Ricorso del Presidente del Consiglio dei  ministri  pro  tempore,
rappresentato e difeso,dall'Avvocatura Generale dello Stato presso  i
cui uffici ex lege domicilia in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; 
    Contro la Provincia autonoma di Trento in persona del  Presidente
pro tempore per la declaratoria dell'illegittimita' costituzionale in
parte qua della legge della Provincia autonoma  di  Trento  7  aprile
2011, n. 7, Pubblicata nel B.U.R. n. 15 del 12 aprile  2011,  n.  21,
supplemento n. 1 recante «Modificazioni della legge  provinciale  sui
lavori pubblici, della legge provinciale sulla ricerca e della  legge
provinciale  16  giugno  2006,  n.  3  (norme  materia   di   governo
dell'autonomia del Trentino) in relazione all'art. 13, comma 1;  art.
17, comma 1; art. 30, comma 4 e art. 47. 
    La proposizione del presente  ricorso  e'  stata  deliberata  dal
Consiglio  dei  Ministri  nella  seduta  del  19  maggio  2011  e  si
depositano a tal fine estratto conforme del verbale e  relazione  del
Ministro proponente. 
    La legge provinciale n. 7/2011 consta di 55 articoli,  dei  quali
dal n. l  al  n.  50  detta  modifiche  e  sostituzioni  della  legge
provinciale sui lavori pubblici del 10 settembre 1993, n. 26. 
    La legge provinciale e' illegittima nell'art. 13, comma  1;  art.
17, comma 1; art. 30, comma 4 e art. 47 per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
    E'  necessario  premettere  che  lo  Statuto  speciale   per   il
Trentino-Alto Adige/Südtirol (di cui al decreto del Presidente  della
Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, di approvazione  del  testo  unico
delle leggi costituzionali concernenti lo  Statuto  speciale  per  il
Trentino -  Alto   Adige),  attribuisce  alle  Province  autonome  la
potesta' legislativa in diverse materie tra le quali, assume  rilievo
la  materia  della  «viabilita',  acquedotti  e  lavori  pubblici  di
interesse provinciale» (art. 8, primo comma, n. 17 dello  Statuto  di
autonomia). 
    Sempre lo Statuto, nel citato art. 8, precisa che detta  potesta'
debba, essere esercitata «entro i limiti  indicati  dall'art.  4»  e,
pertanto,  «in   armonia   con   la   Costituzione   e   i   principi
dell'ordinamento giuridico, della Repubblica e con il rispetto  degli
obblighi internazionali e degli interessi nazionali - tra i quali  e'
compreso quello della tutela delle  minoranze linguistiche  locali  -
nonche' delle  norme  fondamentali  delle  riforme  economico-sociali
della Repubblica» (art. 4, primo comma, dello statuto di autonomia). 
    La giurisprudenza della Corte costituzionale, a tal proposito, ha
ritenuto, con  le  sentenze  n.  51  e  n.  447  del  2006,  che  «il
legislatore statale conserva  il  potere  di  vincolare  la  potesta'
legislativa primaria della Regione speciale  attraverso  l'emanazione
di  leggi  qualificabili  come  «riforme  economico-sociali»  (citata
sentenza n. 51 del 2006). Tra di esse e' stata  anche  ricompresa  la
disciplina dettata dal d.lgs. 12 aprile  2006,  n.  163  (Codice  dei
contratti  pubblici  relativi  a  lavori,  servizi  e  forniture   in
attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE). 
    Inoltre come ribadito di recente da codesta Corte con sentenza n.
45/2010, la Provincia  autonoma  di  Trento,  nel  dettare  norme  in
materia di lavori pubblici di interesse provinciale, pur  esercitando
una competenza primaria specificamente attribuita dal proprio statuto
di  autonomia,  deve  non  di  meno   rispettare,   con   riferimento
soprattutto   alla   disciplina   della   fase    del    procedimento
amministrativo di evidenza pubblica, i principi  della  tutela  della
concorrenza, strumentali ad  assicurare  le  liberta'  comunitarie  e
dunque  le  disposizioni  contenute  nel  Codice  degli  appalti  che
costituiscono diretta attuazione delle prescrizioni poste  a  livello
europeo. 
    Altro limite alla suddetta competenza legislativa provinciale  e'
rinvenibile nei principi dell'ordinamento  civile  della  Repubblica,
tra i quali sono ricompresi anche quelli afferenti alla disciplina di
istituti e rapporti privatistici, che non puo'  che  essere  uniforme
sull'intero  territorio  nazionale,  in  ragione  della  esigenza  di
assicurare il rispetto del principio di uguaglianza. 
    In relazione a questo aspetto viene in rilievo in linea  generale
la fase di conclusione ed esecuzione del contratto  di  appalto.  Con
riferimento a tale fase la Corte, infatti, ha avuto modo di  rilevare
come l'amministrazione si  ponga  in  una  posizione  di  tendenziale
parita' con la controparte ed agisca  non  nell'esercizio  di  poteri
amministrativi,  bensi'  nell'esercizio   della   propria   autonomia
negoziale (sentenza n. 401 del 2007). 
    Cio' significa che le regioni  e  le  province  autonome  possono
programmare,  finanziare,  realizzare  opere  pubbliche,  in   quanto
strumenti utili alle politiche pubbliche di  loro  competenza  ma  la
loro potesta' legislativa non si puo' estendere ne'  alla  disciplina
delle procedure di appalto, ne' alla regolamentazione  dell'attivita'
negoziale: la prima e' infatti attratta  dalla  competenza  esclusiva
dello Stato relativa alla  «tutela  della  concorrenza»,  la  seconda
confluisce nell'«ordinamento civile». 
    Vi  e'  infine  il  limite,  anche  contenuto  nella  Statuto  di
autonomia (art. 4 primo comma), delle norme fondamentali  di  riforma
economico-sociale, le  quali  costituiscono  principi  generali   che
esigono un'attuazione uniforme su tutto il territorio  nazionale  (in
tal senso Corte Cost. sentenze n. 118, 356 e 366 del 1992; 349 e  386
del 1991). 
    A  tal  proposito,  nella  suindicata  fase  di  conclusione   ed
esecuzione del rapporto contrattuale si collocano anche istituti  che
rispondono ad interessi  unitari  e  che,  implicando  valutazioni  e
riflessi  finanziari,  non  tollerano  discipline  differenziate  nel
territorio dello Stato (sia  pure  con,  riferimento  ad  un  singolo
istituto afferente alla fase esecutiva, si vedano la sentenza n.  447
del 2006 e, prima della riforma del Titolo V, la sentenza n. 482  del
1995). 
    Cio' premesso, la legge in esame si espone e diverse  censure  di
costituzionalita'. 
1) Violazione dell'art. 117, comma 2, lettera  della  Costituzione  e
dell'art. 8 dello Statuto di Autonomia, con riferimento all'art.  13,
comma 1, Legge Provincia autonoma di Trento 7 aprile 2011, n.  7  che
sostituisce il comma  1  dell'art.  25  della  legge  provinciale  10
settembre 1993, n. 26. 
    L'art. 13, comma 1, che sostituisce il comma 1 dell'art. 25 della
leggi provinciale 10 settembre 1993, n. 26, prevede  la  facolta'  in
capo alle amministrazioni aggiudicatrici di sostituire il certificato
di collaudo con quello di regolare esecuzione dei lavori  qualora  la
spesa risultante dal conto finale, al netto del ribasso,  non  superi
la soglia comunitaria.  L'articolo  141,  comma  3,  del  codice  dei
contratti pubblici prevede, invece che, nel caso di lavori di importo
sino a 500.000 euro il certificato  di  collaudo  sia  sostituito  da
quello di regolare esecuzione e per i lavori di importo superiore, ma
non eccedenti il milione di euro, in facolta' del soggetto appaltante
sostituire  il  certificato  di  collaudo  con  quello  di   regolare
esecuzione. Pertanto la norma provinciale  facendo  riferimento  alla
soglia comunitaria, che per i lavori pubblici e'  di  € 5.150.000,90,
si pone in  contrasto  con  la  normativa  nazionale  in  materia  di
collaudo che cosi' come affermato dalla  Corte  costituzionale  nelle
sentenza n. 53/2011, 45/2010, 411/2008,  afferisce  alla  fase  della
esecuzione e conclusione dei contratti e rientra specificamente nella
competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile. La
disposizione provinciale, quindi, eccede dalle competenze  statutarie
della Provincia Autonoma di cui all'articolo 8 dello Statuto speciale
di autonomia violando la competenza in materia di ordinamento  civile
riconosciuta allo Stato dall'articolo 117, secondo comma  lettera  l)
Cost. 
2) Violazione dell'art. 117 comma 2, lettera l)  della  Costituzione,
e, dell'art. 8 dello Statuto di Autonomia, con  riferimento  all'art.
17, comma 1 Legge Provincia autonoma di Trento 7 aprile  2011,  n.  7
che modifica il comma 2-bis dell'art. 29 della legge  provinciale  10
settembre 1993, n. 26. 
    L'art. 17, comma 1 modifica il comma  2-bis  dell'art.  29  della
legge provinciale 10  settembre  1993,  n.  26;  la  lettera  b)  del
novellato   comma   attribuisce   al   regolamento   provinciale   la
possibilita' di individuare i casi in  cui  i  lavori  pubblici  sono
individuati a corpo o a misura. 
    La disposizione,  disciplina  la  fattispecie  in  modo  difforme
rispetto all'art. 53, comma 4,  del  d.lgs.  n.  163/2006,  il  quale
indica tassativamente i casi in cui i contratti  di  appalto  debbano
essere stipulati a corpo e quelli invece da stipulare a misura. 
    Si tratta  di  aspetti  riguardanti  l'oggetto  del  contratto  e
pertanto  anche  in,  questo  caso  si   evidenzia   una   violazione
dell'articolo 8 dello Statuto speciale di  autonomia  per  violazione
della competenza statale in materia  di  ordinamento  civile  di  cui
all'articolo 117, secondo comma lettera l) Cost. 
3) Violazione dell'art. 117, comma 1; 117, comma  2,  lettera  e);  e
117, secondo comma, lettera l) della Costituzione (e degli artt. 4  e
8 dello Statuto di Autonomia) con riferimento all'art. 30,  comma  4;
Legge  Provincia  autonoma  di  Trento  7  aprile  2011,  n.  7   che
sostituisce il comma  5  dell'art.  37  della  legge  provinciale  10
settembre 1993 n. 26 
    L'art. 30, comma 4, che sostituisce il comma 5 dell'art. 37 della
legge   provinciale  10  settembre   1993,   n.   26   dispone   che:
«Qualora nell'oggetto dell'appalto  o  della  concessione  di  lavori
rientrino, oltre ai  lavori  prevalenti,  opere  per  le  quali  sono
necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o  di
rilevante complessita' tecnica  quali  strutture,  impianti  e  opere
speciali, e qualora una o piu' di tali opere superi in valore  il  15
per cento dell'importo totale dei lavori, se i soggetti a  affidatari
non sono in grado  di  realizzare  le  predette  componenti,  possono
utilizzare il subappalto  con  i  limiti  dettati  dall'articolo  42.
L'eventuale  subappalto  non  puo'  essere  suddiviso  senza  ragioni
obiettive». 
    La disciplina statale di riferimento e' contenuta  nell'art.  37,
comma 11 del codice  dei  contratti  pubblici,  che  consente,  nella
fattispecie in esame, di costituire raggruppamenti temporanei di tipo
verticale, esplicitamente escludendo la possibilita' di  procedere  a
subappalto. In particolare,  si  osserva  che,  rispetto  alla  norma
codicistica, viene  omesso  il  riferimento  all'elenco  delle  opere
superspecialistiche ed ai requisiti di specializzazione richiesti per
la loro esecuzione, la cui disciplina, ai sensi del medesimo art.  37
comma 11 del codice dei contratti pubblici, e' rimessa al regolamento
statale di attuazione. Si evidenzia che la disciplina  relativa  alla
qualificazione necessaria per la partecipazione;  alle  procedure  di
gara, nel rispetto dei principi di parita' di trattamento e di tutela
della  concorrenza,  non  puo'  che  essere  uniforme  in  tutto   il
territorio nazionale (cfr. Corte Cost. 17 dicembre 2008, n. 411).  La
norma provinciale quindi eccede il limite del rispetto degli obblighi
internazionali,  di  cui  agli  articoli  4  e  8  dello  Statuto  di
autonomia, tra i quali e' da annoverarsi, cosi' come affermato  dalla
Corte Costituzionale nella sentenza  n.  45/2010,  «il  rispetto  dei
principi  generali  del  diritto  comunitario  e  delle  disposizioni
contenute nel Trattato del 25 marzo 1957 istitutivo  della  Comunita'
europea, ora ridenominato, dopo l'entrata in vigore del  Trattato  di
Lisbona,  Trattato  sul  funzionamento.  dell'Unione  europea  e,  in
particolare per quanto  interessa  in  questa  sede,  di  quelle  che
tutelano la libera concorrenza». 
    La stessa Corte ha precisato che la nozione di concorrenza di cui
al secondo comma, lettera e), dell'art. 117 della  Costituzione  «non
puo' che riflettere quella operante in ambito comunitario»  (sentenza
n. 401 del 2007). 
    Pertanto la norma in parola viola l'articolo  117,  primo  comma,
Cost., ed invade la competenza esclusiva dello Stato  in  materia  di
tutela della concorrenza di cui all'art. 117, secondo comma, lett. e)
della Costituzione, ed e' in contrasto altresi' con  l'articolo  117,
secondo comma lettera l) Cost. con riferimento all'ordinamento civile
e penale. 
4) Violazione dell'art. 8 dello Statuto di autonomia con  riferimento
all'art. 47 Legge Provincia autonoma di Trento 7 aprile  2011,  n.  7
che sostituisce l'art. 58.19 della leggeprovinciale 10 settembre 1993
n. 26. 
    L'art. 47, che va  a  sostituire  l'art.  58.19  l.p.  n.  26/93,
prevede che l'affidamento dei lavori pubblici su beni  culturali  sia
disposto sulla base di una perizia che individui anche  genericamente
le opere, i lavori e le forniture, in sostituzione sia  del  progetto
definitivo che del progetto esecutivo. 
    Tale disposizione si pone in contrasto con la  normativa  statale
contenuta nell'art. 203, del d.lgs. 163 del 2006 la  quale  prescrive
che  l'affidamento  dei  lavori,  afferenti  il  settore   dei   beni
culturali, sia disposto sulla base della presentazione  del  progetto
definitivo e del progetto esecutivo; quest'ultimo puo' essere  omesso
solo in determinati casi tassativamente previsti. 
    Tale  disposizione  ha  come  scopo  la  conservazione  dei  beni
culturali, attenendo a profili  di  tutela  che  non  possono  essere
derogati,e quindi, nonostante la competenza primaria della  provincia
autonoma in materia di tutela dei beni culturali la stessa e'  tenuta
a rispettare  le  disposizioni;  che  assicurano  una  tutela  minima
uniforme su tutto il territorio nazionale. La disposizione  in  esame
presenta dunque profili di incostituzionalita' in quanto non assicura
le funzioni minime indefettibili di tutela del patrimonio  culturale,
come previste dal d.lgs. n. 42/2004,  le  quali  costituiscono,  come
piu' volte riconosciuto dalla Corte Costituzionale nelle sentenze  n.
164/2009 e 101/2010, norme di grande riforma  economico-sociale,  cui
anche le province autonome debbono uniformarsi, in violazione  quindi
dell'articolo 8 dello Statuto speciale di autonomia.