Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso i cui Uffici domicilia in Roma, Via dei Portoghesi, 12 nei confronti della Regione Veneto, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 12 della legge della Regione Veneto del 26 maggio 2011, n. 10, pubblicata sul B.U.R. Regione Veneto n. 38 del 31 maggio 2011 recante «Modifiche alla legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 "Norme per il governo del territorio" in materia di paesaggio». L'art. 12 della legge della Regione Veneto n. 10 del 2011 viene impugnato giusta delibera del Consiglio dei Ministri in data 6 luglio 2011 in allegato al presente ricorso. La Regione Veneto con legge regionale 26 maggio 2011, n. 10 (in B.U.R. Regione Veneto n. 38 del 31 maggio 2011) ha introdotto modifiche alla legge regionale 23 aprile 2004 n. 11, recante «norme per il governo del territorio» in materia di paesaggio. Tra le novita' normative introdotte viene in rilievo l'art. 12 della legge regionale n. 10/2011, che ha aggiunto l'art. 45-decies alla legge regionale n. 11/2004. Segnatamente l'art. 45-decies e' stato aggiunto dall'art. 12 della citata legge regionale 26 maggio 2011, n. 10, a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione (ai sensi di quanto stabilito dall'art. 16 della stessa legge), nell'ambito del titolo V-bis (aggiunto, a sua volta, dall'art. 4 della medesima legge). L'art. 12 e' illegittimo per i seguenti Motivi L'art. 12 della legge della Regione Veneto n. 10/2011 viola l'art. 117, comma 2, lett. s) della Costituzione sulla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela ambientale. L'art. 117 comma 2 lettera s) della Costituzione affida, come noto, alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato la materia della «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali. Tale attribuzione da parte del Legislatore costituzionale trova fondamento nella avvertita esigenza di offrire adeguata protezione a beni giuridici di primario momento, la cui altissima rilevanza sistematica, gia' per vero non revocabile in dubbio sulla scorta del diritto vivente, ha ricevuto altresi' evidente e definitiva consacrazione per opera dell'art. 9 Cost., che vale a conferire loro valore di principi fondamentali dell'ordinamento costituzionale. La materia ambientale, in particolare, e' stata oggetto di numerosi interventi da parte di codesta Ecc.ma Corte, che ne hanno, nel corso del tempo, delineato i tratti principali e definito la portata applicativa, con particolare riguardo al rapporto con le altre materie ora sottoposte alla competenza legislativa concorrente Stato-Regioni. Cosi', si e' dapprima affermato il carattere «primario» ed «assoluto» del bene giuridico-ambiente (gia' a partire da C. cost. n. 151 del 1986), comportante per cio' stesso la sua necessaria prevalenza rispetto ad ogni altro bene che non partecipi dei medesimi requisiti, e dunque, in definitiva, la non intaccabilita' da parte dei poteri pubblici, sia pure nell'esercizio legittimo di funzioni loro attribuite; e' poi progressivamente andata delineandosi, specie in seguito alla riformulazione dell'art. 117 cost. operata dalla riforma del Titolo V del 2001 - ed alla conseguente citata introduzione della «tutela dell'ambiente» tra le materie di legislazione statale esclusiva - la natura «trasversale» della materia, come precisato. in particolare, da C. cost. n. 380/2007, senza che tale natura possa, peraltro, minimamente pregiudicare il riparto di competenza legislativa, che rimane in via di esclusivo appannaggio statale: "Al riguardo, e' necessario sottolineare che questa Corte, nel delineare, in via generale, i confini della materia «tutela dell'ambiente», ha affermato ripetutamente che la relativa competenza legislativa, pur presentandosi «sovente connessa e intrecciata inestricabilmente con altri interessi e competenze regionali concorrenti» (sent. n. 32 del 2006), tuttavia, rientra nella competenza esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.) [.....] In realta' dalla giurisprudenza di questa Corte, sia precedente che successiva alla nuova formulazione del titolo V della parte seconda della Costituzione, e' agevole ricavare una configurazione dell'ambiente come "valore" costituzionalmente protetto, che, in quanto tale, delinea una sorta di materia "trasversale" (sentenza n. 32 del 2006, n. 336, n. 232, n. 214, n. 62 del 2005, n. 259 del 2004, n. 507 e n. 54 del 2000, n. 382 del 1999, n. 273 del 1998)". Ancor piu' significativamente, la stessa giurisprudenza di codesta Corte ha proceduto a ricostruire in chiave sistematica le nozioni di «tutela dell'ambiente» e di «tutela del paesaggio», di cui, rispettivamente, agli artt. 117, secondo comma e 9 Cost., operando una sostanziale assimilazione semantica di tali concetti ed escludendo per tal verso l'accoglimento di una diversa ipotesi ricostruttiva, che alla mera difformita' del dato letterale fra le due norme potesse in qualche misura ricollegare una diversita' di significato precettivo o di ambito oggettivo di applicazione. Il rapporto di osmosi giuridica tra la tutela ambientale e la tutela paesaggistica, se per un verso puo' ritenersi elemento costantemente caratterizzante i percorsi argomentativi seguiti da codesta Corte, ogni volta che sia stata chiamata a pronunziarsi su questioni attinenti ai rapporti, sovente conflittuali, tra gli strumenti (contemplati nella normativa statale) di salvaguardia del paesaggio e gli strumenti (di disciplina legislativa regionale) di governo del territorio (cfr. ad esempio la recente sent. 5 maggio 2006, n. 182), e' stato chiaramente esplicitato dalla sentenza C. cost. 367/2007, nella quale si afferma inequivocabilmente che «il concetto di paesaggio indica, innanzitutto, la morfologia del territorio, riguarda cioe' l'ambiente nel suo aspetto visivo. Ed e' per questo che l'art. 9 della Costituzione ha sancito il principio fondamentale della «tutela del paesaggio» senza alcun'altra specificazione. In sostanza, e' lo stesso aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene, che e' di per se' un valore costituzionale. [.....] L'oggetto tutelato non e' il concetto astratto delle «bellezze naturali», ma l'insieme delle cose, beni materiali, o le loro composizioni, che presentano valore paesaggistico. Sul territorio gravano piu' interessi pubblici: quelli concernenti la conservazione ambientale e paesaggistica, la cui cura spetta in via esclusiva allo Stato, e quelli concernenti il governo del territorio e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali (fruizione del territorio), che sono affidati alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni. La tutela ambientale e paesaggistica, gravando su un bene complesso ed unitario, considerato dalla giurisprudenza costituzionale un valore primario ed assoluto, e rientrando nella competenza esclusiva dello Stato, precede e comunque costituisce un limite alla tutela degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle Regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali e ambientali. In sostanza, vengono a trovarsi di fronte due tipi di interessi pubblici diversi: quello alla conservazione del paesaggio, affidato allo Stato, e quello alla fruizione del territorio, affidato anche alle Regioni». Se e' incontestabile che la materia della tutela dell'ambiente/paesaggio investe beni di carattere primario ed assoluto, la cui cura e' affidata in via esclusiva alla disciplina dettata dallo Stato, senza che l'esercizio da parte delle Regioni di potesta' legislativa in materie ad essa strettamente correlate (quali quella del governo del territorio) possa in alcun modo scalfire detto carattere di esclusivita', non puo' parimenti essere negato come la principale normativa statale di riferimento, che concretamente attua tale potesta' esclusiva di tutela, sia costituita, anzitutto, dal d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 ("Codice dei beni culturali e del paesaggio"), «poiche' la prima disciplina che esige il principio fondamentale della tutela del paesaggio e' quella che concerne la conservazione della morfologia del territorio e dei suoi essenziali contenuti ambientali» (C. cost. n. 367/07, cit.). Il Codice dei beni culturali, all'art. 1, significativamente esordisce: «In attuazione dell'art. 9 della Costituzione, la Repubblica tutela e valorizza il patrimonio culturale in coerenza con le attribuzioni di cui all'art. 117 della Costituzione e secondo le disposizioni del presente codice» (comma 1). Soggiunge che lo Stato, le regioni, le citta' metropolitane le province ed i comuni, nonche' gli altri soggetti pubblici, nella misura delle loro rispettive competenze, concorrono alle funzioni di conservazione, fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico, ma precisa che tali attivita' devono in ogni caso essere svolte in conformita' alla normativa di tutela (comma 6). Pone poi, con specifico riguardo ai beni paesaggistici, una compiuta elencazione, in cui figurano anche le eccezioni di stretta interpretazione (art. 142). Esige, in ultimo, che tutti gli interventi che i proprietari, i possessori ovvero i detentori a qualsiasi titolo intendano eseguire sui beni di interesse paesaggistico debbano essere preventivamente sottoposti alla regione o ad altro ente locale delegato, ai fini del rilascio della necessaria autorizzazione (art. 146), individuando tassativamente le categorie di interventi che, per converso, non necessitano di tale provvedimento ampliativo (art. 149). Tale stringente e, tuttavia, opportuna disciplina viene dettata, evidentemente, al fine precipuo di orientare l'utilizzo e la fruizione del paesaggio a principi di qualita' e sostenibilita' ambientale, come pure e' affermato nel comma secondo dell'art. 131 del Codice (come recentemente modificato dall'art. 2, comma 1, lett. a, d.lgs. 26 marzo 2008, n. 63), quantomeno in relazione a quegli aspetti e caratteri del paesaggio che costituiscono rappresentazione materiale e visibile dell'identita' nazionale, in quanto espressione di valori culturali. In questo contesto si inserisce l'art. 12 censurato. Segnatamente, l'art. 12 cosi' recita «1. Dopo l'art. 45-nonies della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11, come inserito dall'art. 11, e' aggiunto il seguente: «Art. 45-decies (Disposizioni in materia di zone territoriali omogenee escluse dalla tutela paesaggistica). - 1. Nei comuni dotati, alla data del 6 settembre 1985, di strumenti urbanistici generali contenenti denominazioni di zone territoriali omogenee non coincidenti con quelle indicate dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, sono assimilate alle aree escluse dalla tutela ai sensi dell'art. 142, comma 2, quelle aree che, alla suddetta data del 6 settembre 1985, risultino: a) comprese in zone urbanizzate con le caratteristiche insediative e funzionali delle zone A e B, previa verifica della loro corrispondenza ai parametri quantitativi di cui all'art. 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444; b) a destinazione pubblica, quali strade, piazze ed aree a verde, purche' incluse nel territorio urbanizzato individuato ai sensi dell'art. 142, comma 2, del Codice e ai sensi della lettera a). 2. In sede di formazione o di aggiornamento del quadro conoscitivo di cui all'art. 10, i comuni verificano ed eventualmente aggiornano i dati relativi ai vincoli con i contenuti di cui al comma 1. 3. La Giunta regionale disciplina, sentita la competente commissione consiliare, il procedimento e le modalita' di elaborazione dei dati di cui al comma 2, nonche' la loro acquisizione da parte dell'Osservatorio regionale per il paesaggio di cui all'art. 48-septies.». L'art. 142 del codice dei beni culturali e del paesaggio (d.l. n. 207/2008 conv. con legge n. 14/2009), di contro, cosi' dispone: «Art. 142. (Aree tutelate per legge). - 1. Sono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposti alle disposizioni di questo Titolo: a) i territori costieri compresi in una fascia della profondita' di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare; b) i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondita' di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi; c) i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna; d) le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole; e) i ghiacciai e i circhi glaciali; f) i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonche' i territori di protezione esterna dei parchi; g) i territori coperti da foreste e da boschi, ancorche' percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'art. 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227; h) le aree assegnate alle universita' agrarie e le zone gravate da usi civici; i) le zone umide incluse nell'elenco previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448; l) i vulcani; m) le zone di interesse archeologico (221). 2. La disposizione di cui al comma 1, lettere a), b), c), d), e), g), h), l), m), non si applica alle aree che alla data del 6 settembre 1985: a) erano delimitate negli strumenti urbanistici, ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone territoriali omogenee A e B; b) erano delimitate negli strumenti urbanistici ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone territoriali omogenee diverse dalle zone A e B, limitatamente alle parti di esse ricomprese in piani pluriennali di attuazione, a condizione che le relative previsioni siano state concretamente realizzate; c) nei comuni sprovvisti di tali strumenti, ricadevano nei centri edificati perimetrati ai sensi dell'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865. 3. ... 4. Resta in ogni caso ferma la disciplina derivante dagli atti e dai provvedimenti indicati all'art. 157». In sintesi: l'art. 45-decies, introdotto dall'art. 12, prevede che nei comuni della regione Veneto che alla data del 6 settembre 1985 risultano dotati di strumenti urbanistici generali contenenti denominazioni di zone territoriali omogenee non coincidenti con quelle indicate dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, sono assimilate alle aree escluse dalla tutela ai sensi dell'art. 142, comma 2, quelle aree che alla suddetta data del 6 settembre 1985 sono: «a) comprese in zone urbanizzate con le caratteristiche insediative e funzionali delle zone A e B, previa verifica della loro corrispondenza ai parametri quantitativi di cui all'art. 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444; b) a destinazione pubblica, quali strade, piazze ed aree a verde, purche' incluse nel territorio urbanizzato individuato ai sensi dell'art. 142, comma 2, del Codice e ai sensi della lettera a).» di contro, l'art. 142 al comma 1 individua le «aree tutelate per legge» (cioe' anche in assenza di vincoli imposti con atto amministrativo) elencandole con le lettere dalla a) alla m). Solo al comma 2 prevede che vincoli di cui al comma precedente non si applicano alle aree che, alla data del 6 settembre 1985, avevano le caratteristiche indicate ai punti alle lettere a), b) e c). Ed in particolare alla lett. a) del comma 2, indica tra le esclusioni quelle aree che: «a) erano delimitate negli strumenti urbanistici, ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone territoriali omogenee A e B;». Dal semplice raffronto tra i due articoli appare allora, innanzitutto, evidente che l'art. 1, lett. a) dell'art. 45-decies introdotto dall'art. 12 modifica la menzionata norma statale di cui all'art. 142, comma 2, lett. a) ampliandone l'ambito di applicazione. Per volonta' regionale sono, infatti, esclusi dal vincolo paesaggistico ex lege anche le «denominazioni di zone territoriali omogenee non coincidenti con quelle indicate dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444» purche' comprese in zone urbanizzate con le caratteristiche insediative e funzionali delle zone A e B. E cio' malgrado l'anzidetta previsione recata dall'art. 142, comma 2, lett. a) sia di stretta interpretazione perche' di natura derogatoria rispetto al principio generale di cui al precedente comma 1. In tal senso, invero, si e' anche recentemente espresso il Consiglio di Stato in alcune fattispecie riguardanti proprio la Regione Veneto, che la norma regionale censurata con il presente ricorso richiama immediatamente alla mente (ex pluribus CdS, sez. VI., n. 2056/2010). Nella richiamata sentenza pronunciata dal giudice amministrativo il Comune di Jesolo, richiamando la disposizione derogatoria contenuta nell'art. 142, comma 2 del d.lgs. n. 42/04, sosteneva, infatti, che le zone di «ricomposizione spaziale» del territorio comunale, poste entro la fascia di 300 mt dal lido del mare, potessero essere pacificamente assimilate alle zone B (secondo l'ordine classificatorio contenuto nel DM 1444/68), sottraendole cosi' al regime vincolistico che caratterizza i territori costieri proprio in virtu' della norma richiamata. Sul punto il Consiglio di Stato si e', tuttavia, cosi' espresso, ritenendo le aree sottoposte alla disciplina del nulla osta della locale Soprintendenza per la tutela dei beni paesaggistici: «Anzitutto, sul piano firmale, rileva il dato obiettivo, gia' messo in luce dal Tar secondo cui, nel caso che ci occupa, nessuna delle ipotesi derogatorie espressamente contemplate dal richiamato art. 142 secondo comma puo' dirsi in concreto sussistente (in fatto la circostanza e' incontestata, essendo controverso soltanto il profilo qualificatorio). Ora, poiche' le eccezioni alla regola generale (i.e. la disapplicazione del regime vincolistico) vanno sempre interpretate restrittivamente (dato che nel dubbio prevale la regola e non l'eccezione), i primi giudici hanno avuto buon gioco nel sostenere che l'area oggetto dell'intervento non era stata qualificata come zona omogenea di tipo «B» (ne' tantomeno come zona «A») dallo strumento urbanistico del Comune di Jesolo vigente al 6 settembre 1985 (data prevista dalla legge quale discrimen temporale per l'applicazione del regime derogatorio), ne' rientrava - sempre a tale data - in un piano di attuazione le cui previsioni fossero gia' state realizzate (ipotesi derogatoria di cui alla lett. b) del medesimo art. 142, secondo comma). Di qui la pacifica assoggettabilita' delle zone di ricomposizione spaziale al regime vincolistico imposto dalla normativa a protezione del paesaggio, risultando ardita e al postutto non consentita ogni operazione ermeneutica volta ad attrarre (in via estensiva o analogica) le aree di ricomposizione spaziale in una diversa categoria normativa. Ma, a parere del Collegio, a corroborare la soluzione della inconfigurabilita' della possibilita' di sottrarre gli interventi edilizi da realizzarsi nelle zone di ricomposizione spaziale all'autorizzazione previa della autorita' preposta alla tutela del vincolo paesaggistico soccorre un argomento ulteriore, di carattere sostanziale, afferente la specifica natura delle aree rientranti nella suddetta zonizzazione ......... La ragione della esclusione del vincolo paesaggistico legale, in relazione alle aree di tipo omogeneo «A» e «B» di cui al DM 1444/68, e' da cogliere nell'assetto tendenzialmente stabile, sul piano urbanistico, di tali aree, requisito pacificamente non predicabile a proposito delle zone di ricomposizione spaziale ..... a ragione, dunque, la Soprintendenza veneziana ha ritenuto che tali zone non possono essere aggregate a quelle omogenee di tipo «B» ai fini dell'applicabilita' del regime derogatorio (come detto, di stretta interpretazione) rispetto alla disciplina vincolistica impressa dalla stessa legge alle aree in oggetto». Nella sostanza, l'art. 12, attraverso l'art. 45-decies, comma 1, lett. a), introduce una deroga ai vincoli paesaggistici ex lege ulteriore rispetto a quelle previste dalla legge statale, violando la competenza legislativa dello Stato in materia paesaggistica ex art. 117, comma 2, lett. s, della Costituzione. Altrettanto deve dirsi anche dell'ipotesi sub b) del comma 1 dell'art. 45-decies che a riguardo alle «aree a destinazione pubblica, quali strade, piazze ed aree a verde». Esse, parimenti, costituiscono ipotesi derogatorie del tutto non contemplate dall'art. 142, pur se tale norma e' richiamata da quella regionale in modo inconferente e tralatizio. Anche con tale disposizione la normativa regionale introduce, invero, una vera e propria deroga ulteriore rispetto ai vincoli paesaggistici gia' previsti dalla legge statale, sicche' sussiste pure per tale disposizione la violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente prevista dall'art. 117, comma 2, lett. s), della Costituzione. Alla luce di quanto considerato e' da ritenere, dunque, che l'intero art. 12 - ivi compresi i commi 2 e 3 dell'art. 45-decies per intima con le precedenti disposizioni dell'articolo - violi 1'art. 117, comma 2, lett. s) cost. poiche' invade la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela ambientale, entrando in un ambito, quale appunto quello della tutela del patrimonio ambientale e paesaggistico, riservato in via esclusiva alla normativa statale. Le Regioni, infatti, oltre che tenute a non invadere le competenze legislative dello Stato in materia di tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali, sono altresi' tenute a rispettarne sempre la disciplina, dettata dalle leggi statali, le quali, per quanto riguarda la «tutela», prevedono il conferimento alle Regioni di precise funzioni amministrative se ed in quanto ad esse conferite dallo Stato, in attuazione del principio di sussidiarieta' di cui all'art. 118, comma 1 Cost., e nel rispetto del principio di cooperazione tra Stato e Regioni (cosi' Corte costituzionale sent. n. 193/2010). Il paesaggio, infatti, e la sua tutela, rientrano nella competenza esclusiva dello Stato, come ha avuto a ribadire in piu' occasioni, come detto, codesta Corte «il paesaggio de[ve] essere considerato come un "valore primario ed assoluto" (sentenze nn. 182 e 183 del 2006) e.. l'art. 9 della Costituzione sancisce il principio fondamentale della "tutela del paesaggio" senza alcun'altra specificazione. La tutela ambientale e paesaggistica, gravando su un bene complesso ed unitario, considerato dalla giurisprudenza costituzionale un valore primario ed assoluto, e rientrando nella competenza esclusiva dello Stato, precede e comunque costituisce un limite alla tutela degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle Regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali ed ambientali» (cosi' Corte Costituzionale, sent. 272/2009). E', invero, del tutto inibito alle Regioni introdurre disposizioni che alterino o comunque determinino previsioni diverse da quelle stabilite espressamente dalla normativa statale in tema di tutela dell'ambiente poiche' «la tutela apprestata dallo Stato, nell'esercizio della sua competenza esclusiva in materia di tutela del paesaggio, viene a funzionare come limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano nelle materie di loro competenza» (sent. n. 378/2007; cfr anche sent. n. 105/2008). L'art. 12, cosi' come concepito, consente, invece, che in aree sottoposte a tutela paesaggistica, siano indiscriminatamente realizzati o mantenuti interventi che prescindono dalla necessaria autorizzazione paesistica ex art. 142 del Codice dei beni culturali, in tal modo incidendo su materia riservata alla competenza esclusiva statale ex art. 117 secondo comma lett. s). Costituiscono, in particolare, normativa statale di riferimento rispetto alla presente impugnativa gli artt. 142, 146 e 149 del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42. Segnatamente, l'art. 142, come anticipato, dispone che sono comunque di interesse paesaggistico ed in quanto tali sottoposte alle disposizioni del Titolo I della Parte terza del Codice), le aree ivi indicate, con le limitate eccezioni ivi previste. La disposizione in esame introduce un vincolo legislativo in quanto la sottoposizione alla tutela paesaggistica e, di conseguenza, alle misure di salvaguardia che possono garantire la conservazione delle caratteristiche proprie di dette aree viene attuata dal legislatore non gia' attraverso un provvedimento puntuale bensi' ope legis. La sottoposizione delle aree predette al predetto vincolo di legge, ai sensi del successivo art. 146, comporta, inoltre, l'obbligo (per il proprietario o possessore o detentore delle aree e, per l'effetto, dello stesso concessionario) di ottenere la relativa autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di opere o per l'esecuzione di lavori o, comunque, per qualsiasi modifica dello stato dei luoghi che incida su tali aree, tutelate per la loro valenza paesaggistica ovvero per le caratteristiche morfologiche v. anche art. 2 e 134 del Codice dei Beni culturali). Il successivo art. 149 individua, altresi', tassativamente le tipologie di intervento, in area vincolata, realizzabili anche in assenza della relativa autorizzazione paesistica, che verrebbero sostanzialmente «oltrepassate» nell'urbanizzazione delle aree interessate dall'art. 12 censurato (art. 149, lett. a) interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici; lett. b) interventi inerenti l'esercizio delle attivita' agro-silvo pastorali; lett. c) per il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione...). L'art. 12 regionale qui impugnato consente, dunque, una deroga alle disposizioni statali suesposte, consentendo una urbanizzazione non consona alla disciplina statale paesaggistica, in tal modo ponendosi in diretto contrasto con principi sul riparto della legislazione tra Stato ed Autorita' regionale. Con la disposizione regionale oggetto della presente impugnativa, infatti, si consente, in pratica, la costruzione o il mantenimento di opere nelle aree interessate, in deroga alle disposizioni di legge statale che, invece, richiedono, in via obbligatoria, sussistendo il vincolo paesaggistico, la necessaria autorizzazione da rilasciarsi entro i limiti prefissati dal legislatore nazionale. Come, altresi', precisato da codesta Corte nella sentenza n. 182 del 2006, la «tutela del paesaggio» - alla quale le disposizioni di tutela di cui ai menzionati articoli sono specificamente dirette - e', invero, riconducibile all'art. 117, secondo comma, lett. s), proprio con riferimento agli standards stabiliti dallo Stato in funzione di uniformita' su tutto il territorio nazionale. Nell'ambito di protezione cosi' delineato l'autorizzazione costituisce un momento indefettibile per l'effettiva tutela delle aree sottoposte a vincolo ex art. 142 summenzionato, buona sostanza, autorizzatorio e sicche' non puo' competere alla Regione adottare norme che, in eliminando il vincolo paesaggistico, vanifichino lo strumento e consentano una urbanizzazione in violazione degli uniformi standards di protezione validi su tutto il territorio nazionale. Per tale motivo il vincolo paesaggistico non puo' che essere oggetto di legislazione esclusiva rispetto alla quale la Regione non puo' intervenire con propri atti normativi disciplinando, in modo differenziato rispetto al territorio nazionale, i casi in cui detta misura di salvaguardia possa ritenersi non necessaria attraverso l'eliminazione del vincolo paesaggistico e della connessa autorizzazione. Quanto sopra determina, dunque, nella specie il diretto contrasto dell'art. 12 con l'art. 117 secondo comma lett. s) della Costituzione, che riserva alla legislazione esclusiva dello Stato la materia dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali, elementi questi, alla cui organica tutela presiedono, tra gli altri, i menzionati articoli del Codice dei beni culturali e del paesaggio.