Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 10-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto dall'art. 1, comma 16, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), promosso dal Giudice di pace di Tirano con ordinanza del 21 maggio 2010, iscritta al n. 377 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta fficiale della Repubblica n. 50, 1ª serie speciale, dell'anno 2010. Udito nella camera di consiglio del 23 marzo 2011 il giudice relatore Giorgio Lattanzi. Ritenuto che, con ordinanza emessa il 21 maggio 2010, il giudice di pace di Tirano ha sollevato, in riferimento agli articoli 2, 3, 25, comma secondo, e 117, primo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10-bis del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto dall'art. 1, comma 16, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), il quale punisce con l'ammenda da 5.000 a 10.000 euro, «salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, lo straniero che fa ingresso ovvero si trattiene nel territorio dello Stato, in violazione delle disposizioni del [citato] testo unico nonche' di quelle di cui all'articolo 1 della legge 28 maggio 2007, n. 68» (Disciplina dei soggiorni di breve durata degli stranieri per visite, affari, turismo e studio); che, ad avviso del giudice a quo, la norma incriminatrice censurata si porrebbe in contrasto con l'art. 3 Cost., in quanto carente di ogni «fondamento giustificativo»; che lo scopo della fattispecie incriminatrice sarebbe, infatti, quello di allontanare al piu' presto lo straniero irregolare dal territorio dello Stato, come attestano inequivocamente le circostanze che il giudice di pace possa sostituire la pena pecuniaria con l'espulsione ai sensi dell'art. 16 del decreto legislativo n. 286 del 1998, che l'espulsione in via amministrativa dell'imputato non richieda il nullaosta dell'autorita' giudiziaria e che l'avvenuta esecuzione dell'espulsione venga configurata come causa di improcedibilita' dell'azione penale (art. 10-bis, commi 4 e 5, del d.lgs. n. 286 del 1998); che, in questa prospettiva, l'incriminazione si rivelerebbe del tutto inutile, giacche' l'obiettivo con essa perseguito era gia' raggiungibile mediante l'espulsione coattiva in via amministrativa, ai sensi dell'art. 13, comma 4, del d.lgs. n. 286 del 1998, espulsione di cui la norma censurata non amplia in alcun modo i presupposti, ne' rende piu' facile l'esecuzione; che il giudice rimettente denuncia, inoltre, l'irragionevolezza del trattamento sanzionatorio della nuova fattispecie criminosa, complessivamente considerato, non soltanto per la comminatoria della pena dell'ammenda (che risulterebbe priva di ogni efficacia deterrente nei confronti di soggetti quasi sempre totalmente impossidenti, quali gli stranieri clandestini), ma anche per il divieto di applicazione della sospensione condizionale della pena e per la facolta', concessa al giudice, di sostituire la pena pecuniaria con una sanzione piu' grave, come l'espulsione per un periodo non inferiore a cinque anni; che l'art. 3 Cost. risulterebbe violato anche per l'irragionevole disparita' di trattamento tra la nuova fattispecie criminosa e quella di cui all'art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998, la quale punisce lo straniero che non ottemperi all'ordine del questore di allontanamento dal territorio nazionale solo quando lo stesso si trattenga sul territorio italiano oltre il termine stabilito e in assenza di un giustificato motivo, condizioni non previste, invece, nella norma incriminatrice censurata; che l'art. 10-bis del d.lgs. n. 286 del 1998 si porrebbe in contrasto, altresi', con gli artt. 3 e 25, secondo comma, Cost., venendo a sanzionare penalmente una particolare condizione personale del soggetto attivo, quella di "migrante", legata al mancato possesso di un titolo abilitativo all'ingresso o al soggiorno nel territorio dello Stato, anziche' la commissione di un fatto materiale, offensivo di un bene costituzionalmente protetto; che risulterebbe, inoltre, violato l'art. 2 Cost., il quale, riconoscendo e garantendo i diritti inviolabili dell'uomo e richiedendo l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarieta' politica, economica e sociale, «dovrebbe impedire l'adozione di misure puramente repressive per risolvere il problema dell'immigrazione»; che il giudice a quo denuncia, infine, la violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., con riferimento agli obblighi internazionali assunti dall'Italia in materia di trattamento dei migranti e, in particolare, con il Protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalita' organizzata transnazionale per combattere il traffico illecito di migranti via terra, via mare e via aria, ratificato e reso esecutivo con la legge 16 marzo 2006, n. 146, in quanto la nuova fattispecie criminosa perseguirebbe «i migranti che si trovano in una condizione rispetto alla quale lo Stato si e' assunto l'impegno di assisterli e proteggerli»; che la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale sarebbe indubbia, giacche' nel caso di specie l'imputato e' «chiamato a rispondere del reato di ingresso/soggiorno illegale nel territorio dello Stato» ai sensi dell'art. 10-bis del d.lgs. n. 286 del 1998, aggiunto dall'art. 1, comma 16, lettera a), della legge n. 94 del 2009. Considerato che il giudice a quo dubita, in riferimento agli articoli 2, 3, 25, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, della legittimita' costituzionale dell'art. 10-bis del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto dall'art. 1, comma 16, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), che punisce con l'ammenda da 5.000 a 10.000 euro, salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, lo straniero che fa ingresso o si trattiene illegalmente nel territorio dello Stato; che l'ordinanza di rimessione presenta carenze in punto di descrizione della fattispecie concreta e di motivazione sulla rilevanza, tali da precludere lo scrutinio nel merito della questione; che nell'epigrafe l'ordinanza riproduce il capo di imputazione, che si risolve, nella sostanza, in una mera e generica parafrasi della norma incriminatrice, senza aggiungere alcunche' sul fatto oggetto della contestazione e sulla sua effettiva riconducibilita' al paradigma punitivo censurato; che nella motivazione l'ordinanza si limita a far cenno alla circostanza che, nel giudizio a quo, si procede per il «reato di ingresso/soggiorno illegale nel territorio dello Stato», di cui all'art. 10-bis del d.lgs. n. 286 del 1998, dal che deriverebbe la sicura rilevanza della questione sollevata, senza alcuno specifico riferimento alla fattispecie concreta oggetto del giudizio, idoneo a permettere la verifica dell'asserita rilevanza della questione stessa (ex plurimis: ordinanze n. 65 e n. 64 del 2011, n. 318 e n. 253 del 2010); che la questione va dichiarata, pertanto, manifestamente inammissibile. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.