IL TRIBUNALE 
 
    Nel procedimento iscritto al n. 12568/10 ha  emesso  la  seguente
ordinanza. 
    Con ricorso depositato in data 7 ottobre 2010  Gambino  Carlo  ha
chiesto accertarsi la sussistenza in capo a Dina Antonino della causa
di incompatibilita' tra la carica di assessore del comune di Monreale
e di deputato regionale, con consequenziale decadenza dalla carica di
assessore nel caso di  mancato  esercizio  dell'opzione  entro  dieci
giorni dalla notificazione del ricorso. 
    In particolare il  Gambino,  elettore  nel  Comune  di  Monreale,
evidenzia come il Dina sia stato eletto a  deputato  regionale  nelle
elezioni regionali del 13 e 14  aprile  2008  e  successivamente  con
determinazione sindacale n. 74 del 29 giugno 2009 sia stato  nominato
assessore  del  Comune  di  Monreale.  Secondo  il  ricorrente   tale
situazione rileva quale sopravvenuta  causa  di  incompatibilita'  da
rimuovere entro il termine perentorio di dieci giorni dalla  notifica
del ricorso a pena di decadenza dalla carica di assessore. 
    Il  ricorrente  rileva  come  in  forza  del  combinato  disposto
dell'art. 8, commi 1 e 4, e art. 62 comma 3 della legge regionale  n.
29/51 l'ufficio di deputato  regionale  fosse  incompatibile  con  la
carica di sindaco o assessore dei comuni con popolazione superiore  a
40 mila abitanti (poi 20 mila). Con legge  regionale  n.  22/2007  il
citato art. 62 e' stato abrogato.  La  Corte  costituzionale  con  la
sentenza n. 143/10 ha dichiarato  l'incostituzionalita'  della  legge
regionale n. 29/51 come modificata dalla  legge  regionale  n.  22/07
nella parte in  cui  non  e'  stata  inclusa  tra  le  situazioni  di
incompatibilita' con le funzioni di deputato regionale  anche  quella
di sindaco e assessore con popolazione superiore a 20 mila  abitanti.
Ne conseguono i seguenti principi: divieto  di  unione  nella  stessa
persona della carica di sindaco o assessore di comune superiore a  20
mila abitanti e di consigliere regionale; conversione della causa  di
ineleggibilita'  in   causa   di   incompatibilita';   principio   di
corrispondenza  biunivoca  delle  incompatibilita'.  In  relazione  a
quest'ultimo  principio,  allorquando  il  legislatore  instauri   un
rapporto  di  incompatibilita'  tra  una  carica  e  l'altra  risulta
impossibile ipotizzare una diversa disciplina positiva  per  l'una  o
per l'altra. Per quanto attiene all'esercizio del diritto di opzione,
il ricorrente esclude l'applicabilita' della legge regionale n. 8/09,
relativa unicamente alle cariche regionali. 
    Si e' costituito  il  Dina  chiedendo  il  rigetto  del  ricorso,
evidenziando come la Corte costituzionale con la sentenza  n.  143/10
abbia introdotto una causa  di  incompatibilita'  relativamente  alla
carica di deputato regionale. Trattandosi di materia elettorale  tale
causa non e' interpretabile analogicamente e/o  estensivamente  anche
in relazione alla diversa ipotesi di carica di assessore comunale. In
ogni caso deduce l'applicabilita' della legge regionale n. 8/09. 
    Il Gambino ha dedotto che la situazione di  incompatibilita'  del
Dina alla carica di  assessore  comunale  deriva  dalla  sentenza  n.
143/10 della Corte costituzionale. 
    La legge regionale n. 29/1951, relativa all'elezione alla  carica
di deputato regionale, prevedeva all'art. 8, comma 1, alinea  4,  che
fossero ineleggibili alla carica di deputato regionale «i  Sindaci  e
gli Assessori dei Comuni con popolazione superiore a 40 mila abitanti
o che siano capoluoghi di Provincia regionale o  sedi  delle  attuali
Amministrazioni straordinarie delle Province, nonche' i Presidenti  e
gli Assessori di dette amministrazioni».  Il  comma  3  dell'art.  62
della medesima legge prevedeva che «l'ufficio di  deputato  regionale
e' incompatibile con gli uffici e con gli impieghi»  indicati  -  tra
l'altro - nel comma 1 dell'art. 8. La legge regionale n. 22 del  2007
ha modificato le cause di ineleggibilita' previste dall'art. 8  della
legge reg.  n.  29  del  1951  e  ha  introdotto  un  capo  Capo  III
concernente  specificamente  la  disciplina  delle  incompatibilita',
mentre ha fatto venir meno il precedente parallelismo tra ipotesi  di
ineleggibilita'  e  di  incompatibilita',  avendo  abrogato,  tramite
l'art. 1, comma 6, lettera a), l'art. 62 della legge regionale n.  29
del 1951. 
    In seguito alla modifica di cui alla  legge  regionale  n.  22/07
sono ineleggibili a  deputato  regionale:  «a)  i  presidenti  e  gli
assessori delle province regionali; b) i sindaci e gli assessori  dei
comuni,  compresi  nel  territorio  della  Regione,  con  popolazione
superiore a 20 mila abitanti, secondo i  dati  ufficiali  dell'ultimo
censimento generale della popolazione». Essendo stato abrogato l'art.
62, la  successiva  assunzione  di  questi  incarichi  amministrativi
locali  da  parte  di  un  deputato  regionale  non   comporta   piu'
incompatibilita'. 
    La Corte costituzionale con la sentenza n. 143/2010 ha dichiarato
l'illegittimita' costituzionale della legge regionale  n.  29/1951  -
cosi' come modificata dalla legge regionale n. 22/07 -,  nella  parte
in cui non  prevede  l'incompatibilita'  tra  l'ufficio  di  deputato
regionale e la sopravvenuta carica  di  sindaco  o  assessore  di  un
Comune,  compreso  nel  territorio  della  Regione,  con  popolazione
superiore a ventimila abitanti. 
    Il ricorrente prospetta la  diretta  applicabilita'  al  caso  di
specie della sentenza n. 143/2010 nel senso di  ritenere  sussistente
per effetto di tale sentenza una situazione di  incompatibilita'  tra
la carica  di  assessore  comunale  e  di  deputato  regionale  -  da
rimuovere entro dieci giorni dalla notifica del ricorso. 
    La  possibilita'  sostenuta  dal  ricorrente   di   una   diretta
applicabilita' della sentenza n. 143/10 al  fine  di  individuare  le
causa di incompatibilita' alla carica di sindaco o di  assessore  (in
comuni con popolazione  superiore  a  ventimila  abitanti)  non  pare
sostenibile. Infatti la Corte costituzionale con la  citata  sentenza
ha  dichiarato  «l'illegittmita'  costituzionale  della  legge  della
Regione  siciliana  20  marzo  1951,  n  29  (Elezione  dei  Deputati
all'Assemblea regionale siciliana), COSI' come modificata dalla legge
regionale 5 dicembre 2007, n 22 (Norme in materia di  ineleggibilita'
e di incompatibilita' dei deputati regionali), nella parte in cui non
prevede l'incompatibilita' tra l'ufficio  di  deputato  ragionale  la
sopravvenuta carica di sindaco e assessore di un Comune compreso  nel
territorio della  Regione,  con  popolazione  superiore  a  ventimila
abitanti». Pertanto tale pronuncia e' circoscritta alle situazioni di
incompatibilita' alla carica  di  deputato  regionale,  regolamentate
dalla  legge  regionale  n.  29/1951,  come  modificata  dalla  legge
regionale n. 22/07.  Il  principio  di  stretta  interpretazione  che
caratterizza la materia elettorale  non  consente  di  equiparare  le
causa di incompatibilita' alla  carica  di  deputato  regionale  alle
cause di incompatibilita' alla carica di assessore comunale, anche in
presenza della medesima fattispecie sottostante - carica di  deputato
regionale e sopravvenuta carica di assessore o sindaco in comune  con
popolazione superiore ai ventimila abitanti. 
    Le  situazioni  di  incompatibilita'  alla  carica  di  assessore
comunale trovano in Sicilia la loro espressa  regolamentazione  negli
artt. 10 e 11 della legge regionale n.  31/86  nonche'  nell'art.  12
della legge regionale n. 7/1992 che ha  esteso  ai  componenti  della
giunta le ipotesi di  incompatibilita'  previste  per  la  carica  di
consigliere comunale e di sindaco. Peraltro e' da ricordare  come  il
comma 5 dell'art. 12  della  richiamata  legge  regionale  n.  7/1992
preveda che «sono incompatibili le cariche di sindaco, di  presidente
della Provincia, di assessore comunale e provinciale  con  quella  di
componente della Giunta regionale» e non di deputato regionale. 
    Inoltre, in  considerazione  dell'art.  14  dello  statuto  della
Regione Siciliana, che prevede la  potesta'  esclusiva  regionale  in
materia di ordinamento degli enti locali, e' da escludere la  diretta
applicabilita' dell'art. 65 del d.lgs. n. 267/00,  secondo  il  quale
«Il presidente e gli assessori provinciali, nonche' il sindaco e  gli
assessori dei comuni compresi  nel  territorio  della  regione,  sono
incompatibili con la  carica  di  consigliere  regionale»  -  nonche'
dell'art. 68 comma 2, secondo il quale «le cause di incompatibilita',
sia che esistano al momento della elezione sia che  sopravvengano  ad
essa, importano la decadenza dalle predette cariche». 
    Va pertanto sollevata la questione di legittimita' costituzionale
della legge regionale n. 31/1986 - come attualmente vigente  -  nella
parte in cui non prevede l'incompatibilita' tra la carica di  sindaco
o assessore di comune con popolazione superiore a 20 mila abitanti  e
di deputato regionale.  Tale  questione  e'  rilevante  ai  fini  del
giudizio,  in   quanto   l'eventuale   accoglimento   della   censura
determinerebbe una diversa valutazione del ricorso. 
    La questione di legittimita' costituzionale della predetta  legge
non e' manifestamente infondata in relazione  gli  artt.  3,  51,  97
Cost. 
    Innanzitutto, alla luce del  quadro  normativo  risultante  dalla
sentenza n. 143/2010 della Corte costituzionale. e'  ravvisabile  una
manifesta violazione dell'art. 3 Cost., atteso che, a fronte di cause
di incompatibilita' che presentano la  medesima  ratio,  sostanziando
ipotesi di potenziale conflitto tra le funzioni di deputato regionale
e l'espletamento di  altre  cariche  elettive  -  conflitto  tale  da
compromettere     il     buon     andamento     e     l'imparzialita'
dell'amministrazione nonche' il libero esercizio della  carica,  come
sottolineato dalla Corte  costituzionale  nella  citata  sentenza  -,
mentre la sopravvenuta nomina alla carica di sindaco o  di  assessore
dei comuni compresi nel territorio  della  Regione,  con  popolazione
superiore a 20 mila abitanti sostanzia un'ipotesi di incompatibilita'
alla carica di deputato regionale, tale conseguenza non sussiste  per
la carica  di  sindaco  o  di  assessore  comunale  che  puo'  essere
ricoperta alla stregua della legislazione vigente da chi sia deputato
regionale. 
    Inoltre la questione e' non manifestamente infondata alla luce di
quei  medesimi  rilievi  che  hanno  portato  alla  dichiarazione  di
incostituzionalita'  della  normativa  siciliana   relativamente   al
deputato regionale. 
    La Corte costituzionale nella citata sentenza ha evidenziato come
anche il vigente d.lgs. n. 267 del 2000, nel  disciplinare  le  cause
ostative al cumulo  delle  cariche  elettive,  prevede  non  solo  la
incompatibilita'  con  l'ufficio   di   consigliere   regionale   dei
presidenti ed assessori provinciali e dei sindaci ed assessori di  un
Comune compreso nel territorio regionale, ma anche che «le  cause  di
incompatibilita', sia che esistano al momento della elezione, sia che
sopravvengano ad essa, importano la decadenza dalle predette cariche»
(artt. 65, comma 1, e 68, comma 2). La Corte ha sottolineato come «e'
evidente che la Regione siciliana non puo' incontrare, nell'esercizio
della propria potesta' legislativa primaria, limiti eguali  a  quelli
che, ai sensi dell'art.  122  Cost.,  si  impongono  alle  Regioni  a
statuto ordinario, cio' di cui si  ha  conferma  nell'art.  10  della
legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3  (Modifiche  al  Titolo  V
della Parte II della Costituzione). Nel contempo, la suddetta Regione
non potra' pero' sottrarsi,  se  non  laddove  ricorrano  «condizioni
peculiari locali»,  all'applicazione  dei  principi  enunciati  dalla
legge  n.  165  del   2004   che   siano   espressivi   dell'esigenza
indefettibile di uniformita' imposta dagli artt. 3  e  51  Cost.  Tra
tali principi, assume rilievo il  vincolo  di  configurare,  a  certe
condizioni,   le   ineleggibilita'   sopravvenute   come   cause   di
incompatibilita'.  Cio'  che  emerge  dalla  legislazione   nazionale
relativa  alle  Regioni  ordinarie  e',  dunque,  la  previsione  del
parallelismo  tra  le  cause  di  incompatibilita'  e  le  cause   di
ineleggibilita' sopravvenute,  con  riguardo  all'esigenza,  indicata
dalle legge, di preservare la liberta' nell'esercizio della carica di
consigliere, o comunque i principi espressi dall'art.  97  Cost.  con
riguardo all'operato della pubblica amministrazione. Non  si  tratta,
pertanto, di applicare un principio  fondamentale  -  tipico  di  una
materia legislativa ripartita - ad una  Regione  dotata  di  potesta'
legislativa primaria, ma di dedurre... l'esistenza di una  situazione
contrastante con gli artt. 3 e 51 Cost.». 
    Gia' con la sentenza n. 201 del 2003 - richiamata nella  sentenza
n. 143/2010 in relazione all'ipotesi speculare prevista dall'art.  65
del  d.lgs.  18  agosto  2000,  n.  267  (Testo  unico  delle   leggi
sull'ordinamento degli enti locali), rilevante ai nostri  fini  -  ha
osservato come tale disposizione che configura l'incompatibilita' dei
sindaci e  degli  assessori  alla  carica  di  consigliere  regionale
esprime  il  principio  secondo  cui  esistono  «ragioni  che  ostano
all'unione nella stessa persona delle cariche di sindaco o  assessore
comunale e di consigliere regionale e  nella  necessita'  conseguente
che la legge predisponga cause di incompatibilita' idonee  a  evitare
le  ripercussioni  che  da  tale  unione   possano   derivare   sulla
distinzione degli ambiti  politico-amministrativi  delle  istituzioni
locali e, in ultima  istanza,  sull'efficienza  e  sull'imparzialita'
delle   funzioni,   secondo   quella   che   e'   la   ratio    delle
incompatibilita', riconducibile  ai  principi  indicati  in  generale
nell'art.  97,  primo  comma,  della  Costituzione».  Non  la  regola
dell'art. 65 del decreto legislativo n. 267 del  2000,  dunque,  deve
assumersi come limite alla  potesta'  legislativa  regionale,  ma  il
principio ispiratore di cui essa e' espressione. Il coesercizio delle
cariche in questione e',  a  quei  fini,  in  linea  di  massima,  da
escludere. Come ha osservato la Corte, il legislatore statale, con il
citato art. 65, ha messo in opera il principio anzidetto, tramite  la
predisposizione di una regola generale di divieto radicale;  ma  cio'
non esclude scelte diverse nello svolgimento del medesimo  principio,
con riferimento specifico all'articolazione degli enti  locali  nella
Regione,  naturalmente  entro  il  limite   della   discrezionalita',
oltrepassato il quale, il rispetto del principio, pur  apparentemente
assicurato, risulterebbe sostanzialmente compromesso. 
    Il cumulo tra l'ufficio regionale e quello di sindaco o assessore
comunale e' contrario all'art.  97  Cost.:  sussiste  un  divieto  di
cumulo   di   cariche   ove   cio'   si   ripercuota    negativamente
sull'efficienza  e  imparzialita'  delle   funzioni   trovando   tale
principio fondamento costituzionale nell'art. 97 Cost.. La  Corte  ha
anche chiarito che se le Regioni possono operare scelte diverse nello
svolgimento del principio in questione, nel senso di introdurre anche
temperamenti alla radicale esclusione del cumulo tra le due  cariche,
tale  potere  discrezionale  trova  un  limite  nella  necessita'  di
assicurare il rispetto del principio  di  divieto  del  cumulo  delle
funzioni, con la conseguente incostituzionalita' di previsioni che ne
rappresentino una sostanziale elusione.