IL CONSIGLIO DI STATO 
 
    Ha  pronunciato  la   presente   ordinanza,   Grassi   Francesco,
rappresentato  e  difeso  dall'avv.   Guardavaccaro   Francesco   con
domicilio  eletto  presso  la  Segreteria  della  Sesta  Sezione  del
Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13; 
    Contro Universita' degli studi di Pisa, in persona del rettore in
carica, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello  Stato,
domiciliataria in Roma, vi  Portoghesi,  12,  per  la  riforma  della
sentenza del T.A.R. Toscana - Firenze: Sezione I n. 02157/2005,  resa
tra le parti, concernente indennita' di rischio; 
    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio e la successiva  memoria
dell'universita' intimata; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica  del  giorno  31  maggio  2011  il
consigliere Roberta Vigotti e udito l'avvocato dello Stato Basilica; 
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue: il  prof.
Francesco Grassi, gia'  associato  presso  la  facolta'  di  medicina
veterinaria dell'Universita' di Pisa, istituto di patologia  speciale
e clinica  chirurgica,  considerato  che  in  ragione  dell'attivita'
dell'istituto  e'  stato  quotidianamente  esposto  alle   radiazioni
ionizzanti   prodotte   dalle   apparecchiature    radiografiche    e
radioscopiche, in data 2  febbraio  1993,  ha  inoltrato  al  rettore
istanza per la concessione dell'indennita' di rischio prevista per il
personale non docente e per il personale medico convenzionato con  il
Servizio  sanitario  nazionale.  L'universita'  ha  risposto  solo  a
seguito di diffida, con nota in data 18 ottobre 1993, affermando  che
l'indennita' prevista dall'art. 20 d.P.R. n.  319  del  1990  compete
unicamente  al  personale  medico  convenzionato  con   il   Servizio
sanitario nazionale e al personale non  docente  che  opera  in  zona
controllata. Il  prof.  Grasso  ha  inoltrato  ricorso  al  Tribunale
amministrativo della Toscana avverso il diniego. 
    Il ricorso e' stato respinto con la sentenza qui impugnata, anche
sulla base dell'art. 31 d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 che individua
quali  destinatari   del   trattamento   perequativo   il   personale
universitario che opera nelle cliniche e degli istituti  universitari
convenzionati con il Servizio sanitario nazionale. 
    II) L'appellante oppone che  la  ratio  di  queste  norme  e'  di
retribuire il maggior rischio che incombe sui dipendenti che, a causa
del servizio prestato, sono esposti alle radiazioni ionizzanti, e che
non vi sono ragioni per disconoscere la specifica  indennita'  ad  un
professionista della sanita' sulla sola base  del  diverso  luogo  di
servizio o  del  diverso  soggetto  al  quale  rivolge  la  sua  cura
professionale,  essendo  il  medesimo  il   rischio   connesso   alle
radiazioni. Infatti, le unita' sanitarie locali riconoscono ai propri
dipendenti una  indennita'  a  compenso  del  maggior  rischio  senza
distinzione tra personale tecnico e ausiliario e quello medico, senza
contare che non e' provata l'assenza di convenzione tra  la  facolta'
di medicina  veterinaria  dell'Universita'  di  Pisa  e  il  Servizio
sanitario nazionale.  Di  conseguenza,  secondo  l'appellante,  o  il
d.P.R. n. 319 del 1990 va interpretato nel senso di coprire la lacuna
dell'ordinamento, oppure  emerge  una  disparita'  di  trattamento  a
parita' di condizioni sostanziali. Vale, a questo  proposito,  quanto
dispone l'art. 26 d.P.R. 12 febbraio  1991,  n.  171  di  recepimento
dell'accordo collettivo concernente il personale delle istituzioni  e
degli  enti  di  ricerca  per  il  triennio  1988-1990,  che  prevede
l'istituzione  di  un'apposita   commissione   per   individuare   il
personale, non compreso nel comma 1 del medesimo articolo,  il  quale
sia esposto, in ragione del servizio chiamato a svolgere, al medesimo
rischio. 
    Data l'identita' delle condizioni di esposizione alle  radiazioni
ionizzanti in cui versa l'appellante, docente universitario, rispetto
a quelle sopportate dai dipendenti del Servizio sanitario nazionale o
dagli enti di ricerca, emerge una  disparita'  di  trattamento  e  la
conseguente violazione degli artt. 3  e  97  della  Costituzione  per
effetto dell'art. 20 d.P.R. n. 319 del  1990  interpretato  in  senso
letterale.  In   tal   senso   conclude   l'appellante,   contrastato
dall'universita' appellata, che chiede  la  conferma  della  sentenza
impugnata. 
    III) Riassunti cosi' i  termini  in  fatto  della  questione,  il
Collegio osserva: la sentenza qui impugnata ha  respinto  il  ricorso
del prof. Francesco Grassi, gia'  associato  presso  la  facolta'  di
medicina veterinaria presso  l'Universita'  di  Pisa  -  Istituto  di
patologia speciale e clinica chirurgica, contro la nota di diniego in
data 18 ottobre 1993 e volto ad ottenere dalla  sua  amministrazione,
in  quanto  professionalmente  esposto  alle  radiazioni  ionizzanti,
l'indennita' di rischio da radiazioni prevista dall'art. 20 d.P.R.  3
agosto 1990, n. 319  (Regolamento  per  il  recepimento  delle  norme
risultanti dalla disciplina prevista  dall'accordo  del  21  febbraio
1990 concernente il personale del Comparto delle universita', di  cui
all'art. 9 d.P.R. 5 marzo 1986, n. 68)  per  il  personale  medico  e
tecnico destinatario di quel regolamento, sottoposto  in  continuita'
all'azione  di  sostanze  ionizzanti  o  adibito  ad  apparecchiature
radiologiche in maniera permanente. 
    Questo  diniego  gli  era  stato   opposto   sulla   base   della
considerazione che l'indennita' prevista dalla suddetta norma compete
unicamente  al  personale  medico  convenzionato  con   il   Servizio
sanitario nazionale e al personale non  docente  che  opera  in  zona
controllata. 
    Il giudice territoriale ha considerato che l'accordo recepito con
quel regolamento n. 319 del 1990 non riguarda  il  personale  docente
universitario in se', come l'appellante, ma -  in  base  all'art.  31
d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, sullo stato giuridico del  personale
delle unita' sanitarie locali - il solo personale  universitario  che
presta servizio presso i policlinici,  le  cliniche  e  gli  istituti
universitari di ricovero e cura convenzionali con le regioni e con le
unita' sanitarie locali: soltanto per detto personale  universitario,
dal  cui  novero  egli  esulava,  e'  infatti  prevista  l'indennita'
perequativa. 
    IV) La sentenza appare, sul punto, a normativa vigente meritevole
di conferma, dal momento che non vi  e'  prova  alcuna  in  atti  che
l'istituto presso il quale  il  ricorrente  prestava  il  suo  lavoro
rientrasse tra quelli  convenzionali  in  questione,  e  che  -  come
riconosce lo stesso appellante - il rapporto di lavoro  intercorrente
con l'Universita' di Pisa non era disciplinato da accordi  di  ordine
contrattuale ex lege 29 marzo 1983, n. 93. 
    Percio', su queste basi, la sentenza impugnata risulta  resistere
alle censure svolte con l'appello. Il che conduce a  concludere  che,
alla luce della disciplina positiva vigente, il docente universitario
che - come il ricorrente - svolge  l'attivita'  lavorativa  sanitaria
presso  un  istituto  non  convenzionato  con  il  Sistema  sanitario
nazionale non ha un titolo giuridico per beneficiare  dell'indennita'
in discorso, anche se di fatto e' esposto a radiazioni  ionizzanti  a
causa della medesima attivita' professionale di chi invece appartiene
ad  una  struttura  universitaria   convenzionata   con   il   S.S.N.
(circostanza, questa, qui non revocata in dubbio dall'Amministrazione
resistente). 
    V) Il Collegio, peraltro, dubita seriamente della coerenza di una
siffatta  tale  esclusione  al  parametro   di   eguaglianza   e   di
ragionevolezza, indicato dagli artt. 3 e  36  e  al  principio  della
tutela pubblica della salute di cui all'art. 32 della Costituzione. 
    Se si ha riguardo allo status soggettivo di docente universitario
da  un  lato,  all'effettivita'  dell'esposizione   alle   radiazioni
ionizzanti da un altro (elementi che  caratterizzano  sia  chi  versi
nella condizione del prof. Grassi, sia chi invece tra i suoi colleghi
presti l'attivita' lavorativa in una struttura universitaria  che,  a
differenza della sua, sia convenzionata con il S.S.N.),  si  realizza
infatti, dal punto di vista normativo e delle relative conseguenze in
tema di speciale indennita', un'evidente situazione di disparita'  di
trattamento di situazioni simili -  sia  dal  punto  di  vista  dello
status soggettivo di docente universitario, che dal  punto  di  vista
del rischio reale di malattia  professionale  -  disparita'  che  non
appare avere coerente fondamento  o  giustificazioni  plausibili  per
poter derogare, come invece fa, al principio di eguaglianza. 
    La dominante finalita' dell'indennita' reclamata,  di  compensare
in qualche modo l'esposizione al  rischio,  che  costituisce  la  sua
medesima ragion d'essere, considerato l'obiettivo  assistenziale  che
la connota, vale, infatti, nell'uno non meno che nell'altro caso.  In
entrambe le  situazioni  si  ha  un  docente  universitario  che  suo
malgrado e' esposto, in  ragione  della  attivita'  propria  del  suo
ufficio, alle radiazioni e ai  suoi  pericoli;  e  se  simile  e'  la
possibilita' che ne subisca conseguenze dannose per la salute, simile
e' dunque la pretesa ad essere, per monetizzazione, indennizzato. 
    In  questo  quadro,  la  circostanza,  per  di  piu'  del   tutto
eventuale, di un convenzionamento  tra  la  struttura  datoriale  del
docente universitario e il S.S.N. appare alla stregua di un  elemento
di alea indipendente dalla fattispecie sostanziale, che  nulla  ha  a
che vedere con la maggiore o minore esposizione al  rischio,  che  e'
esterna  al  rapporto  di  lavoro  e  che  sfugge   totalmente   alla
disponibilita' dell'interessato. 
    La giurisprudenza costituzionale ha del  resto  stabilito  (Corte
cost., 20 luglio 1992, n. 343) che l'indennita'  per  esposizione  al
rischio  radiologico  spetta  -  indipendentemente  dalla   qualifica
soggettiva - in caso  di  assimilazione  per  cio'  che  riguarda  la
esposizione al rischio radiologico in misura continua  e  permanente,
considerato  anche  che  «la   finalita'   di   prevenzione   propria
dell'indennita'  di  rischio  da   radiazioni   puo'   essere   [...]
compiutamente realizzata solo se - nella  attribuzione  della  stessa
indennita' - venga valorizzato,  anche  al  di  la'  della  qualifica
rivestita, il dato della effettiva esposizione al  rischio,  connesso
all'esercizio  non  occasionale   ne'   temporaneo   di   determinate
mansioni». 
    VI) Discende da queste considerazioni che la norma  dell'art.  31
(personale   delle   cliniche   e   degli    istituti    universitari
convenzionati) d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 (stato  giuridico  del
personale delle  unita'  sanitarie  locali),  nel  prevedere  per  il
«personale universitario che presta servizio presso i policlinici, le
cliniche e gli istituti universitari di ricovero e cura convenzionati
con le regioni e con  le  unita'  sanitarie  locali»  un  trattamento
economico perequativo rispetto a quello del  personale  delle  unita'
sanitarie locali di pari funzioni, mansioni e anzianita',  anche  per
quanto riguarda le indennita' previste dall'accordo nazionale  unico,
nei termini in cui ha l'effetto di limitare il campo di  applicazione
della norma regolamentare circa l'indennita' di rischio da radiazioni
prevista dall'art. 20 d.P.R. 3 agosto 1990, n. 319 al solo  personale
universitario convenzionato, appare - in una con l'art.  1  legge  28
marzo 1968, n. 416 e l'art. 1, comma 2, e 3 legge 27 ottobre 1988, n.
460, e ora l'art. 8 legge 24 dicembre 1993, n. 537 - violare l'art. 3
della Costituzione sul principio di eguaglianza  e  l'art.  32  sulla
tutela della salute; nonche', insieme all'art. 33,  l'art.  36  della
Costituzione, che in combinato con l'art. 3 e' a base  del  principio
generale  detto  della  «perequazione  retributiva»  a   parita'   di
condizioni lavorative di base. 
    VII) In effetti, a questa irragionevole disparita' si  e'  giunti
muovendo da una situazione che, seppure ristretta  per  categorie  di
lavoratori,  si  incentrava  sul  fatto  stesso   della   particolare
esposizione a quel rischio;  e  poi  si  e'  ramificata  finendo  per
generare, attraverso estensioni e rinvii parziali, le disparita'  che
appaiono ingiustificabili e che ora qui emergono. 
    Il riconoscimento dell'indennita' di rischio da radiazione per  i
tecnici di radiologia medica, era in origine  previsto  dall'apposita
legge 28 marzo 1968, n. 416 e agli  artt.  1,  comma  2,  e  3  della
successiva legge 27 ottobre 1988, n. 460. 
    Quella previsione fu, ad opera dell'art. 8, comma 6, della  legge
24 dicembre 1993, n. 537 (Legge finanziaria per il 2004) soppressa  e
ricondotta, a  far  data  dal  1°  gennaio  1995,  nell'ambito  delle
indennita' professionali previste in sede  di  accordo  di  lavoro  e
correlate  a  specifiche  funzioni.   L'indennita'   e'   stata   per
conseguenza  regolata  dall'art.  20  (Indennita'   di   rischio   da
radiazioni) del d.P.R. 3 agosto 1990,  n.  319  (Regolamento  per  il
recepimento  delle  norme  risultanti   dalla   disciplina   prevista
dall'accordo del  21  febbraio  1990  concernente  il  personale  del
comparto delle universita', di cui all'art. 9 d.P.R. 5 marzo 1986, n.
68), a quello del personale delle unita'  sanitarie  locali  di  pari
funzioni, mansioni e anzianita'; analoga integrazione e'  corrisposta
sui compensi per lavoro  straordinario  e  per  le  altre  indennita'
previste dall'accordo nazionale unico. 
    E' patente che una siffatta indennita' e' funzionale  -  come  ha
rilevato la ricordata sentenza della Corte  costituzionale  7  luglio
1992, n. 343 - a compensare, in qualche  modo,  dal  punto  di  vista
pecuniario il  pericolo  per  la  salute  generato  da  un  siffatto,
particolare, rischio professionale. 
    Non appaiono percio' pienamente giustificate la limitazione sopra
illustrata e la  non  generale  applicabilita'  a  tutti  i  sanitari
universitari, contrattualizzati o  meno,  convenzionati  o  meno,  in
assenza di un carattere distintivo che abbia attinenza  alla  ragione
del beneficio. 
    VIII) Tutto cio' considerato, il Consiglio  di  Stato,  ai  sensi
dell'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87,  dubita  della  legittimita'
costituzionale dell'art.  1  della  legge  28  marzo  1968,  n.  416,
dell'art. 1, comma 2, e 3 della legge 27 ottobre 1988, n. 460, e  ora
dell'art. 8 della legge 24 dicembre  1993,  n.  537  e  dell'art.  31
d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, per violazione degli artt. 3,  32  e
36 della Costituzione, in quanto negano l'indennita'  di  rischio  da
radiazioni prevista dall'art. 20 d.P.R. 3  agosto  1990,  n.  319  ai
docenti universitari  che,  pur  di  fatto  esposti  alle  radiazioni
ionizzanti, non appartengono al personale medico convenzionato con il
Servizio sanitario nazionale e al personale non docente che opera  in
zona controllata. 
    Poiche'  il  presente   giudizio   non   puo'   essere   definito
indipendentemente dalla risoluzione della questione  di  legittimita'
costituzionale  e  poiche'  tale  questione  non  e'   manifestamente
infondata rispetto agli artt. 3, 32 e 36 della Costituzione, vista la
legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 23, la Sezione dispone a cura  della
Segreteria l'immediata trasmissione della presente ordinanza e  degli
atti  alla  Corte  costituzionale  al  fine  della  decisione   sulla
questione medesima, nonche' alle altre autorita' di cui alla medesima
disposizione, e dispone la sospensione del giudizio in corso. 
    La decisione sulle spese  processuali  sara'  presa  in  sede  di
giudizio definitivo.