Ricorso della Regione del Veneto, in persona del Presidente della Giunta regionale dott. Luca Zaia, autorizzato mediante deliberazione della Giunta stessa n. 1046 del 12 luglio 2011 (all. 1), rappresentata e difesa, come da procura speciale a margine del presente atto, dagli avv.ti Bruno Barel di Treviso, Ezio Zanon, Coordinatore dell'Avvocatura regionale, e Luigi Manzi di Roma, presso quest'ultimo domiciliata in Roma, via F. Confalonieri n. 5, fax 06.3211370 posta elettronica certificata luigimanzi@ordineavvocatiroma.org; Contro il Presidente del consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale e' domiciliato ex lege, in Roma, via dei Portoghesi n. 12; Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale: per violazione degli artt. 76, 114, 117, 118, 119, 120 della Costituzione; dell'art. 1 del decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 6 giugno 2011, n. 129, S.O. n. 139, e degli articoli 1, 2, 3, 8, 9, 10, 11 comma 1, 12, 13, 14, 15, 16, 18, 19, 21, 68, 69 dell'Allegato I al decreto legislativo stesso. Fatto e diritto Il decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2011, suppl. ord. n. 139, ha contenuti plurimi ed eterogenei. Con l'articolo 1 ha approvato l'Allegato 1, contenente il «Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo», mentre con l'articolo 2 ha apportato modificazioni al decreto legislativo 6 settembre 2005, n, 206, «in attuazione della direttiva 2008/1221/CE, relativa ai contratti di multiproprieta', contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di scambio». Del decreto legislativo n.79 del 2011 si impugna in questa sede l'articolo 1, approvativo dell'Allegato 1, e quindi il Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo contenuto nell'Allegato 1, nel suo insieme, ed altresi' di alcune specifiche disposizioni del Codice per ulteriori distinti profili. Il ricorso e' proposto a salvaguardia delle prerogative costituzionali della Regione del Veneto in materia di turismo. Che la materia del turismo dal 2001, con la riforma del Titolo V della Costituzione, rientri nella competenza residuale delle Regioni a statuto ordinario, ai sensi dell'art. 117, comma 4, Cost., e' assunto condiviso e sancito da costante giurisprudenza costituzionale (sentenze nn. 90 e 214 del 2006, n. 94 del 2008, nn. 13 e 76 del 2009). Eventuali interventi legislativi statali possono ancora incidere sulla materia del turismo soltanto indirettamente o settorialmente: essi infatti devono trovare legittimazione nell'esercizio delle competenze statali esclusive nelle cc.dd. «materie trasversali» individuate dall'art. 117, comma 2, Cost., oppure - secondo la piu' recente giurisprudenza costituzionale - nel disposto dell'art. 118 Cost., quando lo Stato, in applicazione dei principi di sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza, avochi a se' l'esercizio di determinate funzioni amministrative per esigenze e interessi unitari e conseguentemente sorga la necessita' di organizzarne e disciplinarne l'esercizio con atti legislativi (sentenze nn. 88 e 339 del 2007, n. 214 del 2006). Resta invece precluso allo Stato il potere di emanare una «legge-quadro» - ovvero, un «Codice» - in materia di turismo, contenente norme di principio (ed eventualmente anche norme di dettaglio cedevoli), come era accaduto prima della riforma costituzionale nel quadro del riparto di competenze, prima con la legge statale 17 maggio 1983, n. 217 «Legge-quadro per il turismo», piu' di recente, con la legge 29 marzo 2001, n.135, di riforma della legislazione nazionale in materia di turismo. Spetta dunque alle Regioni, dal 2001, disciplinare in modo organico la materia del turismo, come ha fatto la Regione del Veneto con la 1.r. n. 33 del 2002. Ciononostante, lo Stato non ha ancora provveduto all'abrogazione esplicita dei decreti legislativi nn. 300 e 303 del 1999, che attribuiscono all'amministrazione centrale dello Stato (in particolare al Ministero delle attivita' produttive) funzioni di rilevante portata nel settore del turismo; ne' ha attivato con le Regioni il confronto, pur sollecitato, sulla legge-quadro statale sul turismo 29 marzo 2001, n. 135, per ricercare una condivisione sulle parti da abrogare e su quelle da mantenere in vita. Tutto cio', nonostante l'ormai risalente abrogazione della legge istitutiva del Ministero del turismo 31 luglio 1959, n. 617, con d.P.R. 5 giugno 1993, n. 175, a seguito del referendum popolare abrogativo svoltosi il 18 aprile 1993. Ora, col decreto legislativo n. 79 del 2011, lo Stato e per esso il Governo ha adottato un ampio testo normativo (69 articoli), che si autoqualifica come «Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo», il quale, accanto a disposizioni riconducibili a competenze esclusive statali (disciplina delle professioni, ordinamento civile), ne contiene molte altre che pongono una minuta disciplina di aspetti rilevanti della materia del turismo, come la disciplina delle strutture turistico-ricettive e delle agenzie di viaggio. Il Codice viene cosi' ad interferire in modo assai incisivo con la competenza esclusiva della Regione del Veneto nella materia del turismo e in particolare con la 1.r. n. 33 del 2002, che ha definito in modo organico ed ormai consolidato la regolamentazione di un settore che riveste importanza prioritaria per l'economia del Veneto. Il decreto legislativo n. 79 del 2011, nella parte in cui ha introdotto il Codice statale del turismo, e' stato emanato in assenza di corrispondente delega legislativa, o comunque in violazione delle delega legislativa sulla quale dichiara di fondarsi (articolo 14, commi 14, 15, 18, della legge 28 novembre 2005, n. 246, correntemente indicata come «taglia-leggi»). In ogni caso viola la competenza esclusiva regionale in materia di turismo, esorbitando dai limiti nei quali sono consentiti allo Stato dall'art. 118 Cost. interventi legislativi in materia di turismo. Le considerazioni che seguono saranno rivolte anzitutto ad illustrare la natura ed i limiti della delega legislativa cui fa riferimento il Governo, per dimostrare la sua estraneita' al potere legislativo concretamente esercitato e conseguentemente la illegittimita' costituzionale dell'intero Codice e dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 79 del 2009 che ha approvato l'Allegato 1 contenente il Codice stesso. Per la denegata ipotesi che sia ravvisabile coerenza fra decreto legislativo e legge di delega, si formula istanza alla Corte perche' sollevi innanzi a se questione incidentale di legittimita' costituzionale delle pertinenti disposizioni della legge delega. Si esporranno poi ulteriori censure, per profili particolari, avverso talune specifiche disposizioni del Codice, e di riflesso dell'art. 1 del decreto legislativo n. 79 del 2009 approvativo dell'Allegato 1, in parte qua. La delega legislativa alla quale si richiama (sia nella rubrica che nelle premesse) il decreto n. 79 del 2011 relativamente all'approvazione del Codice statale del turismo, e' contenuta nell'art. 14 «Semplificazione della legislazione» della legge n. 246 del 2005. Si tratta di una normativa, in seguito piu' volte novellata, che e' complessa nella sua formulazione e nella sua interpretazione, tanto per la stratificazione degli interventi quanto per la difficolta' di dare seguito concreto al programma di semplificazione della legislazione. L'art. 14, nel testo originario, prevedeva che entro 24 mesi dalla sua entrata in vigore il Governo provvedesse all'individuazione delle disposizioni legislative vigenti, trasmettendo una apposita relazione finale (comma 12), e che entro i successivi 24 mesi venissero individuate con appositi decreti legislativi, secondo i principi e criteri appositamente indicati, le disposizioni legislative, anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si riteneva indispensabile la permanenza in vigore (comma 14). Veniva precisato che «i decreti legislativi di cui al comma 14 provvedono altresi' alla semplificazione o al riassetto della materia che ne e oggetto, nei rispetto dei principi e criteri direttivi di cui all'art. 20 della legge n. 59 del 1997» (comma 15) e che, decorso il termine di 24 mesi previsto dal comma 14, erano da considerare abrogate tutte le disposizioni legislative anteriori al 1970 (comma 16: c.d. effetto «ghigliottina», ora disciplinato, a seguito dell'abrogazione del comma 16, dai commi ter e quater dell'art. 4, comma 1, legge 18 giugno 2009, n. 69). Infine, il comma 18 prevedeva che, entro due anni dalla data di entrata in vigore dei decreti di cui al comma 14 «e nel rispetto degli stessi principi e criteri direttivi» potessero essere emanate con uno o piu' decreti legislativi «disposizioni integrative o correttive». In sintesi, il procedimento di semplificazione normativa si articolava in tre fasi: la prima, nel biennio dall'entrata in vigore della legge, volta alla ricognizione delle disposizioni legislative statali vigenti; la seconda, nel biennio successivo, dedicata alla identificazione delle disposizioni da mantenere in vigore e alle attivita' di semplificazione o riordino del materiale normativo raccolto; la terza, eventuale, nel biennio dall'emanazione dei decreti, volta all'emanazione di disposizioni integrative o correttive (dei predetti decreti), nel rispetto degli stessi criteri e principi. Tale disciplina originaria dell'art. 14 ha subito ripetute modifiche nel corso del tempo, ispirate chiaramente dalla volonta' di venire incontro alle difficolta' obiettive incontrate nell'attuazione del programma. In particolare, e' stato integralmente sostituito il comma 18 (ad opera dell'art. 13 legge n. 15 del 2009), introdotto il comma 18-bis (dall'art. 4, comma 1, lett. d, legge n. 69 del 2009) e, ancora, il comma 14-bis (dall'art. 4, comma 1, lett. a), legge n. 69 del 2009). Secondo il nuovo testo del comma 18, possono essere emanate, entro due anni dall'entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 14, «disposizioni integrative, di riassetto o correttive, esclusivamente nel rispetto dei principi o criteri direttivi di cui al comma 15 e previo parere della Commissione di cui al comma 19». Per il nuovo comma 18-bis, strettamente connesso al precedente comma 18, entro un anno dall'entrata in vigore dei decreti legislativi di riassetto possono essere emanate, con uno o piu' decreti legislativi, «disposizioni integrative o correttive dei medesimi decreti legislativi». Al nuovo comma 14-bis si precisa poi che «Nelle materie appartenenti alla legislazione regionale, le disposizioni normative statali, che restano in vigore ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 5 giugno 2003, n. 131, continuano ad applicarsi, in ciascuna regione, fino alla data di entrata in vigore delle relative disposizioni regionali». Cosi' ricostruito brevemente il quadro normativo di riferimento, occorre individuare l'esatta portata del comma 18 nel testo novellato, in quanto esso e' stato assunto a base giuridica dal decreto legislativo n. 79 del 2011. La disposizione ha dato adito ad un dubbio interpretativo: se possa ritenersi consentito l'esercizio dei poteri di riassetto normativo in via autonoma, rispetto all'esercizio del potere di individuazione delle disposizioni anteriori al 1970 «salvate», e se siffatto potere possa eventualmente essere esercitato per la prima volta nel biennio successivo all'emanazione dei decreti legislativi di identificazione della disciplina destinata a permanere in vigore. In effetti, una lettura coordinata delle diverse disposizioni richiamate da' motivo di ritenere che il legislatore abbia inteso, dapprima, conseguire - mediante i decreti «salva-leggi» di individuazione e riordino delle disposizioni legislative anteriori al 1970 mantenute in vigore - un primo assestamento della disciplina statale sopravvissuta, ordinata per settori o materie; poi, permettere un ulteriore intervento integrativo, correttivo, di riassetto definitivo; con la conseguenza che i decreti previsti dal comma 18 non potrebbero che completare un'opera di riassetto gia' iniziata coi precedenti decreti, mentre sarebbe precluso l'esercizio dei poteri di riassetto normativo, in via autonoma, per la prima volta nel biennio successivo all'emanazione di decreti legislativi «salva-leggi» che si siano limitati all'identificazione della disciplina anteriore al 1970 mantenuta in vigore. Diverso e' l'orientamento interpretativo espresso dal Consiglio di Stato (Adunanza a Sezioni riunite Prima e Normativa del 13 gennaio 2010 - parere n. 802/2010 del 2 marzo 2010), che ha invece ritenuto sostanzialmente prorogata la possibilita' di esercizio della delega per il (solo) riassetto, fino al termine indicato nel nuovo comma 18. Il Consiglio di Stato, tuttavia, in tanto ha ritenuto che questo parere non trovi ostacolo con riferimento ai principi che presiedono alla delega legislativa, in quanto si ritenga che l'oggetto della delega resti immutato: esso e' e deve rimanere quello previsto dall'art. 14, comma 15, cioe' il riassetto della materia oggetto dei decreti legislativi di cui al comma 14: «Si evidenzia, in questa prospettiva, il legame che unisce la fase di riassetto, da compiersi ai sensi del nuovo comma 18, con la fase, in precedenza svolta, di identificazione della disciplina da mantenere in vigore. L'opera di riassetto puo', infatti, essere realizzata per la prima volta nel biennio di cui all'art. 14, comma 18, ma e' comunque sequenzialmente collegata con l'attivita' svolta nelle fasi precedenti. Le disposizioni contenute nel decreto che indica le norme statali destinate a rimanere in vigore costituiscono, pertanto, non il solo ambito materiale, ma il punto di partenza dal quale prendere le mosse per la complessiva opera di riassetto. La disciplina legislativa anteriore al 1° gennaio 1970, mantenuta in vita, e' stata sottratta all'effetto abrogativo in vista della opera di riassetto; opera che, articolata per ambiti materiali o settori omogenei, secondo l'esperienza maturata con riferimento all'art. 20 della legge n. 59 del 1997, suppone un intervento sulla disciplina statale gia' sottratta all'effetto abrogativo, ma esige un intervento sulla disciplina successiva, che, ricadente nello stesso ambito materiale o nello stesso settore omogeneo della disciplina mantenuta m vita, deve, appunto, essere oggetto di riordino. E', dunque, a partire dalle disposizioni legislative statali identificate con il decreto di cui all'art. 14, comma 14, della legge n. 246 del 2005, che puo' prendere le mosse l'opera di riassetto normativo di cui al'art. 14, comma 18, con la determinazione delle materie e dei settori omogenei cui fanno riferimento le norme salvate, e con la considerazione delle disposizioni legislative successive che, con riferimento a tali ambiti materiali, devono costituire oggetto di riordino». Nel medesimo parere il Consiglio di Stato ha altresi' rilevato che i criteri in base ai quali deve essere effettuata l'opera di riassetto prevista dal comma 18 sono quelli enunciati dal comma 15, ossia i criteri indicati dall'art. 20 legge n. 59 del 1997, cosicche' l'opera di riassetto si traduce nella «semplificazione e riordino della normativa» (Ad. Gen. 25 ottobre 2004, n. 2/04), implica l'esercizio di poteri innovativi dell'ordinamento al fine di comporre in testo normativo unitario le molteplici disposizioni vigenti nella materia, modificandole nella misura strettamente necessaria, adeguandole alla disciplina internazionale e comunitaria, organizzandole in un quadro nuovo (Corte cost., sentenza n. 170 del 2007; Cons. Stato, Sez. Normativa, 21 maggio 2007, n. 2024/07). In sintesi, anche a voler ritenere - col Consiglio di Stato - che il potere delegato di provvedere al riassetto possa essere esercitato per la prima volta (non gia' con i decreti «salva-leggi» previsti dal comma 14 bensi' solo) con i successivi decreti previsti dal novellato comma 18, resta indubbio che l'oggetto della delega non muta e resta definito dai ridetti decreti «salva-leggi», fatte salve le innovazioni strettamente necessarie per semplificare e ordinare le disposizioni originarie e se del caso coordinarle con norme sopravvenute (e percio' anch'esse gia' in vigore) e conformarle agli obblighi internazionali e comunitari. L'individuazione di questo limite al potere legislativo delegato, nel contesto di un'interpretazione estensiva del comma 18, e' d'altra parte indispensabile per rendere la complessiva lettura della disposizione costituzionalmente conforme, in quanto solo quel limite consente di escludere che il novellato comma 18 finisca con l'essere una delega «in bianco» al Governo. Esso consente altresi' di porre rimedio alla divergenza dei decreti «salva-leggi» limitati alla mera individuazione delle disposizioni «salvate», con i principi e criteri direttivi stabiliti da quella stessa disposizione (spec. alle lett. d), e), f) del comma 14) che richiedevano anche un'attivita' di organizzazione in modo coerente per settori omogenei o materia. Soltanto un'interpretazione che faccia salva la continuita' e la correlazione fra comma 18 e commi 14 e 15 consente di giustificare la tesi secondo la quale il legislatore avrebbe concesso al Governo una proroga temporale della deroga originaria, ossia un periodo di tempo piu' adeguato per completare l'opera cosi' come delineata dal comma 14. In ogni caso, poi, il riordino della legislazione statale «salvata» avrebbe consentito, nelle materie di competenza regionale, un intervento normativo statale «cedevole», cosi' come ribadito dall'art. 14, comma 14-bis. Dopo avere ricostruito il significato e la portata del quadro normativo preso a riferimento, non resta che verificare ora se alla delega cosi' correttamente intesa si sia conformato il decreto legislativo n. 79 del 2009 relativamente al Codice statale del turismo. La delega disposta dai commi 14 e 15 e' scaduta il 16 dicembre 2009. Entro tale data e' stato emanato, per quanto rileva in questa sede, solo il decreto legislativo n. 179 del 2009, in vigore dal 15 dicembre 2009. E' costituito da un unico articolo con due allegati, consistenti in due elenchi cronologici di atti legislativi da mantenere in vigore: precisamente, 2.375 atti legislativi da sottrarre alla c.d. «ghigliottina taglia-leggi» e 861 atti legislativi da sottrarre all'abrogazione disposta dall'art. 2 del decreto-legge n. 200 del 2008 (convertito in legge con legge n. 9 del 2009). Il decreto legislativo n. 179 del 2009 si e' dunque limitato a individuare - elencare - gli atti legislativi «salvati» dalla «ghigliottina», senza peraltro provvedere contestualmente - in conformita' ai principi e criteri direttivi fissati dal comma 14 dell'art. 14 - alla semplificazione e al riordino delle disposizioni per materia o settori omogenei. Nel biennio successivo, previsto dal nuovo testo del comma 18, e' stato emanato dal Governo il decreto legislativo n. 79 del 2011 ed e' stato approvato il nuovo Codice statale del turismo. Il Governo, lungi dall'incentrare il Codice sul riordino e la semplificazione delle disposizioni anteriori al 1970 «salvate» dalla «ghigliottina», ha effettuato un intervento legislativo radicalmente innovativo rispetto al passato, di portata generale, tutt'altro che connotato da «cedevolezza» pur in presenza di una materia di competenza regionale, strutturato in 69 articoli che, fin dall'intitolazione prescelta - «Codice» del turismo - configurano sostanzialmente una nuova legge statale, estesa a larga parte della materia del turismo, con disposizioni sia di principio che di dettaglio che vanno ad occupare ampi spazi di regolazione gia' presidiati dalla legislazione della Regione Veneto specificamente emanata per la materia del turismo (1.r. n. 33 del 2002). D'altra parte, ove ci si fosse attenuti alla delega, ben poco ci sarebbe stato da individuare e riordinare, nella legislazione statale del turismo anteriore al 1970, poiche' tale operazione era gia' stata compiuta dalla legge statale 17 maggio 1983, n. 217 «Legge-quadro per il turismo», che aveva riordinato organicamente la materia. In particolare, erano stai abrogati il r.d.l. 18 gennaio 1937, n. 975, sulla classificazione degli alberghi e delle pensioni, il r.d.l. 6 giugno 1939, n. 1111, sulla disciplina degli affittacamere, il r.d.l. 23 novembre 1936, n. 2523 di disciplina delle agenzie di viaggio e turismo, il r.d.l. 18 giugno 1937, n. 448 di disciplina delle guide, corrieri ed interpreti. In particolare, relativamente alla disciplina delle strutture ricettive, delle agenzie di viaggio e delle professioni turistiche, che costituisce la parte principale del Codice, neppure esistevano disposizioni legislative statali anteriori al 1970 «salvate» e percio' suscettibili di essere riordinate. D'altra parte, che il Governo abbia inteso effettuare un intervento legislativo innovativo e di portata generale, stabile e non «cedevole», attribuendo alla delega disposta dall'art. 14 legge n. 206 del 2005 una portata innovativa amplissima e in nessun modo correlata con le disposizioni legislative anteriori al 1970 «salvate», e' reso palese dal tenore degli artt. 1 e 2 del Codice. L'art. 1 definisce l'ambito di applicazione del Codice nei termini seguenti: «Il presente codice reca, nei limiti consentiti dalla competenza statale, norme necessarie all'esercizio delle funzioni amministrative in materia di turismo ed altre norme in materia riportabili alle competenze dello Stato, provvedendo al riordino, al coordinamento e all'integrazione delle disposizioni legislative statali vigenti, nel rispetto dell'ordinamento dell'Unione europea e delle attribuzioni delle regioni e degli enti locali». L'art. 2, recante «Principi sulla produzione del diritto in materia turistica», fonda l'intervento legislativo statale in materia di turismo sulla sussistenza delle «seguenti esigenze di carattere unitario: a) valorizzazione, sviluppo e competitivita', a livello interno ed internazionale, del settore turistico quale fondamentale risorsa del Paese; b) riordino e unitarieta' dell'offerta turistica italiana». Il Governo ha dunque ritenuto, a prescindere dal riordino delle disposizioni anteriori al 1970 «salvate» dalla «ghigliottina», di effettuare un intervento legislativo innovativo e di portata generale nella materia del turismo, di avocare allo Stato funzioni amministrative propriamente regionali e locali sulla base di generiche esigenze di carattere unitario e corrispondentemente di disciplinare legislativamente l'organizzazione e l'esercizio di dette funzioni, in deroga alla competenza residuale regionale stabilita dall'art. 117, comma 4, Cost. e in contrasto con la vigente legislazione regionale sul turismo. Ritiene pertanto la Regione del Veneto che il decreto legislativo n.79 del 2011, e segnatamente il Codice statale del turismo, sia stato emanato - quale che sia l'interpretazione dell'art. 14, comma 18, legge n. 256 del 2005 ritenuta corretta - al di fuori della portata e dei limiti propri della delega legislativa, e percio' in violazione dell'art. 76 Cost., con lesione delle prerogative regionali in materia di turismo riconosciute dall'art. 117, comma 4, Cost. e del principio di leale collaborazione posto dall'art. 120 Cost. Resta da aggiungere, per l'eventualita', qui denegata, che la delega legislativa stabilita dall'art. 14 legge n. 256 del 2005 possa essere interpretata nel senso che comprenda anche i poteri di fatto esercitati dal Governo col decreto n. 79 del 2011 relativamente al Codice statale del turismo, che cio' comporterebbe allora la illegittimita' costituzionale derivata del decreto, per illegittimita' delle norme statali che hanno disposto la delega, segnatamente dell'art. 14, comma 18 in relazione ai commi 14 e 15, legge n. 206 del 2005. In questa ipotesi, si ritiene - e si formula istanza in tal senso - che l'ecc.ma Corte costituzionale dovrebbe sollevare innanzi a se' questione incidentale di illegittimita' costituzionale delle norme di delega, per violazione degli artt. 76, 117, comma 4, 118 e 120 Cost. Si sarebbe infatti in presenza di una delega legislativa priva di delimitazione di oggetto, principi e criteri direttivi, e, allo stesso tempo, di un intervento legislativo statale in materia riservata alla competenza esclusiva delle Regioni, affidato al legislatore delegato e al di fuori dei presupposti di applicazione dell'art. 118 Cost. I principi di sussidiarieta' e adeguatezza, in base ai quali e' possibile l'attrazione della funzione normativa dal livello regionale a quello statale, in tanto giustificano una deroga al normale riparto delle competenze fra Stato e Regioni stabilito in via generale dall'art. 117 Cost. in quanto «la valutazione dell'interesse pubblico sottostante all'assunzione di funzioni regionali, da parte dello Stato, sia proporzionata, assistita da ragionevolezza alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalita' e sia previsto un coinvolgimento delle Regioni interessate» (sentenze n. 206 del 2009, n. 339 del 2007, nn. 383, 285, 270, 242 del 2005, n. 6 del 2004, n. 303 del 2003). Inoltre, ove si sia in presenza di competenza regionale esclusiva, «al fine di assicurare l'emersione degli interessi intestati dalla Costituzione all'autonomia regionale, la legge statale deve garantire la riespansione delle capacita' decisionali della Regione interessata, per mezzo di una paritaria codeterminazione dell'atto, non superabile per mezzo di una iniziativa unilaterale di una delle parti» (sentenze n. 383 del 2005, n. 278 del 2010, n. 303 del 2003). Occorrerebbe dunque un'intesa di natura inequivocabilmente «forte» (sentenza n. 6 del 2004) che porti ad una volonta' comune per raccordare la materia del turismo agli obiettivi dello sviluppo economico. Nel caso di specie, nessuno di questi criteri e' stato rispettato. L'art. 2, comma 2, del Codice rende anzi palese che si e' inteso operare un'avocazione allo Stato di competenza legislativa, prima e piuttosto che amministrativa, cosi' invertendo la corretta prospettiva delineata dall'art. 118 Cost., e per di piu' che si e' inteso farlo in termini assolutamente generici e di portata generale. Le prospettate esigenze di carattere unitario sono espresse infatti in termini assolutamente vaghi, con riferimento a valorizzazione, sviluppo e competitivita' del settore turistico, anche a livello interno oltre che internazionale, e all'offerta turistica italiana in genere. In effetti, i contenuti del Codice si estendono ad una minuta disciplina di strutture ricettive ed agenzie di viaggio, appropriandosi cosi' dei principali contenuti propri della materia del turismo, fin qui disciplinati dalla legislazione regionale. Tanto meno puo' dirsi rispettato il principio di coinvolgimento delle Regioni interessate, in un quadro di leale collaborazione, mediante un'effettiva intesa che raccolga il comune consenso. Il decreto legislativo n. 79 del 2011 e' stato emanato senza che fosse stata raggiunta alcuna intesa con le Regioni in sede di Conferenza unificata; anzi, in quella sede erano gia' stati ampiamente manifestati motivati dubbi di legittimita' costituzionale del decreto legislativo preannunciato (all. 2 - verbale della Conferenza unificata del 18 novembre 2010). Conferma le conclusioni raggiunte anche la specifica giurisprudenza costituzionale formatasi in materia del turismo (sentenze n. 214 del 2006, n, 88 del 2007, n. 76 del 2009), ove per un verso si prendono in considerazione disposizioni legislative statali relative a misure specifiche e puntuali, per altro verso si contempera l'incisivita' delle misure con la ritenuta essenzialita' dello strumento dell'intesa fra le Parti nella Conferenza Stato-Regioni, per dare concretezza al principio di leale collaborazione ed evitare cosi' un'abnorme compressione della competenza legislativa residuale delle Regioni in spregio dell'art. 117, comma 4, Cost. Passiamo ora ad illustrare alcuni ulteriori profili di illegittimita' costituzionale relativi ad specifiche disposizioni del Codice, ferme restando le censure fin qui esposte che investono l'intero Codice in tutte le sue disposizioni. Le censure sono riferite per brevita' a singole disposizioni del Codice, ma deve intendersi che esse sono estese al contempo all'art. 1 del decreto legislativo n. 79 del 2011 approvativo dell'Allegato 1 e quindi di ciascuna delle disposizioni contenute nel Codice. Sugli artt. 1 e 2 del Codice. Gli articoli 1 e 2 del Codice manifestano la volonta' del Governo di adottare una legislazione innovativa ed organica in materia di turismo, senza la previsione di una necessaria intesa con le Regioni, che pure sono titolari di competenza legislativa esclusiva nella medesima materia. Violano pertanto gli artt. 117, comma 4, 118 e 120 Cost. In particolare, l'art. 2, comma 2, del Codice dispone un'avocazione di competenza legislativa a favore dello Stato di portata generale, stante la generalita' e indeterminatezza delle esigenze unitarie ivi indicate, in violazione degli artt. 117, comma 4, 118, comma 1, e 120 Cost.. La genericita' di formulazione del comma 2 («a) valorizzazione, sviluppo e competitivita', a livello interno ed internazionale del settore turistico... b) riordino ed unitarieta' dell'offerta turistica italiana...») lascia spazio ad interventi legislativi ed amministrativi estesi all'intera materia del turismo. Dal canto suo, l'art. 2, comma 3, del Codice tratta dell'attribuzione delle funzioni amministrative «esercitate dallo Stato di cui ai commi 1 e 2». Il dettato letterale e' manifestamente equivoco, dato che i commi 1 e 2 non si riferiscono a funzioni amministrative bensi' a competenze legislative. Ove il comma 3 sia da interpretare nel senso che includa tutte le funzioni amministrative genericamente riconducibili all'esercizio delle competenze legislative indicate ai commi precedenti, e segnatamente a quelle ricondotte dal comma 2 a vaghe esigenze di carattere unitario, la disposizione presenta ulteriori specifici profili di illegittimita' costituzionale. Si determina infatti una amplissima compressione anche sul versante amministrativo della competenza delle Regioni nella materia del turismo, senza che sussistano le condizioni minime per l'avocazione allo Stato sulla base dell'art. 118 Cost. in violazione altresi' del principio di leale collaborazione Manca infatti una prioritaria rigorosa indicazione delle funzioni amministrative che necessiterebbero di essere esercitate unitariamente a livello statale, in relazione alle quali si giustificherebbe poi una disciplina legislativa statale. Al contrario, viene cosi' a determinarsi una indebita avocazione - legislativa e di riflesso amministrativa - di carattere generale, tale da svuotare la competenza legislativa esclusiva delle Regioni in materia di turismo. Sull'articolo 3, comma 1, del Codice. L'art. 3, comma 1, del Codice prevede che «lo Stato assicur(i) che le persone con disabilita' motorie, sensoriali e intellettive passano fruire dell'offerta turistica in modo completo e in autonomia, ricevendo servizi al medesimo livello di qualita' degli altri fruitori senza aggravi del prezzo». Si avocano cosi' allo Stato, con una disposizione di portata generale, tutte le funzioni amministrative volte ad assicurare ai disabili la piena ed autonoma fruizione dei servizi turistici. Manca per contro sia l'individuazione di funzioni specifiche, come pure un giudizio rigoroso di adeguatezza-sussidiarieta' volto a motivare circa le ragioni per le quali le Regioni sarebbero inadeguate allo svolgimento di quelle stesse funzioni amministrative. Si viola pertanto il disposto dell'art. 118, comma 1, Cost. Sugli articoli 8, 9, 10, 12, 13, 14, 15, 16 del Codice. Il Codice al Titolo III, sotto la rubrica «Mercato del turismo», disciplina in modo generale e dettagliato tutte le strutture turistico-ricettive. Precisamente, nel Capo I dedicato alle «Strutture ricettive e altre forme di ricettivita'» provvede a classificarle in modo analitico (artt. 8-9) riservando allo Stato la «classificazione standard qualitativi» fino all'istituzione di un rating assimilabile alle stelle (art. 10 par. 3); analogamente, riserva il Capo II alla classificazione delle «Altre strutture ricettive», rispettivamente extralberghiere (art. 12), all'aperto (art. 13), di mero supporto (art. 14); infine, inserisce nel Capo III «Disposizioni comuni per le strutture turistico ricettive», riservando allo Stato la fissazione di standard minimi nazionali dei servizi e delle dotazioni per la classificazione delle strutture ricettive (art. 15), disponendo la semplificazione degli adempimenti amministrativi (art. 16) e l'applicazione della speciale disciplina dello sportello unico (art. 16). Per questa parte, il Codice interviene a disciplinare la materia gia' regolata nella Regione del Veneto dalla 1.r. 4 novembre 2002, n. 33 «Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo» negli articoli da 22 a 43. Questa minuta disciplina statale non trova legittimazione in nessuna delle competenze legislative esclusive dello Stato, riguardando la materia del turismo che e' riservata alla competenza residuale regionale. Ne' essa appare giustificabile alla stregua della possibile avocazione di funzioni amministrative in sussidiarieta', ai sensi dell'art. 118 Cost. Infatti, relativamente alle funzioni amministrative menzionate nel Codice, di classificazione delle strutture turistico ricettive (art. 13, comma 8), di rilascio della licenza di esercizio (art. 8, comma 2) e di ricevimento e controllo della SCIA (art. 16), non e' prevista alcuna avocazione ad autorita' amministrative statali, di talche' viene meno ogni giustificazione per un intervento legislativo statale di organizzazione e disciplina del loro esercizio in funzione del principio di legalita'. Traspare invece la volonta' del legislatore statale di avocare a se' la mera competenza legislativa, mediante la quale disciplinare in sostituzione delle Regioni la parte principale della materia del turismo. Tutto cio' configura dunque violazione degli artt. 117, comma 4, 118 e 120 Cost. Inoltre, in quanto la definizione di attivita' ricettiva e' volta a specificare quali attivita' accessorie sono comprese nella licenza di esercizio (quali la fornitura di generi di varia natura, la somministrazione di alimenti e bevande), si profila una lesione delle competenze regionali oltre che in materia di turismo anche in materia di commercio, sempre in violazione dell'art. 117, comma 4, Cost. Sull'articolo 11, comma 1, del Codice. L'art. 11 del Codice, relativo alla «Pubblicita' dei prezzi», dispone al comma 1 che i prezzi dei servizi sono liberamente determinati dai singoli operatori turistici, «fatto salvo l'obbligo di comunicare i prezzi praticati secondo quanto disciplinato dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano». In questo modo il legislatore statale impone alle Regioni di disciplinare l'obbligo dei singoli operatori turistici di comunicare i prezzi liberamente praticati, sul presupposto implicito che le Regioni dispongano del potere di emanare disposizioni legislative o regolamentari in materia di prezzi delle strutture ricettive. Per contro, cio' contrasta con il riparto di competenze legislative stabilito dall'art. 117 Cost., ove si riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia dei prezzi delle strutture ricettive, come e' stato riconosciuto da codesta Corte con le sentenze n. 188 e n. 370 del 1992, sull'assunto che il tema esulasse dalla materia del turismo e rientrasse in una piu' generale competenza statale attinente al «complesso delle strutture commerciali». Atteso che l'art. 11, comma 1, del Codice non solo postula ma addirittura impone alle regioni un intervento normativo sul tema, vi si ravvisa la violazione dell'art. 117, commi 2 e 4, Cost. Sugli articoli 18, 19 e 21 del Codice. Il Titolo IV del Codice riguarda le «Agenzie di viaggio e turismo». Nel Capo I dedicato a «Agenzie e organizzatori di viaggi» si opera la «Definizione» o classificazione degli operatori (art. 18), si pone l'obbligo di assicurazione (art. 19), si riserva allo Stato la fissazione dei requisiti professionali dei direttori tecnici (art. 20), si dispongono misure di semplificazione amministrativa col ricorso alla SCIA (art. 21). Anche in questa parte (escluso l'art. 20), il Codice interviene a disciplinare la materia gia' regolata nella Regione Veneto dalla 1.r. 4 novembre 2002, n. 33 «Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo» agli articoli da 62 a 81. Neppure questa minuta disciplina statale delle agenzie di viaggio, e l'imposizione dell'applicazione della SCIA anche ai relativi procedimenti amministrativi, trova legittimazione in alcuna delle competenze legislative esclusive dello Stato, rientrando interamente nella competenza residuale regionale. Ne' essa e' giustificabile alla stregua dell'avocazione di funzioni amministrative in sussidiarieta', ai sensi dell'art. 118 Cost. Infatti, il Titolo IV, Capo I, del Codice non individua alcuna funzione amministrativa da avocare allo Stato, di talche' viene meno ogni giustificazione per un intervento legislativo statale, legittimo solo in quanto provveda alla disciplina dell'organizzazione ed esercizio di funzioni amministrative avocate, in funzione del principio di legalita'. Traspare invece la volonta' del legislatore statale di avocare a se' la mera competenza legislativa, mediante la quale disciplinare in sostituzione delle Regioni la parte principale della materia del turismo. Tutto cio' configura dunque violazione degli artt. 117, comma 4, 118 e 120 Cost. Sugli articoli 68 e 69 del Codice. L'art. 68 del Codice, recante la rubrica «Assistenza al turista», prevede l'istituzione di un servizio di assistenza al turista, anche attraverso call center, e di uno sportello del turista, a cura (dello Stato e per esso) del Dipartimento per lo sviluppo e la competitivita' del turismo. Inoltre, l'art. 68 e l'art. 69 del Codice, intitolato «Gestione dei reclami», istituiscono e disciplinano una procedura di gestione reclami, affidata anch'essa (allo Stato e per esso) al Dipartimento per lo sviluppo e la competitivita' del turismo. Singolare e' la procedura e «gestione» dei reclami cosi' istituita. L'art. 93, par. 3, dispone che il Dipartimento comunichi l'esito dell'attivita' istruttoria svolta a seguito del reclamo, senza pero' indicare quali tipi di provvedimento possano essere adottati. Vi e' percio' assoluta indeterminatezza quanto al potere demandato alla pubblica amministrazione e al contempo si rende impossibile verificare la sussistenza delle condizioni per l'avocazione allo Stato di funzioni amministrative in via di sussidiarieta', ai sensi dell'art. 118 Cost. e nel rispetto dell'art. 120 Cost. Con riferimento agli eventuali provvedimenti sanzionatori a carico dell'impresa o dell'operatore turistico, atteso che il Codice all'art. 69, comma 4, ne rinvia la definizione ad un regolamento, si configura altresi' violazione del principio di legalita' e comunque del disposto dell'art. 117, comma 6, Cost., che riserva allo Stato la potesta' regolamentare nelle sole materie di sua competenza esclusiva, tra le quali, non rientra il turismo. Ne' e' previsto alcun coinvolgimento delle Regioni nella gestione dei reclami, in violazione del principio di leale collaborazione stabilito dall'art. 120 Cost. L'attribuzione di un ruolo diretto e di nuove funzioni al Dipartimento per lo sviluppo e la competitivita' del turismo, ossia ad una struttura amministrativa governativa, nonostante l'abrogazione della legge istitutiva del Ministero del turismo 31 luglio 1959, n. 617, ad opera del d.P.R. 5 giugno 1993, n. 175, a seguito del referendum popolare abrogativo svoltosi il 18 aprile 1993, rende se possibile ancora piu' evidente la generale finalita' del Governo di riappropriarsi di competenze e funzioni nella materia del turismo, nonostante la scelta contraria compiuta dal legislatore costituzionale.