IL TRIBUNALE A seguito del deposito della richiesta di rinvio a giudizio - tra gli altri - nei confronti di R. G., per il reato di cui agli artt. 113 e 589 c.p., all'udienza preliminare del 14 ottobre veniva disposto un primo rinvio della trattazione del procedimento per legittimo impedimento del G.; alla successiva udienza del 19 dicembre 2008, previo stralcio della posizione del prevenuto, veniva disposto nuovo rinvio per il medesimo motivo; all'udienza del 17 febbraio 2009 veniva disposta perizia sulla persona del G. ai sensi dell'art. 70 c.p.p. ed a quella del 24 febbraio 2009 veniva conferito l'incarico al perito; questi nella sua relazione peritale si pronunciava in termini di impossibilita' non temporanea bensi' permanente del G. di partecipare al procedimento in maniera cosciente ed attiva in ragione degli esiti cronici di una patologia ischemica (l'imputato, secondo quanto rilevato dal perito, aveva sofferto di una patologia ischemico-ictale a livello cerebrale poi esitata in un'emiparesi destra con una grave afasia espressiva): tanto determinava all'udienza del 6 maggio 2009 la pronuncia della sospensione del processo ai sensi dell'art. 71 c.p.p. (che non impediva alla successiva udienza l'ascolto di un teste finalizzato ad una pronuncia ex art. 425 c.p.p., a cui poi questo giudicante non riteneva di addivenire); disposto un secondo accertamento peritale ai sensi dell'art. 72 c.p.p., il perito ribadiva l'incapacita' del G. di partecipare al processo in maniera cosciente ed attiva in termini di impossibilita' non temporanea bensi' permanente con esiti cronici di patologia ischemica vale a dire con una stabile, futura e permanente incapacita' di recupero funzionale; disposto un terzo accertamento, il perito nella sua terza relazione peritale pervenuta a questo ufficio il 24 settembre 2010, evidenziata la ricorrenza di un quadro neurologico residuale di entita' grave e ad andamento cronico, perveniva alle medesime conclusioni a cui era pervenuto nelle relazioni precedenti. Tanto premesso, questo giudicante, chiamato a pronunciarsi all'odierna udienza, all'esito del disposto accertamento peritale, in merito alla conferma del provvedimento di sospensione del processo, ritiene di dover sollevare d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 72 c.p.p. per violazione degli artt. 3 e 111 cpv. Cost. e 150 c.p. per violazione dell'art. 3 Cost. perche' rilevante ai fini del giudizio e non manifestamente infondata. Innanzitutto va evidenziato come la questione sollevata, in quanto (come vedremo) idonea a determinare nel caso di specie - all'esito di una statuizione della Corte adita nel senso auspicato da questo giudice remittente - un'immediata pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere nei confronti dell'imputato, appaia assolutamente rilevante ai fini del giudizio. Passando ad occuparci specificatamente delle norme di cui si lamenta un conflitto con il dettato costituzionale, va osservato come il disposto di cui all'art. 72 c.p.p. preveda che, a fronte della disposta sospensione del procedimento allorquando lo stato mentale dell'imputato sia tale da impedirne la cosciente partecipazione al medesimo, il giudice debba disporre ulteriori accertamenti peritali sullo stato di mente dell'imputato allo scadere del sesto mese dalla pronuncia dell'ordinanza di sospensione del procedimento (o anche prima, quando ne ravvisi la necessita') e cosi' ad ogni successiva scadenza di sei mesi, qualora il procedimento non abbia ripreso il suo corso. Tale disposizione ad avviso di questo giudicante appare esente da censure di legittimita' costituzionale allorquando riguardi casi in cui lo stato mentale dell'imputato impedisca in modo temporaneo e reversibile la sua cosciente partecipazione al procedimento, ma all'evidenza irragionevole e dunque in violazione dell'art. 3 Cost. allorquando riguardi casi in cui, a fronte di una patologia cronica, impedisca in modo permanente ed irreversibile tale cosciente partecipazione al procedimento: tanto e' a dire senz'altro laddove il perito, chiamato ad eseguire l'accertamento peritale ai sensi dell'art. 70 c.p.p., si esprima (come nel caso di specie) nel senso del carattere permanente dell'impedimento: in tali ipotesi infatti potrebbe pervenirsi ad un'innaturale sospensione (istituto che per sua natura importa una stasi temporanea dell'attivita' processuale) ad oltranza del procedimento, ovvero realisticamente per tutta la durata (residua, ma non per questo necessariamente breve) di esistenza in vita dell'imputato. Il che importa anche un'evidente violazione dell'art. 111 cpv. Cost. perche' e' suscettibile di determinare un'irragionevole durata del procedimento, che potrebbe essere di anni o anche di decenni. Pertanto puo' affermarsi che l'art. 72 c.p.p. contrasti con il dettato costituzionale nella parte in cui non ne esclude l'applicabilita' ai casi in cui sia stato accertato che lo stato mentale dell'imputato ne impedisce in modo permanente la cosciente partecipazione al procedimento. Ritiene poi questo giudicante che in modo correlato la norma di cui all'art. 150 c.p.p. sia in contrasto con la Costituzione, laddove non prevede che l'estinzione del reato consegua, oltreche' alla morte del reo, che fa venir meno la prosecuzione del rapporto processuale (vedi in tal senso Cass. Pen., Sez. 6, n. 16812 del 25-9-1988/30-11-1989, Zanchini), ad uno stato mentale dell'imputato in vita che ne impedisca in modo permanente ed irreversibile la cosciente partecipazione al procedimento e che dunque (nonostante la sua esistenza in vita) produca il medesimo effetto dell'intervenuto decesso di impedire in via definitiva la prosecuzione del rapporto processuale, di fatto ormai preclusa da una condizione di grave ed irreversibile menomazione mentale. Per l'effetto, stante la mancata irragionevole valorizzazione nella norma censurata di cui all'art. 150 c.p. di una condizione assolutamente assimilabile a quella ivi presa in considerazione, se ne ravvisa l'illegittimita' costituzionale per violazione dell'art. 3 Cost.