IL TRIBUNALE 
 
    Ha pronunciato in data 27 settembre 2011 la seguente ordinanza. 
 
                          Rilevato in fatto 
 
    Con ricorso depositato  in  data  31  maggio  2011  Cagol  Irene,
Scartezzini Cristina, Brugnara Roberto, Malerba Maria  Concetta,  Avi
Mauro, Tirone Rocco,  Giardina  Maria  Rita,  Mogrovejo  Maria  Rosa,
Candido Maria, Di  Cagno  Simona,  Bova  Graziella  e  Toto  Camilla;
Premesso  di  aver  stipulato,  o  con  il  dirigente  del   servizio
provinciale competente (in un primo tempo l'agenzia  provinciale  per
l'istruzione  denominata  «sovrintendenza  scolastica   provinciale»,
successivamente il servizio per la gestione delle risorse umane della
scuola  e  della  formazione)  o  con  il  dirigente  della   singola
istituzione scolastica, contratti di lavoro a  tempo  determinato  ai
sensi: 
        I) in un primo tempo della  disciplina  statale  ex  art.  4,
legge 3  maggio  1999,  n.  124,  applicabile  nel  territorio  della
provincia di Trento anche successivamente all'entrata in  vigore  del
D.P.R. 15 luglio 1988, n. 405 («Norme  di  attuazione  dello  statuto
speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di ordinamento
scolastico in provincia di Trento») in forza della previsione ex art.
2, comma 7  dello  stesso  D.P.R.  («Fino  all'adozione  delle  leggi
provinciali di' cui al comma 3 e dei contratti collettivi provinciali
di cui al comma 4, ovvero per quanto dagli stessi  non  disciplinato,
al personale insegnante appartenente ai ruoli di cui al comma 2 e  al
personale docente supplente in servizio nelle scuole della  provincia
si applicano, per quanto concerne lo stato giuridico e il trattamento
economico, le norme vigenti per  il  corrispondente  personale  degli
uffici, scuole ed istituti funzionanti nel restante territorio  dello
Stato»); 
        II) successivamente della disciplina provinciale ex art.  93,
commi 1, 2 e 3 L. P. 7 agosto 2006, n. 5, proponevano  nei  confronti
della  Provincia  Autonoma  Di  Trento,  tra  l'altro,   domanda   di
accertamento della nullita' - per violazione della clausola 5,  punto
1  dell'accordo  quadro  CES,  UNICE  e  CEEP  sul  lavoro  a   tempo
determinato, alla quale la direttiva 1999/70/CE del Consiglio del  28
giugno 1999 ha  dato  attuazione  -  delle  clausole  appositive  dei
termini finali contenute nei singoli  contratti  di  lavoro  a  tempo
determinato, con conseguente conversione dei  rapporti  di  lavoro  a
tempo determinato in un rapporto di lavoro a  tempo  indeterminato  a
far data dalla stipulazione del primo contratto  di  lavoro  a  tempo
determinato o quanto meno dal superamento del periodo complessivo  di
36 mesi, comprensivo di proroghe e rinnovi. 
 
                         Ritenuto in diritto 
 
    Viene  sollevata   d'ufficio   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 4, comma 1, legge 3 maggio 1999,  n.  124  e
dell'art. 93, commi 1 e 2 della legge della  Provincia  di  Trento  7
agosto 2006, n. 5, nella parte in cui - in violazione degli artt.  11
e 117, comma 1Cost., in riferimento alla clausola 5, punto 1, lettera
a)  dell'accordo  quadro  CES,  UNICE  e  CEEP  sul  lavoro  a  tempo
determinato, alla quale la direttiva 1999/70/CE del Consiglio del  28
giugno 1999 ha  dato  attuazione  -  consentono  la  copertura  delle
cattedre e dei posti di insegnamento,  che  risultino  effettivamente
vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e  che  rimangano
prevedibilmente  tali  per  l'intero  anno  scolastico,  mediante  il
conferimento di supplenze annuali, in attesa dell'espletamento  delle
procedure concorsuali per l'assunzione di personale docente di ruolo,
cosi' da determinare l'utilizzo di una  successione  di  contratti  o
rapporti di lavoro a tempo determinato per il perseguimento, da parte
dell'Amministrazione datrice, di uno  scopo  (il  contenimento  della
spesa pubblica) non  riconducibile  ad  una  «finalita'  di  politica
sociale di uno Stato membro»  secondo  l'accezione  desumibile  dalla
giurisprudenza della Corte di giustizia. 
 
                 Sulla rilevanza nel giudizio a quo 
 
    Il giudizio in corso non puo' essere  definito  indipendentemente
dalla   soluzione   della   suddetta   questione   di    legittimita'
costituzionale. 
    Applicando le norme impugnate la domanda proposta dai  ricorrenti
dovrebbe essere rigettata; 
    e'  infatti  incontestato  che  i  rapporti  di  lavoro  a  tempo
determinato intercorsi tra i ricorrenti e l'Amministrazione convenuta
scaturiscono da contratti  stipulati  nella  piena  osservanza  della
disciplina interna in tema di reclutamento del  personale  scolastico
(in particolare dell'art. 4, comma 1, legge 124/1999 e dell'art.  93,
commi l e 2, L.P. 5/2006), che consente la copertura delle cattedre e
dei posti di insegnamento, che  risultino  effettivamente  vacanti  e
disponibili  entro  la  data  del  31  dicembre   e   che   rimangano
prevedibilmente  tali  per  l'intero  anno  scolastico,  mediante  il
conferimento di supplenze annuali, in attesa dell'espletamento  delle
procedure concorsuali per l'assunzione di personale docente di ruolo,
anche qualora cio' comporti l'utilizzo senza limiti di  durata  e  di
numero  dei  rinnovi  di  una  successione  di  contratti   a   tempo
determinato; 
    quindi, alla luce della vigente disciplina interna in  ordine  al
reclutamento  del  personale  scolastico  a  tempo  determinato,  non
sarebbe configurabile la nullita' parziale, ipotizzata dai ricorrenti
in ordine alle clausole appositive dei termini finali, per violazione
di norme imperative, dei contratti di durata  annuale  stipulati  con
l'Amministrazione convenuta. 
    Assai di recente il legislatore (art. 9, comma 18,  decreto-legge
13 maggio 2011, n. 70 convertito con legge 12 luglio 2011, n. 106) ha
aggiunto nell'art. 10, d.lgs. 368/2001 il comma  4-bis,  secondo  cui
«stante quanto stabilito dalle disposizioni di cui  all'articolo  40,
comma  1,  della  legge  27  dicembre  1997,  n.  449,  e  successive
modificazioni, all'articolo 4, comma 14-bis,  della  legge  3  maggio
1999, n. 124, e all'articolo 6, comma 5, del decreto  legislativo  30
marzo 2001, n.  165,  sono  altresi'  esclusi  dall'applicazione  del
presente decreto i contratti a tempo  determinato  stipulati  per  il
conferimento  delle  supplenze  del   personale   docente   ed   ATA,
considerata la necessita' di garantire  la  costante  erogazione  del
servizio scolastico ed educativo anche in caso di assenza  temporanea
del  personale  docente  ed  ATA  con  rapporto  di  lavoro  a  tempo
indeterminato ed anche determinato.  In  ogni  caso  non  si  applica
l'articolo 5, comma 4-bis, del presente decreto». 
    Secondo un orientamento di merito tale innovazione presuppone che
in precedenza la disciplina ex d.lgs. 368/2001 trovasse  applicazione
integrale, o quanto meno per cio' che concerne l'art. 5, comma 4-bis,
anche in ordine ai contratti a tempo  determinato  stipulati  per  il
conferimento delle supplenze del personale docente ed ATA. 
    L'assunto non puo' essere condiviso: 
    e'  evidente,  attesa  la   contiguita'   cronologica,   che   il
legislatore  e'  intervenuto  in  reazione   al   formarsi   di   una
giurisprudenza  di  merito  che  ha  statuito  l'illegittimita'   per
contrasto con le prescrizioni contenute nel d.lgs. 368/2001 - in tema
di  sussistenza  delle  ragioni  di  carattere  tecnico,  produttivo,
organizzativo o  sostitutivo  (art.  1,  comma  l),  dell'indicazione
scritta delle stesse (art. l, comma 2) e soprattutto dei limiti  alla
successione  di  contratti  a  tempo  determinato  (art.  5)  -   con
declaratoria, in talune pronunce, di conversione in rapporto a  tempo
indeterminato (ed  infatti  la  stessa  ratio  e'  sottesa  ad  altro
intervento  del  legislatore,  costituito  dall'art.  l,   comma   l,
decreto-legge 25 settembre 2009, n.  134,  convertito  con  legge  24
novembre 2009, n. 167, che, novellando l'art. 4, legge  124/1999,  ha
introdotto  il  comma  14-bis,  secondo  cui  «i  contratti  a  tempo
determinato stipulati per il conferimento  delle  supplenze  previste
dai commi 1, 2 e 3, in quanto necessari  per  garantire  la  costante
erogazione del servizio scolastico ed educativo, possono trasformarsi
in rapporti  di  lavoro  a  tempo  indeterminato  solo  nel  caso  di
immissione in ruolo, ai sensi delle disposizioni vigenti e sulla base
delle graduatorie previste dalla presente legge  e  dall'articolo  1,
comma 605, lettera c), della  legge  27  dicembre  2006,  n.  296,  e
successive modificazioni») o, in altre pronunce, di risarcimento  del
danno ai sensi dell'art. 36, comma 5, d.lgs. 165/2011; 
    invero l'inapplicabilita' della disciplina ex d.lgs. 368/2001  ai
contratti a tempo determinato stipulati  per  il  conferimento  delle
supplenze del personale docente ed ATA emergeva gia' dalle previsioni
ex d.lgs. 165/2001, dove - a fronte  dell'art.  36,  comma  1  (testo
originario), secondo cui: «Le pubbliche amministrazioni, nel rispetto
delle disposizioni sul reclutamento del personale  di  cui  ai  commi
precedenti, si  avvalgono  delle  forme  contrattuali  flessibili  di
assunzione e di impiego del personale previste dal  codice  civile  e
dalle leggi  sui  rapporti  di  lavoro  subordinato  nell'impresa.  I
contratti collettivi nazionali provvedono a disciplinare  la  materia
dei contratti  a  tempo  determinato...  in  applicazione  di  quanto
previsto dalla legge 18 aprile  1962.  n.  230...,  nonche'  da  ogni
successiva modificazione o integrazione della relativa Disciplina»  -
l'art. 70, comma 8, dopo aver  stabilito  che  «le  disposizioni  del
presente  decreto  si  applicano  al  personale  della  scuola»,   ha
precisato che «sono fatte salve  le  procedure  di  reclutamento  del
personale della scuola di cui al decreto legislativo 16 aprile  1994,
n. 297 e successive modificazioni ed  integrazioni»  (tale  norma  e'
rimasta immutata anche dopo la novella dell'art. 36, comma 1,  d.lgs.
165/2001 - ulteriore riprova della  persistente  vigenza  anche  dopo
l'emanazione  del  d.lgs.  369/2001  dell'art.  36,  d.lgs.  165/2001
introdotto  in  precedenza  -  ad  opera  dell'art.  17,  comma   26,
decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito con  legge  3  agosto
2009, n. 102, secondo cui: «Per rispondere ad esigenze temporanee  ed
eccezionali le  amministrazioni  pubbliche  possono  avvalersi  delle
forme  contrattuali  flessibili  di  assunzione  e  di  impiego   del
personale previste dal codice civile e dalle leggi  sui  rapporti  di
lavoro subordinato nell'impresa,  nel  rispetto  delle  procedure  di
reclutamento   vigenti.   Ferma   restando   la   competenza    delle
amministrazioni  in  ordine  alla  individuazione  delle   necessita'
organizzative  in  coerenza  con  quanto  stabilito   dalle   vigenti
disposizioni di legge, i contratti collettivi nazionali provvedono  a
disciplinare  la  materia   dei   contratti   di   lavoro   a   tempo
determinato...  in  applicazione  di  quanto  previsto  dal   decreto
legislativo 6 settembre 2001, n. 368»); 
    inoltre, come acutamente evidenziato dal Tribunale di Genova,  25
marzo 2011 Billeci e a./MIUR(conf. Tribunale  di  Trieste,  29  marzo
2011 Matiassi e a./MIUR): «Il d.lgs. 368/2001 non contiene norme  che
abbiano abrogato in modo espresso l'articolato normativo relativo  al
reclutamento del personale scolastico, dianzi delineato. All'art. 11,
comma 1, si e' resa espressa la conseguenza  dell'abrogazione  tacita
per incompatibilita' (art. 15, prel. cod. civ.). E' opinabile che  il
meccanismo riconducibile al t.u. 297/94  ed  alla  legge  124/99  sia
coerente con le regole introdotte  dal  d.lgs.  368/2001.  Ma  riesce
d'altro canto difficile immaginare che un  tale  complesso  di  norme
possa ritenersi abrogato senza una disposizione che esplicita in  tal
senso. E' certo comunque che, per il legislatore  italiano,  esso  e'
sopravvissuto. Gli innesti normativi  successivi  sulle  disposizioni
previgenti  sono  stati  infatti  innumerevoli:   valga   per   tutti
l'inserimento del comma 14-bis all'art.  4,  legge  124/99,  compiuto
ancora nel 2009, con cui si e' avvertita evidentemente la  necessita'
di ribadire, per il comparto scolastico, un principio gia' espresso a
chiare  lettere  nel  testo  unico  sull'impiego   pubblico   (d.lgs.
165/2001); ancora piu' recente e' la clausola  di  salvezza  prevista
per queste specifiche disposizioni di settore" rispetto  ai  generali
limiti di spesa stabiliti invece per le assunzioni  con  contratto  a
termine o con altre forme flessibili negli enti pubblici dall'art. 9,
comma 28, decret-legge 78/2010,  convertito  in  legge  122/2010.  E'
dunque ragionevole  ritenere  che  il  sistema  di  reclutamento  del
personale scolastico, improntato ad esigenze peculiari e contrapposte
di salvaguardia della continuita'  del  servizio,  reperimento  delle
risorse  e  contenimento  della  spesa  pubblica  sia  soggetto  alla
disciplina  risalente  al  t.u.   del   1994   ed   alle   successive
modificazioni,  in  ragione  della  sua  specialita'  rispetto   alla
normativa del d.lgs. 368/2001». 
 
                  Sulla non manifesta infondatezza 
 
    Le procedure di reclutamento del personale della scuola. 
    In  tema  di  reclutamento  del  personale  scolastico  a   tempo
determinato la disciplina statale (art. 4, legge 124/1999) dispone: 
        «1. Alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento
che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data  del
31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali  per  l'intero  anno
scolastico, qualora non sia possibile  provvedere  con  il  personale
docente di ruolo delle dotazioni  organiche  provinciali  o  mediante
l'utilizzazione del personale in soprannumero, e sempreche' ai  posti
medesimi non sia stato gia' assegnato a qualsiasi titolo personale di
ruolo, si provvede mediante il conferimento di supplenze annuali,  in
attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali per l'assunzione
di personale docente di ruolo. 
        2. Alla copertura delle cattedre e dei posti di  insegnamento
non vacanti che si rendano di fatto disponibili entro la data del  31
dicembre e fino al termine dell'anno scolastico si provvede  mediante
il  conferimento  di  supplenze  temporanee  fino  al  termine  delle
attivita'  didattiche.  Si  provvede  parimenti  al  conferimento  di
supplenze temporanee fino al termine delle attivita'  didattiche  per
la  copertura  delle  ore  di  insegnamento  che  non  concorrono   a
costituire cattedre o posti orario. 
        3. Nei casi diversi da quelli previsti ai  commi  1  e  2  si
provvede con supplenze temporanee. 
        4. I posti delle dotazioni organiche provinciali non  possono
essere coperti  in  nessun  caso  mediante  assunzione  di  personale
docente non di ruolo. 
        5. Con proprio  decreto  da  adottare  secondo  la  procedura
prevista dall'articolo 17, commi 3 e 4, della legge 23  agosto  1988,
n. 400, il Ministro della pubblica istruzione  emana  un  regolamento
per  la  disciplina  del  conferimento  delle  supplenze  annuali   e
temporanee nel rispetto dei criteri di cui ai commi seguenti. 
        6. Per  il  conferimento  delle  supplenze  annuali  e  delle
supplenze temporanee sino al termine delle  attivita'  didattiche  si
utilizzano le graduatorie permanenti  di  cui  all'articolo  401  del
testo unico, come  sostituito  dal  comma  6  dell'articolo  1  della
presente legge. 
        7. Per il conferimento delle supplenze temporanee di  cui  al
comma 3 si utilizzano le graduatorie di circolo o di istituto...»); 
    il regolamento di cui al comma 5 e'  stato  emanato  con  decreto
ministeriale 25 maggio 2000, n. 201  e  successivamente  con  decreto
ministeriale 13 giugno 2007, n. 131. 
    Quanto alla disciplina provinciale l'art. 93, commi 1, 2 e 3 L.P.
n. 5/2006 («Disposizioni in materia di incarichi a tempo  determinato
e di supplenze temporanee») prevede: 
        "1. Per garantire la  continuita'  didattica  e  il  regolare
avvio dell'anno scolastico, ferma restando la disciplina  in  materia
di assunzioni a tempo indeterminato e nei limiti della spesa  massima
prevista dall'articolo 85, la Provincia o le istituzioni  scolastiche
possono  stipulare,   mediante   l'utilizzo   rispettivamente   delle
graduatorie provinciali per titoli o  delle  graduatorie  d'istituto,
contratti di lavoro  a  tempo  determinato  per  la  copertura  delle
cattedre  e  dei  posti  d'insegnamento  effettivamente   vacanti   e
disponibili o disponibili e non vacanti, secondo quanto previsto  dai
commi 2 e 3 e secondo  le  modalita'  definite  con  regolamento.  Le
graduatorie  d'istituto  devono  essere  articolate  in   fasce,   in
relazione ai titoli e alle abilitazioni; inoltre devono garantire una
validita' temporanea coerente  con  le  graduatorie  provinciali  per
titoli. 
        2. Per la copertura delle cattedre e dei posti d'insegnamento
il dirigente del servizio provinciale competente stipula contratti di
lavoro a tempo determinato di  durata  annuale,  rinnovabili  per  un
massimo  di  due  anni  qualora  risultino  disponibili  la  medesima
cattedra o posto;  per  la  copertura  delle  cattedre  o  dei  posti
d'insegnamento disponibili,  inoltre,  puo'  stipulare  contratti  di
lavoro a tempo determinato di durata massima triennale. 
        3. Per la copertura di cattedre e di posti d'insegnamento non
coperti ai sensi del comma 2, a decorrere dalla data stabilita  dalla
Provincia per l'inizio delle lezioni, il  dirigente  dell'istituzione
scolastica stipula contratti di lavoro a tempo determinato di  durata
massima annuale. Qualora la mancata copertura delle  cattedre  o  dei
posti di insegnamento ai sensi del comma  2  dipenda  dall'assenza  o
dall'esaurimento  delle   graduatorie   provinciali,   il   dirigente
dell'istituzione scolastica, previo  nulla  osta  del  dirigente  del
servizio provinciale competente, puo' stipulare contratti di lavoro a
tempo determinato anche prima dell'inizio delle lezioni.»; 
    il regolamento di cui al comma1 e' stato emanato con decreto  del
presidente  della   provincia   24   giugno   2008,   n.   23-130/Leg
(«Regolamento concernente incarichi a tempo determinato  e  supplenze
temporanee nelle  istituzioni  scolastiche  provinciali  a  carattere
statale»), il quale all'art. 2 («1. 1  posti  di  insegnamento  e  le
cattedre, di seguito denominati "posti", non  assegnati  a  personale
assunto a tempo indeterminato, sono coperti con il  conferimento  di:
a) incarichi annuali, per i posti vacanti e disponibili entro la data
del 31 ottobre e che rimangono tali per l'intero anno scolastico;  b)
supplenze temporanee fino al termine delle attivita' didattiche,  per
i posti non vacanti ma disponibili entro la data del 31 ottobre, fino
al termine dell'anno scolastico o per le ore di insegnamento che  non
concorrono a costituire posti e che si rendono disponibili  entro  la
data del 31 ottobre; c) supplenze temporanee  brevi  per  ogni  altra
necessita' di supplenza diversa dai casi previsti dalle lettere a)  e
b). 2. Gli incarichi annuali previsti dal comma 1, lettera  a),  sono
rinnovati annualmente e comunque per un massimo di due anni se per il
medesimo posto  permangano  le  condizioni  richieste  per  il  primo
conferimento. A tal fine il contratto individuale di lavoro  contiene
la clausola con la  quale  e'  previsto  il  rinnovo  automatico  del
contratto medesimo. 3. Il  conferimento  degli  incarichi  annuali  e
delle  supplenze  temporanee  fino   al   termine   delle   attivita'
didattiche, previsti dal comma 1, lettere a) e b), e' effettuato  dal
dirigente  della  struttura  provinciale  competente  in  materia  di
gestione delle risorse umane della  scuola  e  della  formazione,  di
seguito denominata «struttura provinciale  competente»,  prima  della
data stabilita dalla Giunta provinciale per  l'inizio  delle  lezioni
utilizzando  le  vigenti  graduatorie  provinciali  per  titoli   del
personale docente delle scuole provinciali a carattere statale. 4.  A
decorrere dalla data di  inizio  delle  lezioni  il  conferimento  e'
effettuato dal dirigente dell'istituzione scolastica, utilizzando  le
vigenti graduatorie d'istituto, per la  copertura  di:  a)  incarichi
annuali e  supplenze  temporanee  fino  al  termine  delle  attivita'
didattiche, in caso di esaurimento o  di  assenza  delle  graduatorie
provinciali per titoli; b) supplenze temporanee fino al termine delle
attivita' didattiche, fino a sei ore settimanali di insegnamento;  c)
incarichi annuali previsti dal comma 1, lettera a), non coperti prima
della data di inizio delle lezioni; d) supplenze temporanee  fino  al
termine delle attivita' didattiche previste dal comma 1, lettera  b),
non coperte prima della data di inizio delle  lezioni;  e)  supplenze
temporanee brevi di cui al  comma  1,  lettera  c).  5.  In  caso  di
esaurimento o di assenza delle graduatorie provinciali per titoli, il
dirigente della struttura provinciale competente puo'  autorizzare  i
dirigenti delle istituzioni scolastiche ad effettuare il conferimento
degli incarichi annuali e delle supplenze temporanee fino al  termine
delle attivita' didattiche anche prima della  data  di  inizio  delle
lezioni»),  riproduce  sostanzialmente  le   disposizioni   contenute
nell'art. 4, commi 1, 2, 3, 6 e 7, legge 124/1999. 
    Di recente Corte cost. 9 febbraio 2011, n. 41 ha evidenziato  che
la scelta operata dal legislatore con la legge 124/1999 -  istitutiva
delle   graduatorie   permanenti   (le   quali   vengono   utilizzate
dall'amministrazione scolastica in primis per l'attribuzione del  50%
dei  posti  di  ruolo  disponibili  determinati   ogni   triennio   e
secondariamente per conferire  supplenze  annuali  e  temporanee  per
mezzo delle quali i docenti acquisiscono ulteriore professionalita' -
art. 399, comma 1 e 401, comma 1, d.lgs. 16 aprile 1994,  n.  297)  -
«e' quella di individuare i docenti cui attribuire le cattedre  e  le
supplenze secondo il criterio del merito». 
    Si tratta di una logica conseguenza del  principio  ex  art.  97,
ult. comma cost. («Agli impieghi nelle pubbliche  amministrazioni  si
accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti  dalla  legge»)  che
individua nel concorso, quale strumento di selezione  del  personale,
lo  strumento  piu'  idoneo  a  garantire,  in  linea  di  principio,
l'imparzialita' e l'efficienza  della  pubblica  amministrazione,  di
talche' l'amministrazione sceglie il lavoratore da assumere all'esito
di un procedimento  preordinato  a  garantire  l'imparzialita'  e  la
trasparenza della selezione, nonche' l'individuazione degli aspiranti
piu' capaci e quindi piu' meritevoli (in termini Corte cost. 27 marzo
2003, n. 89; Cass. 15 giugno 2010, n. 14350; Cass. 7 maggio 2008,  n.
11161;). 
    L'inapplicabilita' ai contratti stipulati  dai  ricorrenti  della
disciplina ex d.lgs. 368/2001. 
    In proposito appare sufficiente richiamare  quanto  gia'  esposto
nella parte della motivazione dedicata alla rilevanza nel giudizio  a
quo della questione di legittimita' costituzionale in esame. 
    La disciplina del reclutamento del personale a tempo  determinato
della scuola in rapporto al diritto dell'Unione europea. 
    I ricorrenti eccepiscono la difformita' della disciplina relativa
al reclutamento del personale scolastico  a  tempo  determinato  alla
direttiva 1999/70/CE del Consiglio del  28  giugno  1999  volta  allo
scopo di attuare l'accordo quadro sui contratti a  tempo  determinato
concluso il 18 marzo 1999 fra le  organizzazioni  intercategoriali  a
carattere generale (CES, CEEP e UNICE),  il  cui  obiettivo  e',  tra
l'altro, «creare un quadro normativo per la prevenzione  degli  abusi
derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o di rapporti
di lavoro a tempo determinato» (clausola 1), come meglio  specificato
nella clausola 5  («Misure  di  prevenzione  degli  abusi  -  1.  Per
prevenire gli abusi derivanti dall'utilizzo  di  una  successione  di
contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri,
previa consultazione delle parti sociali a  norma  delle  leggi,  dei
contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le  parti  sociali
stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti  per  la
prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto  delle  esigenze
di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o  piu'  misure
relative a: a) ragioni obiettive per la giustificazione  del  rinnovo
dei suddetti contratti o rapporti; b) la durata  massima  totale  dei
contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi; c)  il
numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.  2.  Gli  Stati
membri, previa  consultazione  delle  parti  sociali,  e/o  le  parti
sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni  i
contratti e i rapporti di  lavoro  a  tempo  determinato:  a)  devono
essere considerati «successivi»; b) devono essere ritenuti  contratti
o rapporti a tempo indeterminato»). 
    Secondo un orientamento ormai consolidato (Corte cost.  170/1984;
Corte  cost.  389/1989;  Corte  cost.  ord.  168/1991;  Corte   cost.
482/1995; Corte cost. 348/2007; Corte  cost.  349/2007;  Corte  cost.
28/2010; Corte cost. 227/2010; Cass. S.U. 8.8.2011, n.  17074;  Cass.
pen. 4.3.2005, n. 17836; Cass. 2.3.2005, n. 4466; Cass. 26.9.2003, n.
14312; Cass. 10.12.2002, n. 17564; CdS IV, 18.1.1996, n. 54; tutte in
conformita' alla giurisprudenza della Corte di giustizia di cui  sono
espressione, tra le altre, sentenze 4.2.1988, causa C-157/86,  Murphy
e a.,  punto  11;  22.6.1989,  causa  C103/88,  Costanzo,  punto  33;
29.4.1999,  causa  C-224/97,  Ciola,  punto  26;  .26.2.2000,   causa
C-262/97, Engelbrecht,  punto  40;  11.1.2007,  causa  C-208/05,  ITC
Innovative Technology Center GmbH, punti 68 e 69;  14.10.2010,  causa
C-243/09, Fuss, punto 63;), in  virtu'  del  principio  (fondato  sul
precetto ex art. 11 Cost. e piu' recentemente sul  disposto  ex  art.
117, comma 1 Cost.) del primato del diritto dell'Unione  europea  sul
diritto nazionale: 
        A) se una fattispecie trova  regolamentazione  sia  in  fonti
europee di  diretta  applicazione  (ossia  in  norme  dalle  quali  i
soggetti operanti all'interno degli ordinamenti  degli  Stati  membri
possono  trarre  situazioni  giuridiche  direttamente  tutelabili  in
giudizio) sia in fonti interne, la disciplina deve essere individuata
alla luce della fonte europea, di talche'  la  normativa  interna  in
contrasto, se e' anteriore deve ritenersi implicitamente abrogata, se
e' posteriore deve essere disapplicata; in caso di  dubbio  circa  la
portata applicativa della fonte  europea  ed  in  particolare  di  un
presunto contrasto con la norma interna,  la  questione  deve  essere
inviata, ai sensi dell'art. 267 TFUE, alla  Corte  di  giustizia,  la
quale, avendo il compito  di  assicurare  «il  rispetto  del  diritto
nell'interpretazione e  nell'applicazione  dei  trattati»  (art.  19,
comma 1 TUE), precisa autoritariamente  il  significato  del  diritto
dell'Unione, determinandone in definitiva l'ampiezza ed il  contenuto
delle possibilita' applicative, con sentenze dichiarative  che  hanno
la stessa efficacia delle disposizioni interpretate; 
        B)  se  il  contrasto,  non  rimediabile   neppure   in   via
interpretativa  (piu'  approfonditamente  infra),  si  pone  tra   la
normativa interna e  fonti  europee  prive  di  effetto  diretto,  la
disciplina da applicare resta quella interna, salvo  il  rinvio  alla
Corte  costituzionale   per   illegittimita'   costituzionale   della
disciplina stessa, dove la norma europea assume il rango di parametro
interposto (secondo quanto espressamente sancito dall'art. 117, comma
1 Cost.). 
    a)  La  Corte  di  giustizia  e'  ferma  nel  ritenere  (sentenza
4.7.2006, causa C-212/04, Adeneler e a., punti 54-57; 7.9.2006, causa
C-53/04, Marrosu e Sardino,  punti  40-43;  7.9.2004,  causa  180/04,
Vassallo, punti 32-35;  13.9.2007;  13.9.2000,  causa  C-307/05,  Del
Cerro  Alonso,  punto  25;  22.12.2010,  cause  riunite  C-444/09   e
C-456/09, Gavieiro Gavieiro, punti 36-45;) -  come  si  evince  tanto
dalla formulazione della direttiva  1999/70  e  dell'accordo  quadro,
quanto dal loro sistema generale nonche' dalla loro finalita'  -  che
le prescrizioni ivi enunciate sono applicabili  ai  contratti  ed  ai
rapporti  di   lavoro   a   tempo   determinato   conclusi   con   le
amministrazioni e con altri enti del settore pubblico. 
    b) Sempre la Corte di giustizia ha statuito (sentenze  15.4.2008,
causa C-268/2006, Impact., punti 69-80; 23.4.2009, in  cause  riunite
C-378/07 e C-380/07, Angelidaki e a., punto 196) che la  clausola  5,
punto 1 dell'accordo quadro non appare,  sotto  il  profilo  del  suo
contenuto, incondizionata e sufficientemente precisa per poter essere
invocata da un singolo dinanzi ad un giudice nazionale in quanto,  ai
sensi di tale disposizione, rientra nel  potere  discrezionale  degli
Stati membri ricorrere, al fine di prevenire  l'utilizzo  abusivo  di
contratti di lavoro a tempo determinato, ad una o piu' tra le  misure
enunciate in tale clausola o, ancora, a norme equivalenti in  vigore,
purche' tengano conto delle esigenze  di  settori  e/o  di  categorie
specifici di lavoratori; nel contempo non e' possibile determinare in
maniera sufficiente la protezione minima che dovrebbe comunque essere
attuata in virtu' di suddetta clausola. 
    c) Secondo l'ormai  consolidata  giurisprudenza  della  Corte  di
giustizia (v. sentenze Adeneler e a., cit., punti 65, 80, 92  e  101;
Marrosu e Sardino, cit., punto 50; Vassallo, cit., punto 35;  Impact,
cit., punti 69 e 70, e Angelidaki e a., cit., punti 74 e 151, nonche'
ordinanza 1.10.2010, causa C-3/10, Affatato,  punti  43  e  44;),  la
clausola 5, punto 1 dell'accordo quadro impone agli  Stati  membri  -
onde prevenire l'utilizzo abusivo di una successione di  contratti  o
rapporti di lavoro a tempo determinato e qualora il diritto nazionale
non  preveda  gia'  misure  equivalenti  -  l'adozione  effettiva   e
vincolante  di  almeno  una  delle  tre  misure  elencate   in   tale
disposizione ed attinenti, rispettivamente, a: 
        a) ragioni obiettive per la giustificazione  del  rinnovo  di
tali contratti o rapporti di lavoro, 
        b) durata massima totale degli stessi contratti o rapporti di
lavoro successivi, 
        c) numero dei rinnovi di questi ultimi. 
    In ordine alle misure previste sub b)  e  c)  dalla  clausola  5,
punto 1) dell'accordo quadro (durata massima totale dei  contratti  o
rapporti di lavoro a tempo determinato successivi,  numero  dei  loro
rinnovi)  appare  evidente  l'assenza  della  loro  previsione  nella
disciplina interna relativa al reclutamento del personale  scolastico
a tempo determinato; 
    cio' e' ancora piu' vero dopo la  novella  dell'art.  10,  d.lgs.
368/2001, in cui e' stato  inserito  il  comma  4-bis,  il  quale  ha
precisato che ai contratti  a  tempo  determinato  stipulati  per  il
conferimento delle supplenze del personale docente  ed  ATA  «non  si
applica l'articolo 5,  comma  4-bis,  del  presente  decreto»,  norma
questa che, secondo quanto chiarito dal Governo italiano nella  causa
C-3/10, Affatato, cit., punto 48, e'  stata  introdotta  proprio  «al
fine di evitare il ricorso abusivo ai contratti  di  lavoro  a  tempo
determinato nel settore pubblico». 
    In ordine alla misura prevista sub a) dalla clausola 5,  punto  1
dell'accordo   quadro   (esistenza   di   «ragioni   obiettive»   che
giustifichino  il  rinnovo   dei   rapporti   a   tempo   determinato
successivi), la Corte di giustizia ha precisato (sentenze Adeneler  e
a., cit., punti 69, 70, 71 e 74; Angelidaki, cit., punti 88-100;): 
    «La nozione di "ragioni oggettive" dev'essere  intesa  nel  senso
che  essa  si  riferisce  a  circostanze  precise  e   concrete   che
contraddistinguono una determinata attivita'  e,  pertanto,  tali  da
giustificare,  in  un  simile  contesto  particolare,  l'utilizzo  di
contratti di lavoro a tempo  determinato  stipulati  in  successione.
Dette circostanze possono risultare  segnatamente  dalla  particolare
natura  delle  funzioni  per  l'espletamento  delle  quali   siffatti
contratti sono stati conclusi  e  dalle  caratteristiche  inerenti  a
queste ultime o, eventualmente, dal perseguimento  di  una  legittima
finalita' di politica sociale di uno Stato membro... Per contro,  una
disposizione nazionale che si limiti ad autorizzare, in modo generale
ed astratto attraverso una  norma  legislativa  o  regolamentare,  il
ricorso a contratti  di  lavoro  a  tempo  determinato  stipulati  in
successione,  non  soddisferebbe  i  criteri   precisati   al   punto
precedente... In particolare, il ricorso  a  contratti  di  lavoro  a
tempo determinato sulla sola base di una tale disposizione  generale,
senza relazione con il contenuto concreto dell'attivita' considerata,
non consente di stabilire criteri oggettivi e trasparenti al fine  di
verificare   se   il   rinnovo   di   siffatti   contratti   risponda
effettivamente  ad  un'esigenza  reale,  sia  idoneo   a   conseguire
l'obiettivo perseguito e sia necessario a tale effetto». 
    A) Una parte minoritaria della giurisprudenza di merito (Corte di
Appello di Perugia, n. 524/2010;  n.  341/2011;)  non  ravvisa  alcun
contrasto tra la disciplina interna in  ordine  al  reclutamento  del
personale scolastico a tempo determinato e la  clausola  5,  punto  1
dell'accordo quadro, cosi' statuendo: 
    «In linea generale, occorre tener presenti le esigenze  peculiari
che, nel settore dell'amministrazione  scolastica,  le  assunzioni  a
tempo  determinato  sono  destinate  a  soddisfare.  L'organico   del
personale scolastico - docente e non docente - e'  caratterizzato  da
una certa variabilita', in dipendenza del variare, di anno  in  anno,
del numero degli utenti del servizio scolastico. Di conseguenza,  per
un verso, ragioni di contenimento della spesa  pubblica  suggeriscono
di evitare il sovradimensionamento degli organici, cosi'  da  evitare
esuberi di personale e costi inutili nei momenti di calo  demografico
o di diminuzione, per qualsiasi motivo, delle iscrizioni;  per  altro
verso,  la  necessita'  di  assicurare  la  costante  erogazione  del
servizio scolastico, finalizzato al soddisfacimento di  un  interesse
costituzionalmente garantito, rende  giustificato  e  ragionevole  il
ricorso alle assunzioni a termine. 
    Gia' queste  considerazioni  di  carattere  generale  inducono  a
escludere l'esistenza di un abuso  nel  ricorso  dell'amministrazione
scolastica  allo  strumento  del  contratto  a   tempo   determinato.
L'analisi della  normativa  che  regola  l'istituto  rafforza  questo
convincimento. 
    I contratti a tempo determinato nella scuola sono riconducibili a
tre tipologie (v. l'art 4, comma 11 della legge n.  124/99,  l'art  1
del regolamento per le supplenze del personale ATA, D.M. n.  430  del
2000, e, per il personale docente, l'art. 1 del D.M. n. 201 del 2000,
poi il D.M. n. 131 del 2007). 
    Vi sono, anzitutto, le supplenze annuali cosiddette su  «organico
di diritto», ossia  riguardanti  posti  disponibili  e  vacanti,  con
scadenza al termine dell'anno scolastico  (31  agosto).  I  posti  in
questione sono quelli che risultano effettivamente vacanti  entro  la
data del 31 dicembre e che rimarranno  prevedibilmente  scoperti  per
l'intero anno. Per essi, in attesa dell'espletamento delle  procedure
concorsuali, si procede al conferimento di supplenze annuali, con  la
stipulazione di  contratti  a  termine  in  scadenza  al  31  agosto,
allorche' non sia possibile provvedere  con  il  personale  di  ruolo
delle dotazioni organiche provinciali o  mediante  utilizzazione  del
personale in soprannumero, se non vi sia stato assegnato a  qualsiasi
titolo personale di ruolo. Si tratta, di regola,  di  posti  in  sedi
disagiate o comunque di scarso gradimento, per i quali  non  vi  sono
domande  di  assegnazione  da  parte  del  personale  di  ruolo.   La
scopertura di questi posti non e' prevedibile, e  si  manifesta  solo
dopo l'esaurimento delle  procedure  di  trasferimento,  assegnazione
provvisoria, utilizzazione di personale soprannumerario e  immissione
in ruolo; solo allora, verificato che sono rimasti privi di titolare,
quei posti possono essere coperti - in attesa dell'espletamento delle
procedure concorsuali  per  l'assunzione  di  personale  di  ruolo  -
mediante l'assegnazione delle supplenze su organico di diritto, dette
anche annuali. 
    V'e', poi, la tipologia delle  supplenze  annuali  cosiddette  su
«organico di fatto», con scadenza al 30  giugno,  cioe',  al  termine
dell'attivita'  didattica.  I  posti  con  esse  coperti   non   sono
tecnicamente vacanti, ma si rendono di fatto  disponibili  Cio'  puo'
avvenire, ad esempio, per un  aumento  imprevisto  della  popolazione
scolastica  nel  singolo  istituto,  la  cui  pianta  organica  resti
tuttavia immutata, oppure per l'aumento del numero di classi,  dovuto
a motivi contingenti, ad esempio di carattere logistico. 
    La  terza  categoria  e'  quella  delle   supplenze   temporanee,
conferite  per  ogni  altra  necessita',  come  la  sostituzione   di
personale assente o la copertura di  posti  resisi  disponibili,  per
qualsivoglia ragione, soltanto dopo il 31  dicembre,  e  destinate  a
terminare non  appena  venga  meno  l'esigenza  per  cui  sono  siate
disposte... 
    In sostanza, il legislatore, con una valutazione compiuta ex ante
e in via generale e astratta, richiamata per  relationem  in  ciascun
contratto concluso con  il  singolo  lavoratore,  ha  esplicitato  le
ragioni dell'assunzione a termine, diretta a  garantire  l'erogazione
di un servizio pubblico di rilevanza costituzionale. 
    Nessun abuso puo' essere ipotizzato nelle ipotesi  di  assunzione
per la sostituzione di docenti assente per malattia  o  altra  causa,
con diritto alla conservazione del posto, ne' in quelle di  supplenze
su organico di fatto, giacche' le esigenze che esse  soddisfano  sono
effettivamente contingenti e imprevedibili, e tali da far  escludere,
di per se', una condotta abusiva. 
    Restano le supplenze su organico di  diritto:  si  deve,  dunque,
accertare se l'assegnazione ripetuta alla medesima persona di  questo
tipo d'incarichi possa configurare un abuso, nel senso in cui  questo
termine e' utilizzato dalla normativa europea sui contratti  a  tempo
determinato...  Occorre  tener  presente,  anzitutto,   che   ciascun
incarico e' svincolato dai precedenti, di  cui  non  costituisce  ne'
prosecuzione ne' proroga, e spesso attiene alla  copertura  di  posti
situati  in  sedi  diverse.  In  secondo   luogo,   l'amministrazione
scolastica - a differenza del  datore  privato,  che  puo'  scegliere
liberamente il  lavoratore  con  cui  stipulare  il  contratto  -  ha
l'obbligo di attenersi alle graduatorie permanenti  provinciali,  per
gli incarichi su organico di diritto, o, per le supplenze su organico
di fatto o temporanee,  alle  graduatorie  interne  d'istituto  o  di
circolo. Il supplente chiamato a ricoprire l'incarico,  poi,  non  e'
«nominato», bensi' e' «individuato» secondo  criteri  predeterminati,
che l'amministrazione e' tenuta a rispettare. In sostanza, una  volta
individuato   nella   graduatoria   il   lavoratore   da    assumere,
l'attribuzione dell'incarico costituisce un vero  e  proprio  obbligo
per l'amministrazione. Non si puo' negare  che  la  reiterazione  dei
contratti  a  tempo  determinato  mantenga  il  lavoratore   in   una
situazione di precarieta', e cio' puo' certamente costituire fonte di
disagio; tuttavia, e' anche vero  che  questa  reiterazione  rafforza
sempre  piu'  la  posizione  del  «precario»,  il  quale,   vedendosi
attribuire  punteggio  per  ogni  periodo   di   servizio   prestato,
acquisisce sempre maggiori titoli per il conferimento  di  successivi
incarichi. In altre parole,  l'amministrazione  scolastica  non  puo'
esimersi dall'individuare, per soddisfare le esigenze di sostituzione
descritte, quei soggetti che hanno accumulato  maggiore  punteggio  e
che quindi occupano le posizioni migliori  nella  graduatoria,  ossia
proprio coloro che piu' volte siano stati  assunti  con  contratto  a
termine.  Il  miglioramento  del  punteggio  e  l'avanzamento   nella
graduatoria,  inoltre,  rilevano  anche  sotto  un   altro   aspetto.
L'assunzione a tempo indeterminato nella scuola  avviene,  oltre  che
con l'espletamento di concorsi per esami e  titoli,  peraltro  sempre
piu' sporadico, anche e soprattutto con il sistema  delle  immissioni
in ruolo, nel quale la selezione dei lavoratori da assumere in pianta
stabile avviene attingendo alle  graduatorie  permanenti  (art.  399,
d.lgs. n. 297/94, come modificato dall'art. 1 della legge n.  124/99;
v. anche l'art. 1, comma 605 della legge 27 dicembre  2006,  n.  296,
che  prevedeva  un  piano  triennale   per   l'assunzione   a   tempo
indeterminato di personale docente e ATA per il triennio  2007-2009),
le stesse, cioe', utilizzate per individuare i soggetti cui conferire
gli incarichi di supplenza.»; in definitiva  «sul  piano  ontologico,
puo' senza dubbio essere affermato che  le  assunzioni  nella  scuola
pubblica in regime di precariato (o di preruolo) non sono  assunzioni
a termine in  senso  tecnico,  ma  si  configurano  come  speciale  e
progressivo  sistema  di  reclutamento,   destinato   a   concludersi
fisiologicamente con l'assunzione in ruolo e la  ricostruitone  della
carriera». 
    B)  Di  contro,  secondo   l'orientamento   maggioritario   della
giurisprudenza di merito (ex multis, Trib.  Siena,  27.9.2010,  Trib.
Livorno, 26.11.2010, X/MIUR; Trib. Torino, 11.1.2011,  Lo  Faro/MIUR;
Trib. Genova, 25.3.2011 Billeci e a./MIUR; Trib.  Trieste,  29.3.2011
Matiassi e a./MIUR; Trib. Napoli, 16.6.2011, Serse/MIUR; 
    Trib. Trani, 18.6.2011, Modugno/MIUR;), quanto meno le  supplenze
disposte in esecuzione dell'art. 4, comma 1, legge 124/1999  (e,  per
quanto concerne la controversia in esame, dell'art. 93, comma 1, L.P.
5/2006, in relazione all'ipotesi di «copertura delle cattedre  e  dei
posti d'insegnamento effettivamente vacanti e  disponibili»)  vengono
conferite per far fronte a stabili vacanze nell'organico  determinate
dal fatto che il numero  delle  unita'  del  personale  in  ruolo  e'
inferiore a quello dei posti in organico; di contro, qualora  venisse
apprestata una dotazione  di  personale  equivalente  alle  posizioni
prestabilite  nell'organico,   le   variazioni   della   domanda   di
prestazioni sul territorio, che risultassero impreviste  rispetto  ai
dati  conosciuti  sulla   popolazione   scolastica,   si   potrebbero
fronteggiare in linea di massima con la mobilita'  dei  dipendenti  e
solo in via sussidiaria con forme contrattuali flessibili. 
    Appare evidente che l'esigenza di provvedere alla  copertura  dei
posti, per i quali non siano state presentate domande di assegnazione
da parte  del  personale  di  ruolo  -costituente,  ad  avviso  della
giurisprudenza di merito minoritaria, una ragione oggettiva idonea  a
giustificare la reiterazione di  contratti  a  tempo  determinato  in
funzione delle supplenze annuali ex art. 4, comma 1, legge 124/1999 -
potrebbe essere soddisfatta apprestando una dotazione di personale  a
tempo indeterminato equivalente al numero dei posti dell'organico  di
diritto; 
    nel  contempo  e'  innegabile  che  cio'  comporterebbe  -  anche
considerando i tempi necessari all'espletamento  delle  procedure  di
mobilita'  -  un  aggravio  della  spesa  pubblica  quando  il   calo
demografico o comunque la diminuzione per qualsiasi altro motivo  del
numero delle iscrizioni o, piu' in generale,  dell'offerta  formativa
determinasse un sovradimensionamento dell'organico; 
    quindi   alla   scelta   del   legislatore   -   di    consentire
all'Amministrazione scolastica  di  procedere  alla  copertura  delle
cattedre  e  dei  posti  di  insegnamento  effettivamente  vacanti  e
disponibili mediante il conferimento di supplenze  annuali,  anziche'
attraverso assunzioni in ruolo a tempo indeterminato - e' sottesa  la
necessita' di contenimento della  spesa  pubblica,  evitando  che  si
verifichi il fenomeno (menzionato dalla Provincia autonoma di  Trento
nella propria memoria di  costituzione)  dei  cd.  docenti  di  ruolo
«soprannumerari», ossia in esubero rispetto alle  effettive  esigenze
del servizio scolastico. 
    Alla  luce   dell'orientamento   espresso   dalle   giurisdizioni
superiori (per tutte Corte cost. 289/2010; Corte cost. 89/2003; Cass.
7.5.2008, n. 11161; Cass. 3.6.2004,  n.  10605;  Cass.  2.5.2003,  n.
6699; Cass. 16.9.2002, n. 13528; CdS. V, 1.4.2011, n. 2022; CdS.  VI,
24.1.2011,  n.  467;)  la  razionalizzazione,  il  controllo  ed   il
contenimento della spesa pubblica  costituiscono  interessi  generali
collegati al principio costituzionale ex art. 97 del  buon  andamento
dell'azione amministrativa. 
    Tuttavia nella controversia in esame occorre stabilire, alla luce
della gia' richiamata giurisprudenza della  Corte  di  giustizia,  se
tali interessi generali: 
        (a)  possano  essere   ricondotti   alla   natura   ed   alle
caratteristiche  delle  funzioni  del  servizio  scolastico  per   lo
svolgimento delle quali  la  pubblica  amministrazione  procede  alla
copertura dei posti vacanti e disponibili mediante supplenze  annuali
o 
        (b) attengano al perseguimento di una legittima finalita'  di
politica sociale dello Stato membro. 
    ad (a). 
    In ordine al  primo  profilo,  le  pur  impellenti  ed  effettive
esigenze di ordine  economico  che  assillano  il  datore  di  lavoro
pubblico    non    costituiscono    un    elemento    necessariamente
caratterizzante le funzioni svolte dal servizio scolastico, dato  che
la copertura dei posti vacanti e disponibili potrebbe essere attuata,
sebbene con maggiori  costi  per  l'amministrazione  pubblica,  anche
attraverso   l'assunzione   di   personale   di   ruolo   in   misura
corrispondente all'organico di diritto; 
    quindi sotto questo profilo il rinnovo reiterato dei contratti  a
tempo determinato risulta difforme al diritto europeo e la prevalenza
di quest'ultimo puo' essere affermata gia' in via interpretativa  dal
giudice nazionale. 
    a (b). 
    In ordine alla seconda questione, la precisazione della Corte  di
giustizia, secondo la quale  le  finalita'  -  il  cui  perseguimento
consente  l'utilizzo  di  una  successione  di  contratto   a   tempo
determinato - debbano essere «di politica sociale», fa  ritenere  non
manifestamente infondato l'assunto che tra quelle finalita'  non  sia
annoverabile l'interesse, pur di carattere generale, al  controllo  e
contenimento  della  spesa  pubblica  (nonostante  la  necessita'  di
mantenere una quota di vacanze nell'organico di diritto, al  fine  di
evitare  il  sorgere  di  esuberi  tra  i  docenti  di  ruolo,  renda
configurabili ragioni di carattere  obiettivo  e  temporaneo  per  la
giustificazione del rinnovo dei contratti a tempo determinato  specie
considerando  che  la  vacanza  e   la   disponibilita'   dei   posti
dell'organico di diritto, anche se in precedenza occupati da  docenti
a tempo indeterminato,  emerge  solamente  dopo  l'esaurimento  delle
procedure  di  trasferimento,   di   assegnazione   provvisoria,   di
utilizzazione di personale soprannumerario e di immissione in  ruolo,
di talche' ciascun incarico e' svincolato  dai  precedenti,  di  cui,
quindi, non  costituisce  ne'  prosecuzione  ne'  proroga,  e  spesso
attiene alla copertura di posti situati in sedi diverse; in proposito
occorre ricordare che la Corte di giustizia ha ritenuto conforme alla
clausola 5, comma 1, lettera a) dell'accordo quadro una  disposizione
nazionale che consentiva il rinnovo di contratti o rapporti  a  tempo
determinato  «per  soddisfare  "esigenze   particolari"   che   siano
"riconducibili alla forma, al tipo o all'attivita'  dell'impresa"»  -
sentenza Angelidaki e a., cit., punto 101; inoltre ha  precisato  che
la suddetta clausola, alla luce della  sua  formulazione,  «riconosce
agli Stati membri la facolta',  in  quanto  cio'  sia  oggettivamente
giustificato, di tenere in  considerazione  le  esigenze  particolari
degli specifici settori d'attivita'.» - sentenza Marrosu  e  Sardino,
punto 45;); 
    infatti non appare manifestamente infondato  sostenere  che  tali
«finalita' di  politica  sociale»  debbano  essere  coerenti  con  le
considerazioni generali  espresse  in  via  preliminare  nell'accordo
quadro,  cui  la  direttiva  1999/70/CE  ha  dato  attuazione  ed  in
particolare con quella sub 6., secondo  la  quale  «i  contratti  di'
lavoro a  tempo  indeterminato  rappresentano  la  forma  comune  dei
rapporti di lavoro e contribuiscono  alla  qualita'  della  vita  dei
lavoratori interessati e a migliorare il rendimento»; 
    inoltre non dovrebbero contrastare  con  l'orientamento  espresso
dalla Consulta nella sentenza n. 45/1965, secondo cui al diritto  del
lavoro - riconosciuto dal precetto ex art. 4, comma 1 (che, ad avviso
di  autorevole  dottrina  costituisce  parte   integrante   del   cd.
«patrimonio   costituzionale   comune   desumibile   dagli   obblighi
internazionali, dall'ordinamento  comunitario  e  dalla  legislazione
nazionale», secondo l'espressione coniata da Corte cost.  104/2006  e
richiamata da Corte cost. 182/2008), quale «fondamentale  diritto  di
liberta' della persona umana, che si estrinseca nella  scelta  e  nel
modo di esercizio dell'attivita' lavorativa» -  «fa  riscontro»,  tra
l'altro  «l'obbligo  -  il  cui   adempimento   e'   ritenuto   dalla
Costituzione essenziale  all'effettiva  realizzazione  del  descritto
diritto - di indirizzare l'attivita' di tutti i  pubblici  poteri,  e
dello stesso legislatore, alla creazione  di  condizioni  economiche,
sociali e giuridiche che consentano l'impiego di  tutti  i  cittadini
idonei al lavoro». 
    Seguendo questa prospettiva emerge un evidente contrasto  tra  la
disciplina interna del reclutamento del personale scolastico a  tempo
determinato ed il diritto  dell'Unione  europea,  in  particolare  in
ordine alla clausola 5, punto 1 dell'accordo quadro  nella  parte  in
cui la prima consente l'utilizzo di una successione  di  contratti  a
tempo determinato per il perseguimento di uno scopo (il  contenimento
della spesa pubblica) non riconducibile alle «finalita'  di  politica
sociale» previste dalla seconda. 
    Come si e' gia' visto,  secondo  altro  orientamento  consolidato
della Corte di giustizia, la clausola 5, punto 1 dell'accordo  quadro
non appare, sotto il profilo  del  suo  contenuto,  incondizionata  e
sufficientemente precisa per poter  essere  invocata  da  un  singolo
dinanzi ad un giudice nazionale, di talche' l'eventuale contrasto con
la  normativa  interna  determina  non  gia'  la  disapplicazione  di
quest'ultima (come avviene nel  caso  di  fonti  europee  di  diretta
applicazione), ma il rinvio alla Corte costituzionale per  violazione
degli artt. 11 e 117 comma 1 Cost. 
    E'  vero  che  la  Corte  di  giustizia  e'  pervenuta  a  questa
valutazione stante la discrezionalita' attribuita agli  Stati  membri
nell'introdurre una o piu' delle  tre  misure  previste  al  fine  di
prevenire gli abusi derivanti dall'utilizzo  di  una  successione  di
contratti a tempo determinato; 
    tuttavia - allorquando la stessa Corte individua tra  le  ragioni
oggettive  idonee  a   giustificare   tale   successione   anche   il
perseguimento di «una legittima finalita' di politica sociale di  uno
Stato membro» - esclude la natura incondizionata  e  sufficientemente
precisa anche dell'ipotesi sub a) - di per  se'  sola  considerata  -
della clausola 5, punto 1; 
    infatti,  come  ha   specificato   Corte   cost.   168/1991,   la
prescrizione e'  incondizionata  quando  e'  tale  «da  non  lasciare
margine di discrezionalita' agli Stati membri nella loro  attuazione»
e  sufficientemente  precisa  quando  «la  fattispecie  astratta  ivi
prevista ed il contenuto del  precetto  ad  essa  applicabile  devono
essere determinati con compiutezza, in tutti i loro elementi»; 
    quindi appare evidente che, se la direttiva, come ha statuito  la
Corte di giustizia, ricomprende - tra le ragioni oggettive  idonee  a
giustificare il rinnovo di contratti a tempo determinato successivi -
anche il perseguimento di una finalita' di politica sociale  indicata
dallo stesso Stato membro, non puo' certo configurarsi la mancanza di
discrezionalita', da parte degli Stati membri, nell'attuazione  della
direttiva ed  in  particolare  nella  specificazione  degli  elementi
costitutivi della fattispecie di cui alla clausola 5, punto 1,  lett.
a); 
    inoltre, come pure si e' gia' visto, le sentenze della  Corte  di
giustizia, pronunciate a seguito del rinvio pregiudiziale ex art. 267
TFUE, valgono si' a precisare  autoritariamente  il  significato  del
diritto  dell'Unione,  ma  presentano  la  stessa   efficacia   delle
disposizioni  interpretate  e  quindi  non  attribuiscono   efficacia
diretta a disposizioni che ne sono prive ab origine. 
    E' pure vero che, sempre secondo la giurisprudenza della Corte di
giustizia, il giudice nazionale, nell'applicare il  diritto  interno,
«deve interpretare tale diritto per quanto possibile  alla  luce  del
testo e dello scopo della  direttiva  onde  conseguire  il  risultato
perseguito da quest'ultima e conformarsi pertanto all'art. 249, terzo
comma, CE;» (sentenze 10.4.1984, causa C-14/83,  Von  Colson  Kamann,
punto 26; 13.11.1990, causa C-106/89, Marleasing, punto 8; 14.7.1994,
causa C-91/92, Faccini Dori, punto 26; 23.2.1999, causa C-63/97, BMW,
punto 22; 27.6.2000, cause riunite da  C-240/98  a  C-244/98,  Oceano
Grupo  Editorial  e  Salvat  Editore,  punto  30;  23.10.2003,  causa
C408/01, Adidas-Salomon e Adidas Benelux, Punto 21; 5.10.2004,  cause
riunite da C397/01 a 403/01, Pfeiffer ed a., punto 113;); 
    infatti «l'esigenza di un'interpretazione  conforme  del  diritto
nazionale e'... inerente  al  sistema  del  Trattato  CE,  in  quanto
permette al giudice nazionale di assicurare, nel contesto  delle  sue
competenze, la piena efficacia delle norme comunitarie quando risolve
la controversia ad esso sottoposta»  (v.,  in  particolare,  sentenze
15.5.2003, causa C-160/01, Mau, punto 34; Pfeiffer e a., cit.,  punto
114, e Adeneler e a., cit., punto 109; Impact, cit., punto 99;); 
    inoltre  «il  principio  di  interpretazione  conforme   richiede
nondimeno che i giudici nazionali si adoperino al meglio  nei  limiti
della loro competenza, prendendo in considerazione il diritto interno
nella  sua  interezza  e  applicando  i  metodi  di   interpretazione
riconosciuti  da  quest'ultimo,  al  fine  di  garantire   la   piena
effettivita' della direttiva di  cui  trattasi  e  pervenire  ad  una
soluzione  conforme  alla  finalita'  perseguita   da   quest'ultima"
(Pfeiffer e a., cit., punti 115, 116, 118 e 119; Adeneler e a., cit.,
punto 111; Impact, cit., punto 101). 
    Tuttavia «l'obbligo per il giudice nazionale di fare  riferimento
al   contenuto    di    una    direttiva    nell'interpretazione    e
nell'applicazione delle norme pertinenti del  suo  diritto  nazionale
trova i suoi limiti nei principi generali del diritto, in particolare
in quelli di certezza del diritto e di non retroattivita', e non puo'
servire da fondamento ad un'interpretazione contra legem del  diritto
nazionale» (sentenze 8.10.1987, causa C80/86,  Kolpinghuis  Nijmegen,
punto 13; 16.6.2005, causa C-105/03, Pupino, punti 44 e 47;  Adeneler
e a., cit., punto 110; Impact, cit., punto 100;). 
    Al fine di affermare, come non sembra manifestamente infondato  a
questo giudice,  che  gli  interessi  generali  al  controllo  ed  al
contenimento della spesa pubblica - che il legislatore  italiano  ha,
in tutta evidenza, posto a  fondamento  della  scelta  di  consentire
all'Amministrazione scolastica di procedere  alla  copertura  di  una
quota delle cattedre  e  dei  posti  di  insegnamento  effettivamente
vacanti e disponibili mediante il conferimento di supplenze  annuali,
anziche' attraverso assunzioni in ruolo a tempo indeterminato  -  non
attengono al perseguimento di una  legittima  finalita'  di  politica
sociale, non e' possibile, in quanto contra legem, un'interpretazione
del diritto interno in conformita'  al  diritto  dell'Unione,  ma  e'
necessaria   la   prospettazione   -   nell'impossibilita',    stante
l'inefficacia diretta delle norma europea, della disapplicazione  del
diritto  interno  -  di  una  questione  di   costituzionalita'   per
violazione dei precetti ex artt. 11 e 117, comma 1; 
    in proposito occorre evidenziare che nel caso in esame i rapporti
di  lavoro  a  tempo  determinato  intercorsi  tra  i  ricorrenti   e
l'Amministrazione convenuta scaturiscono da contratti stipulati -  la
circostanza e' incontestata - nella piena osservanza della disciplina
in tema di reclutamento del personale scolastico; 
    quindi si tratta di  una  fattispecie  rispetto  alla  quale  non
appare di immediata applicazione il disposto ex  art.  36,  comma  5,
d.lgs. 165/2001, che concerne l'ipotesi dell'assunzione  o  l'impiego
di lavoratori da parte delle pubbliche amministrazioni in «violazione
di disposizioni imperative»; 
    ne' appare possibile attualmente annoverare tra  le  disposizioni
imperative violate in occasione della stipulazione dei  contratti  di
lavoro  a  tempo  determinato  de  quibus  la  clausola  5,  punto  1
dell'accordo  quadro,  dato  che  cio'   significherebbe   attribuire
efficacia diretta ad una direttiva in parte qua non incondizionata  e
non sufficientemente precisa. 
    Ne  deriva  che  la  nullita',  invocata  dai   ricorrenti,   per
violazione di norme imperative, delle  clausole  di  apposizione  del
termine finale contenute  nei  suddetti  contratti,  potrebbe  essere
dichiarata solo qualora venisse accolta la questione, che  viene  qui
sollevata d'ufficio, di illegittimita' costituzionale - per contrasto
con gli artt. 11 e 117, comma 1 Cost., in riferimento  alla  clausola
5, punto 1, lettera a) dell'accordo quadro  CES,  UNICE  e  CEEP  sul
lavoro a tempo determinato, alla quale la  direttiva  1999/70/CE  del
Consiglio del 28 giugno 1999 ha dato attuazione  -  della  disciplina
relativa al reclutamento del personale scolastico a tempo determinato
(in applicazione della quale tali contratti sono stati stipulati), in
particolare dell'art. 4, comma 1, legge  3  maggio  1999,  n.  124  e
dell'art. 93, commi l e 2 della legge della  Provincia  di  Trento  7
agosto 2006, n. 5, nella parte in cui consentono la  copertura  delle
cattedre e dei posti di insegnamento,  che  risultino  effettivamente
vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e  che  rimangano
prevedibilmente  tali  per  l'intero  anno  scolastico,  mediante  il
conferimento di supplenze annuali, in attesa dell'espletamento  delle
procedure concorsuali per l'assunzione di personale docente di ruolo,
cosi' da determinare l'utilizzo di una  successione  di  contratti  o
rapporti di lavoro a tempo determinato per il perseguimento, da parte
dell'Amministrazione datrice, di uno  scopo  (il  contenimento  della
spesa pubblica) non  riconducibile  ad  una  «finalita'  di  politica
sociale di uno Stato membro»  secondo  l'accezione  desumibile  dalla
giurisprudenza della Corte di giustizia.