Ricorso della Provincia  autonoma  di  Trento,  in  persona  del
Presidente  della  Giunta  provinciale  pro-tempore  Lorenzo  Dellai,
autorizzato con deliberazione della Giunta  provinciale  8  settembre
2011, n. 1931 (doc. 1),  rappresentata  e  difesa,  come  da  procura
speciale n. rep. 27592 del 9 settembre  2011  (doc.  2),  rogata  dal
dott.  Tommaso  Sussarellu,  Ufficiale   rogante   della   Provincia,
dall'avv. prof. Giandomenico  Falcon  di  Padova,  dall'avv.  Nicolo'
Pedrazzoli dell'Avvocatura della  Provincia  di  Trento  e  dall'avv.
Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in  Roma  nello  studio  di
questi in via Confalonieri, n. 5; 
    Contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri   per   la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale: 
        - dell'articolo 23, comma 21; 
        - dell'articolo 28 , commi 3 e 4, 
    del  decreto-legge  6  luglio  2011,  n.  98,   convertito,   con
modificazioni,  dalla  legge  15  luglio  2011,   n.   111,   recante
«Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria», pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale n. 164 del 16 luglio  2011,
per violazione: 
        - del Titolo VI dello Statuto speciale, approvato con  d.P.R.
31 agosto 1972, n. 670, e in particolare degli articoli 73, 75 e 79; 
        - dell'articolo 9, n. 3) e 16 dello stesso Statuto; 
        - delle norme di attuazione di cui: al decreto legislativo 16
marzo 1992, n. 268, in particolare articoli 3, 9,  10  e  10-bis;  al
d.P.R. 31 luglio 1978, n. 1017; al d.P.R. 19 novembre 1987,  n.  526,
in particolare articolo 15; al decreto legislativo 16 marzo 1992,  n.
266, in particolare articoli 2, 3 e 4; 
        - degli articoli 117, comma quarto, e 118 della  Costituzione
in combinato disposto con l'articolo 10 della legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3; 
        - del principio di leale collaborazione, 
    nei modi e per i profili di seguito illustrati. 
 
                                Fatto 
 
    La presente  controversia  ha  ad  oggetto  talune  disposizioni,
attinenti a due oggetti diversi, del decreto-legge 6 luglio 2011,  n.
98, convertito, con modificazioni, dalla legge  15  luglio  2011,  n.
111, pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  164  del  16  luglio
2011.21. 
    Il comma 21 dell'articolo 23 stabilisce quanto segue: 
        «A partire dall'anno 2011,  per  le  autovetture  e  per  gli
autoveicoli per il trasporto promiscuo di persone e  cose  e'  dovuta
una addizionale erariale della tassa automobilistica,  pari  ad  euro
dieci  per  ogni  chilowatt  di  potenza  del  veicolo  superiore   a
duecentoventicinque chilowatt, da versare alle entrate  del  bilancio
dello Stato. L'addizionale deve essere corrisposta con le modalita' e
i termini da stabilire con Provvedimento del Ministero  dell'Economia
e delle Finanze, d'intesa con l'Agenzia delle  Entrate,  da  emanarsi
entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore  della  presente
disposizione.  In  caso  di   omesso   o   insufficiente   versamento
dell'addizionale si applica la sanzione di cui  all'articolo  13  del
D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, pari al 30  per  cento  dell'importo
non versato.». 
    La Provincia di Trento  ha  istituito  la  tassa  automobilistica
provinciale con l'articolo 4 della legge 11  settembre  1998,  n.  10
(Misure collegate con l'assestamento del bilancio per  l'anno  1998),
che  trova  fondamento  nell'articolo  73   Statuto,   come   attuato
dall'articolo 3 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268  (Norme
di attuazione dello Statuto speciale per il  Trentino-Alto  Adige  in
materia di finanza regionale e provinciale). 
    Il comma 2 dell'articolo 4  di  tale  legge  «in  attesa  di  una
disciplina organica della tassa automobilistica  provinciale»  rinvia
alla legislazione statale  per  cio'  che  concerne  «il  presupposto
d'imposta, la misura della tassa, i soggetti passivi, le modalita' di
applicazione del tributo», salvo che per  alcune  particolarita'  che
qui non rilevano. 
    Con  la  legge  23  dicembre  2009,  n.  191,  il   primo   comma
dell'articolo 73 Statuto e' stato integrato dalla previsione che  «le
tasse automobilistiche istituite con legge provinciale  costituiscono
tributi propri» (enfasi aggiunta). 
    In ogni modo, l'articolo 75, lettera g), Statuto attribuisce  poi
alle Province i nove decimi di tutte le entrate tributarie  erariali,
dirette o indirette, comunque denominate, ulteriori rispetto a quelle
ivi elencate. Il decreto  legislativo  n.  268  del  1992  disciplina
tassativamente  le  ipotesi  di  riserva  allo  Stato  del   «gettito
derivante da maggiorazioni di aliquote o  dall'istituzione  di  nuovi
tributi». 
    Con questo sistema statutario si pone in contrasto  il  comma  21
dell'articolo 23. 
    L'articolo 28 del decreto-legge n. 98, dopo avere dettato  alcune
norme sulla utilizzazione del fondo per  la  razionalizzazione  della
rete di distribuzione dei carburanti  (commi  1  e  2),  al  comma  3
dispone che, entro 90 giorni, le Regioni e le  Province  autonome  di
Trento e di Bolzano emanano  indirizzi  ai  comuni  per  la  chiusura
effettiva  degli  impianti  dichiarati  incompatibili  ai  sensi  del
decreto del Ministro delle attivita' produttive del 31 ottobre  2001,
nonche' dei criteri di incompatibilita'  successivamente  individuati
dalle normative regionali di settore. Il comma  4  aggiunge  che,  in
ogni   caso,   i   comuni   che   non   abbiano    gia'    provveduto
all'individuazione ed alla chiusura degli impianti  incompatibili  ai
sensi  del  predetto  decreto  o  dei  criteri  di   incompatibilita'
regionali, provvedono entro 120 giorni,  dandone  comunicazione  alla
regione ed al ministero competente. 
    La normativa sulla distribuzione dei  carburanti  e'  ascrivibile
alla materia del commercio, che spetta  alla  competenza  legislativa
della Provincia, sia in base all'art.  9,  n.  3,  Statuto,  sia  per
effetto dell'art. 117, comma 4,  Cost.,  in  combinato  disposto  con
l'art. 10 legge cost. 3/2001, in quanto sia ritenuto ampliativo delle
attribuzioni  statutarie.  In  tale  materia  alla  Provincia  spetta
statutariamente  anche   la   potesta'   amministrativa,   ai   sensi
dell'articolo 16 Statuto. Le previsioni statutarie sono state attuate
con le norme di attuazione di cui al d.P.R. 31 luglio 1978, n. 1017. 
    In tale quadro normativo, anche i commi 3 e 4  dell'articolo  28,
come il  comma  21  dell'articolo  23,  risultano  costituzionalmente
illegittimi e lesivi delle attribuzioni legislative e  amministrative
della Provincia di Trento per i seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
1) Illegittimita' costituzionale dell'articolo 23, comma 21. 
    Come esposto in narrativa, il comma 21  dell'art.  23  istituisce
una addizionale della  tassa  automobilistica,  che  e'  destinata  a
trovare applicazione anche nella provincia di Trento, per effetto del
rinvio operato dall'articolo 4, comma 2, l.p. 10/1998. 
    Per la Provincia  di  Trento,  pero',  l'articolo  73,  comma  1,
Statuto prevede che «le tasse automobilistiche  istituite  con  legge
provinciale costituiscono tributi propri». 
    In questa situazione risulta evidente, ad avviso della ricorrente
Provincia autonoma, la incostituzionalita' del comma 21, nella  parte
in cui prevede che la addizionale e' «da  versare  alle  entrate  del
bilancio dello Stato»: non potendo lo Stato fare proprio  il  gettito
di un tributo provinciale. 
    In via subordinata, per l'ipotesi che la  disposizione  impugnata
dovesse interpretarsi nel senso che con essa  lo  Stato,  a  dispetto
della denominazione,  ha  istituito  una  imposta  nuova  e  propria,
risulta comunque palese la violazione dell'articolo 75,  lettera  g),
che riserva alla Provincia autonoma «i nove decimi di tutte le  altre
entrate  tributarie   erariali,   dirette   o   indirette,   comunque
denominate, inclusa l'imposta locale sui  redditi,  ad  eccezione  di
quelle di spettanza regionale o di altri enti pubblici.». 
    In ambedue le ipotesi (si tratti della maggiorazione di una tassa
provinciale, si tratti di una nuova imposta statale),  la  norma  che
prevede la destinazione  del  gettito  all'erario  statale  non  puo'
trovare fondamento alcuno nelle norme  di  attuazione  statutaria  in
materia di finanza regionale e  provinciale,  contenute  nel  decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 268. 
    In particolare, e'  da  escludere,  ad  avviso  della  ricorrente
Provincia, che essa possa trovare fondamento nella  disposizione  che
consente allo Stato,  in  presenza  di  determinati  presupposti,  di
riservare a se' «il gettito derivante da maggiorazioni di aliquote  o
dall'istituzione di nuovi tributi»: nel caso, infatti, non  ricorrono
le condizioni sostanziali  formali  alle  quali  e'  condizionata  la
riserva. 
    L'istituto della riserva e'  regolato  dall'art.  9  del  decreto
legislativo  n.  268  del  1992,  come   successivamente   integrato.
Affinche' la riserva sia consentiva, il nuovo o maggiore gettito deve
essere destinato per legge alla copertura di nuove  specifiche  spese
di carattere non continuativo,  tali  spese  non  devono  afferire  a
materie  di  competenza  della  Provincia,  la  riserva  deve  essere
temporalmente  delimitata,  deve  essere  quantificabile,  ed  essere
distintamente  contabilizzata  nel  bilancio  statale.   Tutte   tali
condizioni devono essere realizzate,  affinche'  la  riserva  risulti
costituzionalmente legittima. 
    Nel  caso  del  comma  21,  e'  agevole   rilevare   subito   che
l'addizionale (e  la  corrispondente  riserva  del  gettito)  non  e'
limitata nel tempo, applicandosi «a partire  dall'anno  2011...».  Il
gettito non e' poi ne' quantificato ne' distintamente contabilizzato.
Quanto alla destinazione, l'articolo 40, comma  2,  d.l.  98/2011  si
limita  ad  utilizzare  una  «quota  parte  delle  maggiori   entrate
derivanti dall'articolo 23 e dell'articolo  24»  quale  copertura  di
talune spese: ma l'articolo 24 riguarda  la  disciplina  dei  giochi,
mentre  l'articolo  23  concerne  un  insieme  eterogeneo  di  misure
genericamente fiscali: dagli  studi  settore  alla  contabilizzazione
delle perdite, dall'IRAP all'imposta  di  bollo  sulle  comunicazioni
relative  ai  depositi  di  titoli,  alla  addizionale  sulla   tassa
automobilistica. 
    Ne' si tratta di condizioni o presupposti meramente formali: come
sottolineato dalla Corte nella sent. 61/1987, essi  sono  rivolti  «a
rendere  possibile  il  controllo  politico  sull'esatto  e  corretto
esercizio della deroga» al sistema normale di  finanziamento,  ed  il
loro rispetto e' dunque inderogabile. 
    In assenza dei  predetti  presupposti,  la  norma  qui  impugnata
risulta costituzionalmente illegittima, e di essa si chiede  pertanto
la dichiarazione di incostituzionalita', nella parte in  cui  riserva
al bilancio dello Stato il gettito  dell'addizionale  erariale  sulla
tassa automobilistica, per contrasto con gli articoli 73,  75  e  79,
dello Statuto speciale, con gli articoli  3,  9,  e  10  del  decreto
legislativo 16 marzo 1992, n.  268,  e  con  il  principio  di  leale
collaborazione. 
    Solo per scrupolo di completezza, si ricorda che nell'ordinamento
costituzionale non mancano gli  strumenti  idonei  ad  assicurare  il
concorso  della  Provincia  al  raggiungimento  degli  obiettivi   di
riequilibrio della finanza pubblica fissati da provvedimenti generali
dello Stato. 
    Tale concorso era menzionato - quando  l'art.  78  dello  Statuto
ancora prevedeva la cosiddetta  «quota  variabile»  di  finanziamento
statale  -  dall'art.  10  del  d.lgs.  268/1992,  che  al  comma   5
ipotizzava, nell'ambito di  una  procedura  di  accordo,  la  riserva
all'erario di gettito altrimenti spettante alla Provincia. 
    Tale concorso e' regolato - dal 2010 - dall'articolo 79  Statuto,
il quale - dopo avere definito alcune misure specifiche del  concorso
provinciale (la soppressione della somma sostitutiva dell'imposta sul
valore aggiunto all'importazione e delle  assegnazioni  a  valere  su
leggi statali di settore; la soppressione della quota  variabile,  la
assunzione di oneri relativi all'esercizio di funzioni  statali),  al
comma 3  dispone  che,  «al  fine  di  assicurare  il  concorso  agli
obiettivi di finanza pubblica, la regione e  le  province  concordano
con il Ministro dell'economia e delle finanze gli  obblighi  relativi
al patto di stabilita' interno con riferimento ai saldi  di  bilancio
da conseguire in ciascun periodo». 
2) Illegittimita' costituzionale dell'articolo 28, commi 3 e 4. 
    Come esposto in  narrativa,  i  commi  3  e  4  dell'articolo  28
intervengono nella materia del commercio, di  competenza  legislativa
provinciale,  fissando  regole,  ed   imponendo   direttamente   alla
Provincia una attivita' di indirizzo (comma  3),  e  direttamente  ai
Comuni una  attivita'  amministrativa  puntuale  (la  chiusura  degli
impianti «incompatibili»: incompatibili, si intende, con  il  decreto
ministeriale!), da svolgersi entro termini stabiliti  (comma  4),  in
attuazione di un presunto obbligo derivante dal decreto del  Ministro
delle attivita' produttive in data 31 ottobre 2001. 
    Quanto al comma 3, va in primo luogo osservato che la statuizione
di tale presunto  obbligo  in  capo  alla  Provincia  non  ha  alcuna
giustificazione o fondamento costituzionale. 
    All'epoca della sua  approvazione,  dal  decreto  ministeriale  -
secondo  quanto  disposto  dall'articolo  2,  comma  1,  del  decreto
legislativo n. 266 del 1992 - non derivavano vincoli  alla  Provincia
nelle materia di competenza provinciale concorrente (articolo  9,  n.
3, Statuto), attesa la natura non legislativa dell'atto. 
    A maggiore ragione nessun vincolo puo'  esistere  ora,  dopo  che
all'autonomia prevista dallo Statuto si e' aggiunta  -  solo  per  la
parte in cui e' maggiore - la competenza residuale di cui al comma  4
dell'articolo 117 Cost. 
    Nella materia,  la  potesta'  legislativa  provinciale  e'  stata
ripetutamente esercitata, da ultimo con la legge 30 luglio  2010,  n.
17  (Disciplina  dell'attivita'  commerciale),  che  al  Capo  IV  ha
definito  una  normativa  dettagliata  relativa  ai  distributori  di
carburante, autosufficiente e del tutto indipendente da tale decreto. 
    L'art. 28, comma 3,  e'  dunque  illegittimo  innanzitutto  nella
parte in cui presuppone o impone alla Provincia autonoma di Trento di
esercitare i propri poteri legislativi e amministrativi in soggezione
ad un decreto ministeriale del 2001, che per essa non  e'  mai  stato
operativo e vincolante, che risponde  a  criteri  diversi  da  quelli
della incontestata normativa provinciale, successiva ad essi. 
    La incostituzionalita' delle norme impugnate non viene certo meno
per la circostanza che tra i criteri cui gli enti locali devono  dare
attuazione  esse  menzionino  quelli  «individuati  dalle   normative
regionali di settore»: semmai la precisazione conferma che  si  verte
in materia provinciale. Che i comuni  debbano  seguire  la  normativa
provinciale e' ovvio ed e' sempre stato ovvio, ma  non  spetta  certo
allo Stato di rinforzare  quest'obbligo  con  una  propria  normativa
direttamente operativa verso di essi. 
    Sia in relazione al comma 3 che in relazione al comma 4,  va  poi
sottolineato che  essi  sono  illegittimi  in  quanto  pretendono  di
disciplinare la materia prescrivendo  direttamente  comportamenti  ai
Comuni. 
    E' pacifico che in materia di competenza legislativa  provinciale
i vincoli eventualmente desumibili  dalla  legislazione  statale  non
operano comunque in via diretta, ma determinano solo  un  obbligo  di
adeguamento, come espressamente sancito  dall'articolo  2,  comma  1,
d.lgs. 266/1992, mentre - nelle more dell'adeguamento  provinciale  -
rimangono in vigore le disposizioni locali (ed  in  caso  di  mancato
adeguamento lo Stato puo' impugnare  nei  sei  mesi  la  legislazione
provinciale). 
    Inoltre, le funzioni amministrative in materia  non  possono  poi
essere distribuite dallo Stato, essendo  il  compito  riservato  alla
Provincia dall'articolo 16 Statuto e dalle norme  di  attuazione:  le
quali espressamente confermano che nelle materie di competenza spetta
comunque  alla  Provincia  trasferire  ai  Comuni  del  territorio  -
conformandole -le funzioni amministrative che  leggi  generali  della
Repubblica,  nella   restante   parte   del   territorio   nazionale,
attribuiscano ai minori enti locali (cfr. l'articolo 15 del d.P.R. 19
novembre 1987, n. 526,  di  «estensione  alla  Regione  Trentino-Alto
Adige ed  alle  province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  delle
disposizioni del decreto del Presidente della  Repubblica  24  luglio
1977, n. 616»). 
    Nella  legislazione  provinciale   sopra   citata   le   funzioni
autorizzatone degli impianti sono conferite alla stessa Provincia, ed
i comuni sono solo destinatari delle relative comunicazioni (articolo
36). 
    Ovviamente, anche le eventuali  chiusure  degli  impianti  devono
essere disposte dalla Provincia. 
    E' dunque platealmente illegittima una normativa statale -  quale
quella dei commi 3 e 4 dell'art. 28 qui impugnati - che  direttamente
affida competenze ai Comuni contraddicendo l'ordine delle  competenze
nel  sistema  amministrativo  locale  legittimamente  fissato   dalla
Provincia stessa nell'esercizio delle proprie competenze statutarie.