Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 15 e 27 della
legge della Regione Piemonte 3 agosto 2010, n.  18  (Assestamento  al
bilancio di previsione per l'anno  finanziario  2010  e  disposizioni
finanziarie), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri  con
ricorso notificato il 1°-5 ottobre 2010, depositato in cancelleria il
6 ottobre 2010 ed iscritto al n. 101 del registro ricorsi 2010. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Piemonte; 
    Udito nell'udienza pubblica del 5 aprile 2011 il Giudice relatore
Alfio Finocchiaro; 
    Uditi l'avvocato dello Stato Diana Ranucci per il Presidente  del
Consiglio dei ministri e l'avvocato Giovanna Scollo  per  la  Regione
Piemonte. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato alla Regione Piemonte il  1°  ottobre
2010, e depositato presso la cancelleria della  Corte  costituzionale
il 6 ottobre 2010 (reg. ric. n. 101  del  2010),  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  ha  proposto  questione   di   legittimita'
costituzionale in via principale degli artt.  15  e  27  della  legge
della Regione Piemonte 3 agosto 2010, n. 18 (Assestamento al bilancio
di  previsione   per   l'anno   finanziario   2010   e   disposizioni
finanziarie), per violazione, rispettivamente, dell'art. 117, secondo
comma, lettera s), e dell'art. 117, primo, secondo, lettere e) ed s),
e terzo comma, della Costituzione. 
    2. - Il ricorrente espone che l'art.  15,  intitolato  «Modifiche
della legge regionale  n.  56/1977»,  inserisce  dopo  l'art.  16  di
quest'ultima legge (legge Regione Piemonte 5 dicembre  1977,  n.  56,
Tutela ed uso del  suolo),  l'art.  16-bis,  censurabile  per  quanto
disposto dai commi 2 e 3. 
    2.1. - In  particolare,  il  comma  2  della  nuova  disposizione
prevede che, nel caso di adozione da parte del Consiglio comunale  di
un Piano di alienazione e valorizzazione del patrimonio  immobiliare,
qualora la Regione non esprima il proprio dissenso  entro  90  giorni
dalla  ricezione  della  deliberazione  comunale  e  della   relativa
completa documentazione, le modificazioni dello strumento urbanistico
generale vigente, ivi contenute, si intendono approvate. 
    Il comma  3  del  medesimo  articolo  prevede  che  nel  caso  di
modificazioni relative a terreni  non  edificati,  qualunque  sia  la
destinazione  dello  strumento  urbanistico  generale   vigente,   la
deliberazione comunale di adozione  del  Piano  delle  alienazioni  e
valorizzazioni del patrimonio immobiliare, dopo la pubblicazione e le
eventuali osservazioni, deve essere trasmessa  alla  Regione  e  alla
Provincia interessata  per  l'approvazione,  tramite  Conferenza  dei
Servizi ai sensi degli articoli 14 e seguenti legge 7 agosto 1990, n.
241 (Nuove norme in  materia  di  procedimento  amministrativo  e  di
diritto di  accesso  ai  documenti  amministrativi),  della  relativa
variante urbanistica. 
    2.2. - Il Piano comunale  di  alienazione  e  valorizzazione  del
patrimonio immobiliare, rivestendo dunque una  rilevanza  urbanistica
con il conseguente possibile impatto sul territorio, ricade nel campo
di applicazione della vigente normativa sulla Valutazione  Ambientale
Strategica di Piani e  Programmi  (VAS),  disciplinata  dall'art.  6,
commi da 2 a 3-bis, del decreto legislativo 3  aprile  2006,  n.  152
(Norme in materia ambientale) e,  pertanto,  deve  essere  sottoposto
almeno alla verifica di assoggettabilita' a VAS di cui  all'art.  12,
comma 6, del medesimo decreto legislativo. Inoltre, nel caso  in  cui
le previsioni del Piano comunale di alienazione e valorizzazione  del
patrimonio immobiliare  comportino  modifiche  sostanziali  al  Piano
urbanistico comunale, tali da avere conseguenze ambientali rilevanti,
e' necessario attivare la procedura di VAS. 
    La mancata sottoposizione, da parte della normativa regionale sui
Piani  comunali  di  alienazione  e  valorizzazione  del   patrimonio
immobiliare, alla disciplina  sulla  VAS,  presenterebbe  profili  di
illegittimita'  costituzionale  in  quanto  recherebbe   disposizioni
difformi dalla  normativa  statale  di  riferimento,  afferente  alla
materia  della  «tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema»  di   cui
all'art. 117,  comma  2,  lettera  s),  per  la  quale  lo  Stato  ha
competenza legislativa esclusiva. 
    3. - Secondo il ricorrente, poi, l'art.  27,  recante  «moratoria
delle procedure relative  a  impianti  fotovoltaici  non  integrati»,
prevede la sospensione sine  die  delle  procedure  autorizzative  in
corso o attivate successivamente all'entrata in  vigore  della  legge
regionale medesima, relative ad impianti fotovoltaici  non  integrati
da realizzare su terreni ricompresi nelle aree di esclusione  di  cui
al  paragrafo  3.3  dell'allegato  alla  Deliberazione  della  Giunta
regionale 28 settembre 2009, n. 30-12221. 
    3.1. - La disposizione impugnata eccederebbe la competenza  della
Regione,  invadendo  quella  statale  in  materia  di  tutela   della
concorrenza e ambiente di cui all'art. 117, secondo comma, lettere e)
ed s), nonche' in materia di «produzione, trasporto  e  distribuzione
nazionale dell'energia», di cui all'art. 117, terzo comma,  Cost.,  e
cio' per contrasto con la normativa statale di principio  in  materia
di fonti rinnovabili, dettata dal  decreto  legislativo  29  dicembre
2003, n. 387 (Attuazione della  direttiva  2001/77/CE  relativa  alla
promozione  dell'energia  elettrica  prodotta  da  fonti  energetiche
rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita'), oltre che con  le
norme internazionali (Protocollo di  Kyoto)  e  comunitarie  (art.  3
della Direttiva 27  settembre  2001,  n.  2001/77/CE,  Direttiva  del
Parlamento europeo e  del  Consiglio  sulla  promozione  dell'energia
elettrica prodotta  da  fonti  energetiche  rinnovabili  nel  mercato
interno dell'elettricita'), e dunque anche con  violazione  dell'art.
117, primo comma, Cost. 
    Osserva il  ricorrente  che  il  bilanciamento  tra  le  esigenze
connesse alla produzione  di  energia  e  gli  interessi,  variamente
modulati, rilevanti in questo ambito, impone una  prima  ponderazione
concertata in ossequio al principio di leale cooperazione, al fine di
consentire alle Regioni ed  agli  enti  locali  di  contribuire  alla
compiuta definizione di adeguate forme  di  contemperamento  di  tali
esigenze. Una volta raggiunto tale equilibrio,  con  la  formulazione
delle linee guida, ogni  Regione  potra'  adeguare  i  criteri  cosi'
definiti alle  specifiche  caratteristiche  dei  rispettivi  contesti
territoriali. 
    La costruzione e l'esercizio  degli  impianti  di  produzione  di
energia  elettrica  alimentati  da  fonti  rinnovabili,  nonche'  gli
interventi di modifica e le opere  connesse,  sono  soggetti  ad  una
autorizzazione unica,  rilasciata  dalla  Regione  o  altro  soggetto
istituzionale delegato dalla Regione (art. 12, comma 3), a seguito di
un procedimento unico al quale partecipano tutte  le  Amministrazioni
interessate, nel termine massimo di centottanta giorni (comma 4). 
    L'indicazione di tale termine deve qualificarsi  quale  principio
fondamentale in materia di  «produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale  dell'energia»,  in  quanto  questa  disposizione   risulta
ispirata alle regole della  semplificazione  amministrativa  e  della
celerita'  garantendo,  in  modo  uniforme   sull'intero   territorio
nazionale, la conclusione entro un termine definito del  procedimento
autorizzativo. 
    In definitiva, la norma impugnata, nella parte  in  cui  sospende
fino all'adozione del provvedimento regionale  di  recepimento  delle
linee guida nazionali, le procedure autorizzative pendenti (in  corso
o attivate dopo l'entrata in vigore della  legge  regionale)  per  la
realizzazione degli impianti fotovoltaici non integrati, si  porrebbe
in contrasto  con  i  suddetti  principi,  essendo  evidente  che  la
sospensione del procedimento di autorizzazione  incide  sul  rispetto
del termine massimo di conclusione del procedimento. 
    4. - Si e' costituita in giudizio la Regione Piemonte,  chiedendo
dichiararsi l'infondatezza del ricorso del Presidente  del  Consiglio
dei ministri. 
    4.1. - Riguardo alla prima censura la  Regione  osserva  che  nel
giudizio di costituzionalita' dell'art. 58, commi 1 e 2, del  decreto
legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti  per  lo  sviluppo
economico, la semplificazione, la competitivita', la  stabilizzazione
della finanza pubblica  e  la  perequazione  tributaria),  convertito
nella legge 6 agosto 2008, n.  133,  promosso  da  essa  e  da  altre
Regioni nella parte in cui tale normativa prevedeva che  la  delibera
del  Consiglio  comunale  che  approva  il  Piano  delle  alienazioni
immobiliari costituisce variante automatica, la Corte  costituzionale
ne ha dichiarata, con sentenza n. 340 del 2009, l'illegittimita'  per
violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost.: stabilendo 1'effetto di
variante ed escludendo che la variante stessa debba essere sottoposta
a  verifiche  di  conformita',  con  l'eccezione  dei  casi  previsti
nell'ultima  parte  della  disposizione  (la  quale  pure   contempla
percentuali volumetriche e termini specifici), la disciplina non  era
semplicemente finalizzata a prescrivere criteri ed obiettivi,  ma  si
risolveva  in  una  normativa  dettagliata  che  non   lascia   spazi
d'intervento al legislatore regionale. 
    Dando esecuzione alla citata pronuncia, la Regione Piemonte si e'
limitata a  regolamentare  l'istituto  del  Piano  di  alienazione  e
valorizzazione  del  patrimonio   immobiliare   degli   enti   locali
nell'ambito delle  proprie  competenze  come  delineate  anche  dalla
sentenza citata. Se nella normativa non si cita l'istituto della  VAS
(cosi' come non se ne parlava nella norma  statale  di  riferimento),
non e' certo per derogare ad esso. Bensi' si da' per scontata  (senza
necessita' di un richiamo espresso) l'applicazione di norme  (statali
e regionali) in vigore da molti anni. 
    La  legge  regionale  14  dicembre  1998,  n.  40   (Disposizioni
concernenti  la  compatibilita'  ambientale   e   le   procedure   di
valutazione), del  resto,  unitamente  alle  successive  disposizioni
attuative, obbliga  il  proponente  la  variante  alla  procedura  di
verifica e di valutazione a seconda dei  casi.  In  particolare,  con
delibera di Giunta Regionale 9  giugno  2008  n.  12-8931  avente  ad
oggetto proprio l'applicazione del d.lgs. n.  152  del  2006  (ed  in
particolare i «primi indirizzi  operativi  per  l'applicazione  delle
procedure in materia di valutazione ambientale strategica di piani  e
programmi»), sono state individuate le tipologie di varianti ai piani
da sottoporre a valutazione ambientale o  a  preventiva  verifica  di
assoggettabilita' a valutazione, sulla base delle caratteristiche del
territorio interessato o della variante in oggetto. 
    Ad avviso della Regione, non si vede come  tale  normativa  possa
intendersi implicitamente abrogata o derogata da una norma successiva
che, semplicemente, in attuazione di una norma  statale  parzialmente
dichiarata  incostituzionale,  prevede  una  procedura  di   variante
semplificata al fine di consentire la valorizzazione dell'immobile da
parte dell'Amministrazione pubblica. 
    4.2. - Riguardo alla seconda  censura,  la  Regione  osserva  che
l'art. 27 della legge  regionale  n.  18  del  2010,  stabilendo  una
moratoria delle  procedure  relative  ad  impianti  fotovoltaici  non
integrati  da  realizzare  su  terreni  ricompresi  nelle   aree   di
esclusione di cui al paragrafo 3.3 dell'allegato  alla  deliberazione
della Giunta Regionale 28 settembre 2009, n.  30-12221,  persegue  lo
scopo di salvaguardare alcune parti del territorio  piemontese  dalla
proliferazione  incontrollata  e   pregiudizievole   degli   impianti
fotovoltaici c.d. «a terra», ossia non integrati. 
    Tale  tipologia  di  impianti,  benche'   alimentati   da   fonte
energetica rinnovabile, per sua natura implica rilevanti  impatti  di
carattere ambientale e di consumo del territorio, e non  puo'  essere
quindi  essere  sottratta  a  tempo  indeterminato  al  principio  di
individuazione  delle  aree  non  idonee  alla  loro  localizzazione,
sancito dal d.lgs. n. 387 del 2003, solo in virtu' del fatto che  non
sono state finora approvate, a distanza di sette anni dall'entrata in
vigore dello stesso, le linee guida nazionali dirette a  disciplinare
lo  svolgimento  del  procedimento   unico   per   il   conseguimento
dell'autorizzazione. 
    Solo a partire dal 2009, il Ministero dello  sviluppo  economico,
al fine di procedere alla stesura delle linee  guida,  ha  costituito
specifici tavoli di lavoro  che  hanno  visto  la  partecipazione  di
rappresentanti dei Ministeri coinvolti e di alcune  Regioni,  tra  le
quali il Piemonte. Dopo la sua elaborazione, lo schema di linee guida
e'  stato  oggetto  di  confronti  tecnici   in   molteplici   sedute
interregionali fino ad essere  poi  esaminato  nella  seduta  tecnica
della Conferenza unificata svoltasi il 22 febbraio 2010 e  da  ultimo
licenziato in quella del 15 aprile 2010. In attesa delle linee guida,
si ravvisa la necessita'  di  porre  temporaneamente  un  freno  alla
realizzazione indiscriminata degli  impianti  fotovoltaici  a  terra,
sospendendo le procedure  autorizzative  in  corso  relativamente  ad
impianti da realizzare sui terreni ricompresi  in  determinate  aree,
fino al recepimento regionale delle linee guida nazionali. 
    Tale situazione di stallo ha costretto la Regione  a  individuare
uno strumento che consenta temporaneamente  di  salvaguardare  alcuni
siti da interventi i cui effetti,  pur  pregevoli  sotto  il  profilo
dell'utilizzo delle fonti  rinnovabili,  avrebbero  come  inevitabile
risvolto  la  compromissione  di  aree  ricomprese  nelle   aree   di
esclusione o di repulsione indicate al paragrafo 3.3 della  Relazione
programmatica dell'energia approvata dalla deliberazione della Giunta
regionale 28 settembre 2009, n. 30-12221. 
    Va puntualizzato che la suddetta  Relazione  Programmatica  quale
«atto propedeutico all'aggiornamento del Piano energetico  ambientale
Regionale approvato  con  deliberazione  del  Consiglio  Regionale  3
febbraio 2004, n. 351-3642», individua i  criteri  di  localizzazione
degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, la  cui
portata  e'  stata  specificata  da  apposita   Circolare   regionale
interpretativa del 29 marzo 2010. 
    Anche alla luce delle  emanande  linee  guida  nazionali  per  la
disciplina del procedimento di cui all'art. 12 del d.lgs. n. 387  del
2003, la Circolare ha precisato che le  indicazioni  della  Relazione
Programmatica sull'energia non  possono  che  intendersi  al  momento
quali primi indirizzi volti ad orientare le  valutazioni  degli  Enti
locali  piemontesi  nell'espressione   degli   atti   di   rispettiva
competenza  nell'ambito  di   procedimenti   autorizzatori   e/o   di
valutazione di impatto ambientale. 
    Le argomentazioni  svolte  dalla  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri a proposito della violazione del termine per la  conclusione
del procedimento, starebbero proprio a dimostrare come tale norma non
possa che essere intesa «a regime». In  caso  contrario,  le  Regioni
sarebbero ristrette tra l'inerzia ministeriale  nella  stesura  delle
linee guida e il termine  di  centottanta  giorni  per  concludere  i
procedimenti autorizzativi in assenza  delle  medesime  linee  guida.
Questo lasso di tempo  puo'  di  fatto  compromettere  il  territorio
neutralizzando l'esito finale  delle  linee  guida  e  le  competenze
stesse  delle  Regioni  che,  quanto  alla  produzione,  trasporto  e
distribuzione nazionale dell'energia,  in  una  con  il  governo  del
territorio e la  valorizzazione  dei  beni  culturali  e  ambientali,
rientrano nelle materie di legislazione concorrente. 
    5. - Nell'imminenza dell'udienza, la Regione  Piemonte  ha  fatto
pervenire alla Corte copia delle  delibera  di  Giunta  Regionale  14
dicembre 2010, n. 3-1183, in cui, preso atto dell'approvazione  delle
linee guida nazionali, con decreto ministeriale  10  settembre  2010,
pur in attesa dell'assegnazione alle Regioni delle  rispettive  quote
minime  di  produzione  di  energia  da  fonti  rinnovabili,  vengono
individuati siti ed aree non  idonei  all'installazione  di  impianti
fotovoltaici «a terra», e si dispone  la  cessazione  del  regime  di
sospensione di cui all'art. 27 delle legge regionale n. 18 del 2010. 
    5.1. - Successivamente la Regione ha fatto pervenire nota con cui
preannuncia che in data 4 aprile 2011, il Consiglio regionale avrebbe
promulgato un testo legislativo di modifica  dell'art.  16-bis  della
legge regionale n. 56 del 1977, nel  senso  di  aggiungere  un  comma
4-bis, con cui si specifica  che  «le  modificazioni  allo  strumento
urbanistico generale, di cui al presente articolo sono soggette  alla
fase di verifica di  assoggettabilita'  alla  valutazione  ambientale
strategica». La stessa legge sarebbe  entrata  in  vigore  il  giorno
stesso della pubblicazione sul Bollettino  ufficiale  della  Regione.
Dal che la difesa regionale ha inferito la cessazione  della  materia
del contendere, o comunque il  venir  meno  dell'interesse  da  parte
dello  Stato  a  coltivare  la  prima   questione   di   legittimita'
costituzionale. 
    5.2. - Nel corso dell'udienza la Regione ha depositato copia  del
Bollettino Ufficiale Regione Piemonte n. 13 del 31 marzo 2011 recante
Legge regionale 29 marzo 2011, n. 3 (Modifica all'art.  16-bis  della
legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 - Tutela ed uso del suolo). 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  dubita  della
legittimita' costituzionale degli artt. 15 e  27  della  legge  della
Regione Piemonte 3 agosto 2010, n. 18 (Assestamento  al  bilancio  di
previsione per l'anno finanziario 2010 e disposizioni finanziarie). 
    1.1. - Osserva il ricorrente che l'art.  15,  della  legge  della
Regione Piemonte 3 agosto 2010, n. 18 (Assestamento  al  bilancio  di
previsione per l'anno finanziario 2010 e  disposizioni  finanziarie),
intitolato «Modifiche della legge regionale n.  56/1977»,  inserisce,
dopo l'art. 16 di quest'ultima (legge  Regione  Piemonte  5  dicembre
1977, n. 56, Tutela ed uso del suolo), l'art. 16-bis, che  regola  la
procedura di approvazione del Piano di alienazione  e  valorizzazione
del patrimonio immobiliare. Il  comma  2  prevede  che  nel  caso  di
adozione del piano da parte del Consiglio comunale, le  modificazioni
dello strumento urbanistico generale,  ivi  contenute,  si  intendono
approvate qualora la Regione non esprima il  proprio  dissenso  entro
novanta giorni dalla ricezione della deliberazione comunale  e  della
relativa completa documentazione;  nel  caso  che  il  piano  apporti
modificazioni riguardo al regime dei terreni non edificati, quale che
ne sia la  destinazione  urbanistica,  e'  necessaria  l'approvazione
della variante tramite la Conferenza dei Servizi, e, a tal  fine,  in
base al comma 3, la deliberazione di adozione del piano  deve  essere
trasmessa alla Regione e alla Provincia interessata. 
    Il Piano comunale di alienazione e valorizzazione del  patrimonio
immobiliare, rivestendo  dunque  una  rilevanza  urbanistica  con  il
conseguente possibile impatto sul territorio, ricadrebbe nel campo di
applicazione della vigente  normativa  sulla  Valutazione  Ambientale
Strategica di Piani e Programmi (VAS) disciplinata dall'art. 6, commi
da 2 a 3-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in
materia ambientale) e pertanto dovrebbe essere sottoposto almeno alla
verifica di assoggettabilita' a VAS di cui all'art. 12, comma 6,  del
medesimo decreto legislativo. Inoltre nel caso in cui  le  previsioni
dello  stesso  Piano  comportino  modifiche  sostanziali   al   Piano
urbanistico comunale, tali da avere conseguenze ambientali rilevanti,
sarebbe necessario attivare la procedura di VAS. 
    La mancata sottoposizione, da parte della normativa regionale sui
Piani  comunali  di  alienazione  e  valorizzazione  del   patrimonio
immobiliare, alla disciplina sulla VAS, presenterebbe dunque  profili
di illegittimita' costituzionale recando disposizioni difformi  dalla
normativa  statale  di  riferimento,  afferente  alla  materia  della
«tutela dell'ambiente e dell'ecosistema» di cui all'art.  117,  comma
2, lettera s), per  la  quale  lo  Stato  ha  competenza  legislativa
esclusiva. 
    1.2. -  Secondo  la  difesa  della  Regione  Piemonte,  la  norma
impugnata regolerebbe gli effetti urbanistici della approvazione  del
Piano delle alienazioni e valorizzazioni, e  non  citando  l'istituto
della VAS, non avrebbe certo inteso derogare alla  sua  applicazione,
imponendosi  al  contrario  un'interpretazione  logica  che  da'  per
scontata (senza necessita' di espresso richiamo) l'applicazione delle
norme statali e regionali, che quella valutazione impongono. 
    Nelle more del giudizio di costituzionalita'  risulta,  peraltro,
promulgata dal Presidente della Giunta regionale la  legge  regionale
29 marzo 2011, n. 3 (Modifica all'art. 16-bis della legge regionale 5
dicembre 1977, n. 56  (Tutela  ed  uso  del  suolo),  pubblicata  sul
Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte n. 13 del 31 marzo  2011,
con cui si e' aggiunto un  comma  4-bis  all'art.  16-bis:  la  norma
specifica  ora  che  «le  modificazioni  allo  strumento  urbanistico
generale, di cui al presente articolo  sono  soggette  alla  fase  di
verifica   di   assoggettabilita'   alla    valutazione    ambientale
strategica». 
    1.3. - La modifica apportata, da parte della legge regionale n. 3
del 2011, alla citata  disposizione,  ha  determinato  la  cessazione
della materia del contendere sul ricorso dello Stato  avverso  l'art.
16-bis della legge n. 18 del  2010,  anche  in  considerazione  della
circostanza - desumibile dal tenore della  difesa  della  Regione  in
ordine alla  prassi  amministrativa  seguita,  non  contraddetta  dal
ricorrente, secondo  cui  la  verifica  di  assoggettabilita'  andava
comunque  compiuta  -  che  la  norma  impugnata  non   ha   comunque
determinato medio tempore approvazione  di  Piani  di  alienazioni  e
valorizzazioni senza preventiva sottoposizione a VAS. 
    2. - Il ricorrente impugna anche  l'art.  27  della  legge  della
Regione Piemonte n. 18 del 2010, recante il titolo  «Moratoria  delle
procedure  relative  a  impianti  fotovoltaici  non  integrati»,  che
sospende   le   procedure   autorizzative   in   corso   o   attivate
successivamente all'entrata in vigore della legge regionale medesima,
relative ad impianti fotovoltaici non  integrati,  da  realizzare  su
terreni  ricompresi  in  determinate  aree  di   pregio   ambientale,
individuate dalla Giunta regionale. 
    La previsione della legge  regionale  eccederebbe  la  competenza
della Regione, invadendo quella statale in materia  di  tutela  della
concorrenza e ambiente di cui all'art. 117, secondo comma, lettere e)
ed s), e violando la normativa di principio  statale  in  materia  di
«produzione, trasporto e distribuzione  nazionale  dell'energia»,  di
cui  all'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,   oltre   che   le   norme
internazionali e comunitarie con  conseguente  violazione  anche  del
primo comma dell'art. 117 Cost., essendo evidente  -  ad  avviso  del
ricorrente - che la sospensione del  procedimento  di  autorizzazione
incide  sul  rispetto  del  termine  massimo   di   conclusione   del
procedimento, fissato in centottanta giorni dall'art.  12,  comma  4,
del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n.  387  (Attuazione  della
direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia  elettrica
prodotta  da  fonti  energetiche  rinnovabili  nel  mercato   interno
dell'elettricita'), che e' ispirato alle regole della semplificazione
amministrativa e della  celerita',  e  garantisce  in  modo  uniforme
sull'intero territorio nazionale, la  conclusione  entro  un  termine
definito del procedimento autorizzativo. 
    2.1. -  La  difesa  regionale  replica  che  la  moratoria  delle
procedure di autorizzazione degli impianti fotovoltaici non integrati
agli edifici, da realizzare  su  terreni  ricompresi  nelle  aree  di
esclusione di cui al paragrafo 3.3 dell'allegato  alla  deliberazione
della Giunta Regionale 28 settembre 2009, n.  30-12221,  persegue  lo
scopo di salvaguardare alcune parti del territorio  piemontese  dalla
proliferazione incontrollata e pregiudizievole di tali impianti,  che
implicano rilevanti impatti di carattere ambientale e di consumo  del
territorio, in attesa delle  linee  guida  nazionali,  atteso  che  a
distanza di sette anni dall'entrata in vigore del d.lgs. n.  387  del
2003, delle linee guida, dirette a disciplinare  lo  svolgimento  del
procedimento unico per il conseguimento dell'autorizzazione, non sono
state emanate. 
    2.2. - La questione e' fondata. 
    2.3. - La normativa internazionale, quella comunitaria, e  quella
nazionale,  manifestano  ampio  favor  per   le   fonti   energetiche
rinnovabili,  nel  senso  di  porre  le  condizioni  per  la  massima
diffusione dei relativi impianti. In ambito nazionale,  la  normativa
comunitaria e' stata recepita dal  decreto  legislativo  n.  387  del
2003, il cui art. 12 enuncia i principi fondamentali  della  materia,
di potesta' legislativa concorrente, della «produzione,  trasporto  e
distribuzione di energia», cui le Regioni  sono  vincolate  (sentenze
nn. 124, 168, 332 e 366 del 2010). Pur non  potendosi  trascurare  la
rilevanza che,  in  relazione  agli  impianti  che  utilizzano  fonti
rinnovabili, riveste la tutela  dell'ambiente  e  del  paesaggio,  il
bilanciamento tra le esigenze connesse alla produzione di  energia  e
gli  interessi  ambientali   impone   una   preventiva   ponderazione
concertata in ossequio al principio di  leale  cooperazione,  che  il
citato art. 12 rimette all'emanazione delle linee guida, con  decreto
del Ministro dello sviluppo economico, di concerto  con  il  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa  con
la Conferenza unificata. 
    Solo in base alla formulazione delle linee  guida,  ogni  Regione
potra'  adeguare   i   criteri   cosi'   definiti   alle   specifiche
caratteristiche dei rispettivi contesti territoriali, non essendo nel
frattempo consentito porre limiti di edificabilita' degli impianti di
produzione di energia da fonti rinnovabili, su determinate  zone  del
territorio regionale (sentenze nn. 166 e 382 del 2009; nn. 119 e  344
del 2010;  n.  44  del  2011),  e  nemmeno  sospendere  le  procedure
autorizzative per la realizzazione degli impianti  di  produzione  di
energia da fonti rinnovabili  in  determinate  parti  del  territorio
regionale,  fino  all'approvazione  delle   linee   guida   nazionali
(sentenze n. 364 del 2006, n. 382 del 2009, nn. 124 e 168 del 2010). 
    E' evidente che, prevedendo la sospensione  dei  procedimenti  in
corso al momento della sua entrata in vigore, e di quelli che saranno
iniziati in seguito, la legge regionale ha l'effetto di procrastinare
per un periodo di tempo  indeterminato  il  rilascio  della  relativa
autorizzazione, cosi' contravvenendo alla norma  di  principio  (art.
12, comma 4, del d.lgs. n. 387 del 2003), che, ispirata  alle  regole
della semplificazione amministrativa e della  celerita',  e  volta  a
garantire, in modo  uniforme  sull'intero  territorio  nazionale,  le
regole del procedimento autorizzativo, fissa in centottanta giorni il
termine per la conclusione del procedimento. 
    L'impossibilita', da parte delle Regioni,  di  interferire  sulla
procedura autorizzatoria, facendone dipendere la durata dai tempi  di
emanazione delle linee guida nazionali,  rende  poi  irrilevante  che
queste ultime siano  state  adottate,  con  decreto  ministeriale  10
settembre 2010  (Linee  guida  per  l'autorizzazione  degli  impianti
alimentati da fonti rinnovabili) (sentenze n. 344 del 2010  e  n.  67
del 2011), e che le Regioni vi si siano adeguate. 
    D'altro canto il regime autorizzatorio  configurato  dall'art.  6
del decreto  legislativo  3  marzo  2011,  n.  28  (Attuazione  della
direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da  fonti
rinnovabili,  recante  modifica  e   successiva   abrogazione   delle
direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE.), successivamente intervenuto, che
ha ratificato le disposizioni delle  Linee  guida,  ivi  compresa  la
possibilita', per le Regioni, di estendere la soglia di  applicazione
della procedura semplificata agli impianti di potenza  nominale  fino
ad 1 MW elettrico, ha ovviamente applicazione a decorrere  dalla  sua
entrata in vigore (29 marzo 2011). 
    L'art. 27 della legge  regionale  n.  31  del  2010  e',  dunque,
costituzionalmente illegittimo per violazione  dell'art.  117,  terzo
comma, Cost., in quanto in contrasto con  il  principio  fondamentale
fissato dall'art. 12, comma 4, del d.lgs. n. 387 del 2003. 
    L'accoglimento di tale questione  comporta  l'assorbimento  della
censura formulata con  riferimento  all'art.  117,  primo  e  secondo
comma, lettere e) ed s), Cost.