Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato
e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso  i  cui
uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12 e' domiciliato, 
    Contro  la  regione  Campania,  in  persona  del  Presidente  pro
tempore, 
    Per la declaratoria di non spettanza alla Regione del  potere  di
legiferare  nella  materia  della  sospensione,   sino   a   sentenza
definitiva, dalla funzione di Consigliere regionale in dipendenza  di
una sentenza di condanna non definitiva ex art.  416-bis  del  codice
penale e  conseguentemente  per  la  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale della legge della regione Campania 11 ottobre 2011, n.
16, recante:  «Modifica  ed  integrazione  dell'art.  9  della  legge
regionale 19 gennaio 2007, n. l (Disposizioni per la  formazione  del
bilancio  annuale  e  pluriennale  della  regione  Campania  -  legge
finanziaria regionale 2007), modifica  ed  integrazione  dell'art.  9
della legge regionale 27  marzo  2009,  n.  4  (legge  elettorale)  e
modifica ed integrazione dell'art. 28 della legge regionale 5  giugno
1996,  n.  13  (Nuove  disposizioni   in   materia   di   trattamento
indennitario agli eletti alla carica di consigliere  regionale  della
Campania)». 
    La proposizione del presente  ricorso  e'  stata  deliberata  dal
Consiglio  dei  ministri  nella  seduta  del  13  dicembre  2011  (si
depositeranno estratto conforme del verbale e relazione del  ministro
proponente). 
    La legge della regione Campania 11 ottobre 2011 n. 16, pubblicata
sul BUR n. 65 del 17 ottobre 2011, dispone che:  «art.  1,  comma  1,
all'art. 9 della legge regionale 19 gennaio 2007, n. 1,  e'  aggiunto
il seguente comma: "5. la disposizione di cui al comma  4  non  trova
applicazione nei confronti di coloro  che  hanno  riportato  condanna
anche non definitiva per il delitto previsto  dall'art.  416-bis  del
codice penale, per i quali, nelle more dell'approvazione della  legge
regionale organica di  disciplina  dei  casi  di  ineleggibilita'  ed
incompatibilita' del Presidente, dei componenti della  Giunta  e  dei
Consiglieri regionali, si applicano le disposizioni  della  legge  23
aprile  1981,  n.  154  (Norme  in  materia  di  ineleggibilita'   ed
incompatibilita' alle cariche di Consigliere regionale,  provinciale,
comunale e circoscrizionale e in materia  di  incompatibilita'  degli
addetti al Servizio sanitario nazionale)"». 
    I successivi articoli 2 e 3 inseriscono la nuova  previsione  del
suddetto art. 9 della legge regionale n. 1 del  2007  rispettivamente
nel comma 1 dell'art. 9 della legge regionale 27  marzo  2009,  n.  4
(legge elettorale) e nell'art. 28, comma 1, lettera  c)  e  comma  3,
della legge regionale 5 giugno 1996, n. 13. 
    Pertanto, gli articoli 1, 2  e  3  della  legge  regionale  della
Campania  n.  16  del  2011  esulano  dalla  competenza   legislativa
regionale, in quanto  invadono  l'ambito  di  competenza  legislativa
esclusiva dello Stato in materia  di  ordine  pubblico  e  sicurezza,
ponendosi in violazione del disposto dell'art. 117, comma 2,  lettera
h) della Costituzione. 
    L'art. l prevede dunque che i  Consiglieri  regionali  che  hanno
riportato condanna, anche non  definitiva,  per  il  delitto  di  cui
all'art. 416-bis del codice penale restano sospesi dalla carica  fino
alla sentenza definitiva. 
    In  sostanza  la  legge   regionale   dispone   una   sospensione
potenzialmente sine die dalla carica di consigliere regionale. 
    Peraltro  tale  materia  e'  stata   oggetto   d'intervento   del
legislatore statale, in particolare l'art.  15,  comma  4-bis,  della
legge 19 marzo 1990,  n.  55,  recante  «Nuove  disposizioni  per  la
prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi  forme
di manifestazione di pericolosita' sociale». Tale articolo, dopo aver
stabilito  l'impossibilita'  di  essere   canditati   alle   elezioni
regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali  per  coloro  che
hanno riportato condanna definitiva per il delitto  di  cui  all'art.
416-bis del codice penale, prevede al comma 4-bis una sospensione  di
diritto,  della  durata  di  diciotto  mesi,  per  coloro  che  hanno
riportato  una  condanna  per  associazione  di  tipo   mafioso   non
definitiva. 
    Il comma prosegue stabilendo che la cessazione della sospensione,
una volta decorsi i diciotto mesi, non opera tuttavia se  entro  tale
termine  interviene  sentenza  di  rigetto  in  appello   anche   non
definitiva,  la  quale  comporta  un  ulteriore  prolungamento  della
sospensione per un periodo di dodici mesi. 
    Il  legislatore  statale  ha  quindi  apprestato  una  disciplina
rigorosa al fine di salvaguardare il buon andamento e la  trasparenza
delle   pubbliche   amministrazioni   contro   i   rischi   derivanti
dall'operato delle organizzazioni criminali, tra cui quelle di stampo
mafioso, nell'ambito delle proprie, insindacabili scelte di  politica
criminale. 
    A tali disposizioni statali, la legislazione regionale  non  puo'
derogare, incidendo in maniera piu' favorevole o, come  nel  caso  in
esame, in maniera piu' sfavorevole. 
      
    A confermare tale assunto si pone la  giurisprudenza  di  codesta
ecc.ma Corte, secondo la quale tale disciplina sarebbe ispirata  alla
ratio di prevenire e combattere  i  gravi  pericoli  derivanti  dalla
criminalita' organizzata a salvaguardia dell'ordine e della sicurezza
pubblica, ossia di interessi fondamentali dello  Stato  (sentenze  n.
184/1994 e 206/1999).