Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 1, 2, 3  e
4  della  legge   15   febbraio   1953,   n.   60   (Incompatibilita'
parlamentari); della legge della Regione siciliana 24 giugno 1986, n.
31 (Norme per l'applicazione nella Regione siciliana della  legge  27
dicembre 1985, n. 816, concernente aspettative, permessi e indennita'
degli amministratori locali. Determinazione delle misure dei compensi
per i componenti delle commissioni provinciali di controllo. Norme in
materia di  ineleggibilita'  e  incompatibilita'  per  i  consiglieri
comunali, provinciali e di  quartiere);  della  legge  della  Regione
siciliana 26 agosto 1992, n. 7 (Norme per  l'elezione  con  suffragio
popolare  del  Sindaco.  Nuove  norme  per  l'elezione  dei  consigli
comunali, per la composizione degli organi collegiali dei comuni, per
il  funzionamento  degli  organi  provinciali  e   comunali   e   per
l'introduzione della preferenza unica) e della  legge  della  Regione
siciliana 15 settembre 1997, n.  35  (Nuove  norme  per  la  elezione
diretta del Sindaco, del Presidente della  Provincia,  del  Consiglio
comunale e del Consiglio provinciale), promosso dal Tribunale  civile
di Catania  nel  procedimento  vertente  tra  Salvatore  Battaglia  e
Raffaele Stancanelli ed altri, con ordinanza del  10  dicembre  2010,
iscritta al n. 46 del registro  ordinanze  2011  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  12,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2011. 
    Visti l'atto di costituzione di Salvatore Battaglia  nonche'  gli
atti di intervento della  Regione  siciliana  e  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri; 
    Udito nell'udienza pubblica del  20  settembre  2011  il  Giudice
relatore Paolo Grossi; 
    Uditi gli avvocati Antonio  Catalioto  per  Salvatore  Battaglia,
Paolo Chiapparrone per la Regione siciliana e l'avvocato dello  Stato
Maurizio Borgo per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Nel corso di un giudizio - promosso da un cittadino elettore
nei confronti (tra l'altro) del sindaco del Comune  di  Catania,  per
accertare  in  capo  al  convenuto  la  sussistenza  della  causa  di
incompatibilita'  tra  tale  carica  e  quella  di   senatore   della
Repubblica Italiana,  e  conseguentemente  dichiararne  la  decadenza
dalla prima in mancanza di esercizio  del  diritto  di  opzione -  il
Tribunale civile di Catania, con  ordinanza  emessa  il  10  dicembre
2010, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 51, 67 e 97 della
Costituzione, questione  di  legittimita'  costituzionale:  a)  degli
articoli  1,  2,  3  e  4  della  legge  15  febbraio  1953,  n.   60
(Incompatibilita' parlamentari), nella parte  in  cui  non  prevedono
l'incompatibilita' tra la carica di parlamentare e quella di  sindaco
di Comune con popolazione superiore ai 20.000 abitanti,  in  presenza
delle condizioni di cui all'art. 7,  primo  comma,  lettera  c),  del
decreto del  Presidente  della  Repubblica  30  marzo  1957,  n.  361
(Approvazione del testo  unico  delle  leggi  recanti  norme  per  la
elezione della Camera dei deputati), in combinato disposto con l'art.
5 del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533 (Testo unico delle
leggi recanti norme per l'elezione del Senato della Repubblica),  che
estende  la  disciplina  delle  ineleggibilita'  per  la  Camera  dei
deputati alle elezioni per il Senato della Repubblica; b) della legge
Regione siciliana 24 giugno 1986, n.  31  (Norme  per  l'applicazione
nella Regione  siciliana  della  legge  27  dicembre  1985,  n.  816,
concernente aspettative, permessi e indennita'  degli  amministratori
locali. Determinazione delle misure dei  compensi  per  i  componenti
delle commissioni provinciali  di  controllo.  Norme  in  materia  di
ineleggibilita'  e  incompatibilita'  per  i  consiglieri   comunali,
provinciali e di quartiere), della legge Regione siciliana 26  agosto
1992, n. 7 (Norme per l'elezione con suffragio popolare del  Sindaco.
Nuove norme per l'elezione dei consigli comunali, per la composizione
degli organi collegiali dei comuni, per il funzionamento degli organi
provinciali e comunali e per l'introduzione della preferenza  unica),
e della legge Regione siciliana 15 settembre 1997, n. 35 (Nuove norme
per la elezione diretta del Sindaco, del Presidente della  Provincia,
del Consiglio comunale e del Consiglio provinciale), nella  parte  in
cui non prevedono l'incompatibilita' tra la  carica  di  parlamentare
nazionale e  di  sindaco  di  Comune  con  popolazione  superiore  ai
ventimila abitanti e viceversa. 
    Il rimettente premette,  in  fatto,  che  il  resistente  (eletto
sindaco del Comune di Catania, che ha una  popolazione  superiore  ai
20.000 abitanti, nelle elezioni amministrative del  15  e  16  giugno
2008, successivamente quindi alla elezione del medesimo  alla  carica
di senatore  della  Repubblica  Italiana,  all'esito  delle  elezioni
politiche tenutesi in data 13 e 14 aprile 2008) ricopre  entrambe  le
cariche  senza  avere  esercitato  l'opzione,  in  quanto  la  Giunta
elettorale per  il  Senato  nella  seduta  del  3  novembre  2009  ha
dichiarato valida l'elezione di tutti i senatori eletti in Sicilia ed
il Comitato per l'esame  delle  cariche  rivestite  dai  senatori  ha
proposto all'assemblea  di  dichiarare  compatibile  con  il  mandato
parlamentare la carica di sindaco del Comune di  Catania.  Dopodiche'
egli da' atto  della  infondatezza  delle  eccezioni  di  difetto  di
giurisdizione del giudice ordinario a conoscere dell'azione  popolare
proposta dal ricorrente (che  non  verte  in  materia  coperta  dalla
riserva di autodichia di cui all'art. 66 Cost., giacche' la  qualita'
di deputato o senatore del soggetto che cumula le due  cariche  resta
del tutto intangibile ed estranea alla specifica pronunzia invocata e
viene in rilievo unicamente alla stregua di un presupposto esterno di
applicazione  della  normativa   in   materia   di   incompatibilita'
dell'amministratore  dell'ente  locale,   ferme   ed   impregiudicate
restando tutte le prerogative costituzionali e sovrane del Parlamento
garantite dalla Costituzione) e di improcedibilita' del  ricorso  per
tardivita' rispetto al termine previsto dall'art. 82 del decreto  del
Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle
leggi  per  la  composizione  e  la  elezione  degli   organi   delle
Amministrazioni comunali), in quanto l'azione elettorale  si  colloca
su un piano di assoluta autonomia rispetto alla  delibera  consiliare
di convalida dell'elezione. 
    Il giudice a quo deduce, quindi,  la  rilevanza  della  questione
sull'assunto che - sebbene  la  competenza  normativa  della  Regione
siciliana, in materia di cause di ineleggibilita' e incompatibilita',
costituisca espressione di una potesta' normativa primaria, ai  sensi
degli artt. 14 e 15 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946,  n.
455 (Approvazione dello statuto delle Regione siciliana),  convertito
in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, non  potendo  trovare
applicazione la normativa statale relativa  alle  Regioni  a  statuto
ordinario di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo
unico delle leggi sull'ordinamento degli  enti  locali),  ne'  quella
dettata con riferimento sempre alle Regioni a statuto ordinario dalla
legge 2 luglio 2004, n. 165 (Disposizioni di attuazione dell'articolo
122, primo  comma,  della  Costituzione)  -  tuttavia,  nel  caso  di
incompatibilita' tra le predette  cariche  degli  enti  locali  e  la
carica di parlamentare nazionale, la legislazione regionale siciliana
non puo' operare, perche' sussiste una riserva di legge statale,  che
l'art. 65 Cost. contempla espressamente al  fine  di  assicurare  una
disciplina omogenea  che  rispetti  e  tuteli  sia  il  principio  di
eguaglianza dei cittadini in tema di diritti politici che  quello  di
unita' dello Stato. Ne deriva quindi, secondo il rimettente,  che  le
norme applicabili per la  definizione  della  controversia  in  esame
sono, anche nella Regione siciliana, in primo luogo quelle  contenute
nella legge statale censurata (che, come detto, prevede espressamente
che non sono eleggibili  alla  carica  di  parlamentare  nazionale  i
presidenti delle Province ed i sindaci  dei  Comuni  con  popolazione
superiore ai ventimila abitanti, senza disciplinare l'ipotesi inversa
di sopravvenienza della carica di sindaco rispetto a quella di membro
del  Parlamento)  e  poi  quelle  regionali,  stante  la  doverosa  e
necessitata uniformita' della previsione  tassativa  della  cause  di
ineleggibilita' ed incompatibilita' in materia elettorale su tutto il
territorio nazionale, che non  consente  alcuna  discrezionalita'  in
capo al legislatore regionale. 
    Preso atto, poi, del «diritto vivente» consolidatosi,  a  partire
dal 2002, sulla base della prassi (peraltro ritenuta insindacabile ex
art. 66 Cost.) seguita dalle Giunte  per  le  elezioni  di  Camera  e
Senato - le quali (pur nella  consapevolezza  dell'esistenza  di  una
lacuna  legislativa  dovuta  alla  mancata  disciplina,  nelle  norme
statali, della ipotesi di incompatibilita' in esame) ritengono di non
poterla colmare  in  via  interpretativa,  attraverso  l'applicazione
analogica delle disposizioni concernenti l'ineleggibilita', ostandovi
il  principio  di  tassativita'  delle  cause   d'ineleggibilita'   e
incompatibilita' e la considerazione che l'elettorato passivo rientra
tra i diritti politici fondamentali del cittadino  -,  il  rimettente
rileva tuttavia che, dalla giurisprudenza anche risalente della Corte
costituzionale,  emerge  la  costante  valorizzazione  del  principio
cosiddetto di conversione delle cause di ineleggibilita' sopravvenute
in  cause  d'incompatibilita',  onde  colmare  le  eventuali   lacune
legislative (come da ultimo affermato nella sentenza n. 143 del  2010
proprio in  tema  di  incompatibilita'  tra  cariche  elettive  nella
Regione Sicilia). 
    Pertanto, il giudice a quo deduce in  primo  luogo  il  contrasto
delle disposizioni statali e regionali censurate con gli artt. 3 e 51
Cost. - espressivi della fondamentale esigenza, che  non  degrada  la
potesta' legislativa regionale esclusiva a competenza concorrente, ma
la limita e la impegna al rispetto del principio  costituzionale  che
esige l'uniforme garanzia per tutti i cittadini, in  ogni  parte  del
territorio nazionale, del diritto fondamentale di elettorato attivo e
passivo - giacche' la mancata previsione del divieto di  cumulo  puo'
comportare una disparita' di trattamento tra la posizione  di  coloro
che sono  gia'  parlamentari  ed  intendono  candidarsi  alla  carica
locale, sui quali non grava alcun obbligo, e coloro che, invece, sono
titolari di un ufficio pubblico locale e intendono  partecipare  alla
competizione elettorale per uno dei rami del  Parlamento,  sui  quali
grava l'obbligo di  dimettersi  preventivamente.  Cio',  con  lesione
anche del principio di ragionevolezza, in quanto un soggetto non puo'
assumere  durante  il  proprio  mandato  uffici  o  cariche  che  gli
avrebbero precluso l'eleggibilita' rispetto a  quello  ricoperto  per
primo. 
    Inoltre, il rimettente denuncia la lesione dell'art. 67 Cost., in
ragione della possibile contrapposizione d'interessi tra enti  locali
(e segnatamente tra  Comuni  aventi  una  rilevante  popolazione)  ed
organizzazione  statuale  nazionale,  con  conseguente   vulnus   del
principio  di  liberta'  di  mandato,  per  possibile  conflitto   di
interessi tra l'impegno del deputato e  quello  di  sindaco;  nonche'
dell'art. 97 Cost., atteso che il cumulo degli uffici di  sindaco  di
un Comune con rilevante popolazione e di parlamentare nazionale  puo'
ripercuotersi negativamente  sull'efficienza  e  imparzialita'  delle
funzioni cumulativamente esercitate. 
    2. - Si e'  costituito  il  cittadino  elettore,  ricorrente  nel
giudizio a quo, che -  alla  stregua  di  argomentazioni  analoghe  a
quelle svolte nell'ordinanza di  rimessione  -  ha  concluso  per  la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle norme censurate,
eventualmente da estendersi in via consequenziale alle medesime leggi
nella parte in cui non  prevedono  l'incompatibilita'  anche  tra  la
carica  di  parlamentare  e  quella  di   presidente   della   Giunta
provinciale. 
    3. - E' intervenuto il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
chiedendo, in primo luogo, una declaratoria di inammissibilita' della
sollevata questione, in ragione del fatto che il rimettente  richiede
alla Corte una pronuncia additiva in materia coperta  da  riserva  di
legge, indicando una soluzione per nulla  obbligata  e  comunque  non
scevra da implicazioni discrezionali (come dimostrato dai numerosi  e
differenti disegni di legge presentati in Parlamento). 
    Nel merito, l'Avvocatura deduce la non fondatezza della questione
medesima,  in  quanto  -  esclusa  la  sussistenza  di  un  principio
costituzionale di «necessario parallelismo» tra cause  originarie  di
ineleggibilita' e cause  sopravvenute  di  incompatibilita'  -  nella
specie neppure si riscontrerebbe la lamentata lesione delle  esigenze
di uniformita' di disciplina  in  materia,  in  quanto  la  censurata
normativa vige su tutto  il  territorio  dello  Stato.  Peraltro,  la
difesa erariale rileva che il rimettente non ha  tenuto  conto  della
diversita' del fondamento della previsione della  ineleggibilita'  in
Parlamento dei sindaci dei Comuni con piu' di ventimila abitanti (che
si  basa  sulla  tutela  della  liberta'  di  voto  e  del   corretto
svolgimento della competizione elettorale nella «parita' delle  armi»
dei contendenti, con esclusione di indebiti vantaggi, in  termini  di
metus publicae  potestatis  ovvero  di  captatio  benevolentiae,  che
possono derivare dalla carica rivestita nell'ente locale) rispetto al
caso inverso del parlamentare che concorra all'elezione a sindaco, in
cui indubbiamente si attenuano i pericoli di violazione del principio
di  imparzialita',  per  insorgenza  di  conflitti  di  interessi  ed
inefficienze tali da imporre, a livello costituzionale, la necessita'
di una previsione legislativa di incompatibilita'. 
    4. - E' intervenuta, altresi', la Regione siciliana,  in  persona
del Presidente pro-tempore, deducendo, con  specifico  riguardo  alle
sole norme regionali impugnate, l'inammissibilita'  della  questione:
a) per difetto di pregiudizialita' in punto di rilevanza,  poiche'  i
dubbi sollevati dal rimettente si riferiscono alla normativa  statale
che egli deve applicare; b)  perche'  posta  in  modo  perplesso,  in
quanto lo stesso rimettente dubita  dell'applicabilita'  delle  norme
regionali, affermando la necessita' di  disciplinare  la  materia  in
maniera uniforme a livello nazionale; c) per omessa  indicazione  dei
parametri statutari che sarebbero stati violati; d)  per  difetto  di
motivazione, in quanto  le  censure  si  riferiscono  alla  normativa
statale e solo apoditticamente e senza specifica motivazione anche  a
quella regionale. 
    Nel merito la  Regione  conclude  per  la  non  fondatezza  della
questione non  avendo  essa  competenza  legislativa  in  materia  di
incompatibilita' fra la carica di parlamentare nazionale e quella  di
sindaco di Comune con popolazione superiore ai ventimila abitanti. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Tribunale civile di Catania censura - in riferimento agli
articoli 3, 51, 67 e 97 della Costituzione - gli articoli 1, 2, 3 e 4
della legge 15 febbraio 1953, n. 60 (Incompatibilita'  parlamentari),
nella parte in cui non prevedono l'incompatibilita' tra la carica  di
parlamentare e quella di sindaco di Comune con popolazione  superiore
ai 20.000 abitanti, in presenza delle condizioni di cui  all'art.  7,
primo comma, lettera c), del decreto del Presidente della  Repubblica
30 marzo 1957, n. 361  (Approvazione  del  testo  unico  delle  leggi
recanti  norme  per  la  elezione  della  Camera  dei  deputati),  in
combinato disposto con l'art. 5 del decreto legislativo  20  dicembre
1993, n. 533 (Testo unico delle leggi recanti  norme  per  l'elezione
del  Senato  della  Repubblica),  che  estende  la  disciplina  delle
ineleggibilita' per la Camera  dei  deputati  alle  elezioni  per  il
Senato della Repubblica. 
    Il  medesimo  Tribunale  -  stante  la  «doverosa  e  necessitata
uniformita' della previsione tassativa delle cause di ineleggibilita'
ed incompatibilita' in materia  elettorale  su  tutto  il  territorio
nazionale» - censura altresi' la legge  della  Regione  siciliana  24
giugno 1986, n. 31 (Norme per l'applicazione nella Regione  siciliana
della legge  27  dicembre  1985,  n.  816,  concernente  aspettative,
permessi e indennita'  degli  amministratori  locali.  Determinazione
delle  misure  dei  compensi  per  i  componenti  delle   commissioni
provinciali di controllo.  Norme  in  materia  di  ineleggibilita'  e
incompatibilita'  per  i  consiglieri  comunali,  provinciali  e   di
quartiere), la legge della Regione siciliana 26  agosto  1992,  n.  7
(Norme per l'elezione con suffragio popolare del Sindaco. Nuove norme
per l'elezione dei  consigli  comunali,  per  la  composizione  degli
organi collegiali dei  comuni,  per  il  funzionamento  degli  organi
provinciali e comunali e per l'introduzione della preferenza  unica),
e la legge della Regione siciliana 15 settembre 1997,  n.  35  (Nuove
norme per la elezione  diretta  del  Sindaco,  del  Presidente  della
Provincia, del  Consiglio  comunale  e  del  Consiglio  provinciale),
sempre nella parte in cui non  prevedono  l'incompatibilita'  tra  la
carica di parlamentare nazionale e quella di sindaco  di  Comune  con
popolazione superiore ai 20.000 abitanti e viceversa. 
    2. - Con riferimento ai medesimi parametri, il rimettente impugna
quindi  contestualmente   (nella   parte   in   cui   non   prevedono
l'incompatibilita' tra la carica di parlamentare e quella di  sindaco
di un Comune con popolazione  superiore  ai  20.000  abitanti)  norme
della legge statale sulle incompatibilita' dei parlamentari  e  norme
di leggi regionali in materia di elezioni amministrative. 
    In particolare,  onde  giustificare  l'estensione  delle  censure
anche a queste ultime leggi, il giudice a quo muove dall'assunto  che
- sebbene la competenza normativa della Regione siciliana, in materia
di  cause  di   ineleggibilita'   e   incompatibilita',   costituisca
espressione di una potesta' normativa primaria, ai sensi degli  artt.
14 e 15  del  regio  decreto  legislativo  15  maggio  1946,  n.  455
(Approvazione dello statuto delle Regione siciliana),  convertito  in
legge costituzionale 26 febbraio 1948,  n.  2,  non  potendo  trovare
applicazione la normativa statale relativa  alle  Regioni  a  statuto
ordinario di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo
unico delle leggi sull'ordinamento degli  enti  locali),  ne'  quella
dettata con riferimento sempre alle Regioni a statuto ordinario dalla
legge 2 luglio 2004, n. 165 (Disposizioni di attuazione dell'articolo
122, primo  comma,  della  Costituzione)  -  tuttavia,  nel  caso  di
incompatibilita' tra le predette  cariche  degli  enti  locali  e  la
carica di parlamentare nazionale, la legislazione regionale siciliana
non puo' operare, perche' sussiste una riserva di legge statale,  che
l'art. 65 Cost. contempla espressamente al  fine  di  assicurare  una
disciplina omogenea  che  rispetti  e  tuteli  sia  il  principio  di
eguaglianza dei cittadini in tema di diritti politici che  quello  di
unita' dello Stato. Cio'  premesso,  il  rimettente  ritiene  che  la
questione di  costituzionalita'  debba  investire  «innanzitutto»  le
norme della legge statale (che, come detto, prevede espressamente che
non  sono  eleggibili  alla  carica  di  parlamentare   nazionale   i
presidenti delle Province ed i sindaci  dei  Comuni  con  popolazione
superiore ai ventimila abitanti, senza disciplinare l'ipotesi inversa
di sopravvenienza della carica di sindaco rispetto a quella di membro
del Parlamento) e poi anche quelle  delle  tre  leggi  regionali  (in
quanto affette dalla medesima lacuna): e queste ultime  «sia  laddove
volesse  ritenersi  sussistente  la  competenza  normativa  regionale
primaria, anche nella  materia  delle  cause  di  ineleggibilita'  ed
incompatibilita' degli amministratori degli  enti  locali  che  siano
anche parlamentari nazionali»,  «sia  in  ragione  della  doverosa  e
necessitata uniformita' della previsione  tassativa  della  cause  di
ineleggibilita' ed incompatibilita' in materia elettorale su tutto il
territorio nazionale». 
    2.1.  -  La  difesa   della   Regione   siciliana   ha   eccepito
l'inammissibilita' della questione riferita alle leggi regionali, sia
per difetto di pregiudizialita' in punto di rilevanza,  in  quanto  i
dubbi sollevati dal rimettente  si  riferiscono  esclusivamente  alla
normativa statale; sia perche' posta in modo perplesso,  giacche'  e'
lo stesso giudice a quo a dubitare  dell'applicabilita'  delle  norme
regionali, affermando  tuttavia  la  necessita'  di  disciplinare  la
materia in maniera uniforme a livello nazionale. 
    2.2. - Tali eccezioni sono fondate. 
    2.3.  -  Come  sottolineato  dal  rimettente,  questa  Corte   ha
ripetutamente affermato  che,  in  materia  elettorale,  la  potesta'
legislativa  della  Regione  siciliana  differisce  da  quella  delle
Regioni ordinarie, dal momento che essa, ai sensi dell'art. 3,  primo
comma, e dell'art. 9, terzo comma, dello statuto speciale (sostituiti
ad opera dell'art. 1 della legge costituzionale 31 gennaio  2001,  n.
2), e' titolare di potesta' legislativa di tipo  primario,  la  quale
deve peraltro svolgersi in armonia con la Costituzione e  i  principi
dell'ordinamento giuridico  della  Repubblica,  nonche'  delle  altre
disposizioni dello statuto (da ultimo, sentenza n. 143 del 2010).  Di
modo che l'esercizio del potere  legislativo  anche  da  parte  delle
Regioni a statuto speciale in ambiti, pur ad  esse  affidati  in  via
primaria, che concernano la  ineleggibilita'  e  la  incompatibilita'
alle  cariche  elettive,  incontra  necessariamente  il  limite   del
rispetto del  principio  di  eguaglianza  specificamente  sancito  in
materia dall'art. 51 Cost.  E  che,  di  conseguenza  (con  specifico
riferimento  alla  potesta'  legislativa  esclusiva   della   Regione
siciliana  in  tema  di  ineleggibilita'  ed   incompatibilita'   dei
consiglieri degli enti locali, di cui agli artt. 14, lettera o, e 15,
terzo  comma,  dello  statuto  speciale),  la  disciplina   regionale
d'accesso alle cariche elettive  deve  essere  conforme  ai  principi
della legislazione statale, a causa della esigenza di uniformita'  in
tutto  il  territorio  nazionale,  quale  che  sia  la   Regione   di
appartenenza  (sentenza  n.  288  del  2007),  giacche'  proprio   il
principio di cui all'art.  51  Cost.  svolge  il  ruolo  di  garanzia
generale di un diritto politico fondamentale,  riconosciuto  ad  ogni
cittadino con i  caratteri  dell'inviolabilita'  (ex  art.  2  Cost.:
sentenze n. 25 del 2008, n. 288 del 2007 e n. 539 del 1990). 
    Questa Corte ha altresi' affermato che - poiche' l'art. 65 Cost.,
stabilendo che «la legge determina i casi  di  ineleggibilita'  e  di
incompatibilita' con l'ufficio di deputato o di senatore»,  pone  una
precisa  riserva  di  legge  statale,  essendo  quindi  precluso   al
legislatore regionale, anche se fornito come nel caso  di  specie  di
potesta'  legislativa  primaria,   di   determinare   le   cause   di
incompatibilita' (oltre che  di  ineleggibilita')  con  l'ufficio  di
deputato o di senatore - spetta solo  allo  Stato  la  competenza  di
stabilire i casi di incompatibilita' con siffatte  cariche  (sentenze
n. 456 del 2005, n. 127 del 1987 e n. 60 del 1966); cio' in quanto la
statuizione  di  una  incompatibilita'  presuppone   logicamente   la
posizione di un divieto di  cumulo  di  due  uffici  ed  implica,  di
conseguenza, una  incidenza  anche  se  indiretta,  sulla  disciplina
dell'uno e dell'altro, finendo inevitabilmente  con  il  produrre  un
effetto che determina la violazione della competenza esclusiva  dello
Stato. 
    Orbene, nei termini in cui viene argomentata, la conclusione  cui
perviene il rimettente  in  ordine  alla  estensione  del  dubbio  di
costituzionalita' anche alle leggi regionali risulta viziata sotto il
duplice profilo della  formulazione  perplessa  dell'assunto  (svolto
oltretutto  in  termini  contraddittori  rispetto  alla  riconosciuta
sussistenza della riserva di legge statale) relativo  alla  possibile
configurabilita' di una competenza normativa  regionale  primaria  in
materia  anche  quando  vengano  coinvolte  le  cariche  parlamentari
nazionali; e  della  carente  motivazione  in  ordine  alla  concreta
necessita'  di  applicare  anche  la  normativa  regionale   per   la
definizione del giudizio  a  quo  (laddove,  evidentemente,  il  mero
rilievo dato alla esigenza di uniformare  sul  territorio  nazionale,
incidendo anche sulla fonte regionale, la previsione delle  cause  di
ineleggibilita'  ed   incompatibilita'   -   oltre   che   nuovamente
contraddire la premessa circa  l'applicabilita',  nella  fattispecie,
della sola norma statale - non  e'  comunque  argomento  di  per  se'
idoneo a sottrarre il giudice dal dovere  di  argomentare  in  ordine
alla effettiva rilevanza di tale specifica questione nel  giudizio  a
quo: sentenze n. 360, n. 294 e n. 281 del 2010). 
    3. - Il thema decidendum va dunque  limitato  al  solo  scrutinio
degli artt. 1, 2, 3 e 4 della legge n. 60 del 1953,  censurati  nella
parte in cui non  prevedono  «l'incompatibilita'  tra  la  carica  di
Parlamentare e quella di Sindaco di Comune con popolazione  superiore
ai 20.000 abitanti, in presenza delle condizioni di cui  all'art.  7,
lettera c), del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, in  combinato  disposto
con l'art. 5 del decreto legislativo 20 dicembre 1993,  n.  533,  che
estende  la  disciplina  delle  ineleggibilita'  per  la  Camera  dei
Deputati alle elezioni per il Senato della Repubblica». 
    3.1.  -  Il  rimettente  prende  atto   del   «diritto   vivente»
consolidatosi, a partire dal 2002,  sulla  base  della  nuova  prassi
seguita dalle Giunte per le elezioni di Camera e Senato, le  quali  -
pur nella consapevolezza dell'esistenza  di  una  lacuna  legislativa
dovuta alla mancata disciplina, nelle norme statali, della ipotesi di
incompatibilita' in esame - affermano di non poterla colmare  in  via
interpretativa (come in precedenza ritenuto  da  entrambe  le  Giunte
parlamentari,  con  giurisprudenza  costante  risalente  alla   Prima
legislatura), attraverso l'applicazione analogica delle  disposizioni
concernenti l'ineleggibilita', ostandovi il principio di tassativita'
delle cause d'ineleggibilita' e incompatibilita' e la  considerazione
che l'elettorato passivo rientra tra i diritti politici  fondamentali
del  cittadino.  Nel  contempo,  pero',  egli   rileva   che,   dalla
giurisprudenza anche risalente di questa Corte,  emerge  la  costante
valorizzazione  del  principio  di  parallelismo  tra  le  cause   di
ineleggibilita' sopravvenute e quelle d'incompatibilita', il quale di
recente ha trovato affermazione, proprio in tema di  incompatibilita'
tra cariche elettive nella Regione siciliana, nella sentenza  n.  143
del 2010. 
    Secondo il rimettente, dunque, le  disposizioni  della  censurata
legge statale contrasterebbero in parte qua: a) con gli artt. 3 e  51
Cost.,  per  violazione  del  principio  costituzionale   che   esige
l'uniforme  garanzia  per  tutti  i  cittadini,  in  ogni  parte  del
territorio nazionale, del diritto fondamentale di elettorato attivo e
passivo, giacche' la mancata previsione del divieto  di  cumulo  puo'
comportare una disparita' di trattamento tra la posizione  di  coloro
che sono  gia'  parlamentari  ed  intendono  candidarsi  alla  carica
locale, sui quali non grava alcun obbligo, e coloro che, invece, sono
titolari di un ufficio pubblico locale e intendono  partecipare  alla
competizione elettorale per uno dei rami del  Parlamento,  sui  quali
grava l'obbligo di dimettersi preventivamente; nonche' per violazione
del principio di ragionevolezza,  in  quanto  un  soggetto  non  puo'
assumere  durante  il  proprio  mandato  uffici  o  cariche  che  gli
avrebbero precluso l'eleggibilita' rispetto a  quello  ricoperto  per
primo;  b)  con  l'art.  67  Cost.,  in   ragione   della   possibile
contrapposizione d'interessi tra  enti  locali  (e  segnatamente  tra
Comuni aventi una rilevante popolazione) ed  organizzazione  statuale
nazionale, con  conseguente  vulnus  del  principio  di  liberta'  di
mandato, per possibile  conflitto  di  interessi  tra  l'impegno  del
deputato e quello di sindaco; c) con l'art. 97 Cost., atteso  che  il
cumulo degli uffici di sindaco di un Comune con rilevante popolazione
e  di  parlamentare  nazionale   puo'   ripercuotersi   negativamente
sull'efficienza  e  imparzialita'  delle   funzioni   cumulativamente
esercitate. 
    3.2. -  L'Avvocatura  dello  Stato  eccepisce  l'inammissibilita'
della sollevata questione in ragione  del  fatto  che  il  rimettente
vorrebbe dalla Corte una pronuncia additiva in una materia coperta da
riserva di legge, indicando una soluzione non  obbligata  e  comunque
non  scevra  da  implicazioni  discrezionali,  come  dimostrato   dai
numerosi  disegni  di  legge  presentati  in  questa  legislatura  in
entrambi i rami del Parlamento. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    Invero, nel formulare la questione  il  rimettente  si  limita  a
richiedere l'adozione di una pronuncia additiva capace  di  eliminare
il vulnus derivante dalla evidenziata lacuna normativa attraverso  la
trasposizione speculare della causa in esame  (direttamente  ricavata
dal sistema delle ineleggibilita' dei parlamentari) nell'ambito delle
altre cause di incompatibilita' con tale carica elettiva indicate nei
censurati articoli della legge n. 60 del 1953. Pertanto, la pronuncia
richiesta a  questa  Corte  non  incide  sul  diverso  profilo  della
operativita' della nuova causa  di  incompatibilita',  regolata  come
tutte le altre secondo le norme vigenti. 
    3.3. - Sotto altro profilo, va  anche  rilevato  che  l'art.  13,
comma 3, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138  (Ulteriori  misure
urgenti per  la  stabilizzazione  finanziaria  e  per  lo  sviluppo),
convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n.  148
(Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 agosto
2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione
finanziaria  e  per  lo  sviluppo.   Delega   al   Governo   per   la
riorganizzazione della  distribuzione  sul  territorio  degli  uffici
giudiziari), prevede ora che: «fermo restando quanto  previsto  dalla
legge 20 luglio 2004, n. 215, e successive modificazioni, le  cariche
di deputato e di senatore, nonche'  le  cariche  di  governo  di  cui
all'articolo 1, comma 2, della citata legge n.  215  del  2004,  sono
incompatibili con qualsiasi altra carica pubblica elettiva di  natura
monocratica  relativa  ad  organi  di  governo   di   enti   pubblici
territoriali aventi, alla data di indizione delle  elezioni  o  della
nomina, popolazione superiore a 5.000 abitanti, fermo restando quanto
previsto  dall'articolo  62  del  testo  unico  di  cui  al   decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Le  incompatibilita'  di  cui  al
primo periodo si applicano a decorrere dalla data di indizione  delle
elezioni relative alla prima legislatura parlamentare successiva alla
data di entrata in vigore del presente decreto. [...]». 
    La  espressa  posticipazione  alla  prossima  legislatura   della
operativita'  della  nuova   previsione   di   incompatibilita'   del
parlamentare successivamente eletto sindaco rende lo ius superveniens
privo di incidenza, ratione temporis, sulla sollevata  questione.  E'
tuttavia del pari evidente come la novellazione  legislativa  indichi
una  palese  opzione  per  la  introduzione  di  una   simmetrica   e
corrispondente operativita' fra condizioni di  ineleggibilita'  e  di
incompatibilita', intesa a  soddisfare  proprio  quella  esigenza  di
«riequilibrio» atta a colmare quelle  lacune  legislative  (segnalate
anche dalle «prassi» adottate dalle Giunte per le elezioni di  Camera
e Senato di cui s'e' fatto cenno) che il giudice a  quo  ha  posto  a
fulcro delle proprie doglianze. 
    3.4. - Nel merito la questione e' fondata. 
    L'art. 7, primo comma, lettera c), del d.P.R. n.  361  del  1957,
recante il testo unico per  l'elezione  della  Camera  dei  deputati,
sancisce che: «Non sono eleggibili: [...] c) i sindaci dei Comuni con
popolazione superiore ai 20.000 abitanti». A sua volta, l'art. 5  del
decreto legislativo n. 533 del  1991,  recante  il  testo  unico  per
l'elezione del Senato della Repubblica, dispone che: «Sono eleggibili
a senatori gli elettori che, al giorno delle elezioni, hanno compiuto
il quarantesimo anno di  eta'  e  non  si  trovano  in  alcuna  delle
condizioni d'ineleggibilita' previste dagli articoli 7, 8, 9 e 10 del
testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione della Camera dei
deputati, approvato con decreto del Presidente  della  Repubblica  30
marzo 1957, n. 361». 
    Gli articoli  da  1  a  4  della  legge  n.  60  del  1953  sulle
incompatibilita'  parlamentari  vengono  censurati  in  quanto  nulla
prevedono, in termini di incompatibilita', per  il  caso  in  cui  la
identica causa di  ineleggibilita'  sia  sopravvenuta  rispetto  alla
elezione a parlamentare. Ed a sostegno delle doglianze il  rimettente
richiama la sentenza n. 143 del 2010, nella  quale  questa  Corte  ha
sottolineato  (seppure  in  riferimento  ad  un  differente  contesto
normativo e fattuale) come  dalla  legislazione  statale  in  materia
elettorale emerga la «previsione di un parallelismo tra le  cause  di
incompatibilita' e le  cause  di  ineleggibilita'  sopravvenute,  con
riguardo  all'esigenza,  indicata  dalla  legge,  di  preservare   la
liberta' nell'esercizio  della  carica»  attraverso  una  tendenziale
esclusione del co-esercizio con altra carica elettiva. 
    Si tratta dunque di verificare la coerenza di un sistema in  cui,
alla  non   sindacabile   scelta   operata   dal   legislatore   (che
evidentemente produce  in  se'  una  indubbia  incidenza  sul  libero
esercizio  del  diritto   di   elettorato   passivo)   di   escludere
l'eleggibilita' alla Camera o al  Senato  di  chi  contemporaneamente
rivesta la carica di sindaco di grande Comune, non si  accompagni  la
previsione di una causa di incompatibilita' per il  caso  in  cui  la
stessa  carica  sopravvenga  rispetto  alla  elezione  a  membro  del
Parlamento nazionale. 
    La odierna valutazione della mancata previsione  della  causa  di
incompatibilita'  in  oggetto  deve  quindi  muoversi  non  solo  sul
versante ontologico riferito alla individuazione della diversita'  di
ratio e di elementi distintivi propri, per causa  ed  effetti,  delle
cause di ineleggibilita' (e della conseguente limitazione  dello  jus
ad officium, onde evitare lo strumentale  insorgere  di  fenomeni  di
captatio benevolentiae e di metus  publicae  potestatis)  rispetto  a
quelle di incompatibilita' - incidenti  sullo  jus  in  officio,  per
scongiurare l'insorgere di conflitti di interessi - (sentenze n.  288
del 2007 e n. 235 del 1988). L'analisi va  viceversa  condotta  -  in
ossequio alla esigenza di ricondurre il sistema ad  una  razionalita'
intrinseca altrimenti  lesa  -  alla  stregua  di  un  criterio  piu'
propriamente  teleologico,  nel  cui  contesto  va  evidenziato   «il
naturale  carattere  bilaterale   dell'ineleggibilita'»,   il   quale
inevitabilmente «finisce con il tutelare,  attraverso  il  divieto  a
candidarsi in determinate condizioni, non solo la carica per la quale
l'elezione e' disposta, ma  anche  la  carica  il  cui  esercizio  e'
ritenuto incompatibile con la candidatura in questione» (sentenza  n.
276 del 1997). 
    Tale profilo finalistico  non  puo'  trovare  attuazione  se  non
attraverso  l'affermazione  della  necessita'   che   il   menzionato
parallelismo sia assicurato, allorquando il  cumulo  tra  gli  uffici
elettivi sia, comunque, ritenuto  suscettibile  di  compromettere  il
libero  ed  efficiente  espletamento  della  carica,  ai  sensi   del
combinato disposto degli artt. 3 e 51  Cost.  (sentenza  n.  201  del
2003). Poiche' in ultima analisi le cause  di  ineleggibilita'  e  di
incompatibilita'  si  pongono  quali  strumenti  di  protezione   non
soltanto del mandato elettivo, ma  anche  del  pubblico  ufficio  che
viene ritenuto causa di  impedimento  del  corretto  esercizio  della
funzione rappresentativa, il potere discrezionale del legislatore  di
introdurre (o mantenere) dei temperamenti alla esclusione  di  cumulo
tra le due cariche «trova un limite nella necessita' di assicurare il
rispetto del principio di divieto del cumulo delle funzioni,  con  la
conseguente incostituzionalita' di previsioni  che  ne  rappresentino
una sostanziale elusione» (sentenza n. 143 del 2010). 
    In assenza di una causa normativa (enucleabile all'interno  della
legge impugnata ovvero dal piu' ampio sistema in  cui  la  previsione
opera)  idonea  ad  attribuirne   ragionevole   giustificazione,   la
previsione della non compatibilita' di un munus pubblico rispetto  ad
un altro preesistente, cui non si accompagni, nell'uno e  nell'altro,
una disciplina reciprocamente speculare, si pone in violazione  della
naturale corrispondenza biunivoca della cause di ineleggibilita', che
vengono ad incidere necessariamente su entrambe le cariche  coinvolte
dalla relativa previsione, anche a  prescindere  dal  dato  temporale
dello svolgimento dell'elezione.  Tanto  piu'  che  la  regola  della
esclusione «unidirezionale» viene in concreto fatta dipendere, quanto
alla  sua  effettiva  operativita',  dalla  circostanza  -  meramente
casuale - connessa alla  cadenza  temporale  delle  relative  tornate
elettorali ed alla priorita' o meno  della  assunzione  della  carica
elettiva  «pregiudicante»  a  tutto  vantaggio  della  posizione  del
parlamentare;  da  cio'  la  lesione  non  soltanto  del  canone   di
uguaglianza e  ragionevolezza  ma  anche  della  stessa  liberta'  di
elettorato attivo e passivo. 
    3.5. - Pertanto, gli artt. 1, 2, 3 e 4 della legge n. 60 del 1953
devono essere dichiarati costituzionalmente illegittimi, nella  parte
in cui non prevedono l'incompatibilita' tra la carica di parlamentare
e quella di sindaco di Comune con  popolazione  superiore  ai  20.000
abitanti. 
    3.6.  -  Restano  assorbiti  gli  ulteriori  profili  di  censura
formulati dal rimettente.