Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui Uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12, nei confronti della Regione autonoma della Sardegna, in persona del presidente della giunta regionale pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge della Regione autonoma della Sardegna del 15 settembre 2011, n. 19, pubblicata sul BUR n. 29 del 1° ottobre 2011, recante «Provvidenze per lo sviluppo del turismo golfistico» quanto: all'art. 3 per contrasto con l'art. 3 dello statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna, con gli artt. 3, 41, 117, comma 1 e 120, comma 1 della Costituzione e con l'art. 49 del TFUE; all'art. 5, commi 4 e 5 per contrasto con l'art. 3 dello statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna e con gli artt. 117, comma 2, lettera s), e 118, comma 3, della Costituzione; agli artt. 8, lettera b) e 9 per contrasto con l'art. 3 dello statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna e con gli artt. 97 e 117, comma 2, lettere g) e s) della Costituzione. La legge della Regione autonoma della Sardegna del 15 settembre 2011, n. 19, viene impugnata con riferimento alle norme sopra indicate giusta delibera del Consiglio dei Ministri in data 21 novembre 2011 allegata in estratto al presente ricorso. Motivi 1) L'art. 3 della legge regionale 15 settembre 2011, n. 19, e' illegittimo per contrasto con l'art. 3 dello statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna, con gli artt. 3, 41, 117, comma 1 e 120, comma 1 della Costituzione e con l'art. 49 del TFUE. L'art. 3 della legge regionale n. 19/2011 individua quali destinatari delle agevolazioni finalizzate alla promozione e realizzazione di campi da golf a) gli enti locali territoriali, gli altri enti pubblici e le loro forme associative, b) le societa' di capitali e consorzi di societa' anche con capitali misto pubblico/privato aventi sede legale nella Regione Sardegna, nonche' le associazioni sportive regolarmente iscritte alla Federazione italiana golf. In materia la Regione Sardegna ha competenza legislativa esclusiva a mente dell'art. 3, lettera p) dello statuto regionale, che riserva alla competenza esclusiva regionale la materia del «turismo e industria alberghiera», e dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, che attribuisce la competenza esclusiva residuale in materia di commercio a tutte le regioni e provincie autonome, ivi incluse quelle a statuto speciale. Nell'esercizio della potesta' legislativa esclusiva la Regione Sardegna e', tuttavia, tenuta a rispettare i limiti dell'armonia con la Costituzione e con i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica, il rispetto degli obblighi internazionali, di quelli comunitari e degli interessi nazionali, nonche' delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica, stante quanto previsto dall'art. 3 dello stesso statuto regionale e dall'art. 117, comma 1, della Costituzione. La limitazione dei destinatari delle agevolazioni finalizzate alla realizzazione dei campi da golf alle societa' aventi sede legale in Sardegna eccede da detti limiti perche' contrasta con la liberta' di stabilimento (riconosciuta dall'art. 49 del TFUE), con il divieto di discriminazione tra i cittadini, la liberta' di impresa in regime di concorrenza e la libera circolazione dei servizi (artt. 3, 41 e 120 Cost.). Segnatamente, nell'escludere dalle agevolazioni delle societa' aventi sede legale in altri Stati dell'Unione europea, cosi' come delle societa' italiane con sede legale in altre regioni, la limitazione in esame viola la liberta' di stabilimento derivante dal diritto comunitario perche' integra una cosiddetta «discriminazione indiretta» tra i soggetti degli Stati appartenenti all'Unione europea. Tale forma di discriminazione, com'e' noto, si verifica quando la discriminazione e' fondata su un presupposto - come ad es. la residenza, o, per le persone giuridiche, la sede legale - che astrattamente puo' risultare integrato sia dai soggetti nazionali dello Stato membro che da soggetti degli altri Stati, di fatto risulta per la gran parte posseduto solo dai soggetti nazionali (la giurisprudenza comunitaria in tema di divieto di discriminazione indiretta e' copiosa, a cominciare da Corte di Giustizia, sent. 20 marzo 1958, causa n. 2/56; Geitling Ruhrkoelhen; sent. 15 ottobre 1969, causa n. 15/69, Ugliola; sent. 12 febbraio 1974, causa n. 152/73; Sotgiu, ecc.). La norma, con il richiedere il requisito della sede legale, urta, inoltre, anche contro la liberta' di stabilimento c.d. secondario, cioe' con la liberta' delle imprese di stabilire filiali, stabilimenti o sedi prive di personalita' giuridica in un altro Stato membro prevista dall'art. 49 TFUE a mente del quale il divieto di limitare la liberta' di stabilimento: «... si estende altresi' alle restrizioni relative all'apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di un altro Stato membro» (sulla figura del diritto allo stabilimento secondario vedi ad esempio Corte di giustizia CE, sentenza del 30 settembre 2003, causa n. 167/01, Kamer van Koophandel en Fabrieken voor Amsterdam, e Inspire Art Ltd: «Gli artt. 43 e 48 del trattato 25 marzo 1957 ostano ad una normativa nazionale, come la Wet op de formeel buitenlandse vennootschappen, che subordina l'esercizio della liberta' di stabilimento a titolo secondario in tale Stato, da parte di una societa' costituita secondo la legislazione di un altro Stato membro, a determinate condizioni, relative al capitale minimo e alla responsabilita' degli amministratori, stabilite dal diritto societario nazionale per la costituzione di societa'. I motivi per cui la societa' e' stata costituita nel primo Stato membro, nonche' il fatto che essa eserciti la sua attivita' esclusivamente, o quasi, nello Stato membro di stabilimento, non la privano, salvo che sia dimostrata caso per caso l'esistenza di un abuso, del diritto di avvalersi della liberta' di stabilimento garantita dal trattato CE»). Nel distinguere ingiustificatamente tra societa' con sede legale nella regione e societa' prive di tale requisito la norma in esame contrasta, altresi', per gli stessi motivi sopra evidenziati anche con il divieto di discriminazione tra i cittadini, la liberta' di impresa in regime di concorrenza e la libera circolazione dei servizi (artt. 3, 41 e 120 Cost.). La disposizione in esame e', dunque, illegittima perche' eccede dai limiti delle competenze statutarie in materia di legislazione esclusiva di cui agli artt. 3 dello statuto e 117, comma 1 della Costituzione, violando gli artt. 49 del TFUE, e 3, 41, e 120 della Costituzione. Per completezza si segnala che il presente motivo e' formulato con riserva di rinuncia al medesimo atteso che la regione, nelle more, sembrerebbe aver approvato una legge modificativa dell'articolo in esame, non ancora pubblicata alla data di redazione del presente, con la quale sarebbe stata eliminata l'illegittimita' oggetto di censura. 2) L'art. 5, commi 4 e 5, della legge della Regione autonoma della Sardegna del 15 settembre 2011, n. 19, e' illegittimo per contrasto con l'art. 3 dello statuto della Regione autonoma della Sardegna e con gli artt. 117, comma 2, lettera s), e 118, comma 3, della Costituzione. In forza dell'art. 3, comma 1, lettera f), del proprio statuto emanato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 e dell'art. 6, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 22 maggio 1975, n. 480, di approvazione delle nuove norme di attuazione dello statuto medesimo, la Regione Sardegna dispone, nell'esercizio delle proprie competenze legislative esclusive in tema di edilizia ed urbanistica, anche del potere di intervenire in materia di tutela del paesaggio. Sul piano legislativo la Regione nell'esercitare la propria competenza esclusiva e', tuttavia, tenuta ad osservare i limiti espressamente individuati nell'art. 3 dallo statuto in riferimento alle materie affidate alla potesta' legislativa primaria della regione e cioe', come detto, l'armonia con la Costituzione e con i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e il rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonche' - per quel che interessa nella specie - delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica. In relazione a quest'ultimo limite, codesta Corte nel decidere di un'impugnativa statale avverso una legge proprio della Regione Sardegna in materia paesaggistica (legge n. 8/2004) ha ritenuto che «il legislatore statale conserva il potere di vincolare la potesta' legislativa primaria della Regione speciale attraverso l'emanazione di leggi qualificabili come "riforme economico-sociali": e cio' anche sulla base - per quanto qui viene in rilievo - del titolo di competenza legislativa nella materia "tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali", di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, comprensiva tanto della tutela del paesaggio quanto della tutela dei beni ambientali o culturali; con la conseguenza che le norme fondamentali contenute negli atti legislativi statali emanati in tale materia potranno continuare ad imporsi al necessario rispetto del legislatore della Regione Sardegna che eserciti la propria competenza statutaria nella materia "edilizia ed urbanistica" (v. sentenza n. 536 del 2002) ...» (sent. n. 51/2006). Ebbene, il principio della pianificazione necessariamente congiunta (Stato-regione) sui beni paesaggistici, contenuto negli artt. 135 e 143 del Codice dei beni culturali e del paesaggio approvato con decreto legislativo n. 42/2004 (e successivi decreti correttivi del 2006 e del 2008) costituisce senz'altro una norma di grande riforma economico-sociale (o norma fondamentale di riforma economico-sociale della Repubblica), che si impone, in quanto tale, uniformemente su tutto il territorio nazionale, e dunque in tutte le regioni, ivi incluse quelle che godono di autonomia speciale. Nella nuova disciplina di tutela e valorizzazione del paesaggio, introdotta dal codice del 2004, la pianificazione paesaggistica, come strumento di tutela dinamica del territorio, rappresenta, invero, il cuore del sistema, rispetto al quale ruotano sia i vincoli che gli strumenti autorizzatori e sanzionatori di gestione e controllo, e nel quale la partecipazione statale assume particolare rilievo in via preventiva soprattutto attraverso la pianificazione in conformita' a standard uniformi di tutela su tutto il territorio nazionale. La partecipazione statale in sede di pianificazione nel consentire di assicurare proprio la ridetta uniformita' di tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali su tutto il territorio impedisce, in altre parole, che le regioni, con propria legge regionale, possano in ipotesi adottare piani paesaggistici che compromettono il bene primario del paesaggio. La natura di norma di grande riforma economico sociale del principio di pianificazione congiunta tra Stato e regione in materia paesaggistica di recente e' stata, del resto avvalorata anche dalla pronuncia di codesta Corte n. 164 del 2009, che, nell'accogliere il ricorso in via d'azione dello Stato avverso una legge della Regione autonoma della Valle d'Aosta in materia di tutela paesaggistica, ha ritenuto che la potesta' normativa della regione autonoma deve esercitarsi «in armonia con la Costituzione e con i principi dell'ordinamento, nonche' delle norme fondamentali e di riforma economico-sociale», qualificando norme «di grande riforma economico-sociale» le disposizioni della legge Galasso e l'elencazione delle aree tutelate per legge contenuta nell'odierno art. 142 del decreto legislativo n. 42 del 2004. Se codesta Corte non ha, infatti, dubitato della natura di «norma di grande riforma economico-sociale» in riferimento dell'elenco dei beni tutelati ope legis ex art. 142 del decreto legislativo n. 42 del 2004, allo stesso modo tale qualificazione e' predicabile per il su richiamato principio - ex artt. 135 e 143 del Codice - di pianificazione congiunta obbligatoria (Stato-regione) in tema di paesaggio atteso che essa condivide il medesimo fine di assicurare standard uniformi di tutela dei beni paesaggistici su tutto il territorio nazionale. Cio' detto in linea di principio, l'art. 5, commi 4 e 5, della legge regionale n. 19/2011 contrasta con la norma di grande riforma economico-sociale di cui agli artt. 135 e 143 del decreto legislativo n. 42/2004 sulla pianificazione congiunta Stato-regione in materia di piani paesaggistici. A mente del comma 5, invero, senza che in alcun modo la Stato abbia partecipato alla scelta a monte di adeguare il piano paesaggistico per la realizzazione delle strutture connesse ai campi da golf e di adeguarlo entro specifici limiti, stabilisce gia' in via legislativa che «e' autorizzata ad adeguare il Piano paesaggistico regionale nel senso di consentire la realizzazione nella fascia costiera, e solo oltre la fascia di 1.000 metri dalla linea di battigia (500 metri per le isole minori) di nuove strutture residenziali e ricettive connesse ai campi da golf». Il successivo comma 5, dispone, inoltre, in tema di procedimento per la modificazione in via amministrativa del piano paesaggistico che «per le finalita' di cui al comma 4, si applica la procedura di cui all'art. 11 della legge regionale 23 ottobre 2009, n. 4 (...) con i termini ridotti alla meta'». Detta ultima disposizione disciplina, appunto, il procedimento di «aggiornamento e revisione del Piano paesaggistico regionale», che si conclude con una deliberazione della giunta, senza alcuna partecipazione dell'amministrazione statale, con la conseguenza che anche sotto l'aspetto procedimentale amministrativo di modificazione del piano l'art. 5 non attribuisce alcun ruolo allo Stato. Si tratta di modifiche al piano paesaggistico che assumono gia' in linea programmatica particolare rilievo ove si consideri che, ai sensi dell'art. 19 delle norme tecniche di attuazione del PPR vigente, la «fascia costiera», cosi' come perimetrata nella cartografia del PPR, rientra nella categoria dei beni paesaggistici d'insieme ed e' considerata risorsa strategica fondamentale per lo sviluppo sostenibile del territorio sardo e che l'art. 20, comma 1, lettera b), n. 1), delle stesse N.T.A., stabilisce che nella fascia costiera «non e' comunque ammessa la realizzazione di nuovi campeggi e strutture ricettive connesse a campi da golf». Sulla base di quanto premesso le norme censurate sono all'evidenza illegittime perche' la vigente pianificazione paesaggistica, non puo' essere modificata se non secondo le modalita' («intese» ed «accordi») previste dall'art. 143 del Codice, essendo quello della pianificazione congiunta un principio cardine del sistema di tutela del paesaggio, assicurato dal Codice in diretta attuazione del principio fondamentale espresso dall'art. 9, secondo comma, della Costituzione. Invero, la Regione Sardegna, con le disposizioni normative censurate, pretende di modificare unilateralmente, con lo strumento legislativo, le misure di tutela concordate con lo Stato e consacrate, in attuazione degli artt. 135 e 143 del Codice di settore, nel previgente piano paesaggistico del 2006, quando, invece, avrebbe dovuto concordare le modifiche nella appropriata sede della nuova concertazione di riforma e modifica congiunta del piano medesimo. La scelta ed il limite entro il quale consentire i campi da golf e annesse strutture ricettive deve, in altri termini, tradursi e operarsi attraverso una modifica congiunta del piano paesaggistico, con l'accordo dello Stato, mentre viene ad essere anticipata e compiuta unilateralmente dalla legge regionale censurata; del pari il concreto adeguamento del piano paesaggistico vigente secondo le linee direttive dettate con il comma 4 non puo' essere rimesso alla procedura individuata dal comma 5, ma deve passare attraverso un accordo con lo Stato. La violazione del principio di pianificazione congiunta si presenta, peraltro, di particolare rilievo, atteso che il piano paesaggistico e' stato definito nel 2006 con l'accordo dello Stato e viene ora ad essere ridefinito, con la legge regionale in esame, in base all'esclusiva volonta' regionale. In questa ottica ogni Regione con il succedersi delle giunte regionali, potrebbe, in via di mera ipotesi, fare e disfare ogni volta a propria discrezione i piani paesaggistici concordati con la Stato, svuotando di ogni contenuto le norme del Codice dei beni culturali e del paesaggio sopra richiamate. In proposito giova, per mera completezza, chiarire sin d'ora che non si intende in questa sede in alcun modo discutere o contrastare nel merito le scelte della Sardegna in ordine alla opportunita' e convenienza di promuovere i campi da golf o la realizzazione delle annesse strutture ricettive turistico-alberghiere, ma esclusivamente difendere il rispetto dei principi fondamentali di grande riforma economico-sociale della materia, che impongono che le modifiche ai piani paesaggistici, concordati in ossequio al Codice di settore, siano definite anch'esse con lo Stato. Cio' tanto piu' se, come nella specie, le misure contenute nella legge regionale, oltre alla realizzazione dei campi da golf, consentono, all'interno della aree paesaggistiche qualificate dal vigente piano come di rispetto della «fascia costiera», la realizzazione di cospicui interventi edificatori (turistico-residenziali) fino a 75.000 mc (per ciascun impianto), di cui il 50 per cento a tipologia di villa unifamiliare (art. 6, comma 1, lettera d)), oltre 4.000 mc per «club house» e altri locali di servizio, volumi che possono essere poi considerevolmente aumentati al ricorrere di determinati presupposti (fino al 30% nel caso di impianti di prima categoria e di un altro 25% in caso di riutilizzo di volumi - anche a destinazione rurale - preesistenti: art. 6, commi 2, 5 e 3). La disposizione regionale nell'eliminare in radice forme di intesa e di coordinamento tra la regione e lo Stato viola, altresi', l'art. 118, comma terzo, Cost., che affida alla competenza legislativa statale le «forme di intesa e di coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali». Per quanto detto, l'art. 5, commi 4 e 5, e' illegittimo per violazione dell'art. 3 dello statuto speciale di autonomia della Regione Sardegna adottato con la legge costituzionale n. 3 del 1948, e degli artt. 117, comma 2, lettera s), e 118, terzo comma, della Costituzione. 3) Gli artt. 8, lettera b), e 9 della legge della Regione autonoma della Sardegna del 15 settembre 2011, n. 19, sono illegittimi per contrasto con l'art. 3 dello statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna e con gli artt. 97 e 117, comma 2, lettere g) e s) della Costituzione. Gli artt. 8, lettera b), e l'art. 9 prevedono che la documentazione relativa ai progetti preliminari per la realizzazione dei nuovi campi da golf sia sottoposta alle valutazioni di conferenze istruttorie, alle quali partecipano, per quanto concerne il Ministero per i beni ambientali e culturali, la (sola) Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici. Segnatamente e' previsto che: «L'Assessorato regionale del turismo, artigianato e commercio, entro quindici giorni dal ricevimento della documentazione di cui all'art. 8 (tra cui il progetto preliminare del campo da golf; art. 8, lettera b) ... indice le conferenze di servizi istruttorie ... Alle conferenze partecipano i soggetti proponenti, i dirigenti competenti dei comuni e delle provincie interessate dagli interventi, e per la regione i componenti della Commissione di cui all'art. 11. E', inoltre, inviata a partecipare la Soprintendenza dei beni archeologici e paesaggistici territorialmente competente.». Il descritto iter autorizzativo interferisce con l'organizzazione delle competenze interne del Ministero per i beni e le attivita' culturali perche', nella sua formulazione letterale, la legislazione regionale prevede la sola partecipazione della Soprintendenza per i beni archeologici e paesaggistici e, di conseguenza, sembra escludere la partecipazione di altri organi del Ministero, segnatamente della Soprintendenza archeologica e della direzione regionale del Ministero, in contrasto con la disciplina statale sull'organizzazione interna del Ministero medesimo riservata alla fonte statale. La formulazione delle disposizioni regionali (artt. 8, lettera b), e 9) e', inoltre, tale da ingenerare l'equivoco che l'espressione del parere nell'ambito della conferenza da parte della Soprintendenza, faccia venir meno il parere (ad oggi, vincolante) che deve essere reso dalla Soprintendenza, ai sensi dell'art. 146 del Codice, in ordine ai singoli progetti delle opere. Si tratta, invero, di opere, la cui compatibilita' paesaggistica (essendo i vincoli vigenti ancora sprovvisti delle «prescrizioni d'uso», richieste dagli artt. 140, 141, 141-bis, e 143, del Codice) non puo' essere compiutamente valutata sulla base di un mero «progetto preliminare» (nei fatti, poco piu' di una localizzazione e di una descrizione tipologica dell'intervento), ma richiede, quanto meno, l'elaborazione da parte del proponente e la valutazione da parte delle amministrazioni di tutela, della documentazione prevista dall'art. 146, comma 3 del Codice. Sia l'attribuzione allo Stato del potere di auto organizzazione i propri uffici che la competenza in materia di autorizzazioni paesaggistiche hanno natura di «norma di grande riforma economico-sociale», com'anche si evince dal titolo di competenza (esclusiva) statale di cui all'art. 117, comma 2, lettera g) sull'«Ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali» e lettera s) sulla «Tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali» della Costituzione. L'una perche' risponde all'esigenza di assicurare il buon andamento e l'efficienza della pubblica amministrazione consacrate dall'art. 97 Cost., l'altra perche' assicura quell'uniformita' di tutela dei beni paesaggistici, di cui si e' ampiamente detto nel motivo che precede, che trova riconoscimento nell'art. 117, comma 2, lettere g) e s). Ne consegue che la disposizione in esame e' incostituzionale poiche' eccede dalle competenze statutarie previste all'art. 3 dello statuto speciale di autonomia della Regione Sardegna e viola gli artt. 97 e 117, comma 2, lettere g) ed s) della Costituzione. Per completezza si segnala che il presente motivo e' formulato con riserva di rinuncia al medesimo atteso che la regione, nelle more, sembrerebbe aver approvato una legge modificativa dell'articolo in esame, non ancora pubblicata, con la quale sarebbe stata eliminata l'illegittimita' oggetto di censura.