IL TRIBUNALE Ha pronunciato in data 27 settembre 2011 la seguente ordinanza. Rilevato in fatto Con ricorso depositato in data 31 maggio 2011 Cagol Irene, Scartezzini Cristina, Brugnara Roberto, Malerba Maria Concetta, Avi Mauro, Tirone Rocco, Giardina Maria Rita, Mogrovejo Maria Rosa, Candido Maria, Di Cagno Simona, Bova Graziella e Toto Camilla; Premesso di aver stipulato, o con il dirigente del servizio provinciale competente (in un primo tempo l'agenzia provinciale per l'istruzione denominata «sovrintendenza scolastica provinciale», successivamente il servizio per la gestione delle risorse umane della scuola e della formazione) o con il dirigente della singola istituzione scolastica, contratti di lavoro a tempo determinato ai sensi: I) in un primo tempo della disciplina statale ex art. 4, legge 3 maggio 1999, n. 124, applicabile nel territorio della provincia di Trento anche successivamente all'entrata in vigore del D.P.R. 15 luglio 1988, n. 405 («Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di ordinamento scolastico in provincia di Trento») in forza della previsione ex art. 2, comma 7 dello stesso D.P.R. («Fino all'adozione delle leggi provinciali di' cui al comma 3 e dei contratti collettivi provinciali di cui al comma 4, ovvero per quanto dagli stessi non disciplinato, al personale insegnante appartenente ai ruoli di cui al comma 2 e al personale docente supplente in servizio nelle scuole della provincia si applicano, per quanto concerne lo stato giuridico e il trattamento economico, le norme vigenti per il corrispondente personale degli uffici, scuole ed istituti funzionanti nel restante territorio dello Stato»); II) successivamente della disciplina provinciale ex art. 93, commi 1, 2 e 3 L. P. 7 agosto 2006, n. 5, proponevano nei confronti della Provincia Autonoma Di Trento, tra l'altro, domanda di accertamento della nullita' - per violazione della clausola 5, punto 1 dell'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, alla quale la direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999 ha dato attuazione - delle clausole appositive dei termini finali contenute nei singoli contratti di lavoro a tempo determinato, con conseguente conversione dei rapporti di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a far data dalla stipulazione del primo contratto di lavoro a tempo determinato o quanto meno dal superamento del periodo complessivo di 36 mesi, comprensivo di proroghe e rinnovi. Ritenuto in diritto Viene sollevata d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1, legge 3 maggio 1999, n. 124 e dell'art. 93, commi 1 e 2 della legge della Provincia di Trento 7 agosto 2006, n. 5, nella parte in cui - in violazione degli artt. 11 e 117, comma 1Cost., in riferimento alla clausola 5, punto 1, lettera a) dell'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, alla quale la direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999 ha dato attuazione - consentono la copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento, che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l'intero anno scolastico, mediante il conferimento di supplenze annuali, in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali per l'assunzione di personale docente di ruolo, cosi' da determinare l'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato per il perseguimento, da parte dell'Amministrazione datrice, di uno scopo (il contenimento della spesa pubblica) non riconducibile ad una «finalita' di politica sociale di uno Stato membro» secondo l'accezione desumibile dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. Sulla rilevanza nel giudizio a quo Il giudizio in corso non puo' essere definito indipendentemente dalla soluzione della suddetta questione di legittimita' costituzionale. Applicando le norme impugnate la domanda proposta dai ricorrenti dovrebbe essere rigettata; e' infatti incontestato che i rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra i ricorrenti e l'Amministrazione convenuta scaturiscono da contratti stipulati nella piena osservanza della disciplina interna in tema di reclutamento del personale scolastico (in particolare dell'art. 4, comma 1, legge 124/1999 e dell'art. 93, commi l e 2, L.P. 5/2006), che consente la copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento, che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l'intero anno scolastico, mediante il conferimento di supplenze annuali, in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali per l'assunzione di personale docente di ruolo, anche qualora cio' comporti l'utilizzo senza limiti di durata e di numero dei rinnovi di una successione di contratti a tempo determinato; quindi, alla luce della vigente disciplina interna in ordine al reclutamento del personale scolastico a tempo determinato, non sarebbe configurabile la nullita' parziale, ipotizzata dai ricorrenti in ordine alle clausole appositive dei termini finali, per violazione di norme imperative, dei contratti di durata annuale stipulati con l'Amministrazione convenuta. Assai di recente il legislatore (art. 9, comma 18, decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 convertito con legge 12 luglio 2011, n. 106) ha aggiunto nell'art. 10, d.lgs. 368/2001 il comma 4-bis, secondo cui «stante quanto stabilito dalle disposizioni di cui all'articolo 40, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, all'articolo 4, comma 14-bis, della legge 3 maggio 1999, n. 124, e all'articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono altresi' esclusi dall'applicazione del presente decreto i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente ed ATA, considerata la necessita' di garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo anche in caso di assenza temporanea del personale docente ed ATA con rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed anche determinato. In ogni caso non si applica l'articolo 5, comma 4-bis, del presente decreto». Secondo un orientamento di merito tale innovazione presuppone che in precedenza la disciplina ex d.lgs. 368/2001 trovasse applicazione integrale, o quanto meno per cio' che concerne l'art. 5, comma 4-bis, anche in ordine ai contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente ed ATA. L'assunto non puo' essere condiviso: e' evidente, attesa la contiguita' cronologica, che il legislatore e' intervenuto in reazione al formarsi di una giurisprudenza di merito che ha statuito l'illegittimita' per contrasto con le prescrizioni contenute nel d.lgs. 368/2001 - in tema di sussistenza delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo (art. 1, comma l), dell'indicazione scritta delle stesse (art. l, comma 2) e soprattutto dei limiti alla successione di contratti a tempo determinato (art. 5) - con declaratoria, in talune pronunce, di conversione in rapporto a tempo indeterminato (ed infatti la stessa ratio e' sottesa ad altro intervento del legislatore, costituito dall'art. l, comma l, decreto-legge 25 settembre 2009, n. 134, convertito con legge 24 novembre 2009, n. 167, che, novellando l'art. 4, legge 124/1999, ha introdotto il comma 14-bis, secondo cui «i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze previste dai commi 1, 2 e 3, in quanto necessari per garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo, possono trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato solo nel caso di immissione in ruolo, ai sensi delle disposizioni vigenti e sulla base delle graduatorie previste dalla presente legge e dall'articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni») o, in altre pronunce, di risarcimento del danno ai sensi dell'art. 36, comma 5, d.lgs. 165/2011; invero l'inapplicabilita' della disciplina ex d.lgs. 368/2001 ai contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente ed ATA emergeva gia' dalle previsioni ex d.lgs. 165/2001, dove - a fronte dell'art. 36, comma 1 (testo originario), secondo cui: «Le pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle disposizioni sul reclutamento del personale di cui ai commi precedenti, si avvalgono delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa. I contratti collettivi nazionali provvedono a disciplinare la materia dei contratti a tempo determinato... in applicazione di quanto previsto dalla legge 18 aprile 1962. n. 230..., nonche' da ogni successiva modificazione o integrazione della relativa Disciplina» - l'art. 70, comma 8, dopo aver stabilito che «le disposizioni del presente decreto si applicano al personale della scuola», ha precisato che «sono fatte salve le procedure di reclutamento del personale della scuola di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 e successive modificazioni ed integrazioni» (tale norma e' rimasta immutata anche dopo la novella dell'art. 36, comma 1, d.lgs. 165/2001 - ulteriore riprova della persistente vigenza anche dopo l'emanazione del d.lgs. 369/2001 dell'art. 36, d.lgs. 165/2001 introdotto in precedenza - ad opera dell'art. 17, comma 26, decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito con legge 3 agosto 2009, n. 102, secondo cui: «Per rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali le amministrazioni pubbliche possono avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, nel rispetto delle procedure di reclutamento vigenti. Ferma restando la competenza delle amministrazioni in ordine alla individuazione delle necessita' organizzative in coerenza con quanto stabilito dalle vigenti disposizioni di legge, i contratti collettivi nazionali provvedono a disciplinare la materia dei contratti di lavoro a tempo determinato... in applicazione di quanto previsto dal decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368»); inoltre, come acutamente evidenziato dal Tribunale di Genova, 25 marzo 2011 Billeci e a./MIUR(conf. Tribunale di Trieste, 29 marzo 2011 Matiassi e a./MIUR): «Il d.lgs. 368/2001 non contiene norme che abbiano abrogato in modo espresso l'articolato normativo relativo al reclutamento del personale scolastico, dianzi delineato. All'art. 11, comma 1, si e' resa espressa la conseguenza dell'abrogazione tacita per incompatibilita' (art. 15, prel. cod. civ.). E' opinabile che il meccanismo riconducibile al t.u. 297/94 ed alla legge 124/99 sia coerente con le regole introdotte dal d.lgs. 368/2001. Ma riesce d'altro canto difficile immaginare che un tale complesso di norme possa ritenersi abrogato senza una disposizione che esplicita in tal senso. E' certo comunque che, per il legislatore italiano, esso e' sopravvissuto. Gli innesti normativi successivi sulle disposizioni previgenti sono stati infatti innumerevoli: valga per tutti l'inserimento del comma 14-bis all'art. 4, legge 124/99, compiuto ancora nel 2009, con cui si e' avvertita evidentemente la necessita' di ribadire, per il comparto scolastico, un principio gia' espresso a chiare lettere nel testo unico sull'impiego pubblico (d.lgs. 165/2001); ancora piu' recente e' la clausola di salvezza prevista per queste specifiche disposizioni di settore" rispetto ai generali limiti di spesa stabiliti invece per le assunzioni con contratto a termine o con altre forme flessibili negli enti pubblici dall'art. 9, comma 28, decret-legge 78/2010, convertito in legge 122/2010. E' dunque ragionevole ritenere che il sistema di reclutamento del personale scolastico, improntato ad esigenze peculiari e contrapposte di salvaguardia della continuita' del servizio, reperimento delle risorse e contenimento della spesa pubblica sia soggetto alla disciplina risalente al t.u. del 1994 ed alle successive modificazioni, in ragione della sua specialita' rispetto alla normativa del d.lgs. 368/2001». Sulla non manifesta infondatezza Le procedure di reclutamento del personale della scuola. In tema di reclutamento del personale scolastico a tempo determinato la disciplina statale (art. 4, legge 124/1999) dispone: «1. Alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l'intero anno scolastico, qualora non sia possibile provvedere con il personale docente di ruolo delle dotazioni organiche provinciali o mediante l'utilizzazione del personale in soprannumero, e sempreche' ai posti medesimi non sia stato gia' assegnato a qualsiasi titolo personale di ruolo, si provvede mediante il conferimento di supplenze annuali, in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali per l'assunzione di personale docente di ruolo. 2. Alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento non vacanti che si rendano di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre e fino al termine dell'anno scolastico si provvede mediante il conferimento di supplenze temporanee fino al termine delle attivita' didattiche. Si provvede parimenti al conferimento di supplenze temporanee fino al termine delle attivita' didattiche per la copertura delle ore di insegnamento che non concorrono a costituire cattedre o posti orario. 3. Nei casi diversi da quelli previsti ai commi 1 e 2 si provvede con supplenze temporanee. 4. I posti delle dotazioni organiche provinciali non possono essere coperti in nessun caso mediante assunzione di personale docente non di ruolo. 5. Con proprio decreto da adottare secondo la procedura prevista dall'articolo 17, commi 3 e 4, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Ministro della pubblica istruzione emana un regolamento per la disciplina del conferimento delle supplenze annuali e temporanee nel rispetto dei criteri di cui ai commi seguenti. 6. Per il conferimento delle supplenze annuali e delle supplenze temporanee sino al termine delle attivita' didattiche si utilizzano le graduatorie permanenti di cui all'articolo 401 del testo unico, come sostituito dal comma 6 dell'articolo 1 della presente legge. 7. Per il conferimento delle supplenze temporanee di cui al comma 3 si utilizzano le graduatorie di circolo o di istituto...»); il regolamento di cui al comma 5 e' stato emanato con decreto ministeriale 25 maggio 2000, n. 201 e successivamente con decreto ministeriale 13 giugno 2007, n. 131. Quanto alla disciplina provinciale l'art. 93, commi 1, 2 e 3 L.P. n. 5/2006 («Disposizioni in materia di incarichi a tempo determinato e di supplenze temporanee») prevede: "1. Per garantire la continuita' didattica e il regolare avvio dell'anno scolastico, ferma restando la disciplina in materia di assunzioni a tempo indeterminato e nei limiti della spesa massima prevista dall'articolo 85, la Provincia o le istituzioni scolastiche possono stipulare, mediante l'utilizzo rispettivamente delle graduatorie provinciali per titoli o delle graduatorie d'istituto, contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura delle cattedre e dei posti d'insegnamento effettivamente vacanti e disponibili o disponibili e non vacanti, secondo quanto previsto dai commi 2 e 3 e secondo le modalita' definite con regolamento. Le graduatorie d'istituto devono essere articolate in fasce, in relazione ai titoli e alle abilitazioni; inoltre devono garantire una validita' temporanea coerente con le graduatorie provinciali per titoli. 2. Per la copertura delle cattedre e dei posti d'insegnamento il dirigente del servizio provinciale competente stipula contratti di lavoro a tempo determinato di durata annuale, rinnovabili per un massimo di due anni qualora risultino disponibili la medesima cattedra o posto; per la copertura delle cattedre o dei posti d'insegnamento disponibili, inoltre, puo' stipulare contratti di lavoro a tempo determinato di durata massima triennale. 3. Per la copertura di cattedre e di posti d'insegnamento non coperti ai sensi del comma 2, a decorrere dalla data stabilita dalla Provincia per l'inizio delle lezioni, il dirigente dell'istituzione scolastica stipula contratti di lavoro a tempo determinato di durata massima annuale. Qualora la mancata copertura delle cattedre o dei posti di insegnamento ai sensi del comma 2 dipenda dall'assenza o dall'esaurimento delle graduatorie provinciali, il dirigente dell'istituzione scolastica, previo nulla osta del dirigente del servizio provinciale competente, puo' stipulare contratti di lavoro a tempo determinato anche prima dell'inizio delle lezioni.»; il regolamento di cui al comma1 e' stato emanato con decreto del presidente della provincia 24 giugno 2008, n. 23-130/Leg («Regolamento concernente incarichi a tempo determinato e supplenze temporanee nelle istituzioni scolastiche provinciali a carattere statale»), il quale all'art. 2 («1. 1 posti di insegnamento e le cattedre, di seguito denominati "posti", non assegnati a personale assunto a tempo indeterminato, sono coperti con il conferimento di: a) incarichi annuali, per i posti vacanti e disponibili entro la data del 31 ottobre e che rimangono tali per l'intero anno scolastico; b) supplenze temporanee fino al termine delle attivita' didattiche, per i posti non vacanti ma disponibili entro la data del 31 ottobre, fino al termine dell'anno scolastico o per le ore di insegnamento che non concorrono a costituire posti e che si rendono disponibili entro la data del 31 ottobre; c) supplenze temporanee brevi per ogni altra necessita' di supplenza diversa dai casi previsti dalle lettere a) e b). 2. Gli incarichi annuali previsti dal comma 1, lettera a), sono rinnovati annualmente e comunque per un massimo di due anni se per il medesimo posto permangano le condizioni richieste per il primo conferimento. A tal fine il contratto individuale di lavoro contiene la clausola con la quale e' previsto il rinnovo automatico del contratto medesimo. 3. Il conferimento degli incarichi annuali e delle supplenze temporanee fino al termine delle attivita' didattiche, previsti dal comma 1, lettere a) e b), e' effettuato dal dirigente della struttura provinciale competente in materia di gestione delle risorse umane della scuola e della formazione, di seguito denominata «struttura provinciale competente», prima della data stabilita dalla Giunta provinciale per l'inizio delle lezioni utilizzando le vigenti graduatorie provinciali per titoli del personale docente delle scuole provinciali a carattere statale. 4. A decorrere dalla data di inizio delle lezioni il conferimento e' effettuato dal dirigente dell'istituzione scolastica, utilizzando le vigenti graduatorie d'istituto, per la copertura di: a) incarichi annuali e supplenze temporanee fino al termine delle attivita' didattiche, in caso di esaurimento o di assenza delle graduatorie provinciali per titoli; b) supplenze temporanee fino al termine delle attivita' didattiche, fino a sei ore settimanali di insegnamento; c) incarichi annuali previsti dal comma 1, lettera a), non coperti prima della data di inizio delle lezioni; d) supplenze temporanee fino al termine delle attivita' didattiche previste dal comma 1, lettera b), non coperte prima della data di inizio delle lezioni; e) supplenze temporanee brevi di cui al comma 1, lettera c). 5. In caso di esaurimento o di assenza delle graduatorie provinciali per titoli, il dirigente della struttura provinciale competente puo' autorizzare i dirigenti delle istituzioni scolastiche ad effettuare il conferimento degli incarichi annuali e delle supplenze temporanee fino al termine delle attivita' didattiche anche prima della data di inizio delle lezioni»), riproduce sostanzialmente le disposizioni contenute nell'art. 4, commi 1, 2, 3, 6 e 7, legge 124/1999. Di recente Corte cost. 9 febbraio 2011, n. 41 ha evidenziato che la scelta operata dal legislatore con la legge 124/1999 - istitutiva delle graduatorie permanenti (le quali vengono utilizzate dall'amministrazione scolastica in primis per l'attribuzione del 50% dei posti di ruolo disponibili determinati ogni triennio e secondariamente per conferire supplenze annuali e temporanee per mezzo delle quali i docenti acquisiscono ulteriore professionalita' - art. 399, comma 1 e 401, comma 1, d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297) - «e' quella di individuare i docenti cui attribuire le cattedre e le supplenze secondo il criterio del merito». Si tratta di una logica conseguenza del principio ex art. 97, ult. comma cost. («Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge») che individua nel concorso, quale strumento di selezione del personale, lo strumento piu' idoneo a garantire, in linea di principio, l'imparzialita' e l'efficienza della pubblica amministrazione, di talche' l'amministrazione sceglie il lavoratore da assumere all'esito di un procedimento preordinato a garantire l'imparzialita' e la trasparenza della selezione, nonche' l'individuazione degli aspiranti piu' capaci e quindi piu' meritevoli (in termini Corte cost. 27 marzo 2003, n. 89; Cass. 15 giugno 2010, n. 14350; Cass. 7 maggio 2008, n. 11161;). L'inapplicabilita' ai contratti stipulati dai ricorrenti della disciplina ex d.lgs. 368/2001. In proposito appare sufficiente richiamare quanto gia' esposto nella parte della motivazione dedicata alla rilevanza nel giudizio a quo della questione di legittimita' costituzionale in esame. La disciplina del reclutamento del personale a tempo determinato della scuola in rapporto al diritto dell'Unione europea. I ricorrenti eccepiscono la difformita' della disciplina relativa al reclutamento del personale scolastico a tempo determinato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999 volta allo scopo di attuare l'accordo quadro sui contratti a tempo determinato concluso il 18 marzo 1999 fra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale (CES, CEEP e UNICE), il cui obiettivo e', tra l'altro, «creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato» (clausola 1), come meglio specificato nella clausola 5 («Misure di prevenzione degli abusi - 1. Per prevenire gli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o piu' misure relative a: a) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti; b) la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi; c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti. 2. Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato: a) devono essere considerati «successivi»; b) devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato»). Secondo un orientamento ormai consolidato (Corte cost. 170/1984; Corte cost. 389/1989; Corte cost. ord. 168/1991; Corte cost. 482/1995; Corte cost. 348/2007; Corte cost. 349/2007; Corte cost. 28/2010; Corte cost. 227/2010; Cass. S.U. 8.8.2011, n. 17074; Cass. pen. 4.3.2005, n. 17836; Cass. 2.3.2005, n. 4466; Cass. 26.9.2003, n. 14312; Cass. 10.12.2002, n. 17564; CdS IV, 18.1.1996, n. 54; tutte in conformita' alla giurisprudenza della Corte di giustizia di cui sono espressione, tra le altre, sentenze 4.2.1988, causa C-157/86, Murphy e a., punto 11; 22.6.1989, causa C103/88, Costanzo, punto 33; 29.4.1999, causa C-224/97, Ciola, punto 26; .26.2.2000, causa C-262/97, Engelbrecht, punto 40; 11.1.2007, causa C-208/05, ITC Innovative Technology Center GmbH, punti 68 e 69; 14.10.2010, causa C-243/09, Fuss, punto 63;), in virtu' del principio (fondato sul precetto ex art. 11 Cost. e piu' recentemente sul disposto ex art. 117, comma 1 Cost.) del primato del diritto dell'Unione europea sul diritto nazionale: A) se una fattispecie trova regolamentazione sia in fonti europee di diretta applicazione (ossia in norme dalle quali i soggetti operanti all'interno degli ordinamenti degli Stati membri possono trarre situazioni giuridiche direttamente tutelabili in giudizio) sia in fonti interne, la disciplina deve essere individuata alla luce della fonte europea, di talche' la normativa interna in contrasto, se e' anteriore deve ritenersi implicitamente abrogata, se e' posteriore deve essere disapplicata; in caso di dubbio circa la portata applicativa della fonte europea ed in particolare di un presunto contrasto con la norma interna, la questione deve essere inviata, ai sensi dell'art. 267 TFUE, alla Corte di giustizia, la quale, avendo il compito di assicurare «il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione dei trattati» (art. 19, comma 1 TUE), precisa autoritariamente il significato del diritto dell'Unione, determinandone in definitiva l'ampiezza ed il contenuto delle possibilita' applicative, con sentenze dichiarative che hanno la stessa efficacia delle disposizioni interpretate; B) se il contrasto, non rimediabile neppure in via interpretativa (piu' approfonditamente infra), si pone tra la normativa interna e fonti europee prive di effetto diretto, la disciplina da applicare resta quella interna, salvo il rinvio alla Corte costituzionale per illegittimita' costituzionale della disciplina stessa, dove la norma europea assume il rango di parametro interposto (secondo quanto espressamente sancito dall'art. 117, comma 1 Cost.). a) La Corte di giustizia e' ferma nel ritenere (sentenza 4.7.2006, causa C-212/04, Adeneler e a., punti 54-57; 7.9.2006, causa C-53/04, Marrosu e Sardino, punti 40-43; 7.9.2004, causa 180/04, Vassallo, punti 32-35; 13.9.2007; 13.9.2000, causa C-307/05, Del Cerro Alonso, punto 25; 22.12.2010, cause riunite C-444/09 e C-456/09, Gavieiro Gavieiro, punti 36-45;) - come si evince tanto dalla formulazione della direttiva 1999/70 e dell'accordo quadro, quanto dal loro sistema generale nonche' dalla loro finalita' - che le prescrizioni ivi enunciate sono applicabili ai contratti ed ai rapporti di lavoro a tempo determinato conclusi con le amministrazioni e con altri enti del settore pubblico. b) Sempre la Corte di giustizia ha statuito (sentenze 15.4.2008, causa C-268/2006, Impact., punti 69-80; 23.4.2009, in cause riunite C-378/07 e C-380/07, Angelidaki e a., punto 196) che la clausola 5, punto 1 dell'accordo quadro non appare, sotto il profilo del suo contenuto, incondizionata e sufficientemente precisa per poter essere invocata da un singolo dinanzi ad un giudice nazionale in quanto, ai sensi di tale disposizione, rientra nel potere discrezionale degli Stati membri ricorrere, al fine di prevenire l'utilizzo abusivo di contratti di lavoro a tempo determinato, ad una o piu' tra le misure enunciate in tale clausola o, ancora, a norme equivalenti in vigore, purche' tengano conto delle esigenze di settori e/o di categorie specifici di lavoratori; nel contempo non e' possibile determinare in maniera sufficiente la protezione minima che dovrebbe comunque essere attuata in virtu' di suddetta clausola. c) Secondo l'ormai consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia (v. sentenze Adeneler e a., cit., punti 65, 80, 92 e 101; Marrosu e Sardino, cit., punto 50; Vassallo, cit., punto 35; Impact, cit., punti 69 e 70, e Angelidaki e a., cit., punti 74 e 151, nonche' ordinanza 1.10.2010, causa C-3/10, Affatato, punti 43 e 44;), la clausola 5, punto 1 dell'accordo quadro impone agli Stati membri - onde prevenire l'utilizzo abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato e qualora il diritto nazionale non preveda gia' misure equivalenti - l'adozione effettiva e vincolante di almeno una delle tre misure elencate in tale disposizione ed attinenti, rispettivamente, a: a) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo di tali contratti o rapporti di lavoro, b) durata massima totale degli stessi contratti o rapporti di lavoro successivi, c) numero dei rinnovi di questi ultimi. In ordine alle misure previste sub b) e c) dalla clausola 5, punto 1) dell'accordo quadro (durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi, numero dei loro rinnovi) appare evidente l'assenza della loro previsione nella disciplina interna relativa al reclutamento del personale scolastico a tempo determinato; cio' e' ancora piu' vero dopo la novella dell'art. 10, d.lgs. 368/2001, in cui e' stato inserito il comma 4-bis, il quale ha precisato che ai contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente ed ATA «non si applica l'articolo 5, comma 4-bis, del presente decreto», norma questa che, secondo quanto chiarito dal Governo italiano nella causa C-3/10, Affatato, cit., punto 48, e' stata introdotta proprio «al fine di evitare il ricorso abusivo ai contratti di lavoro a tempo determinato nel settore pubblico». In ordine alla misura prevista sub a) dalla clausola 5, punto 1 dell'accordo quadro (esistenza di «ragioni obiettive» che giustifichino il rinnovo dei rapporti a tempo determinato successivi), la Corte di giustizia ha precisato (sentenze Adeneler e a., cit., punti 69, 70, 71 e 74; Angelidaki, cit., punti 88-100;): «La nozione di "ragioni oggettive" dev'essere intesa nel senso che essa si riferisce a circostanze precise e concrete che contraddistinguono una determinata attivita' e, pertanto, tali da giustificare, in un simile contesto particolare, l'utilizzo di contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione. Dette circostanze possono risultare segnatamente dalla particolare natura delle funzioni per l'espletamento delle quali siffatti contratti sono stati conclusi e dalle caratteristiche inerenti a queste ultime o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalita' di politica sociale di uno Stato membro... Per contro, una disposizione nazionale che si limiti ad autorizzare, in modo generale ed astratto attraverso una norma legislativa o regolamentare, il ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione, non soddisferebbe i criteri precisati al punto precedente... In particolare, il ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato sulla sola base di una tale disposizione generale, senza relazione con il contenuto concreto dell'attivita' considerata, non consente di stabilire criteri oggettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di siffatti contratti risponda effettivamente ad un'esigenza reale, sia idoneo a conseguire l'obiettivo perseguito e sia necessario a tale effetto». A) Una parte minoritaria della giurisprudenza di merito (Corte di Appello di Perugia, n. 524/2010; n. 341/2011;) non ravvisa alcun contrasto tra la disciplina interna in ordine al reclutamento del personale scolastico a tempo determinato e la clausola 5, punto 1 dell'accordo quadro, cosi' statuendo: «In linea generale, occorre tener presenti le esigenze peculiari che, nel settore dell'amministrazione scolastica, le assunzioni a tempo determinato sono destinate a soddisfare. L'organico del personale scolastico - docente e non docente - e' caratterizzato da una certa variabilita', in dipendenza del variare, di anno in anno, del numero degli utenti del servizio scolastico. Di conseguenza, per un verso, ragioni di contenimento della spesa pubblica suggeriscono di evitare il sovradimensionamento degli organici, cosi' da evitare esuberi di personale e costi inutili nei momenti di calo demografico o di diminuzione, per qualsiasi motivo, delle iscrizioni; per altro verso, la necessita' di assicurare la costante erogazione del servizio scolastico, finalizzato al soddisfacimento di un interesse costituzionalmente garantito, rende giustificato e ragionevole il ricorso alle assunzioni a termine. Gia' queste considerazioni di carattere generale inducono a escludere l'esistenza di un abuso nel ricorso dell'amministrazione scolastica allo strumento del contratto a tempo determinato. L'analisi della normativa che regola l'istituto rafforza questo convincimento. I contratti a tempo determinato nella scuola sono riconducibili a tre tipologie (v. l'art 4, comma 11 della legge n. 124/99, l'art 1 del regolamento per le supplenze del personale ATA, D.M. n. 430 del 2000, e, per il personale docente, l'art. 1 del D.M. n. 201 del 2000, poi il D.M. n. 131 del 2007). Vi sono, anzitutto, le supplenze annuali cosiddette su «organico di diritto», ossia riguardanti posti disponibili e vacanti, con scadenza al termine dell'anno scolastico (31 agosto). I posti in questione sono quelli che risultano effettivamente vacanti entro la data del 31 dicembre e che rimarranno prevedibilmente scoperti per l'intero anno. Per essi, in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali, si procede al conferimento di supplenze annuali, con la stipulazione di contratti a termine in scadenza al 31 agosto, allorche' non sia possibile provvedere con il personale di ruolo delle dotazioni organiche provinciali o mediante utilizzazione del personale in soprannumero, se non vi sia stato assegnato a qualsiasi titolo personale di ruolo. Si tratta, di regola, di posti in sedi disagiate o comunque di scarso gradimento, per i quali non vi sono domande di assegnazione da parte del personale di ruolo. La scopertura di questi posti non e' prevedibile, e si manifesta solo dopo l'esaurimento delle procedure di trasferimento, assegnazione provvisoria, utilizzazione di personale soprannumerario e immissione in ruolo; solo allora, verificato che sono rimasti privi di titolare, quei posti possono essere coperti - in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali per l'assunzione di personale di ruolo - mediante l'assegnazione delle supplenze su organico di diritto, dette anche annuali. V'e', poi, la tipologia delle supplenze annuali cosiddette su «organico di fatto», con scadenza al 30 giugno, cioe', al termine dell'attivita' didattica. I posti con esse coperti non sono tecnicamente vacanti, ma si rendono di fatto disponibili Cio' puo' avvenire, ad esempio, per un aumento imprevisto della popolazione scolastica nel singolo istituto, la cui pianta organica resti tuttavia immutata, oppure per l'aumento del numero di classi, dovuto a motivi contingenti, ad esempio di carattere logistico. La terza categoria e' quella delle supplenze temporanee, conferite per ogni altra necessita', come la sostituzione di personale assente o la copertura di posti resisi disponibili, per qualsivoglia ragione, soltanto dopo il 31 dicembre, e destinate a terminare non appena venga meno l'esigenza per cui sono siate disposte... In sostanza, il legislatore, con una valutazione compiuta ex ante e in via generale e astratta, richiamata per relationem in ciascun contratto concluso con il singolo lavoratore, ha esplicitato le ragioni dell'assunzione a termine, diretta a garantire l'erogazione di un servizio pubblico di rilevanza costituzionale. Nessun abuso puo' essere ipotizzato nelle ipotesi di assunzione per la sostituzione di docenti assente per malattia o altra causa, con diritto alla conservazione del posto, ne' in quelle di supplenze su organico di fatto, giacche' le esigenze che esse soddisfano sono effettivamente contingenti e imprevedibili, e tali da far escludere, di per se', una condotta abusiva. Restano le supplenze su organico di diritto: si deve, dunque, accertare se l'assegnazione ripetuta alla medesima persona di questo tipo d'incarichi possa configurare un abuso, nel senso in cui questo termine e' utilizzato dalla normativa europea sui contratti a tempo determinato... Occorre tener presente, anzitutto, che ciascun incarico e' svincolato dai precedenti, di cui non costituisce ne' prosecuzione ne' proroga, e spesso attiene alla copertura di posti situati in sedi diverse. In secondo luogo, l'amministrazione scolastica - a differenza del datore privato, che puo' scegliere liberamente il lavoratore con cui stipulare il contratto - ha l'obbligo di attenersi alle graduatorie permanenti provinciali, per gli incarichi su organico di diritto, o, per le supplenze su organico di fatto o temporanee, alle graduatorie interne d'istituto o di circolo. Il supplente chiamato a ricoprire l'incarico, poi, non e' «nominato», bensi' e' «individuato» secondo criteri predeterminati, che l'amministrazione e' tenuta a rispettare. In sostanza, una volta individuato nella graduatoria il lavoratore da assumere, l'attribuzione dell'incarico costituisce un vero e proprio obbligo per l'amministrazione. Non si puo' negare che la reiterazione dei contratti a tempo determinato mantenga il lavoratore in una situazione di precarieta', e cio' puo' certamente costituire fonte di disagio; tuttavia, e' anche vero che questa reiterazione rafforza sempre piu' la posizione del «precario», il quale, vedendosi attribuire punteggio per ogni periodo di servizio prestato, acquisisce sempre maggiori titoli per il conferimento di successivi incarichi. In altre parole, l'amministrazione scolastica non puo' esimersi dall'individuare, per soddisfare le esigenze di sostituzione descritte, quei soggetti che hanno accumulato maggiore punteggio e che quindi occupano le posizioni migliori nella graduatoria, ossia proprio coloro che piu' volte siano stati assunti con contratto a termine. Il miglioramento del punteggio e l'avanzamento nella graduatoria, inoltre, rilevano anche sotto un altro aspetto. L'assunzione a tempo indeterminato nella scuola avviene, oltre che con l'espletamento di concorsi per esami e titoli, peraltro sempre piu' sporadico, anche e soprattutto con il sistema delle immissioni in ruolo, nel quale la selezione dei lavoratori da assumere in pianta stabile avviene attingendo alle graduatorie permanenti (art. 399, d.lgs. n. 297/94, come modificato dall'art. 1 della legge n. 124/99; v. anche l'art. 1, comma 605 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, che prevedeva un piano triennale per l'assunzione a tempo indeterminato di personale docente e ATA per il triennio 2007-2009), le stesse, cioe', utilizzate per individuare i soggetti cui conferire gli incarichi di supplenza.»; in definitiva «sul piano ontologico, puo' senza dubbio essere affermato che le assunzioni nella scuola pubblica in regime di precariato (o di preruolo) non sono assunzioni a termine in senso tecnico, ma si configurano come speciale e progressivo sistema di reclutamento, destinato a concludersi fisiologicamente con l'assunzione in ruolo e la ricostruitone della carriera». B) Di contro, secondo l'orientamento maggioritario della giurisprudenza di merito (ex multis, Trib. Siena, 27.9.2010, Trib. Livorno, 26.11.2010, X/MIUR; Trib. Torino, 11.1.2011, Lo Faro/MIUR; Trib. Genova, 25.3.2011 Billeci e a./MIUR; Trib. Trieste, 29.3.2011 Matiassi e a./MIUR; Trib. Napoli, 16.6.2011, Serse/MIUR; Trib. Trani, 18.6.2011, Modugno/MIUR;), quanto meno le supplenze disposte in esecuzione dell'art. 4, comma 1, legge 124/1999 (e, per quanto concerne la controversia in esame, dell'art. 93, comma 1, L.P. 5/2006, in relazione all'ipotesi di «copertura delle cattedre e dei posti d'insegnamento effettivamente vacanti e disponibili») vengono conferite per far fronte a stabili vacanze nell'organico determinate dal fatto che il numero delle unita' del personale in ruolo e' inferiore a quello dei posti in organico; di contro, qualora venisse apprestata una dotazione di personale equivalente alle posizioni prestabilite nell'organico, le variazioni della domanda di prestazioni sul territorio, che risultassero impreviste rispetto ai dati conosciuti sulla popolazione scolastica, si potrebbero fronteggiare in linea di massima con la mobilita' dei dipendenti e solo in via sussidiaria con forme contrattuali flessibili. Appare evidente che l'esigenza di provvedere alla copertura dei posti, per i quali non siano state presentate domande di assegnazione da parte del personale di ruolo -costituente, ad avviso della giurisprudenza di merito minoritaria, una ragione oggettiva idonea a giustificare la reiterazione di contratti a tempo determinato in funzione delle supplenze annuali ex art. 4, comma 1, legge 124/1999 - potrebbe essere soddisfatta apprestando una dotazione di personale a tempo indeterminato equivalente al numero dei posti dell'organico di diritto; nel contempo e' innegabile che cio' comporterebbe - anche considerando i tempi necessari all'espletamento delle procedure di mobilita' - un aggravio della spesa pubblica quando il calo demografico o comunque la diminuzione per qualsiasi altro motivo del numero delle iscrizioni o, piu' in generale, dell'offerta formativa determinasse un sovradimensionamento dell'organico; quindi alla scelta del legislatore - di consentire all'Amministrazione scolastica di procedere alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento effettivamente vacanti e disponibili mediante il conferimento di supplenze annuali, anziche' attraverso assunzioni in ruolo a tempo indeterminato - e' sottesa la necessita' di contenimento della spesa pubblica, evitando che si verifichi il fenomeno (menzionato dalla Provincia autonoma di Trento nella propria memoria di costituzione) dei cd. docenti di ruolo «soprannumerari», ossia in esubero rispetto alle effettive esigenze del servizio scolastico. Alla luce dell'orientamento espresso dalle giurisdizioni superiori (per tutte Corte cost. 289/2010; Corte cost. 89/2003; Cass. 7.5.2008, n. 11161; Cass. 3.6.2004, n. 10605; Cass. 2.5.2003, n. 6699; Cass. 16.9.2002, n. 13528; CdS. V, 1.4.2011, n. 2022; CdS. VI, 24.1.2011, n. 467;) la razionalizzazione, il controllo ed il contenimento della spesa pubblica costituiscono interessi generali collegati al principio costituzionale ex art. 97 del buon andamento dell'azione amministrativa. Tuttavia nella controversia in esame occorre stabilire, alla luce della gia' richiamata giurisprudenza della Corte di giustizia, se tali interessi generali: (a) possano essere ricondotti alla natura ed alle caratteristiche delle funzioni del servizio scolastico per lo svolgimento delle quali la pubblica amministrazione procede alla copertura dei posti vacanti e disponibili mediante supplenze annuali o (b) attengano al perseguimento di una legittima finalita' di politica sociale dello Stato membro. ad (a). In ordine al primo profilo, le pur impellenti ed effettive esigenze di ordine economico che assillano il datore di lavoro pubblico non costituiscono un elemento necessariamente caratterizzante le funzioni svolte dal servizio scolastico, dato che la copertura dei posti vacanti e disponibili potrebbe essere attuata, sebbene con maggiori costi per l'amministrazione pubblica, anche attraverso l'assunzione di personale di ruolo in misura corrispondente all'organico di diritto; quindi sotto questo profilo il rinnovo reiterato dei contratti a tempo determinato risulta difforme al diritto europeo e la prevalenza di quest'ultimo puo' essere affermata gia' in via interpretativa dal giudice nazionale. a (b). In ordine alla seconda questione, la precisazione della Corte di giustizia, secondo la quale le finalita' - il cui perseguimento consente l'utilizzo di una successione di contratto a tempo determinato - debbano essere «di politica sociale», fa ritenere non manifestamente infondato l'assunto che tra quelle finalita' non sia annoverabile l'interesse, pur di carattere generale, al controllo e contenimento della spesa pubblica (nonostante la necessita' di mantenere una quota di vacanze nell'organico di diritto, al fine di evitare il sorgere di esuberi tra i docenti di ruolo, renda configurabili ragioni di carattere obiettivo e temporaneo per la giustificazione del rinnovo dei contratti a tempo determinato specie considerando che la vacanza e la disponibilita' dei posti dell'organico di diritto, anche se in precedenza occupati da docenti a tempo indeterminato, emerge solamente dopo l'esaurimento delle procedure di trasferimento, di assegnazione provvisoria, di utilizzazione di personale soprannumerario e di immissione in ruolo, di talche' ciascun incarico e' svincolato dai precedenti, di cui, quindi, non costituisce ne' prosecuzione ne' proroga, e spesso attiene alla copertura di posti situati in sedi diverse; in proposito occorre ricordare che la Corte di giustizia ha ritenuto conforme alla clausola 5, comma 1, lettera a) dell'accordo quadro una disposizione nazionale che consentiva il rinnovo di contratti o rapporti a tempo determinato «per soddisfare "esigenze particolari" che siano "riconducibili alla forma, al tipo o all'attivita' dell'impresa"» - sentenza Angelidaki e a., cit., punto 101; inoltre ha precisato che la suddetta clausola, alla luce della sua formulazione, «riconosce agli Stati membri la facolta', in quanto cio' sia oggettivamente giustificato, di tenere in considerazione le esigenze particolari degli specifici settori d'attivita'.» - sentenza Marrosu e Sardino, punto 45;); infatti non appare manifestamente infondato sostenere che tali «finalita' di politica sociale» debbano essere coerenti con le considerazioni generali espresse in via preliminare nell'accordo quadro, cui la direttiva 1999/70/CE ha dato attuazione ed in particolare con quella sub 6., secondo la quale «i contratti di' lavoro a tempo indeterminato rappresentano la forma comune dei rapporti di lavoro e contribuiscono alla qualita' della vita dei lavoratori interessati e a migliorare il rendimento»; inoltre non dovrebbero contrastare con l'orientamento espresso dalla Consulta nella sentenza n. 45/1965, secondo cui al diritto del lavoro - riconosciuto dal precetto ex art. 4, comma 1 (che, ad avviso di autorevole dottrina costituisce parte integrante del cd. «patrimonio costituzionale comune desumibile dagli obblighi internazionali, dall'ordinamento comunitario e dalla legislazione nazionale», secondo l'espressione coniata da Corte cost. 104/2006 e richiamata da Corte cost. 182/2008), quale «fondamentale diritto di liberta' della persona umana, che si estrinseca nella scelta e nel modo di esercizio dell'attivita' lavorativa» - «fa riscontro», tra l'altro «l'obbligo - il cui adempimento e' ritenuto dalla Costituzione essenziale all'effettiva realizzazione del descritto diritto - di indirizzare l'attivita' di tutti i pubblici poteri, e dello stesso legislatore, alla creazione di condizioni economiche, sociali e giuridiche che consentano l'impiego di tutti i cittadini idonei al lavoro». Seguendo questa prospettiva emerge un evidente contrasto tra la disciplina interna del reclutamento del personale scolastico a tempo determinato ed il diritto dell'Unione europea, in particolare in ordine alla clausola 5, punto 1 dell'accordo quadro nella parte in cui la prima consente l'utilizzo di una successione di contratti a tempo determinato per il perseguimento di uno scopo (il contenimento della spesa pubblica) non riconducibile alle «finalita' di politica sociale» previste dalla seconda. Come si e' gia' visto, secondo altro orientamento consolidato della Corte di giustizia, la clausola 5, punto 1 dell'accordo quadro non appare, sotto il profilo del suo contenuto, incondizionata e sufficientemente precisa per poter essere invocata da un singolo dinanzi ad un giudice nazionale, di talche' l'eventuale contrasto con la normativa interna determina non gia' la disapplicazione di quest'ultima (come avviene nel caso di fonti europee di diretta applicazione), ma il rinvio alla Corte costituzionale per violazione degli artt. 11 e 117 comma 1 Cost. E' vero che la Corte di giustizia e' pervenuta a questa valutazione stante la discrezionalita' attribuita agli Stati membri nell'introdurre una o piu' delle tre misure previste al fine di prevenire gli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti a tempo determinato; tuttavia - allorquando la stessa Corte individua tra le ragioni oggettive idonee a giustificare tale successione anche il perseguimento di «una legittima finalita' di politica sociale di uno Stato membro» - esclude la natura incondizionata e sufficientemente precisa anche dell'ipotesi sub a) - di per se' sola considerata - della clausola 5, punto 1; infatti, come ha specificato Corte cost. 168/1991, la prescrizione e' incondizionata quando e' tale «da non lasciare margine di discrezionalita' agli Stati membri nella loro attuazione» e sufficientemente precisa quando «la fattispecie astratta ivi prevista ed il contenuto del precetto ad essa applicabile devono essere determinati con compiutezza, in tutti i loro elementi»; quindi appare evidente che, se la direttiva, come ha statuito la Corte di giustizia, ricomprende - tra le ragioni oggettive idonee a giustificare il rinnovo di contratti a tempo determinato successivi - anche il perseguimento di una finalita' di politica sociale indicata dallo stesso Stato membro, non puo' certo configurarsi la mancanza di discrezionalita', da parte degli Stati membri, nell'attuazione della direttiva ed in particolare nella specificazione degli elementi costitutivi della fattispecie di cui alla clausola 5, punto 1, lett. a); inoltre, come pure si e' gia' visto, le sentenze della Corte di giustizia, pronunciate a seguito del rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE, valgono si' a precisare autoritariamente il significato del diritto dell'Unione, ma presentano la stessa efficacia delle disposizioni interpretate e quindi non attribuiscono efficacia diretta a disposizioni che ne sono prive ab origine. E' pure vero che, sempre secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia, il giudice nazionale, nell'applicare il diritto interno, «deve interpretare tale diritto per quanto possibile alla luce del testo e dello scopo della direttiva onde conseguire il risultato perseguito da quest'ultima e conformarsi pertanto all'art. 249, terzo comma, CE;» (sentenze 10.4.1984, causa C-14/83, Von Colson Kamann, punto 26; 13.11.1990, causa C-106/89, Marleasing, punto 8; 14.7.1994, causa C-91/92, Faccini Dori, punto 26; 23.2.1999, causa C-63/97, BMW, punto 22; 27.6.2000, cause riunite da C-240/98 a C-244/98, Oceano Grupo Editorial e Salvat Editore, punto 30; 23.10.2003, causa C408/01, Adidas-Salomon e Adidas Benelux, Punto 21; 5.10.2004, cause riunite da C397/01 a 403/01, Pfeiffer ed a., punto 113;); infatti «l'esigenza di un'interpretazione conforme del diritto nazionale e'... inerente al sistema del Trattato CE, in quanto permette al giudice nazionale di assicurare, nel contesto delle sue competenze, la piena efficacia delle norme comunitarie quando risolve la controversia ad esso sottoposta» (v., in particolare, sentenze 15.5.2003, causa C-160/01, Mau, punto 34; Pfeiffer e a., cit., punto 114, e Adeneler e a., cit., punto 109; Impact, cit., punto 99;); inoltre «il principio di interpretazione conforme richiede nondimeno che i giudici nazionali si adoperino al meglio nei limiti della loro competenza, prendendo in considerazione il diritto interno nella sua interezza e applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest'ultimo, al fine di garantire la piena effettivita' della direttiva di cui trattasi e pervenire ad una soluzione conforme alla finalita' perseguita da quest'ultima" (Pfeiffer e a., cit., punti 115, 116, 118 e 119; Adeneler e a., cit., punto 111; Impact, cit., punto 101). Tuttavia «l'obbligo per il giudice nazionale di fare riferimento al contenuto di una direttiva nell'interpretazione e nell'applicazione delle norme pertinenti del suo diritto nazionale trova i suoi limiti nei principi generali del diritto, in particolare in quelli di certezza del diritto e di non retroattivita', e non puo' servire da fondamento ad un'interpretazione contra legem del diritto nazionale» (sentenze 8.10.1987, causa C80/86, Kolpinghuis Nijmegen, punto 13; 16.6.2005, causa C-105/03, Pupino, punti 44 e 47; Adeneler e a., cit., punto 110; Impact, cit., punto 100;). Al fine di affermare, come non sembra manifestamente infondato a questo giudice, che gli interessi generali al controllo ed al contenimento della spesa pubblica - che il legislatore italiano ha, in tutta evidenza, posto a fondamento della scelta di consentire all'Amministrazione scolastica di procedere alla copertura di una quota delle cattedre e dei posti di insegnamento effettivamente vacanti e disponibili mediante il conferimento di supplenze annuali, anziche' attraverso assunzioni in ruolo a tempo indeterminato - non attengono al perseguimento di una legittima finalita' di politica sociale, non e' possibile, in quanto contra legem, un'interpretazione del diritto interno in conformita' al diritto dell'Unione, ma e' necessaria la prospettazione - nell'impossibilita', stante l'inefficacia diretta delle norma europea, della disapplicazione del diritto interno - di una questione di costituzionalita' per violazione dei precetti ex artt. 11 e 117, comma 1; in proposito occorre evidenziare che nel caso in esame i rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra i ricorrenti e l'Amministrazione convenuta scaturiscono da contratti stipulati - la circostanza e' incontestata - nella piena osservanza della disciplina in tema di reclutamento del personale scolastico; quindi si tratta di una fattispecie rispetto alla quale non appare di immediata applicazione il disposto ex art. 36, comma 5, d.lgs. 165/2001, che concerne l'ipotesi dell'assunzione o l'impiego di lavoratori da parte delle pubbliche amministrazioni in «violazione di disposizioni imperative»; ne' appare possibile attualmente annoverare tra le disposizioni imperative violate in occasione della stipulazione dei contratti di lavoro a tempo determinato de quibus la clausola 5, punto 1 dell'accordo quadro, dato che cio' significherebbe attribuire efficacia diretta ad una direttiva in parte qua non incondizionata e non sufficientemente precisa. Ne deriva che la nullita', invocata dai ricorrenti, per violazione di norme imperative, delle clausole di apposizione del termine finale contenute nei suddetti contratti, potrebbe essere dichiarata solo qualora venisse accolta la questione, che viene qui sollevata d'ufficio, di illegittimita' costituzionale - per contrasto con gli artt. 11 e 117, comma 1 Cost., in riferimento alla clausola 5, punto 1, lettera a) dell'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, alla quale la direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999 ha dato attuazione - della disciplina relativa al reclutamento del personale scolastico a tempo determinato (in applicazione della quale tali contratti sono stati stipulati), in particolare dell'art. 4, comma 1, legge 3 maggio 1999, n. 124 e dell'art. 93, commi l e 2 della legge della Provincia di Trento 7 agosto 2006, n. 5, nella parte in cui consentono la copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento, che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l'intero anno scolastico, mediante il conferimento di supplenze annuali, in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali per l'assunzione di personale docente di ruolo, cosi' da determinare l'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato per il perseguimento, da parte dell'Amministrazione datrice, di uno scopo (il contenimento della spesa pubblica) non riconducibile ad una «finalita' di politica sociale di uno Stato membro» secondo l'accezione desumibile dalla giurisprudenza della Corte di giustizia.