IL TRIBUNALE Nel procedimento iscritto al n. 12567/10 RG alla pubblica udienza del 21 gennaio 2011 ha emesso la seguente ordinanza. Con ricorso depositato in data 7 ottobre 2010, Gambino Carlo ha chiesto accertarsi la sussistenza in capo a Caputo Salvatore della causa di incompatibilita' tra la carica di assessore del comune di Monreale e di deputato regionale, con consequenziale decadenza dalla carica di assessore nel caso di mancato esercizio dell'opzione entro dieci giorni dalla notificazione del ricorso. In particolare il Gambino, elettore nel Comune di Monreale, evidenzia come il Caputo sia stato eletto a deputato regionale nelle elezioni regionali del 13 e 14 aprile 2008 e successivamente con determinazione sindacale n. 74 del 29 giugno 2009 sia stato nominato assessore del Comune di Monreale. Secondo il ricorrente tale situazione rileva quale sopravvenuta causa di incompatibilita' da rimuovere entro il termine perentorio di dieci giorni dalla notifica del ricorso a pena di decadenza dalla carica di assessore. Il ricorrente rileva come in forza del combinato disposto dell'art. 8, commi 1 e 4, e art. 62 comma 3 della legge regionale n. 29/51 l'ufficio di deputato regionale fosse incompatibile con la carica di sindaco o assessore dei comuni con popolazione superiore a 40 mila abitanti (poi 20 mila). Con legge regionale n. 22/2007 il citato art. 62 e' stato abrogato. La Corte costituzionale con la sentenza n. 143/10 ha dichiarato l'incostituzionalita' della legge regionale n. 29/51 come modificata dalla legge regionale n. 22/07 nella parte in cui non e' stata inclusa tra le situazioni di incompatibilita' con le funzioni di deputato regionale anche quella di sindaco e assessore con popolazione superiore a 20 mila abitanti. Ne conseguono i seguenti principi: divieto di unione nella stessa persona della carica di sindaco o assessore di comune superiore a 20 mila abitanti e di consigliere regionale; conversione della causa di ineleggibilita' in causa di incompatibilita'; principio di corrispondenza biunivoca delle incompatibilita'. In relazione a quest'ultimo principio, allorquando il legislatore instauri un rapporto di incompatibilita' tra una carica e l'altra risulta impossibile ipotizzare una diversa disciplina positiva per l'una o per l'altra. Per quanto attiene all'esercizio del diritto di opzione, il ricorrente esclude l'applicabilita' della legge regionale n. 8/09, relativa unicamente alle cariche regionali. Si e' costituito il Caputo chiedendo il rigetto del ricorso, evidenziando come la Corte costituzionale con la sentenza n. 143/10 abbia introdotto una causa di incompatibilita' relativamente alla carica di deputato regionale. Trattandosi di materia elettorale tale causa non e' interpretabile analogicamente e/o estensivamente anche in relazione alla diversa ipotesi di carica di assessore comunale. In ogni caso deduce l'applicabilita' della legge regionale n. 8/09. Il Gambino ha dedotto che la situazione di incompatibilita' del Caputo alla carica di assessore comunale deriva dalla sentenza n. 143/10 della Corte costituzionale. La L.R. n. 29/1951, relativa all'elezione alla carica di deputato regionale, prevedeva all'art. 8, comma 1, alinea 4, che fossero ineleggibili alla carica di deputato regionale «i Sindaci e gli Assessori dei Comuni con popolazione superiore a 40 mila abitanti o che siano capoluoghi di Provincia regionale o sedi delle attuali Amministrazioni straordinarie delle Province, nonche' i Presidenti e gli Assessori di dette amministrazioni». Il comma 3 dell'art. 62 della medesima legge prevedeva che «l'ufficio di deputato regionale e' incompatibile con gli uffici e con gli impieghi» indicati - tra l'altro - nel comma 1 dell'art. 8. La legge regionale n. 22 del 2007 ha modificato le cause di ineleggibilita' previste dall'art. 8 della legge reg. n. 29 del 1951 e ha introdotto un capo Capo III concernente specificamente la disciplina delle incompatibilita', mentre ha fatto venir meno il precedente parallelismo tra ipotesi di ineleggibilita' e di incompatibilita', avendo abrogato, tramite l'art. 1, comma 6, lettera a), l'art. 62 della legge regionale n. 29 del 1951. In seguito alla modifica di cui alla legge regionale n. 22/07 sono ineleggibili a deputato regionale: «a) i presidenti e gli assessori delle province regionali; b) i sindaci e gli assessori dei comuni, compresi nel territorio della Regione, con popolazione superiore a 20 mila abitanti, secondo i dati ufficiali dell'ultimo censimento generale della popolazione». Essendo stato abrogato l'art. 62, la successiva assunzione di questi incarichi amministrativi locali da parte di un deputato regionale non comporta piu' incompatibilita'. La Corte cstituzionale con la sentenza n. 143/2010 ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale della legge regionale n. 29/1951 - cosi' come modificata dalla legge regionale n. 22/07 -, nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' tra l'ufficio di deputato regionale e la sopravvenuta carica di sindaco o assessore di un Comune, compreso nel territorio della Regione, con popolazione superiore a ventimila abitanti. Il ricorrente prospetta la diretta applicabilita' al caso di specie della sentenza n. 143/2010 nel senso di ritenere sussistente per effetto di tale sentenza una situazione di incompatibilita' tra la carica di assessore comunale e di deputato regionale - da rimuovere entro dieci giorni dalla notifica del ricorso. La possibilita' sostenuta dal ricorrente di una diretta applicabilita' della sentenza n. 143/10 al fine di individuare le causa di incompatibilita' alla carica di sindaco o di assessore (in comuni con popolazione superiore a ventimila abitanti) non pare sostenibile. Infatti la Corte Costituzionale con la citata sentenza ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale della legge della Regione siciliana 20 marzo 1951, n 29 (Elezione dei Deputati all'Assemblea regionale siciliana), cosi' corre modificata dalla legge regionale 5 dicembre 2007, n 22 (Norme in materia di ineleggibilita' e di incompatibilita' dei deputati regionali), nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' tra l'ufficio di deputato regionale e la sopravvenuta carica di sindaco e assessore di un Comune compreso nel territorio della Regione con popolazione superiore a ventimila abitanti». Pertanto tale pronuncia e' circoscritta alle situazioni di incompatibilita' alla carica di deputato regionale, regolamentate dalla legge regionale n. 29/1951, come modificata dalla legge regionale n. 22/07. Il principio di stretta interpretazione che caratterizza la materia elettorale non consente di equiparare le causa di incompatibilita' alla carica di deputato regionale alle cause di incompatibilita' alla carica di assessore comunale, anche in presenza della medesima fattispecie sottostante - carica di deputato regionale e sopravvenuta carica di assessore o sindaco in comune con popolazione superiore ai ventimila abitanti. Le situazioni di incompatibilita' alla carica di assessore comunale trovano in Sicilia la loro espressa regolamentazione negli artt. 10 e 11 della legge regionale n. 31/86 nonche' nell'art. 12 della legge regionale n. 7/1992 che ha esteso ai componenti della giunta le ipotesi di incompatibilita' previste per la carica di consigliere comunale e di sindaco. Peraltro e' da ricordare come il comma 5 dell'art. 12 della richiamata legge regionale n. 7/1992 preveda che "sono incompatibili le cariche di sindaco, di presidente della Provincia, di assessore comunale e provinciale con quella di componente della Giunta regionale" e non di deputato regionale. Inoltre, in considerazione dell'art. 14 dello statuto della Regione Siciliana, che prevede la potesta' esclusiva regionale in materia di ordinamento degli enti locali, e' da escludere la diretta applicabilita' dell'art. 65 del d.lgs. n. 267/00, secondo il quale «Il presidente e gli assessori provinciali, nonche' il sindaco e gli assessori dei comuni compresi nel territorio della regione, sono incompatibili con la carica di consigliere regionale" - nonche' dell'art. 68 comma 2, secondo il quale "le cause di incompatibilita', sia che esistano al momento della elezione sia che sopravvengano ad essa, importano la decadenza dalle predette cariche.». Va pertanto sollevata la questione di legittimita' costituzionale della legge regionale n. 31/1986 - come attualmente vigente - nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' tra la carica di sindaco o assessore di comune con popolazione superiore a 20 mila abitanti e di deputato regionale. Tale questione e' rilevante ai fini del giudi7io, in quanto l'eventuale accoglimento della censura determinerebbe una diversa valutazione del ricorso. La questione di legittimita' costituzionale della predetta legge non e' manifestamente infondata in relazione gli art. 3, 51, 97 Cost. Innanzitutto, alla luce del quadro normativo risultante dalla sentenza n. 143/2010 della Corte Costituzionale. e' ravvisabile una manifesta violazione dell'art. 3 Cost., atteso che, a fronte di cause di incompatibilita' che presentano la medesima ratio, sostanziando ipotesi di potenziale conflitto tra le funzioni di deputato regionale e l'espletamento di altre cariche elettive - conflitto tale da compromettere il buon andamento e l'imparzialita' dell'amministrazione nonche' il libero esercizio della carica, come sottolineato dalla Corte costituzionale nella citata sentenza -, mentre la sopravvenuta nomina alla carica di sindaco o di assessore dei comuni compresi nel territorio della Regione, con popolazione superiore a 20 mila abitanti sostanzia un'ipotesi di incompatibilita' alla carica di deputato regionale, tale conseguenza non sussiste per la carica di sindaco o di assessore comunale che puo' essere ricoperta alla stregua della legislazione vigente da chi sia deputato regionale. Inoltre la questione e' non manifestamente infondata alla luce di quei medesimi rilievi che hanno portato alla dichiarazione di incostituzionalita' della normativa siciliana relativamente al deputato regionale. La Corte costituzionale nella citata sentenza ha evidenziato come anche il vigente d.lgs. n. 267 del 2000, nel disciplinare le cause ostative al cumulo delle cariche elettive, prevede non solo la incompatibilita' con l'ufficio di consigliere regionale dei presidenti ed assessori provinciali e dei sindaci ed assessori di un Comune compreso nel territorio regionale, ma anche che «le cause di incompatibilita', sia che esistano al momento della elezione, sia che sopravvengano ad essa, importano la decadenza dalle predette cariche» (artt. 65, comma 1, e 68, comma 2). La Corte ha sottolineato come «e' evidente che la Regione siciliana non puo' incontrare all'esercizio alla propria potesta' legislativa primaria, limiti eguali a quelli che ai sensi dell'art 122 Cost., si impongono alle Regioni a statuto ordinario cio' di cui si ha corferma nell'art. 10 della costituzionale 18 ottobre 2001, n 3 (Modifiche al Titolo V della Palle II della Costituzione). Nel contempo la suddetta Regione non potra' pero' sottrarsi, se non laddove ricorrano «condizioni peculiari locali», all'applicazione dei principi enunciati dalla legge n. 165 del 2004 che siano espressivi dell'esigenza indefettibile di uniformita' imposta dagli artt. 3 e 51 Cost. Tra tali principi, assume rilievo il vincolo di configurare a certe condizioni, le ineleggibilita' sopravvenute come cause di incompatibilita'. Cio' che emerge dalla legislazione nazionale relativa alle Regioni ordinarie e', dunque, la previsione del parallelismo tra le cause di incompatibilita' e le cause di ineleggibilita' sopravvenute, con riguardo all'esigenza, indicata dalla legge, di preservare la liberta' nell'esercizio della carica di consigliere o comunque i principi espressi dall'art. 97 Cost. con riguardo all'operato della pubblica amministrazione. Non si tratta, pertanto di applicare un principio fondamentale - tipico di una materia legislativa ripartita - ad una Regione dotata di potesta' legislativa primaria, ma di dedurre...l'esistenza di una situazione contrastante degli artt. 3 e 51 Cost.». Gia' con la sentenza n. 201 del 2003 - richiamata nella sentenza n. 143/2010 in relazione all'ipotesi speculare prevista dall'art. 65 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), rilevante ai nostri fini - ha osservato come tale disposizione che configura l'incompatibilita' dei sindaci e degli assessori alla carica di consigliere regionale esprime il principio secondo cui esistono «ragioni che ostano all'unione nella stessa persona delle cariche di sindaco o assessore comunale e di consigliere regionale e nella necessita' conseguente che la legge predisponga cause di incompatibilita' idonee a evitare le ripercussioni che da tale unione possano derivare sulla distinzione degli ambiti politico-amministrativi delle istituzioni locali e, in ultima istanza, sull'efficienza e sull'imparzialita' delle funzioni, secondo quella che e' la ratio delle incompatibilita', riconducibile ai principi indicati in generale nell'art. 97, primo comma, della Costituzione". Non la regola dell'art. 65 del decreto legislativo n. 267 del 2000, dunque, deve assumersi come limite alla potesta' legislativa regionale, ma il principio ispiratore di cui essa e' espressione. Il coesercizio delle cariche in questione e', a quei fini, in linea di massima, da escludere. Come ha osservato la Corte, il legislatore statale, con il citato art. 65, ha messo in opera il principio anzidetto, tramite la predisposizione di una regola generale di divieto radicale; ma cio' non esclude scelte diverse nello svolgimento del medesimo principio, con riferimento specifico all'articolazione degli enti locali nella Regione, naturalmente entro il limite della discrezionalita', oltrepassato il quale, il rispetto del principio, pur apparentemente assicurato, risulterebbe sostanzialmente compromesso. Il cumulo tra l'ufficio regionale e quello di sindaco o assessore comunale e' contrario all'art. 97 Cost.: sussiste un divieto di cumulo di cariche ove cio' si ripercuota negativamente sull'efficienza e imparzialita' delle funzioni trovando tale principio fondamento costituzionale nell'art. 97 Cost.. La Corte ha anche chiarito che se le Regioni possono operare scelte diverse nello svolgimento del principio in questione, nel senso di introdurre anche temperamenti alla radicale esclusione del cumulo tra le due cariche, tale potere discrezionale trova un limite nella necessita' di assicurare il rispetto del principio di divieto del cumulo delle funzioni, con la conseguente incostituzionalita' di previsioni che ne rappresentino una sostanziale elusione.