-artistico, erano a loro volta  gia'  inseriti  negli  elenchi
favorevolmente esitati per il trasferimento  alla  Regione  siciliana
dalla Commissione paritetica nella seduta del 30  settembre  2010  ed
inviati dalla Stessa alla Presidenza del Consiglio dei ministri. 
    Tale ultima circostanza da conto quindi del  convincimento  anche
dei rappresentanti di parte statale della spettanza alla Regione  dei
suddetti beni, per i quali e' venuto meno l'uso a fini militari,  per
l'ininfluenza nei loro confronti  del  processo  di  dismissione  del
demanio militare. 
    Si  rappresenta  inoltre  che,  in  esito  alle  riunioni   della
Commissione  paritetica,  sono  gia'  stati   emanati   due   decreti
legislativi  concernenti  il  trasferimento  alla  Regione  di   beni
immobili dello Stato, d.lgs. 23 dicembre 2010, n. 265 e d.lgs. n. 266
di pari data, entrambi su proposta  adottata  di  concerto  con  vari
Ministri tra i quali, per il d.lgs. 23 dicembre 2010, n.  265,  anche
quello della difesa. 
    Non appena venuta a  conoscenza  della  richiesta  del  Ministero
della difesa di espungere alcuni immobili dagli elenchi allegati allo
schema  di  norme  di  attuazione   predisposto   dalla   Commissione
paritetica la Regione nella persona dell'Assessore competente si  e',
quindi, subito premurata di impedire che si  consumasse  una  lesione
delle sue prerogative statutarie. 
    Con lettera del 10 dicembre 2010 prot.  6056/Gab  la  Regione  ha
richiesto alla Presidenza del Consiglio dei ministri  -  Dipartimento
per gli affari regionali  il  mantenimento  negli  elenchi  all'esame
degli immobili per i quali era stata sollevata l'eccezione di diverso
utilizzo, ai sensi del decreto-legge 25 giugno 2008,  n.  112,  conv.
con modif. in legge 6 agosto 2008, n.  133,  all'uopo  rappresentando
che, a norma dell'art. 32 dello Statuto, tutti  i  beni  del  demanio
dello Stato esistenti nella Regione sono a questa assegnati,  con  la
sola esclusione di quelli che interessano la  difesa  dello  Stato  o
servizi di carattere nazionale. 
    A conferma del  fatto  che  la  Regione  tenda  esclusivamente  a
difendere le attribuzioni che le spettano a tenore dello  Statuto  si
evidenzia che non ha fatto questione  per  altri  cespiti  dei  quali
l'Amministrazione  della  Difesa  ha  chiesto  di  non  procedere  al
trasferimento perche' tuttora necessari ai fini  istituzionali  della
medesima e quindi ancora  ricadenti  in  proprieta'  demaniale  dello
Stato. 
    Alla suddescritta assessoriale non ha fatto seguito  una  lettera
di risposta sibbene la convocazione ad una riunione, fissata  per  il
13 gennaio 2011 presso il Gabinetto del Ministro, avente  ad  oggetto
l'apertura di un tavolo tecnico in ordine alle «richieste di cessione
di beni del patrimonio militare». 
    Nelle more della riunione si riscontrava che il  Ministero  della
difesa aveva  tuttavia  proceduto,  in  data  8  gennaio  2011,  alla
pubblicazione  dell'elenco  dei  beni   individuati   per   la   loro
alienazione, permuta, valorizzazione e gestione allegato  al  decreto
direttoriale in questione senza stralciare il  Faro  Capo  Mulini  di
Acireale  (Catania)  e  l'ex  Carcere  militare  di  Palermo  cui  si
aggiungono altri beni esistenti in Sicilia per un totale  complessivo
di undici immobili siti nella Regione. 
    Con assessoriale prot.  n.  92  del  12  gennaio  2011  e'  stata
pertanto eccepita l'illegittimita' del detto decreto  direttoriale  e
di quello n. 1/2/5/2010 del 5 marzo 2010,  di  cui  ancor  prima  era
stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  italiana
solo il mero elenco, per violazione degli  articoli  32  e  33  dello
Statuto,  richiedendone  la  modifica  con   l'estrapolazione   degli
immobili ex militari siti in Sicilia. 
    Alla riunione del 13 gennaio 2011 i dirigenti regionali  delegati
a parteciparvi hanno ribadito le ragioni su cui si fonda la richiesta
di modifica. Hanno pero' dovuto constatare che, pur nell'ottica della
cortesia istituzionale,  il  Ministero  della  difesa  permaneva  nel
convincimento che le norme della legge  ordinaria,  decreto-legge  25
giugno 2008, n. 112, conv. con modif. in legge 6 agosto 2008, n. 133,
superino l'art. 32 dello Statuto regionale nella  considerazione  che
l'inclusione negli elenchi pubblicati nella Gazzetta Ufficiale  della
Repubblica italiana comporti di per se' la  classifica  dei  beni  ex
militari da demaniali a patrimoniali dello Stato. 
    I rappresentanti del Ministero  evidenziavano  altresi'  di  aver
intanto posto in essere un'attivita' di  intesa  con  diversi  Comuni
dell'Isola -  tra  cui  Marsala  -  per  la  definizione  di  permute
immobiliari. 
    Pur se si era avuta assicurazione di un pronto invio dei  decreti
direttoriali nulla e' ancora pervenuto nemmeno a seguito di ulteriore
ultimativa richiesta, assessoriale prot. 2890 del 18 gennaio 2011, di
acquisirli insieme con i provvedimenti, protocolli d'intesa,  accordi
intercorsi con gli enti locali siciliani e in generale  le  eventuali
offerte  finalizzate   ad   operazioni   di   alienazione,   permuta,
valorizzazione e gestione dei beni siti in Sicilia, ribadendo che  il
rispetto dell'autonomia speciale  impone  che  siano  assegnati  alla
Regione, non potendo lo Stato disporne nemmeno in favore  degli  Enti
locali. 
    Di qui il presente ricorso atteso che la  Regione,  che  pur  non
conosce ancora il  testo  del  decreto,  ritiene,  per  il  descritto
sviluppo dei fatti, che l'inclusione dei beni  ex  militari  siti  in
Sicilia tra  quelli  da  assoggettare  a  procedure  di  alienazione,
permuta, valorizzazione e gestione previste dall'art.  14-bis,  comma
3, decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, conv. con modif. in legge  6
agosto 2008, n. 133 sicuramente leda le  attribuzioni  della  Regione
siciliana per le seguenti ragioni di 
 
                            D i r i t t o 
 
    Violazione degli articoli 32 e 33  dello  Statuto  della  Regione
Siciliana nonche' del principio  di  leale  collaborazione  che  deve
informare i rapporti tra Stato e Regione. 
    L'art. 32 dello Statuto nel prevedere  che  «I  beni  di  demanio
dello Stato, comprese le acque  pubbliche  esistenti  nella  Regione,
sono assegnati alla Regione, eccetto quelli che interessano la difesa
dello  Stato  o  servizi  di   carattere   nazionale»   non   collega
l'assegnazione alla Regione ad una data determinata. 
    Ne  consegue  che,   venuta   meno   la   condizione   impeditiva
dell'utilizzo per i fini istituzionali della difesa nazionale  o  per
servizi di carattere nazionale, i beni del demanio statale entrano in
ogni tempo a far parte del demanio della Regione. 
    In tali termini anche codesta ecc.ma Corte costituzionale ha gia'
avuto modo di pronunciarsi in presenza di norme di tenore pressocche'
identico contenute in altri Statuti Regionali. 
    Pertanto,  poiche'  la  stessa  inclusione  negli  elenchi   oggi
impugnati conferma che  e'  cessata  la  specifica  destinazione  che
costituiva causa di esclusione dal trasferimento, tutti i  beni  siti
in Sicilia che in tali elenchi figurano ne vanno espunti non  potendo
lo Stato disconoscerne il trasferimento alla Regione. 
    Ne' una diversa soluzione puo' farsi discendere dalla  differente
formulazione dell'art. 33 dello Statuto  che  assegna  alla  Regione,
affinche' ne costituiscano il patrimonio, i beni non demaniali  dello
Stato oggi, ossia alla data  di  entrata  in  vigore  dello  Statuto,
esistenti nel territorio regionale. 
    Ma vi e' di piu'. 
    Anche  a  voler  ammettere  che  i  beni   non   piu'   destinati
all'utilizzo militare non possano  transitare  al  demanio  regionale
perche' privi del  carattere  della  demanialita',  gli  immobili  in
questione risulterebbero egualmente di  spettanza  regionale  dovendo
allora  gli  stessi,  in  quanto  beni  statali  gia'  esistenti  nel
territorio della  Regione  alla  data  di  entrata  in  vigore  dello
Statuto, essere trasferiti se non  al  demanio  al  patrimonio  della
Regione medesima. 
    Pertanto, anche  in  tal  caso,  il  mantenimento  al  patrimonio
disponibile dello Stato di beni  comunque  di  pertinenza  regionale,
attuato all'esclusivo scopo di compiere  operazioni  immobiliari  che
comporteranno alla fine l'acquisto dei beni in  parola  da  parte  di
altri soggetti, pubblici o  privati  che  siano,  risulta  gravemente
lesivo di attribuzioni regionali costituzionalmente garantite. 
    Ed, infatti, l'inclusione nell'impugnato elenco di  immobili  che
devono tutti esser resi disponibili alla Regione, ex articoli 32 e 33
dello Statuto, ha senza  dubbio  prodotto  all'Ente  una  menomazione
delle attribuzioni sancite dalle suddette norme statutarie. 
    Del resto la stessa tesi  prospettata  dai  Suoi  rappresentanti,
alla riunione dello scorso 13 gennaio, dimostra  che  nessuna  valida
argomentazione giuridica sorregge l'operato del Ministero. 
    Ed invero si  appalesa  assolutamente  pretestuoso  far  derivare
l'inoperativita'  di  articoli  dello   Statuto,   fonte   di   rango
costituzionale,  da  una  norma  sottoordinata,  qual'e'  quella  del
decreto-legge n. 112 del 2008. 
    Lo Stato, in definitiva, ritiene non applicabile l'art.  32  St.,
facendo artatamente venir meno, in esecuzione di una norma  di  rango
inferiore, il presupposto della demanialita', non tenendo comunque in
conto di aver in tal modo reso applicabile l'art. 33 St. 
    Ne' va sottaciuto  che  la  particolare  estensione  del  demanio
regionale attribuito alla Regione siciliana si  collega  all'ampiezza
dell'autonomia  speciale   al   fine   di   consentirne   l'effettivo
dispiegarsi. Ed ancora l'esercizio delle funzioni e  dei  compiti  in
materia, di demanio e patrimonio risulta funzionale ad un efficiente,
efficace  ed  economico  svolgimento  delle  funzioni  amministrative
ascritte alla Regione nelle piu' svariate materie. 
    A  conferma  del  tono  costituzionale  della  questione  portata
innanzi a codesta ecc.ma Corte si ritiene di ribadire in  particolare
che  alcuni  beni  che  lo   Stato   pretende   illegittimamente   ed
indebitamente  di  dismettere  ai  sensi  dell'art.14-bis,  comma  3,
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, conv. con  modif.  in  legge  6
agosto 2008, n. 133, sono  di  interesse  storico-artistico,  la  cui
assegnazione alla Regione comporta l'esplicarsi di tutta una serie di
poteri che, pure le verrebbero immotivatamente espropriati con  grave
vulnus, quindi, anche  della  speciale  autonomia  della  Regione  in
materia di beni culturali. 
    Appare inoltre da menzionare come la Regione nella corrispondenza
con cui ha invano  cercato  di  prevenire  l'insorgere  del  presente
conflitto  non  abbia  mancato  di   rappresentare   l'interesse   ad
utilizzare i beni di che trattasi per scopi istituzionali  adibendoli
a sedi di numerosi uffici per i  quali  in  atto  sopporta  rilevanti
oneri locativi. 
    Parimenti sono stati evidenziati gli ulteriori benefici derivanti
alla collettivita', sopratutto in termini di riqualificazione  urbana
ed occupazione, dalle relative  ristrutturazioni,  per  le  quali  si
potrebbero utilizzare fondi europei, altrimenti a rischio di perdita. 
    Ora, si rileva in subordine, che  l'elenco  in  questione  ed  il
relativo decreto che stabilisce l'inclusione  dei  beni  ex  militari
siti  in  Sicilia  tra  quelli  da  assoggettare   a   procedure   di
alienazione,   permuta,   valorizzazione    e    gestione    previste
dall'art.14-bis, comma 3, decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, conv.
con modif. in legge  6  agosto  2008,  n.  133  in  violazione  degli
articoli 32 e 33  dello  Statuto  sono  stati  assunti  omettendo  di
prevedere  qualsiasi  partecipazione  della  Regione   siciliana   al
relativo procedimento e non consentendo poi alla Regione  nemmeno  di
conoscere il testo del decreto direttoriale. 
    Pertanto,  secondo   il   costante   insegnamento   della   Corte
costituzionale (sentenza 288/2001; sentenze 347 e 348/2000;  sentenza
328/2006) si profilano illegittimi sia rispetto ai parametri  di  cui
agli articoli 32 e 33 dello Statuto siciliano  che  al  principio  di
leale collaborazione che  deve  informare  i  rapporti  tra  Stato  e
Regione.