Ordinanza 
 
nel giudizio per conflitto di attribuzione  tra  poteri  dello  Stato
sorto a seguito della deliberazione del Senato della  Repubblica  del
30 giugno 2004, relativa alla insindacabilita',  ai  sensi  dell'art.
68, primo comma, della  Costituzione,  delle  opinioni  espresse  dal
senatore  Roberto  Castelli  nei  confronti  dell'onorevole  Oliviero
Diliberto, promosso dalla Corte  d'appello  di  Roma,  sezione  prima
civile, con ricorso notificato il 25  febbraio  2011,  depositato  in
cancelleria l'8 marzo 2011 ed iscritto al n. 6 del registro conflitti
tra poteri dello Stato 2010, fase di merito. 
    Visto l'atto di costituzione del Senato della Repubblica; 
    udito nell'udienza pubblica del 5 luglio 2011 il Giudice relatore
Paolo Grossi; 
    udito  l'avvocato  Giovanni  Pitruzzella  per  il  Senato   della
Repubblica. 
    Ritenuto che, con ricorso del 20 gennaio 2010, depositato  il  10
giugno 2010, la Corte d'appello di Roma,  sezione  prima  civile,  ha
sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato contro  il
Senato della Repubblica a seguito della deliberazione del  30  giugno
2004, con la quale e' stata dichiarata l'insindacabilita',  ai  sensi
dell'art.  68,  primo  comma,  della  Costituzione,  delle   opinioni
espresse dal senatore Roberto Castelli nei  confronti  dell'onorevole
Oliviero Diliberto e per le quali  quest'ultimo  ha  promosso  azione
civile per il risarcimento dei danni davanti al Tribunale di Roma; 
        che la Corte ricorrente ha esposto,  in  premessa,  che,  con
atto di citazione notificato  il  28  aprile  2004,  l'on.  Diliberto
conveniva in giudizio il sen. Castelli  per  sentirne  dichiarare  la
responsabilita' per la diffusione di commenti e valutazioni  reputati
offensivi, denigratori e difformi dal vero, effettuati dal convenuto,
all'epoca  Ministro  della  giustizia,  nel   corso   del   programma
televisivo «Telecamere» registrato il 18 marzo 2004  e  trasmesso  da
Rai 3 il successivo 21 marzo 2004; 
        che, riferite in dettaglio  le  espressioni  reputate  lesive
della propria dignita' da parte dell'attore, la Corte  ricorrente  ha
puntualizzato che  il  giudice  di  primo  grado  aveva  ritenuto  di
accogliere l'eccezione  di  improcedibilita'  della  domanda  fondata
sulla richiamata delibera di  insindacabilita',  ex  art.  68,  primo
comma, Cost., delle opinioni espresse dal convenuto, in quanto,  alla
luce dei principi delineati dalla legge n. 140 del 2003, la  garanzia
della immunita' doveva ritenersi estesa ad «ogni attivita' di critica
e denuncia politica connessa alla  funzione  parlamentare,  espletata
anche al di fuori delle sedi istituzionali, dando cosi' adito ad  una
valutazione piu' flessibile in ordine alle esternazioni dei politici,
venendo  di  fatto  meno  il  nesso  con  l'attivita'   istituzionale
propria»; 
        che adita a seguito di appello proposto  dall'on.  Diliberto,
la  Corte  ricorrente  ha  evidenziato  che  contro  l'atto   oggetto
dell'attuale  giudizio  e'  gia'   stato   sollevato   conflitto   di
attribuzione tra poteri dello Stato a seguito di ricorso proposto dal
Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma nell'ambito
del procedimento penale instaurato sulla  querela  proposta  dall'on.
Diliberto  nei  confronti  del  sen.  Castelli  per   il   reato   di
diffamazione in relazione agli stessi fatti oggetto del  procedimento
a quo; 
        che il precedente giudizio e' stato definito con la  sentenza
n. 304 del 2007, con la quale questa Corte  ha  dichiarato  che  «non
spettava al Senato della Repubblica affermare  che  le  dichiarazioni
rese dal senatore Roberto Castelli, oggetto del  procedimento  penale
pendente dinanzi al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale
di Roma, costituiscono opinioni espresse da un membro del  Parlamento
nell'esercizio  delle  sue  funzioni  ai  sensi  dell'art.  68  della
Costituzione»,  con  conseguente  annullamento  della  «deliberazione
della Giunta delle elezioni e delle  immunita'  parlamentari  del  18
maggio 2005 (Doc. IV-ter, n. 10), nella  parte  in  cui  richiama  la
delibera di insindacabilita'  adottata  il  30  giugno  2004  per  il
procedimento civile avente il medesimo oggetto»; 
        che, quindi, la delibera di insindacabilita'  del  30  giugno
2004 non e' stata diretto oggetto della pronuncia di annullamento  da
parte di questa Corte, malgrado la identita'  dei  fatti  tra  quelli
oggetto del procedimento penale e quelli su cui si fonda  la  domanda
civile, di cui all'odierno procedimento; 
        che, richiamata la giurisprudenza di legittimita' in tema  di
insindacabilita' ex art. 68  Cost.  e  testualmente  riprodotti  ampi
stralci della  proposta  della  Giunta  per  le  elezioni  e  per  le
immunita' parlamentari, la Corte ricorrente ha sottolineato come,  in
quest'ultimo documento, non siano stati individuati atti tipici posti
in  essere  dal  parlamentare  Castelli,  nei  quali  fossero   stati
affrontati i temi oggetto delle frasi poste a fondamento della azione
civile; 
        che  alcuni  atti  evocati  a  tal  riguardo  risulterebbero,
infatti,  generici,  altri  irrilevanti,  in  quanto  riguardanti  un
diverso parlamentare,  altri  ancora  non  pertinenti,  giacche'  gli
stessi non risulterebbero assimilabili alla ipotesi in esame; 
        che, pertanto, sussisterebbero i  presupposti  per  sollevare
conflitto di attribuzione nei confronti del Senato della  Repubblica,
in riferimento alla deliberazione di insindacabilita' adottata il  30
giugno 2004, della quale viene sollecitato l'annullamento conseguente
alla correlativa dichiarazione di non spettanza; 
        che il ricorso e' stato dichiarato ammissibile con  ordinanza
n. 38 del 2011, ritualmente notificati e depositati; 
        che nel giudizio si e' costituito il Senato della Repubblica,
depositando una memoria nella  quale,  descritta  l'evoluzione  della
giurisprudenza costituzionale in tema di "nesso  funzionale"  tra  le
opinioni espresse  dal  parlamentare  e  l'esercizio  delle  relative
attribuzioni, si e' sottolineato come il compito riservato  a  questa
Corte sia quello di verificare, caso per caso, se e in che misura  le
opinioni espresse extra moenia, in forma "atipica" rientrino  o  meno
nell'ambito della insindacabilita', nel quadro  di  una  esigenza  di
bilanciamento tra i contrapposti valori costituzionali coinvolti; 
        che  il  caso   di   specie   rappresenterebbe   un   esempio
paradigmatico  «della  non  piu'  attuale   definizione   del   nesso
funzionale   agli   atti   tipici   della   funzione   parlamentare»,
auspicandosi «l'adozione di nuovi e concreti parametri  quali  chiavi
ermeneutiche utili alla ricostruzione della suddetta funzione»; 
    che, in un'ulteriore memoria, il Senato ha sostenuto, anche sulla
base   dei   piu'   significativi   approdi   della    giurisprudenza
costituzionale, come  non  sembri  «piu'  opinabile  che  il  mandato
elettorale si esplichi in tutte le occasioni in cui  il  parlamentare
raggiunga il cittadino illustrando la propria posizione - quand'anche
cio'  avvenga  al  di  fuori  dei   luoghi   deputati   all'attivita'
legislativa in senso stretto - ed estrinsecandosi attraverso i  mezzi
di informazione di massa, gli organi di stampa e la televisione»; 
        che,  nella  situazione  di  specie,   il   contenuto   delle
affermazioni attribuite  al  sen.  Castelli  verrebbe  a  configurare
«attivita' di critica e di denuncia politica» coperta dalla  garanzia
della insindacabilita' in quanto connessa alla funzione parlamentare; 
        che, infatti, e' pacifico che dette affermazioni siano  state
rese  nel  corso  di  una  trasmissione  televisiva  di  informazione
politica e parlamentare  (come,  del  resto,  attestato  anche  dallo
stesso tema della trasmissione oltre che dalla qualita' degli  ospiti
intervenuti) e che esse abbiano univocamente  avuto  ad  oggetto  «il
tema della politica giudiziaria e criminale, specialmente in  materia
di terrorismo», senza contare che  il  sen.  Castelli  ricopriva,  al
tempo, l'incarico di Ministro della giustizia e che, da parlamentare,
s'era gia' espresso, in sede di atti tipici, in senso  critico  circa
le modalita' di gestione del cosiddetto  "caso  Baraldini"  da  parte
dell'allora Guardasigilli on. Diliberto; 
        che si ribadisce  l'auspicio  che  questa  Corte  enuclei  un
concetto di "nesso funzionale" piu' in linea  con  il  mutato  quadro
socio-politico, nel senso di  «ritenere  coperta  dalla  garanzia  di
insindacabilita'  qualunque  attivita'  -  sia  soggettivamente,  sia
oggettivamente - appunto riconducibile  alla  obiettiva  esplicazione
del mandato parlamentare, anche in relazione agli specifici interessi
del parlamentare stesso». 
    Considerato che questa  Corte  e'  chiamata  a  pronunciarsi  sul
ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto
dalla Corte d'appello di Roma, sezione prima civile, contro il Senato
della Repubblica a seguito della deliberazione del  30  giugno  2004,
con  la  quale  e'  stata  dichiarata  l'insindacabilita',  ai  sensi
dell'art.  68,  primo  comma,  della  Costituzione,  delle   opinioni
espresse dal senatore Roberto Castelli nei  confronti  dell'onorevole
Oliviero Diliberto e per le quali  quest'ultimo  ha  promosso  azione
civile per il risarcimento dei danni davanti al Tribunale di Roma; 
        che il ricorso contiene anche la  richiesta  di  annullamento
della predetta deliberazione all'origine del conflitto; 
        che la medesima questione relativa alla spettanza del  potere
del Senato della Repubblica di  dichiarare  l'insindacabilita'  delle
opinioni espresse dal sen. Roberto Castelli  nei  confronti  dell'on.
Oliviero Diliberto e' stata gia' esaminata  da  questa  Corte  -  con
riferimento alla  stesso  provvedimento  oggi  nuovamente  sottoposto
all'esame, di cui  anche  era  stato  chiesto  l'annullamento  -  nel
giudizio  per  conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello  Stato
instaurato su ricorso  del  Giudice  per  l'udienza  preliminare  del
Tribunale di Roma e definito con la sentenza n. 304 del 2007; 
        che quest'ultima pronuncia ha, da  un  lato,  dichiarato  che
«non  spettava  al  Senato  della   Repubblica   affermare   che   le
dichiarazioni  rese  dal  senatore  Roberto  Castelli,  oggetto   del
procedimento  penale  pendente  dinanzi   al   Giudice   dell'udienza
preliminare del Tribunale di Roma, costituiscono opinioni espresse da
un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai  sensi
dell'art. 68, primo comma, della  Costituzione»;  e,  dall'altro,  ha
disposto  l'annullamento  della  «deliberazione  della  Giunta  delle
elezioni e delle immunita' parlamentari  del  18  maggio  2005  (Doc.
IV-ter,  n.  10)  nella  parte  in  cui  richiama  la   delibera   di
insindacabilita' adottata il  30  giugno  2004  per  il  procedimento
civile avente il medesimo oggetto (Doc. IV-quater, n. 22)»; 
        che la risoluzione di un conflitto  di  attribuzione  con  la
pronuncia, come nel caso, sulla spettanza del potere in contestazione
- adottata all'esito di un  giudizio  specificamente  orientato  alla
garanzia dell'ordine costituzionale delle  competenze  piuttosto  che
non al controllo della legittimita' di  singoli  atti,  ancorche'  di
questi possa, per conseguenza, disporsi l'annullamento (sent. n.  457
del 1999) - preclude il riesame nel merito di una questione  che,  in
quanto connessa a un medesimo atto e relativa a  un  medesimo  fatto,
avrebbe  il  medesimo  oggetto,  dovendosi  considerare  esaurita  la
competenza a giudicarne; 
        che, d'altra parte, la garanzia sancita dall'art.  68,  primo
comma,  Cost.,  assicurando  ai  membri   del   Parlamento   la   non
perseguibilita' a qualsiasi titolo e in  qualsivoglia  sede  (civile,
penale, amministrativa, disciplinare, ecc.) per le opinioni  espresse
nell'esercizio delle proprie funzioni,  secondo  l'ormai  consolidata
accezione del  "nesso  funzionale",  appare  dotata  di  una  portata
necessariamente  integrale,  non  suscettibile  di  ottenere  diversi
effetti ove riferita ai medesimi fatti; 
        che, inoltre, l'annullamento disposto dalla sentenza  n.  304
del  2007  ha  riguardato  una  deliberazione   che   -   in   quanto
espressamente adottata sulla base della presa d'atto,  conforme  alla
prassi, «che non vi  e'  luogo  a  deliberare  perche'  la  richiesta
concerne fatti per i quali il Senato si  e'  gia'  pronunciato»,  sul
presupposto che «le deliberazioni del Senato concernono i fatti e non
i  procedimenti»  -  ha  esplicitamente   acquisito   significato   e
consistenza proprio attraverso il  «rinvio  alla  deliberazione  gia'
assunta sul medesimo fatto  il  30  giugno  2004  dall'Assemblea  del
Senato», con la precisazione che questa, adottata in riferimento a un
procedimento  civile,   «deve   intendersi   applicabile   anche   al
procedimento penale ai sensi dell'art. 3, comma 8, della legge n. 140
del 2003»; 
        che, dunque, le ragioni  delle  doglianze  prospettate  dalla
Corte ricorrente devono intendersi complessivamente gia' accolte  con
la sentenza n. 304 del 2007, sia  con  riguardo  alla  spettanza  del
potere sia con riguardo all'efficacia dell'atto reputato lesivo; 
        che   il   ricorso   deve,   pertanto,   essere    dichiarato
manifestamente inammissibile per carenza d'interesse.