ORDINANZA 
 
    nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del  28
ottobre 2009 (Documento XVI, n. 1), con la quale si  dichiara  che  i
comportamenti  ascritti  al  senatore  A.M.  (deputato   e   ministro
all'epoca dei fatti) sono da ritenersi di  carattere  ministeriale  e
posti in essere per  il  perseguimento  di  un  preminente  interesse
pubblico nell'esercizio  della  funzione  di  governo,  promosso  dal
Tribunale di Livorno - sezione  distaccata  di  Cecina,  con  ricorso
notificato il 30 giugno 2010,  depositato  il  3  settembre  2010  ed
iscritto al n. 2 del registro conflitti tra poteri dello Stato  2010,
fase di merito. 
    Visti l'atto di costituzione  di  Camera  dei  deputati,  nonche'
l'atto di intervento del Senato della Repubblica; 
    udito nella camera di consiglio del 18 ottobre  2011  il  Giudice
relatore Sabino Cassese. 
    Ritenuto che il Tribunale di  Livorno  -  sezione  distaccata  di
Cecina, in composizione monocratica, con ordinanza  del  18  dicembre
2009, depositata  il  7  gennaio  2010,  ha  sollevato  conflitto  di
attribuzione tra poteri dello Stato in relazione  alla  deliberazione
della Camera dei deputati del 28 ottobre 2009 (Documento XVI, n.  1),
con la quale l'organo parlamentare ha ritenuto  che  i  comportamenti
ascritti al senatore A.M. (deputato e ministro all'epoca dei  fatti),
oggetto  di  procedimento  penale  pendente   presso   il   Tribunale
ricorrente,  sono  riferibili  all'articolo  96  della  Costituzione,
negando conseguentemente l'autorizzazione a  procedere  all'autorita'
giudiziaria; 
        che, premette il ricorrente, con sentenza n.  241  del  2009,
questa Corte  ha  statuito  il  dovere  per  l'autorita'  giudiziaria
procedente di informare il Presidente della Camera dei  deputati,  ai
sensi dell'articolo 8, comma 4, della legge costituzionale 16 gennaio
1989, n. 1 (Modifiche degli articoli 96, 134 e 135 della Costituzione
e della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, e norme in  materia
di  procedimenti  per  i  reati  di   cui   all'articolo   96   della
Costituzione), del provvedimento emesso in  data  31  marzo-4  aprile
2005 dal Tribunale dei ministri di Firenze, con  cui  tale  collegio,
dopo  aver  escluso  la  natura  ministeriale  dei   reati   ascritti
all'imputato, si limitava a disporre  la  trasmissione  degli  stessi
all'autorita' giudiziaria competente; 
        che, riferisce il ricorrente, la Camera dei deputati,  avendo
avuto notizia  della  pendenza  del  procedimento  penale  presso  il
Tribunale di Livorno, nella seduta del 28 ottobre 2009, ha approvato,
con la maggioranza prevista dall'art. 9, comma 3, della  legge  cost.
n. 1 del 1989, la proposta della  Giunta  per  le  autorizzazioni  di
deliberare che i comportamenti ascritti al senatore A.M., da ritenere
di  carattere  ministeriale,  sono  stati  posti  in  essere  per  il
perseguimento di  un  preminente  interesse  pubblico  nell'esercizio
della funzione di governo, ai sensi  del  citato  art.  9,  comma  3,
negando conseguentemente l'autorizzazione a  procedere  all'autorita'
giudiziaria; 
        che,  ad  avviso  del  ricorrente,  il   potere   di   negare
l'autorizzazione a procedere, insindacabile  ai  sensi  dell'art.  9,
comma 3, della legge cost. n.  1  del  1989,  e'  previsto,  in  base
all'art. 96 cost. e alla citata legge cost., soltanto in  ipotesi  di
reato avente natura ministeriale, cioe' commesso nell'esercizio delle
funzioni ministeriali, mentre, nel caso in  questione,  il  Tribunale
dei ministri di Firenze, con provvedimento del 4 aprile 2005, le  cui
valutazioni  sono  state   condivise   dal   Tribunale   di   Livorno
nell'ordinanza  del  4  novembre  2006,  ha  escluso  che  il   reato
contestato avesse natura ministeriale, ritenendo al contrario che  si
trattasse di reato comune; 
        che, in  siffatta  situazione,  sostiene  il  ricorrente,  la
Camera dei deputati, a fronte della valutazione giudiziale  da  parte
del Tribunale dei ministri e del Tribunale di Livorno in ordine  alla
natura non ministeriale del reato ascritto all'imputato, non  avrebbe
avuto il potere di negare la autorizzazione a procedere; 
        che, inoltre, osserva il Tribunale di Livorno,  dalla  citata
sentenza n. 241 del 2009 sarebbe  desumibile  «chiaramente  che  alla
Camera   non   spetta   alcuna   valutazione   vincolante    rispetto
all'autorita' giudiziaria in  ordine  alla  natura  ministeriale  del
reato contestato, ma soltanto che ad essa sia data  la  possibilita',
qualora ritenga diversa la  propria  valutazione  rispetto  a  quella
operata dal giudice, di sollevare conflitto di attribuzione»  dinanzi
a questa Corte; 
        che, precisa  il  ricorrente,  a  fronte  del  diniego  della
autorizzazione a procedere da parte della Camera dei  deputati,  «pur
potendosi opinare [.] che tale diniego  non  sia  vincolante  per  la
autorita'  giudiziaria  procedente  in  considerazione  della  natura
comune  del  reato  contestato  al  Ministro  A.M.  e  che  pertanto,
astrattamente, il Tribunale  avrebbe  potuto  anche  procedere  senza
tenerne conto, il principio della leale collaborazione tra gli organi
dello Stato rende opportuno che sia lo stesso Tribunale  a  sollevare
conflitto di attribuzioni tra l'autorita' giudiziaria e la Camera dei
deputati»; 
        che, pertanto, il Tribunale di Livorno -  sezione  distaccata
di  Cecina,  chiede  a  questa  Corte  di  statuire  «se,   ai   fini
dell'esercizio della prerogativa di cui all'articolo 96 Cost., spetti
alla  Camera  di  appartenenza  o  alla  autorita'   giudiziaria   la
valutazione in ordine alla  natura  ministeriale  o  meno  del  reato
contestato»; 
        che  il  conflitto  e'  stato  dichiarato   ammissibile   con
ordinanza n. 211  del  7-11  giugno  2010,  con  la  quale  e'  stata
disposta,  a  cura  del  ricorrente,  la  notifica  alla  Camera  dei
deputati, nonche' al Senato della Repubblica, dell'atto  introduttivo
del giudizio e dell'ordinanza stessa entro  il  termine  di  sessanta
giorni dalla relativa comunicazione e  il  successivo  loro  deposito
nella  cancelleria  di  questa  Corte,  con  la  prova  dell'avvenuta
notifica,   entro   il   termine   di   trenta   giorni   dall'ultima
notificazione, secondo quanto previsto dall'art. 24, comma  3,  delle
norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale; 
        che il ricorso, unitamente alla suddetta ordinanza, e'  stato
notificato dal ricorrente il 24 giugno 2010 alla Camera dei  deputati
e il  30  giugno  2010  al  Senato  della  Repubblica,  ed  e'  stato
depositato presso questa Corte, con  plico  spedito  il  2  settembre
2010, il successivo 3 settembre 2010; 
        che, in data 2 agosto 2010, si e' costituito in  giudizio  il
Senato della Repubblica, chiedendo che la Corte dichiari il conflitto
improcedibile, inammissibile,  irricevibile  e  improponibile  e,  in
subordine, non fondato; 
        che, ad avviso del  Senato  della  Repubblica,  il  conflitto
sarebbe  inammissibile,  atteso  che  il  Tribunale  di  Livorno  non
argomenterebbe  in  alcun  modo  circa  la  spettanza   all'autorita'
giudiziaria del potere di qualificare  un  determinato  comportamento
come reato ministeriale, limitandosi a richiamare la sentenza n.  241
del 2009; che vi sarebbe incertezza assoluta su quale sia  il  vulnus
lamentato dal ricorrente; che il Tribunale di Livorno non chiederebbe
l'annullamento dell'atto impugnato e non  manifesterebbe  minimamente
la volonta' di  proporre  un  conflitto  di  attribuzione  dalla  cui
decisione possa risultare  la  restaurazione  di  sue  ipoteticamente
violate prerogative costituzionali; che, infine, il ricorso «tace del
tutto sul contesto fattuale» nel quale il conflitto si inserisce; 
        che, nel merito, il Senato della Repubblica chiede il rigetto
del ricorso, in  quanto  la  Camera  competente  sarebbe  «senz'altro
titolare del potere di qualificare come ministeriale  un  determinato
reato,  adottando  una  deliberazione  vincolante   e   insindacabile
dall'Autorita' giudiziaria,  che  (negli  stretti  limiti  desumibili
dall'art. 9 della legge cost. n. 1 del  1989)  puo'  contrapporsi  ad
essa solo promuovendo conflitto di attribuzione»; 
        che, in data 3 agosto 2010, si e' costituita in  giudizio  la
Camera dei deputati, rilevando la inammissibilita'  del  conflitto  e
chiedendo, in subordine e nel merito, il rigetto del ricorso; 
    che, secondo  la  Camera  dei  deputati,  l'inammissibilita'  del
conflitto deriverebbe, in primo luogo,  dalla  carenza  del  petitum,
posto che «nell'atto di elevazione del conflitto risulta  omessa  sia
la espressa richiesta di dichiarazione di non spettanza  alla  Camera
della attribuzione esercitata nella specie, sia una  formale  domanda
di annullamento  dell'atto  impugnato  e  asseritamente  lesivo»;  in
secondo   luogo,   dalla   mancata   indicazione   delle   specifiche
disposizioni costituzionali  che  si  pretenderebbero  violate  dalla
delibera camerale; in terzo luogo, dalla circostanza che  il  ricorso
sarebbe in buona sostanza  preordinato  a  proporre  nuovamente  alla
Corte un thema decidendum gia' deciso con  la  sentenza  n.  241  del
2009; in quarto luogo, dal fatto che il  ricorso  sarebbe  diretto  a
dolersi  del  diniego  della   autorizzazione   a   procedere,   atto
insindacabile ai sensi dell'art. 9, comma 3, della legge cost.  n.  1
del 1989; 
        che, nel merito, la  Camera  dei  deputati  sostiene  la  non
fondatezza del  ricorso,  in  quanto  l'organo  parlamentare  avrebbe
legittimamente attivato  autonomamente  la  procedura  autorizzatoria
prevista dall'art. 9 della legge cost. n. 1 del 1989; 
        che, in data 27 settembre 2011, il Senato della Repubblica ha
presentato una memoria, rilevando la manifesta  improcedibilita'  del
conflitto in quanto il ricorso risulterebbe depositato presso  questa
Corte oltre il termine di trenta  giorni  dall'ultima  notificazione,
come previsto dall'art. 24, comma  3,  delle  norme  integrative  dei
giudizi davanti alla Corte costituzionale; 
        che, nella medesima data, anche la  Camera  dei  deputati  ha
presentato una memoria in cui si chiede  che  la  Corte  dichiari  il
conflitto  improcedibile,  in  quanto  il   ricorso   sarebbe   stato
depositato oltre il termine previsto. 
    Considerato che il Tribunale di Livorno - sezione  distaccata  di
Cecina, in composizione monocratica, con ordinanza  del  18  dicembre
2009, depositata  il  7  gennaio  2010,  ha  sollevato  conflitto  di
attribuzione tra poteri dello Stato in relazione  alla  deliberazione
della Camera dei deputati del 28 ottobre 2009 (Documento XVI, n.  1),
con la quale l'organo parlamentare ha ritenuto  che  i  comportamenti
ascritti al senatore A.M. (deputato e ministro all'epoca dei  fatti),
oggetto  di  procedimento  penale  pendente   presso   il   Tribunale
ricorrente, sono riferibili all'art. 96 della  Costituzione,  negando
conseguentemente   l'autorizzazione   a    procedere    all'autorita'
giudiziaria; 
        che il Senato della Repubblica  e  la  Camera  dei  deputati,
nelle  rispettive  memorie,  hanno  eccepito  l'improcedibilita'  del
conflitto per l'inosservanza, da parte del  giudice  ricorrente,  del
termine  perentorio  di  trenta  giorni   dall'ultima   notificazione
fissato, dall'ordinanza n. 211 del 2010 che ha ammesso il  conflitto,
per il deposito - presso la cancelleria di questa Corte - del ricorso
e dell'ordinanza, con la prova della loro notificazione; 
        che l'eccezione e' fondata; 
        che l'art. 24 delle norme integrative per i  giudizi  davanti
alla  Corte  costituzionale  prevede  che   il   ricorso   dichiarato
ammissibile, con  la  prova  delle  notificazioni  eseguite  a  norma
dell'art. 37, comma quarto, della legge 11  marzo  1953,  n.  87  «e'
depositato nella cancelleria della Corte entro il termine  perentorio
di trenta giorni dall'ultima notificazione»; 
        che, poiche' tale deposito degli  atti  deve  avvenire  -  ai
sensi dello stesso art. 24, comma 3, delle norme integrative  -  «con
la prova delle notificazioni», il dies a  quo  della  decorrenza  del
termine  va  ragionevolmente  individuato  nel  momento  in  cui   il
ricorrente, se diligentemente attivatosi, ha avuto la  disponibilita'
della prova delle notificazioni; 
        che,  nella  specie,  il  Tribunale  di  Livorno  -   sezione
distaccata di  Cecina,  ha  tempestivamente  notificato  il  ricorso,
unitamente all'ordinanza n. 211 del 7 giugno 2010 che  ha  dichiarato
l'ammissibilita' del presente conflitto, alla Camera dei deputati  il
24 giugno 2010 e al Senato della Repubblica il 30 giugno 2010  (entro
il termine di sessanta giorni dalla  comunicazione,  quindi,  fissato
nell'ordinanza  stessa),  ricevendo  in  restituzione  le  relate  di
notificazione dall'Ufficio notifiche  esecuzioni  e  protesti  (UNEP)
della Corte di appello di Roma con atto pervenuto in data  16  agosto
2010 - come da timbro apposto su  di  esso  -  alla  cancelleria  del
suddetto Tribunale; 
        che il Tribunale ricorrente, con plico postale spedito  il  2
settembre 2010 e pervenuto alla cancelleria  di  questa  Corte  il  3
settembre successivo, ha depositato gli atti notificati, con la prova
delle loro notificazioni; 
        che,   mentre   il   ricorso    e    l'ordinanza    risultano
tempestivamente notificati il 24 giugno e il 30 giugno 2010, il  loro
deposito presso la cancelleria di questa Corte, con  la  prova  delle
notificazioni, e' stato effettuato il  3  settembre  2010,  oltre  la
scadenza del termine di trenta giorni previsto dall'art. 24, comma 3,
delle  norme  integrative  per   i   giudizi   davanti   alla   Corte
costituzionale; 
        che, in proposito, non esclude la tardivita' del deposito  la
circostanza  che  le  relate  delle  notificazioni  alla  Camera  dei
deputati e al Senato della Repubblica siano  pervenute  al  Tribunale
ricorrente solo il 16 agosto 2010, quando il citato  termine  per  il
deposito degli atti notificati era gia' decorso; 
        che, infatti, nel  caso  di  specie,  la  notificazione  alla
Camera dei deputati e al Senato della Repubblica e' stata  effettuata
dall'ufficiale giudiziario non gia' a mezzo posta, ma a mani proprie,
con  la  conseguenza  che  e'  posto  a  carico  del  notificante  un
particolare onere di diligenza (ordinanze n. 41 del 2010 e n. 188 del
2009); 
        che, con riguardo a tale ultima modalita'  di  notificazione,
questa Corte ha gia' affermato che l'ufficiale giudiziario -  pur  se
tenuto ad eseguire la notificazione senza indugio e comunque entro il
termine prefissato dall'autorita' per  gli  atti  da  essa  richiesti
(art. 108, comma secondo, del d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229) - non
ha «l'obbligo di restituire gli atti al richiedente nel  domicilio  o
nella  sede  di  questo»  (sentenza  n.  247  del  2004)  e  che  «il
notificante [.] deve diligentemente attivarsi, facendo in modo -  per
quanto egli puo' controllare - che il procedimento  di  notificazione
si concluda, con il ritorno degli atti nella sua disponibilita',  nel
tempo utile per il rituale proseguimento del processo»  (sentenza  n.
247 del 2004, gia' citata; ordinanza n. 278 del 2004); 
        che, in ragione del mancato rispetto del  termine  perentorio
per il deposito degli atti notificati presso la cancelleria di questa
Corte, non puo' procedersi allo svolgimento della fase di merito  del
giudizio sul conflitto di attribuzione (ex plurimis, ordinanze n.  41
del 2010 e nn. 188 e 52 del 2009).