Ricorso della Regione siciliana, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso, sia congiuntamente che disgiuntamente, giusta procura a margine del presente atto, dagli Avvocati Beatrice Fiandaca e Marina Valli, elettivamente domiciliato presso la sede dell'Ufficio della Regione siciliana in Roma, via Marghera n. 36, ed autorizzato a proporre ricorso con deliberazione della Giunta regionale che si allega; Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, piazza Colonna n. 370 presso gli Uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 45, comma 1, 48, comma 3 e 47 e del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, recante «Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonche' nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136» (cd. Codice antimafia), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 226 S.O. del 28 settembre 2011, per violazione rispettivamente: quanto all'art. 45, comma 1, dell'art. 33, comma 2 dello Statuto della Regione siciliana; quanto all'art. 48, comma 3, dell'art. 10 L.C. n. 3/2001 con riferimento agli articoli 114, 116, 118, 119, commi 1 e 4, e 120, comma 2 della Costituzione; quanto all'art. 47, rubricato «Procedimento di destinazione» per violazione del principio di leale collaborazione. F a t t o Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - serie generale - n. 226 S.O. del 28 settembre 2011, e' stato pubblicato il decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, «Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonche' nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136» (cd. Codice antimafia). L'art. 45 del suindicato decreto legislativo, rubricato «Confisca definitiva. Devoluzione allo Stato» stabilisce, al primo comma, che «A seguito della confisca definitiva di prevenzione i beni sono acquisiti al patrimonio dello Stato liberi da oneri e pesi. La tutela dei diritti dei terzi e' garantita entro i limiti e nelle forme di cui al titolo IV». L'art. 48, recante «Destinazione dei beni e delle somme» al comma 3 cosi' dispone: «3. I beni immobili sono: a) mantenuti al patrimonio dello Stato per finalita' di giustizia, di ordine pubblico e di protezione civile e, ove idonei, anche per altri usi governativi o pubblici connessi allo svolgimento delle attivita' istituzionali di amministrazioni statali, agenzie fiscali, universita' statali, enti pubblici e istituzioni culturali di rilevante interesse, salvo che si debba procedere alla vendita degli stessi finalizzata al risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso; b) mantenuti al patrimonio dello Stato e, previa autorizzazione del Ministro dell'interno, utilizzati dall'Agenzia per finalita' economiche; c) trasferiti per finalita' istituzionali o sociali, in via prioritaria, al patrimonio del comune ove l'immobile e' sito, ovvero al patrimonio della provincia o della regione. Gli enti territoriali provvedono a formare un apposito elenco dei beni confiscati ad essi trasferiti, che viene periodicamente aggiornato. L'elenco, reso pubblico con adeguate forme e in modo permanente, deve contenere i dati concernenti la consistenza, la destinazione e l'utilizzazione dei beni nonche', in caso di assegnazione a terzi, i dati identificativi del concessionario e gli estremi, l'oggetto e la durata dell'atto di concessione. Gli enti territoriali, anche consorziandosi o attraverso associazioni, possono amministrare direttamente il bene o, sulla base di apposita convenzione, assegnarlo in concessione, a titolo gratuito e nel rispetto dei principi di trasparenza, adeguata pubblicita' e parita' di trattamento, a comunita', anche giovanili, ad enti, ad associazioni maggiormente rappresentative degli enti locali, ad organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, a cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, o a comunita' terapeutiche e centri di recupero e cura di tossicodipendenti di cui al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonche' alle associazioni di protezione ambientale riconosciute ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e successive modificazioni. La convenzione disciplina la durata, l'uso del bene, le modalita' di controllo sulla sua utilizzazione, le cause di risoluzione del rapporto e le modalita' del rinnovo. I beni non assegnati possono essere utilizzati dagli enti territoriali per finalita' di lucro e i relativi proventi devono essere reimpiegati esclusivamente per finalita' sociali. Se entro un anno l'ente territoriale non ha provveduto alla destinazione del bene, l'Agenzia dispone la revoca del trasferimento ovvero la nomina di un commissario con poteri sostitutivi. Alla scadenza di sei mesi il sindaco invia al Direttore dell'Agenzia una relazione sullo stato della procedura; d) trasferiti al patrimonio del comune ove l'immobile e' sito, se confiscati per il reato di cui all'articolo 74 del citato testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. Il comune puo' amministrare direttamente il bene oppure, preferibilmente, assegnarlo in concessione, anche a titolo gratuito, secondo i criteri di cui all'articolo 129 del medesimo testo unico, ad associazioni, comunita' o enti per il recupero di tossicodipendenti operanti nel territorio ove e' sito l'immobile. Se entro un anno l'ente territoriale non ha provveduto alla destinazione del bene, l'Agenzia dispone la revoca del trasferimento ovvero la nomina di un commissario con poteri sostitutivi». L'art. 47, rubricato «Procedimento di destinazione» prevede che «1. La destinazione dei beni immobili e dei beni aziendali e' effettuata con delibera del Consiglio direttivo dell'Agenzia, sulla base della stima del valore risultante dalla relazione di cui all'articolo 36, e da altri atti giudiziari, salvo che sia ritenuta necessaria dall'Agenzia una nuova stima. 2. L'Agenzia provvede all'adozione del provvedimento di destinazione entro novanta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui all'articolo 45, comma 2, prorogabili di ulteriori novanta giorni in caso di operazioni particolarmente complesse. Nel caso di applicazione delle disposizioni di cui al titolo IV, il provvedimento di destinazione e' adottato entro 30 giorni dall'approvazione del progetto di riparto. Anche prima dell'adozione del provvedimento di destinazione, per la tutela dei beni confiscati si applica il secondo comma dell'articolo 823 del codice civile». Le disposizioni surriportate si profilano illegittime se pur sotto differenti profili per i seguenti motivi di D i r i t t o Violazione dell'art. 33, comma 2 dello Statuto. L'art. 45, comma 1 viola l'art. 33 dello Statuto speciale relativo al patrimonio della Regione. In particolare si rileva che il comma 2 dell'art. 33 prevede che «Fanno parte del patrimonio indisponibile della Regione: le foreste, che a norma delle leggi in materia costituiscono oggi il demanio forestale dello Stato nella Regione; le miniere, le cave e torbiere, quando la disponibilita' ne e' sottratta al proprietario del fondo; le cose d'interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico ed artistico, da chiunque ed in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo regionale; gli edifici destinati a sede di uffici pubblici della Regione coi loro arredi e gli altri beni destinati a un pubblico servizio della Regione.», e che, secondo Codesta Ecc.ma Corte costituzionale (sent. n. 178/1971), per il trasferimento alla Regione non necessita la redazione degli elenchi di cui all'art. 5 del d.P.R. n. 1825/1961» quando si tratta della prima acquisizione alla proprieta' pubblica di un bene gia' di proprieta' privata (...) e vi sono «norme chiare ed operanti» che permettono di identificare immediatamente l'Ente al quale la proprieta' deve essere attribuita». Ne consegue l'illegittimita' dell'articolo 45, primo comma del decreto legislativo - che dispone l'acquisizione al patrimonio dello Stato quale effetto automatico della confisca definitiva di prevenzione - nella misura in cui il previsto effetto devolutivo prescinde dal considerare che, per alcuni beni espressamente indicati («le miniere, le cave e torbiere, quando la disponibilita' ne e' sottratta al proprietario del fondo» e «le cose d'interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico ed artistico, da chiunque ed in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo regionale»), l'art. 33, comma 2 dello Statuto speciale, identifica immediatamente nella Regione siciliana l'Ente al quale la proprieta' e' attribuita. Violazione dell'art. 10 L.C. n. 3/2001 con riferimento agli articoli 114, 116, 118, 119, commi 1 e 4, e 120, comma 2 della Costituzione. Quanto all'art. 48, comma 3, del decreto legislativo in esame esso configura una palese violazione dell'art.10 L.C. n. 3/2001 con riferimento agli articoli 114, 116, 118, 119, commi 1 e 4, e 120, c. 2 della Costituzione. A tale conclusione si perviene in forza della lettura dell'art. 10 della L.c. 3/2001, che cosi' dispone «Sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia piu' ampie rispetto a quelle gia' attribuite». Tale disposizione conferma il precedente assetto delle competenze fra Stato e Regione siciliana ed e' espressamente ribadita dalla L. n. 131 del 2003 recante «Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3», il cui art. 11 rubricato «Attuazione dell'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3» al comma 1 prevede che «Per le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano resta fermo quanto previsto dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione, nonche' dall'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3». Le surriportate disposizioni dell'art. 48, comma 3, del decreto in parola disciplinano l'assegnazione e le modalita' di gestione dei beni immobili sottratti alla criminalita' organizzata. Ora, l'assegnazione dei beni provenienti dallo sfruttamento e dalla pressione mafiosa sui cittadini da parte dei soggetti destinatari delle misure di prevenzione andrebbe prioritariamente riconosciuta in favore del territorio al quale questi ultimi appartengono, e quindi in favore delle autonomie locali e della Regione interessate. Una diversa soluzione determina infatti la conseguenza paradossale di rendere il territorio doppiamente penalizzato, prima perche' sottoposto al giogo mafioso, poi perche' depauperato della fruizione collettiva di un bene proveniente dallo sfruttamento malavitoso. Ed invero nella norma in parola le Regioni e gli altri enti territoriali sono posti soltanto alla fine dell'elenco dei soggetti beneficiari dei beni confiscati, in termini residuali e pertanto inaccettabili. La scelta operata dal legislatore individua cosi' Regioni ed enti territoriali come soggetti ai quali i beni possono essere conferiti in via sostanzialmente marginale, solo dopo che lo Stato non abbia esercitato la sua opzione a favore dei beni. In tal modo Regioni ed enti territoriali vengono sostanzialmente estromessi dalla gestione di beni che ricadono sul loro territorio considerati, poi, anche i vincoli di destinazione connessi al trasferimento degli immobili e gli obblighi ai quali risultano assoggettati tutti gli enti territoriali che ne sono destinatari, tanto piu' in quanto a sovrintendere all'operato di detti enti e' posta l'Agenzia alla quale e' attribuito il potere di disporre «la revoca del trasferimento ovvero nomina di un commissario con poteri sostitutivi». Da cio' deriva la violazione dei principi fondamentali sulla equiordinazione tra Stato, Regioni ed Enti locali dettati dall'art. 114 della Costituzione. Detta norma costituzionale per effetto dell'art. 10 della l.c. n. 3/2001 n. 3 e' invocabile anche da parte della Regione siciliana sia perche' ne esalta vieppiu' l'autonomia, basti pensare che altrimenti le Autonomie differenziate non reggerebbero il confronto con le altre Regioni equiordinate allo Stato, cosa che comporterebbe altresi' il mancato rispetto dell'art. 116 della Costituzione che ne riconosce la specialita', sia perche' la violazione dell'art.114 menomando i poteri riconosciuti al livello di governo locale e' potenzialmente idonea, anche per altro verso, a determinare una vulnerazione delle competenze regionali come ritenuto da codesta ecc.ma Corte costituzionale che ha piu' volte precisato (sentenze 298/2009 n. 169 e n. 95/2007, n. 417/2005 e n. 196/2004) che le Regioni sono legittimate a denunciare la legge statale per lesione delle attribuzioni degli enti locali. Per quanto attiene alla Sicilia, ove ricade la maggior parte dei beni confiscati, il comma 3 dell'art. 48, inoltre, non tiene conto in alcun modo dell'ampiezza delle competenze riconosciute a questa Regione che, in virtu' del tuttora vigente principio del parallelismo tra le funzioni legislative e le funzioni amministrative esercita funzioni in molteplici materie incise da detta disciplina, in primo luogo in materia di enti locali, ma anche afferenti a governo del territorio, assistenza, cultura e attivita' produttive. Conseguentemente per i beni immobili confiscati in Sicilia non puo' invocarsi a supporto del mantenimento allo Stato la c.d. chiamata in sussidiarieta' prevista dall'art.118 della Costituzione, in quanto istituto che limitando l'autonomia regionale esula dal rinvio operato dall'art.10 della L.C. 3 del 2001. E cosi' l'articolo del decreto in questione, nella parte in cui non contiene alcuna clausola a salvaguardia delle prerogative statutarie con riferimento a quanto disposto dall'art. 10 della L.c. 3/01, risulta lesivo dell'autonomia regionale. Del resto anche ad ammettere, viceversa, che in base a quanto disposto dall'art. 10 della L.c. 3/01 l'art. 118 Cost. possa trovare ingresso nella Regione siciliana la disciplina in esame che pospone allo Stato, ai fini della destinazione di beni insistenti sul suo territorio, il Comune e a seguire Province e Regione sarebbe incostituzionale per violazione dei principi di sussidiarieta', adeguatezza e differenziazione recati dal medesimo art. 118 in ragione dell'assenza nel contesto normativo di una qualunque esplicitazione delle esigenze che giustificano la preferenza in favore dello Stato, in deroga al principio della devoluzione delle funzioni amministrative. Quanto all'art. 119 della Costituzione, costituente principio cardine di tutto il processo di riforma del c.d. «federalismo fiscale», se ne osserva preliminarmente la portata rafforzativa della sfera di autonomia finanziaria e patrimoniale degli enti locali, le cui attribuzioni, come gia' accennato, la Regione e' legittimata a difendere indipendentemente dalla prospettazione della violazione della competenza legislativa regionale. Pertanto, sotto tale profilo, l'art. 48, comma 3 del codice antimafia va censurato anche per contrasto con i principi sanciti dal novellato art. 119 della Costituzione, in particolare ai commi 1 e 4. Quanto infine alla violazione dell'art. 120 della Costituzione risulta all'evidenza il mancato rispetto della condizione secondo cui «Il Governo puo' sostituirsi a organi delle Regioni, delle Citta' metropolitane, delle Province e dei Comuni» in caso di loro inadempienze. Infatti mentre la norma costituzionale prevede che sia il Governo ad esercitare tale potere, sia pure nominando, non in via generale e preventiva, ma per il caso specifico, «un commissario» la disposizione del D.Lgs. 159 consente all'Agenzia intervenire nei confronti di Regioni ed enti locali anche procedendo alla «nomina di un commissario con poteri sostitutivi». Inoltre, per l'esercizio del potere sostitutivo e' richiesta la semplice inerzia degli enti e non il ricorrere delle «gravi ed eccezionali ipotesi di cui al secondo comma dell'art. 120, Cost.». Del resto, la menomazione delle prerogative di questa Regione che deriva dall'attribuzione di un tale potere ad una struttura amministrativa si coglie in tutta la sua gravita' e macroscopicita' ove si consideri che sol perche' costituisce un meccanismo di garanzia preordinata dell'unita' e coerenza dell'ordinamento nelle ipotesi patologiche predeterminate il potere sostitutivo previsto dalla Costituzione puo' trovare applicazione anche nei confronti delle Autonomie speciali e che l'art. 8 della legge n. 131/2008 rubricato «Attuazione dell'articolo 120 della Costituzione sul potere sostitutivo» al comma 1 dispone «Nei casi e per le finalita' previsti dall'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento». Secondo quanto codesta ecc.ma Corte costituzionale ha gia' avuto modo di affermare (sent. 371 del 2008) la previsione, contenuta nell'art. 48, comma 3 del D.Lgs. n. 159/2011, dell'esercizio di poteri sostitutivi nei confronti delle Regioni e delle Province autonome come pure degli enti locali siciliani al di fuori dei casi espressamente contemplati dalla norma costituzionale si appalesa costituzionalmente illegittima, per violazione dell'articolo 120, comma 2, della Costituzione. Violazione del principio di leale collaborazione. L'art. 47 rubricato «Procedimento di destinazione» nella parte in cui non prevede alcun coinvolgimento delle Regioni in ordine alla destinazione dei beni siti nel loro territorio ai fini del bilanciamento dell'interesse dello Stato proprietario con quello della collettivita' direttamente danneggiata dal fenomeno criminale, viola il principio di leale collaborazione fra Stato e Regione. Citando la propria costante giurisprudenza codesta ecc.ma Corte costituzionale nella sentenza n. 33/2011 ha di recente ribadito che le potenzialita' precettive di tale principio «si manifestano compiutamente negli ambiti di intervento nei quali s'intrecciano interessi ed esigenze di diversa matrice». E, appunto, anche nell'ambito su cui incide la disciplina oggi impugnata si rinviene quella fitta trama di rapporti tra interessi statali, regionali e locali che determina, sul versante legislativo, una «concorrenza di competenze», cui consegue l'applicazione di quel «canone della leale collaborazione, che impone alla legge statale di predispone adeguati strumenti di coinvolgimento delle Regioni, a salvaguardia delle loro competenze».