IL TRIBUNALE 
 
    Ha    pronunciato    la    seguente    ordinanza     sull'appello
depositato/pervenuto in data 18 ottobre 2010 dal  Pubblico  Ministero
di  Brescia  avverso  l'ordinanza  del   Tribunale   di   Brescia   -
composizione collegiale - 14 ottobre 2010 di rigetto dell'istanza  di
sospensione dei termini di custodia cautelare ai sensi dell'art. 304,
comma 2 c.p.p. nei confronti degli imputati Agui'  Alessandro,  Agui'
Giuseppe, Araco Rocco, Beffassi Abderrahim, Biviera Rosario, De  Moro
Raffaele, Mammoliti Domenico, Pasotti Claudio, Romeo Giuseppe,  Romeo
Mario Giuseppe, Sacco Umberto, Strangio Roberto, pronunciando in sede
di rinvio a seguito di sentenza della Corte di  Cassazione  7  aprile
2011 (depositata il 7 luglio  2011)  di  annullamento  dell'ordinanza
pronunciata da questo Tribunale in data 9-11 novembre 2010. 
    Premesso che gli atti sono pervenuti a questo Ufficio in data  19
ottobre 2011 sciogliendo la riserva  formulata  all'udienza  camerate
dell'8 novembre 2011 
 
                               Osserva 
 
    Con ordinanza 13 gennaio 2009 il G.I.P. del Tribunale di  Brescia
applicava agli odierni imputati-appellati la misura  cautelare  della
custodia in carcere per fatti di detenzione e spaccio di stupefacenti
del tipo cocaina. 
    Con ordinanza 10 febbraio 2009 questo Tribunale,  adito  ex  art.
309 c.p.p. da tutti gli odierni appellati ad eccezione  di  Mammoliti
Domenico  e  Romeo  Mario  Giuseppe,  confermava   integralmente   il
provvedimento  del  G.I.P.  sia  sotto  il  profilo  della   gravita'
indiziaria che delle esigenze cautelari e stimava unica misura idonea
al soddisfacimento delle predette esigenze quella carceraria. 
    Con successive ordinanze del 16 settembre 2009 e 6 luglio 2010 la
misura carceraria era sostituita da questo Tribunale - adito ex  art.
310 c.p.p. - con la misura domiciliare nei confronti  degli  imputati
Pasotti e Sacco. 
    Con decreto 16 novembre 2009 il G.I.P. del Tribunale  di  Brescia
disponeva il rinvio a giudizio dei menzionati  imputati  per  plurimi
fatti di detenzione a fini di spaccio  di  cocaina.  In  particolare,
agli imputati Agui' Giuseppe, De Moro Raffaele e Biviera Rosario  era
contestata per alcune fattispecie l'aggravante ex  art.  80  comma  2
legge stup. (rispettivamente, ai capi 7, 8, 9). 
    Il dibattimento era fissato per il giorno  27  aprile  2010,  con
prosecuzione - secondo  il  calendario  fissato  dal  Presidente  del
Collegio in tale ultima udienza - nei giorni: 30 settembre, 5, 11, 14
e 18 ottobre  2010  (l'udienza  del  18  ottobre  non  e'  stata  poi
celebrata per le ragioni di cui subito in appresso). 
    Ammesse  le  prove  orali  e  documentali,  secondo   l'ordinanza
dibattimentale del 27 aprile 2010, nonche' disposta  perizia  tecnica
per la trascrizione delle conversazioni telefoniche e tra presenti di
cui  all'elenco  rimesso  dal   Pubblico   Ministero,   l'istruttoria
dibattimentale si articolava nelle ulteriori udienze sopra  indicate;
all'udienza del 14 ottobre 2010, esaurita  l'istruttoria  orale  (ivi
compresi i testi indotti dalla difesa), il  Presidente  informava  le
parti   del   deposito   della   perizia   di   trascrizione    delle
intercettazioni ambientali per il giorno 15 novembre 2010 (risultava,
invece,  gia'   depositato   l'elaborato   peritale   relativo   alle
intercettazioni telefoniche come da documentazione prodotta in questa
sede incidentale), prospettando l'imminente scadenza dei  termini  di
custodia cautelare. 
    Il Pubblico  Ministero  chiedeva,  quindi,  in  principalita'  la
sospensione dei termini di custodia ai sensi dell'art. 304,  comma  2
c.p.p.,  e  in  subordine  l'applicazione  della   misura   cautelare
dell'obbligo di  dimora  con  divieto  di  allontanamento  in  orario
notturno. 
    Con ordinanza  resa  contestualmente  il  Tribunale,  sentite  le
difese, esclusa la rilevanza della questione per gli  imputati  Agui'
Giuseppe, De Moro e Biviera in quanto nei loro confronti la  scadenza
dei termini di  custodia  era  fissata  al  16  maggio  2011  essendo
contestata l'aggravante di cui all'art.  80,  comma  2  legge  stup.,
respingeva l'istanza nei confronti degli altri imputati - tutti  oggi
appellati -  rilevando  l'inapplicabilita'  al  caso  di  specie  del
disposto dell'art. 304, comma 2 c.p.p. siccome la contestazione mossa
non rientrava nel novero dei reati di  cui  all'art.  407,  comma  2,
lettera a) c.p.p. per i quali era ammessa la sospensione dei  termini
ai sensi dell'art. 304, comma  2  c.p.p.;  il  Tribunale,  stante  il
valore assorbente  di  tale  ultima  affermazione,  non  valutava  il
profilo  della  complessita'  del  dibattimento,   e   disponeva   la
scarcerazione al 16 novembre 2010 degli imputati  detenuti  raggiunti
dalla contestazione di' cui all'art. 73, comma 1 d.P.R.  n.  309/1990
(e senza la contestazione della menzionata aggravante  ex  art.  80).
Riservava al prosieguo la valutazione della  domanda  subordinata  di
applicazione di  misura  non  detentiva  (con  provvedimento  del  16
novembre 2010 il Tribunale  applicava  appunto  agli  imputati  Agui'
Alessandro, Araco Rocco,  Beffassi  Abderrahim,  Mammoliti  Domenico,
Pasotti Claudio, Romeo Giuseppe, Romeo Mario Giuseppe, Sacco Umberto,
Strangio Roberto ai sensi dell'art. 307 c.p.p.  la  misura  cautelare
dell'obbligo  di  dimora  con  annessi  obblighi  ovvero  la   misura
dell'obbligo di presentazione alla p.g. - v. produzioni odierne). 
    All'esito, il dibattimento era aggiornato,  per  gli  adempimenti
istruttori ex art. 507 c.p.p. e per la discussione, alle udienze  del
20, 24 e 27 gennaio 2011. 
    Avverso l'ordinanza del 14  ottobre  2010  proponeva  appello  il
Pubblico Ministero. 
    In   particolare,   si   censurava   il   provvedimento    quanto
all'applicabilita' della norma dell'art. 304, comma 2 c.p.p. ai  soli
imputati Agui' Giuseppe, Biviera e De Moro con rinvio  alla  sentenza
31 maggio 2007 delle sezioni unite della Corte di Cassazione tale per
cui valeva il principio di diritto  di  applicabilita'  del  disposto
dell'art. 304, comma 2 c.p.p. nei confronti  di  tutti  gli  imputati
sottoposti a misura cautelare nell'ambito di procedimenti  nei  quali
fosse contestato uno dei reati elencati nell'art. 407, comma 2 c.p.p.
anche soltanto a qualcuno di essi in regime cautelare. 
    Da cio' deduceva l'appellante l'operativita' della norma nel caso
di specie, in quanto il delitto ex artt. 73 e 80 comma  2  d.P.R.  n.
309/1990 risultava contestato  agli  imputati  in  regime  carcerario
Agui' Giuseppe, De Moro e Biviera. 
    In secondo luogo,  il  Pubblico  Ministero  osservava  l'evidente
complessita' del  dibattimento  in  ragione  dell'elevato  numero  di
intercettazioni ambientali oggetto di trascrizione peritale, e  della
particolare durata di queste, delle  difficolta'  interpretative  dei
fonemi per il ricorso a gerghi dialettali, del  disturbo  causato  da
rumori di  sottofondo,  della  voce  bassa  degli  interlocutori.  Al
riguardo l'appellante richiamava la  giurisprudenza  della  Corte  di
Cassazione sul legittimo ricorso al disposto dell'art. 304,  comma  2
c.p.p. a fronte di perizie particolarmente complesse e laboriose. 
    Concludeva  per  la  riforma  dell'ordinanza   impugnata   e   la
sospensione dei termini di custodia cautelare nei confronti di  tutti
gli imputati in epigrafe indicati. 
    Con ordinanza 9-11 novembre 2010 il Tribunale in sede di  appello
confermava il provvedimento di primo grado, respingendo la domanda di
sospensione dei termini di custodia cautelare. 
    Innanzitutto, il Tribunale  conveniva  con  le  osservazioni  del
Pubblico Ministero quanto all'applicabilita' del  disposto  dell'art.
304, comma 2 c.p.p. nei  confronti  di  tutti  gli  imputati  sebbene
soltanto ad alcuni di loro fosse contestato uno  dei  reati  compresi
nel novero dell'art. 407, comma 2, lettera a)  c.p.p.,  e  cio'  alla
stregua della citata giurisprudenza recente delle sezioni unite della
Corte di Cassazione. 
    Nel merito, la decisione del Tribunale era differenziata per  gli
imputati Agui' Giuseppe, De Moro Raffaele e  Biviera  Rosario  da  un
lato, e per gli imputati  Agui'  Alessandro,  Araco  Rocco,  Belfassi
Abderrahim, Mammoliti  Domenico,  Pasotti  Claudio,  Romeo  Giuseppe,
Romeo Mario Giuseppe, Sacco Umberto, Strangio Roberto, dall'altro. 
    Piu' precisamente, il Tribunale, richiamata la giurisprudenza  di
legittimita' tale per cui la valutazione di particolare  complessita'
del  dibattimento  richiede  un  giudizio  prognostico  ex  ante   di
superamento dei termini di fase  della  custodia  cautelare,  stimava
insussistente il suddetto  requisito  nei  confronti  degli  imputati
Agui' Giuseppe, Biviera Rosario e  De  Moro  Raffaele,  tenuto  conto
della scadenza del termine di  custodia  nei  loro  confronti  al  16
maggio 2011 e della esclusione del superamento del termine  a  fronte
di uno sviluppo del  dibattimento  talmente  avanzato,  essendo  gia'
state individuate le udienze di discussione e  decisione  al  gennaio
2011, cosi' da essere la definizione del giudizio ampiamente  lontana
da  quel  termine  di  scadenza.  A  tal   proposito   il   Tribunale
ripercorreva i tratti salienti dell'iter dibattimentale sottolineando
che al 14 ottobre 2010 risultava esaurita  l'istruttoria  (tranne  il
deposito delle trascrizioni delle conversazioni ambientali  prorogato
al 15 novembre 2010), e che gli incombenti ex art. 507 c.p.p. -  gia'
preventivati - si riducevano  all'audizione  di  due  soli  testimoni
(tanto che erano state indicate le altre udienze del gennaio 2011 per
la discussione e  deliberazione),  di  talche'  era  prevedibile  una
celere conclusione di quel giudizio. 
    Relativamente alla posizione degli altri imputati-appellati,  nei
cui  confronti  il  termine  di  custodia  di  fase  sarebbe  scaduto
l'imminente 16 novembre 2010, il Tribunale  reputava  analogamente  -
sebbene per tutt'altre ragioni -  insussistente  il  requisito  della
particolare complessita' del dibattimento. Il Tribunale  sottolineava
che, pur a fronte  di  un  elevato  numero  di  imputati  (32)  e  di
imputazioni  gravi,  lo  sviluppo   dell'istruttoria   dibattimentale
(conclusa alla data del 14 ottobre 2010 con i limiti sopra  indicati)
era risultato agevole e  contenuto  tanto  da  articolarsi  in  poche
udienze  (quattro,  per  l'esattezza).  Sottolineava,  altresi',   il
Tribunale  che  l'unica  ragione  di   un   certo   slittamento   del
dibattimento  oltre  il  termine  di  custodia   cautelare   era   da
individuarsi nella  perizia  di  trascrizione  delle  intercettazioni
telefoniche e ambientali, avendo  quest'ultimo  incombente  impegnato
circa   sette   mesi   (incarico   conferito   alla   prima   udienza
dibattimentale del 27 aprile 2010,  inizio  delle  operazioni  al  29
aprile 2010, deposito dell'intera perizia, dopo  diverse  proroghe  e
dopo un deposito parziale dell'elaborato, al  15  novembre  2010),  e
prodotto una perizia di trascrizione delle sole  telefonate  raccolta
in cinque volumi e 1672 pagine, e in attesa del deposito  dell'ultima
parte della perizia afferente la trascrizione di n. 250 conversazioni
ambientali. Ed allora, concludeva il Tribunale, acclarata la prossima
scadenza dei  termini  di  custodia  al  16  novembre  2010  e  senza
possibilita' di definizione del  dibattimento  prima  di  tale  data,
occorreva stabilire  se  rientrasse  nella  nozione  di  dibattimento
particolarmente complesso anche l'ipotesi di un dibattimento  in  cui
il superamento del  termine  di  custodia  fosse  originato  soltanto
dall'espletamento della perizia tecnica di trascrizione. 
    Il  Tribunale,   richiamata   la   pacifica   giurisprudenza   di
legittimita'  secondo  la  quale  il  requisito   della   particolare
complessita' poteva essere  integrato  dall'espletamento  di  perizia
dibattimentale laboriosa e implicante lunghe indagini, segnalava,  al
contrario, due distinti orientamenti  della  medesima  giurisprudenza
quanto a quella  specifica  perizia  volta  alla  trascrizione  delle
intercettazioni. 
    Piu'  precisamente,  il  Tribunale,  muovendo  da  un   risalente
precedente della  Suprema  Corte  (Cass.  sez.  1,  26  agosto  1994,
Bonacchi), individuava un'interpretazione di legittimita' -  presente
anche in successive sentenze: Cass. sez. 5,  9  marzo  2000,  Romola;
sez. 1, 6 maggio 2004, Calaio'; sez. 5, 28  febbraio  2007,  Manzi  -
tale per cui la perizia di  trascrizione  delle  intercettazioni  non
assume carattere  della  necessita'  ed  inevitabilita',  presupposto
necessario per l'applicazione dell'art. 304, comma 2  c.p.p.,  quando
la sua esecuzione in sede dibattimentale  sia  stata  frutto  di  una
scelta discrezionale del Pubblico Ministero che non ha proceduto alla
richiesta di trascrizione in conformita' al  disposto  dell'art.  268
c.p.p. Infatti, sempre secondo  questa  interpretazione,  sebbene  la
trascrizione  delle   intercettazioni   in   dibattimento   non   sia
sanzionata, non era ragionevole accollare  all'imputato  in  custodia
cautelare l'onere di una complessita' dibattimentale che  si  sarebbe
evitata rispettando l'art. 268 c.p.p. 
    Il Tribunale  indicava,  poi,  un  diverso  e  opposto  indirizzo
giurisprudenziale  (piu'   recente),   secondo   cui   l'assenza   di
conseguenze normative alla decisione di procedere  alla  trascrizione
delle intercettazioni in sede dibattimentale piuttosto che nelle fasi
precedenti rendeva indifferente  la  scelta  del  Pubblico  Ministero
anche ai fini dell'art.  304,  comma  2  c.p.p.  (Cass.  sez.  2,  22
dicembre 2008, Comisso). 
    A fronte  di  questo  duplice  orientamento  di  legittimita'  il
Tribunale   optava   per   la   prima   interpretazione   ritenendola
maggiormente aderente alle norme del codice e della Costituzione. 
    In particolare, il Tribunale rinviava  alle  norme  di  rito  che
impongono una trattazione celere  del  dibattimento  riservando  alle
fasi precedenti l'espletamento di incombenti lunghi e laboriosi (art.
392, comma 2 c.p.p.), siccome e' confermato dalle disposizioni  volte
ad agevolare la concentrazione del dibattimento  e  la  rapidita'  di
svolgimento della fase (artt. 477, 17, 18  c.p.p.),  e  in  un'ottica
interpretativa consona  al  disposto  dell'art.  111,  comma  2  ult.
periodo Cost. Quindi, pur in adesione a  quell'orientamento  pacifico
della   Suprema   Corte   che   legittima   la   trascrizione   delle
intercettazioni in sede  dibattimentale  essendo  la  relativa  prova
costituita dai supporti fonici, riteneva il Tribunale che il  profilo
della  legittimita'  e  della  utilizzabilita'   della   perizia   di
trascrizione in dibattimento non poteva essere confuso con il profilo
delle  ricadute  della  scelta  del  Pubblico  Ministero  sul  regime
cautelare dell'imputato (e, pertanto, sulla  nozione  di  particolare
complessita' che condiziona la durata della  custodia  cautelare),  a
fronte di norme che,  pur  in  assenza  di  sanzioni  procedimentali,
comunque  imponevano  la  trascrizione  nella  fase  antecedente   il
dibattimento. 
    Concludeva il Tribunale che l'art. 304,  comma  2  c.p.p.  andava
interpretato  nel  senso  che  la  perizia  di   trascrizione   delle
intercettazioni in sede dibattimentale e' necessaria  ed  inevitabile
quando non sia stata  conseguenza  della  violazione  dell'art.  268,
comma 7 c.p.p., cioe' quando  non  sia  stata  espletata  nelle  fasi
precedenti nonostante le opportune iniziative al riguardo dell'organo
dell'accusa. 
    Nel merito, il  Tribunale  rilevava  che  la  complessita'  della
perizia da eseguire era circostanza nota al  Pubblico  Ministero  per
l'entita' delle  conversazioni  telefoniche  e  ambientali  alla  cui
trascrizione  era  interessato,  per  i   gerghi   utilizzati   nelle
conversazioni, per la cattiva qualita' dell'audio, e che l'assenza di
qualunque  sua  iniziativa  procedimentale   per   evitare   che   la
complessita' di quella perizia condizionasse  la  durata  della  fase
dibattimentale non consentiva di  definire  l'incombente  istruttorio
necessario e inevitabile e - giocoforza - non consentiva di  ritenere
quel dibattimento particolarmente complesso cosi' da giustificare  la
protrazione della custodia cautelare oltre gli  ordinari  termini  ex
art. 303 c.p.p., e respingeva l'impugnazione del Pubblico Ministero. 
    Avverso  l'ordinanza  del  Tribunale  era  proposto  ricorso  per
cassazione. 
    Con sentenza 7 aprile 2011 (depositata 7 luglio 2011) la Corte di
Cassazione annullava l'ordinanza e rinviava al  Tribunale  per  nuovo
esame. 
    La Corte riteneva consolidato il principio di  diritto  affermato
nella citata sentenza Comisso e ribadiva che la scelta del momento in
cui disporre la perizia, puo' dipendere  dai  piu'  vari  accadimenti
processuali, senza che il codice di rito autorizzi  la  deduzione  di
conseguenze particolari dalla circostanza che la  trascrizione  delle
intercettazioni sia eventualmente disposta in dibattimento invece che
nelle indagini o in udienza preliminare, e pertanto rilevava  che  il
Tribunale era incorso in violazione di legge allorche' aveva ritenuto
irregolare  la  scelta  del  Pubblico  Ministero  di  procedere  alla
trascrizione in sede dibattimentale. 
    Ritualmente  instaurato  il  contraddittorio   relativamente   al
giudizio di rinvio, all'odierna udienza camerate, assente il Pubblico
Ministero ritualmente avvisato, presenti i ricorrenti Agui'  Giuseppe
e Romeo Mario Giuseppe che nulla  dichiaravano,  le  difese  presenti
concludevano per il rigetto dell'appello. 
    La  decisione  nel  presente  giudizio  di  rinvio  deve   essere
differenziata, come nella  precedente  ordinanza,  per  gli  imputati
Agui' Giuseppe, De Moro Raffaele e Biviera Rosario. 
    Infatti, per detti  imputati  si  era  rilevato  il  difetto  del
requisito della particolare complessita' del dibattimento, atteso che
non era prevedibile la scadenza  dei  termini  di  fase  prima  della
definizione del giudizio  di  primo  grado,  termini  che  per  Agui'
Giuseppe, De Moro Raffaele e Biviera  Rosario  scadevano,  stante  la
contestazione dell'aggravante ex art. 80 legge stup.,  al  16  maggio
2011. Premesso che in relazione a questa conclusione non risulta  una
diversa valutazione da parte della Corte di Cassazione nella sentenza
di annullamento, ovvero un principio di diritto cui  uniformarsi,  e'
sufficiente rilevare che  nei  confronti  dei  suddetti  imputati  la
sentenza di condanna di primo grado e' intervenuta in data 27 gennaio
2011 (con deposito della motivazione in data 16 marzo 2011), e  cioe'
pendenti quei termini di custodia,  sicche'  non  vi  e'  materia  di
disporre la sospensione di  termini  ritualmente  osservati,  ne'  un
interesse in tal senso per l'organo dell'accusa. 
    Consegue l'inammissibilita' dell'appello del  Pubblico  Ministero
per le posizioni Agui' Giuseppe, De Moro Raffaele e Biviera Rosario. 
    Analogamente,  l'appello  e'  inammissibile  relativamente   alle
posizioni Belfassi Abderrahim e Sacco Umberto. 
    Belfassi Abderrahim e' stato  assolto  dalle  imputazioni  a  lui
ascritte con la summenzionata sentenza 27 gennaio 2011  e  in  quella
sede e' stata revocata la misura cautelare non detentiva che gli  era
stata applicata ex art. 307 c.p.p. con l'ordinanza  del  16  novembre
2010. 
    Sacco Umberto e' stato condannato con la precitata sentenza e  la
condanna e'  divenuta  definitiva  in  data  16  marzo  2011  -  come
specificato dal Pubblico Ministero in sede di trasmissione degli atti
per questo giudizio di  rinvio  -  sicche'  alla  fase  cautelare  e'
subentrata quella di esecuzione della pena. 
    In entrambe le situazioni non vi e', quindi, alcun interesse  del
Pubblico Ministero all'odierna impugnazione perche' sono venuti  meno
la materia cautelare e i connessi termini ex art. 303 c.p.p. 
    Consegue sopravvenuta inammissibilita' dell'appello del  Pubblico
Ministero per le posizioni Belfassi Abderrahim e Sacco Umberto. 
    In relazione a tutti gli altri imputati (Agui' Alessandro,  Araco
Rocco, Mammoliti Domenico, Pasotti  Claudio,  Romeo  Giuseppe,  Romeo
Mario Giuseppe, Strangio Roberto) questo Tribunale e' vincolato -  ai
fini della decisione  -  al  principio  di  diritto  affermato  dalla
Suprema Corte con la sentenza di annullamento.  E  pertanto,  esclusa
qualsivoglia conseguenza  dalla  scelta  del  Pubblico  Ministero  di
procedere alla perizia di trascrizione delle intercettazioni in  fase
dibattimentale, e preso atto  sia  della  obiettiva  complessita'  di
quell'incombente istruttorio (e si rinvia alle pregresse osservazioni
circa la laboriosita' della  perizia  per  mole  di  conversazioni  e
connotati  dei  fonemi),  sia,  giocoforza,  della  complessita'  del
relativo dibattimento, deve ritenersi legittima, ai  sensi  dell'art.
304, comma 2 c.p.p., la sospensione dei termini di custodia, cio' che
imporrebbe la riforma dell'ordinanza del Tribunale 14 ottobre 2010  e
la sospensione dei termini cautelari, con i connessi provvedimenti in
punto di ripristino delle originarie misure restrittive. 
    Al riguardo deve rilevarsi che  non  e'  condivisibile  l'odierno
assunto difensivo di una  inammissibilita'  dell'appello,  avendo  lo
stesso  Pubblico  Ministero  omesso  di   impugnare   il   successivo
provvedimento del Tribunale della cognizione  di  applicazione  delle
misure  ex  art.  307  c.p.p.  Invero,  per  un  verso   quest'ultimo
provvedimento  rispondeva  ad  un'istanza  subordinata  dello  stesso
Pubblico Ministero, in secondo luogo  l'ordinanza  di  rigetto  della
principale istanza  di  sospensione  dei  termini  era  autonomamente
impugnabile (come e' avvenuto) e le eventuali vicende  procedimentali
afferenti   quell'atto   travolgono    inevitabilmente    gli    atti
consequenziali e successivi. 
    Tuttavia, ad avviso del Tribunale l'interpretazione  privilegiata
dalla  Suprema  Corte  -  e  qui  vincolante   -   e'   sospetta   di
illegittimita'  costituzionale,  sicche'  s'impone  di  sollevare  la
relativa questione davanti alla Corte Costituzionale. 
    Il Tribunale in sede di giudizio di rinvio ex art. 627,  comma  3
c.p.p. e' certamente legittimato a proporre questione di legittimita'
costituzionale  della  norma  da  applicare,  e  nell'interpretazione
stabilita e vincolante nel giudizio a quo,  trattandosi  di  rapporti
non ancora esauriti, e a fronte dell'impossibilita'  del  giudice  di
rinvio  di  discostarsi  da  quell'unica  interpretazione   normativa
indicata dalla Corte in sede di annullamento (sul punto  e'  costante
l'orientamento della Corte Costituzionale, e tra le altre  si  citano
le seguenti sentenze: 305/2008; 78/2007; 130/1993). 
    Orbene, nel caso di specie l'interpretazione dell'art. 304, comma
2 c.p.p. accolta dalla sentenza della Corte di Cassazione,  e  a  cui
questo Tribunale deve  uniformarsi  ai  sensi  del  citato  art.  627
c.p.p., solleva forti dubbi di costituzionalita' di quella  norma  in
relazione agli artt. 3 e 13 della Costituzione.  Parimenti  non  v'e'
dubbio della  rilevanza  della  questione  atteso  che  la  decisione
dell'impugnazione  transita  necessariamente  dall'esegesi  dell'art.
304, comma 2 c.p.p. indicata dalla Suprema Corte. 
    L'art. 13 Cost. per un verso riserva alla legge  di  stabilire  i
casi  e  modi  di  qualunque  forma  di  restrizione  della  liberta'
personale (comma 2), per altro verso riserva analogamente alla  legge
di predeterminare i limiti massimi di custodia cautelare. 
    La disciplina codicistica dei termini di  durata  della  custodia
cautelare (artt. 303 s.  c.p.p.)  soddisfa  proprio  questa  esigenza
superiore di una regolamentazione legislativa, oltre che dei  casi  e
modi, anche dei tempi entro i quali puo' essere limitata la  liberta'
personale dell'imputato prima della sentenza definitiva. 
    A sua volta, l'art. 304 c.p.p., sempre nel rispetto del principio
costituzionale  summenzionato,  consente,  attraverso  il  meccanismo
della sospensione, uno slittamento dei termini massimi di custodia di
cui all'art. 303 c.p.p., allorche' si versi in una  delle  situazioni
dalla medesima norma individuate,  sebbene  la  sospensione  di  quei
termini ordinari incontri  pur  sempre  dei  limiti  invalicabili  di
durata come individuati dall'art. 304, comma 6 c.p.p. 
    L'art. 304 c.p.p. costituisce percio' un'eccezione rispetto  alla
durata della custodia cautelare come regolamentata  in  via  generale
dall'art. 303 c.p.p. Orbene, costituisce affermazione reiterata nella
giurisprudenza  della  Corte  costituzionale,  e  nella  materia  dei
termini di durata della custodia cautelare, quella per cui non vi  e'
spazio per gli organi titolari del potere cautelare di  scegliere  il
dies a quo di  decorrenza  della  custodia  (queste  affermazioni  si
rinvengono nella giurisprudenza formatasi a proposito dell'art.  297,
comma 3 c.p.p.: sentenze nn.  408/2005;  233/2011),  nonche'  l'altra
secondo cui, nel bilanciamento tra  interessi  meritevoli  di  tutela
(liberta' personale da un iato, e finalita'  del  processo  e  tutela
della collettivita' dall'altro), si rinviene la  giustificazione  del
temporaneo sacrificio della liberta' personale  di  cui  all'art.  13
Cost., il quale ultimo pur sempre impone soluzioni che comportino  il
minor sacrificio della liberta'  personale  (sentenza  n.  299/2005).
Pure   si   rintraccia   nella   giurisprudenza   costituzionale   la
precisazione che  i  diritti  inviolabili  dell'uomo  -  tra  cui  la
liberta'  personale  -  rispondono  ad   un   principio   di   valore
fondamentale che ha carattere generale, sicche'  ogni  limitazione  o
soppressione di quei diritti ha natura derogatoria e eccezionale e le
relative norme vanno interpretate in modo  rigorosamente  restrittivo
(sentenze nn. 349/1993; 298/1994). 
    L'esame delle menzionate decisioni consente, quindi, di enucleare
alcuni punti fermi della giurisprudenza  costituzionale  in  tema  di
liberta' personale e termini di custodia cautelare, ovverosia: 
        che  l'inviolabilita'  della  liberta'  personale,  garantita
dalla riserva  di  legge  sia  per  i  casi  in  cui  e'  ammessa  la
restrizione  che   per   i   relativi   tempi   di   durata,   impone
un'interpretazione restrittiva delle norme limitative stante la  loro
natura derogatoria del diritto; 
        che  il  sacrificio  della  liberta'  personale  deve  essere
ridotto al minimo; 
        che le limitazioni della  liberta'  personale  connesse  alle
vicende   processuali   devono    rispettare    il    principio    di
proporzionalita', di talche' i limiti di durata  vanno  ragguagliati,
oltre che alla pena, alla concreta dinamica processuale e  alle  fasi
in cui si sviluppa; 
        che la durata della  custodia  cautelare  deve  dipendere  da
fatti obiettivi, cosi' da  rispettare  i  canoni  dell'uguaglianza  e
della ragionevolezza. 
    Anzi, piu' precisamente, la Corte costituzionale ha  escluso  che
la durata  della  custodia  cautelare  possa  essere  determinata  da
imponderabili valutazioni soggettive degli organi titolari del potere
cautelare  (e  laddove  ha  rilevato   quest'ultima   situazione   ha
deliberato l'illegittimita' costituzionale della norma sottoposta  al
suo scrutinio: sentenza n. 408 del 2005), ed ha pure sancito  che  il
diritto alla liberta' personale (in termini di durata della  custodia
cautelare) non puo' subire deroghe o eccezioni riferite a particolari
e contingenti vicende processuali (sentenza n. 299/2005). 
    Nell'alveo    di    questi    parametri     costituzionali,     e
dell'interpretazione  di  essi   rinveniente   nella   giurisprudenza
costituzionale, deve essere  valutato  l'art.  304,  comma  2  c.p.p.
nell'interpretazione della Corte di Cassazione. 
    Ebbene, il disposto dell'art. 304, comma 2 c.p.p., laddove amplia
i termini di custodia cautelare, introduce - come si e'  sottolineato
in precedenza - un'ulteriore deroga al regime di liberta'  personale,
perche' consente l'allungamento dei limiti massimi  di  durata  della
restrizione, siccome temporalmente parametrati  dal  precedente  art.
303  c.p.p.  sulle  varie  fasi  e  gradi  in  cui  si  articola   il
procedimento. Questo prolungamento e'  subordinato  dal  legislatore,
oltre che alla circostanza che si  proceda  per  determinati  delitti
normativamente indicati, al requisito della particolare  complessita'
del dibattimento. 
    La Corte di Cassazione con la sentenza di annullamento: 
        ha ribadito il principio costantemente affermato tale per cui
l'espletamento di una  perizia  puo'  integrare  il  requisito  della
particolare complessita'; 
        ha confermato che detta perizia deve avere il carattere della
necessita' ed inevitabilita'; 
        ha ritenuto indifferente, nella valutazione  di  tale  ultimo
requisito della perizia, l'osservanza o  meno  dell'art.  268  c.p.p.
nella trascrizione delle intercettazioni telefoniche, cosi' reputando
irrilevante -  ai  fini  della  legittimita'  della  sospensione  dei
termini di custodia - la scelta del Pubblico Ministero di  richiedere
la  perizia  di  trascrizione  in  dibattimento  ovvero  nelle   fasi
anteriori. 
    Ad avviso del Tribunale la norma, cosi'  interpretata  specie  in
relazione all'irrilevanza delle scelte del Pubblico Ministero, viola,
innanzitutto, il principio costituzionale della riserva di  legge  ai
fini  della  predeterminazione  dei  termini  massimi   di   custodia
cautelare (art. 13 comma 5). 
    Va premesso che secondo il sistema normativo vigente  la  perizia
di trascrizione deve essere espletata, ai sensi dell'art.  268  c.  7
c.p.p., all'esito delle operazioni di intercettazioni  e  nella  fase
antecedente al  dibattimento  (indagini  preliminari  ovvero  udienza
preliminare); detto sistema pure consente, ai  sensi  dell'art.  392,
comma 2 c.p.p., il ricorso all'incidente probatorio per le perizie di
durata prevedibilmente superiore a sessanta giorni (e  si  richiamano
tutte le osservazioni di questo  Tribunale  contenute  nell'ordinanza
poi annullata). 
    Il sistema  legislativo  prevede,  quindi,  l'espletamento  della
perizia di trascrizione, o piu' in generale di una perizia  laboriosa
e di lunga durata, nella fase delle indagini preliminari (o anche  in
sede di udienza preliminare), anticipandone l'esecuzione  in  ragione
della tipologia (la perizia di trascrizione inscindibilmente connessa
all'attivita' di intercettazione propria della fase delle  indagini),
ovvero in ragione di una complessita' inconciliabile con le  esigenze
di celerita' del dibattimento. 
    Orbene,  se  le   nozioni   di   particolare   complessita'   del
dibattimento e di perizia necessaria ed inevitabile sono  ancorate  a
scelte procedurali del Pubblico Ministero imprevedibili e soggettive,
e comunque difformi dall'impianto legislativo sopra ricostruito (come
nell'ipotesi in cui la perizia di trascrizione sia richiesta in  sede
dibattimentale),  una  tale   esegesi   determina   una   sostanziale
violazione dell'art. 13, comma 5 Cost. 
    Infatti,  quelle  scelte  comportano  che  la  prolungata  durata
massima  della  custodia  cautelare  (in  deroga  a  quella  di  fase
dell'art. 303 c.p.p.) e' determinata non gia' alla stregua di fatti e
situazioni obiettivamente rilevabili e prestabiliti per  legge  (come
avviene per la disciplina contenuta nel primo comma dello stesso art.
304 c.p.p. che consente la sospensione dei termini in presenza di  un
rinvio del dibattimento per ragioni legislativamente  ammesse  ovvero
in  pendenza  di  termini  di  legge),   bensi'   alla   stregua   di
determinazioni imponderabili del Pubblico  Ministero  a  seconda  che
decida di richiedere la perizia di trascrizione durante la fase delle
indagini  preliminari  o  nell'udienza  preliminare,   oppure   nella
successiva fase dibattimentale. E la scelta del Pubblico Ministero di
richiedere la perizia  in  sede  dibattimentale  si  risolve  in  una
iniziativa  a  maggior  ragione  imprevedibile,  posto  che   sarebbe
comunque una soluzione assunta in difformita' dalle norme del codice,
e percio' legislativamente non disciplinata. 
    La circostanza che una tale scelta procedimentale  e'  immune  da
sanzioni processuali di nullita'  o  inutilizzabilita'  della  prova,
secondo  un  costante  orientamento  di  legittimita'  (e   pure   si
richiamano le osservazioni di cui all'ordinanza annullata), non elide
il  profilo  di  irregolarita'   della   determinazione   dell'organo
dell'accusa allorche' e' attivata la perizia di trascrizione  in  una
sede non  propria,  e  questa  irregolarita'  ha  una  sua  specifica
pregnanza  perche'  incide  sul  regime  della   liberta'   personale
ampliandone il sacrificio in termini di durata. 
    In altre parole,  l'affermazione  secondo  cui  e'  necessaria  e
inevitabile anche un perizia  che  avrebbe  potuto  o  dovuto  essere
espletata nelle fasi antecedenti al dibattimento ed e' stata, invece,
differita a quest'ultima fase per  una  scelta  libera  del  Pubblico
Ministero, determina un'assoluta imprevedibilita' dei termini massimi
di fase della custodia cautelare laddove assume quale presupposto  di
applicazione  della  norma  un  iter  procedimentale   dissonante   e
imprevisto  rispetto  al  dettato  legislativo;  e  questa  peculiare
difformita' rimette esclusivamente alla scelta  dell'organo  titolare
del potere cautelare di seguire o meno la  procedura  del  codice  di
rito e - giocoforza - di determinare un prolungamento dei termini  ex
art. 303 c.p.p. 
    La  suddetta   conseguenza   vanifica,   percio',   il   precetto
costituzionale della riserva di legge  dal  momento  che  (a  nozione
legislativa di dibattimento particolarmente complesso di cui all'art.
304, comma 2  c.p.p.  e'  assunta  in  termini  ermeneutici  tali  da
attribuire al Pubblico Ministero la liberta' di prolungare o meno  la
durata della custodia cautelare, e cio'  senza  alcun  riferimento  a
situazioni  obiettive  legislativamente  indicate,   anzi   adottando
procedure normativamente dissonanti. 
    Diversamente, una  delimitazione  della  nozione  di  particolare
complessita' alle sole perizie che  non  avrebbero  potuto  o  dovuto
essere eseguite nelle fasi  anteriori  al  dibattimento,  perche'  la
relativa esigenza e' consequenziale all'istruttoria dibattimentale  e
non  vi  era  alcun  obbligo  normativo  in  senso  opposto  (perizie
necessarie e inevitabili),  produce  un  sostanziale  rispetto  della
norma costituzionale, atteso che restringe l'ambito  di  applicazione
dell'art. 304, comma 2 c.p.p. innanzitutto alle  sole  situazioni  in
linea con il sistema delle norme di rito,  e,  in  secondo  luogo,  a
quelle ipotesi in cui l'urgenza della  perizia  e'  conseguente  allo
sviluppo dell'istruttoria dibattimentale. In  tutte  questi  casi  il
prolungamento   dei   termini,   confinato    nell'alveo    dell'iter
procedimentale previsto dal legislatore, si giustifica esclusivamente
in relazione ad  accadimenti  e  sviluppi  dibattimentali  imprevisti
riportando  la   disposizione   legislativa   ad   un   ambito   piu'
circoscritto, cosi' da rispettare l'esigenza di sacrificare al minimo
la liberta' personale in quell'ottica di contemperamento  di  opposti
interessi di cui s'e' detto. 
    Quest'  ultima  interpretazione  e'  in  linea,  percio',  con  i
principi della giurisprudenza costituzionale sopra richiamati  (minor
sacrificio della liberta'  personale,  interpretazioni  rigorosamente
restrittive delle norme limitative della liberta' personale). 
    L'interpretazione dell'art. 304, comma 2 c.p.p.  della  Corte  di
Cassazione viola anche, ad  avviso  del  Collegio,  il  principio  di
uguaglianza dell'art. 3 Cost. 
    La durata della custodia cautelare nella fase  dibattimentale  e'
condizionata, secondo quella  esegesi,  dalla  solerzia  o  meno  del
Pubblico Ministero nella richiesta di perizia  di  trascrizione,  dal
momento che un'attivazione in tal senso, subito dopo il provvedimento
cautelare e l'ostensione degli  atti,  riporta  quella  durata  nella
disciplina dell'art. 303 c.p.p.; mentre una  maggiore  inerzia  e  un
differimento dell'esecuzione della perizia al  dibattimento  consente
il prolungamento dei termini di quest'ultima fase.  La  soluzione  di
legittimita'  tratteggia  una  disciplina   normativa   irragionevole
allorche'  contempla  termini  di  fase  differenti  in  assenza   di
situazioni obiettive che giustifichino tale differenziazione. Invero,
una maggiore ampiezza dei  termini  di  custodia  rispetto  a  quelli
legislativi dell'art. 303  c.p.p.  e'  conseguenza  esclusiva  di  un
imponderabile atteggiamento del Pubblico Ministero,  derivandone  una
disciplina diseguale per identiche situazioni. 
    Alla stregua di tutte le precedenti argomentazioni e' - dunque  -
rilevante e non manifestamente infondata - in relazione agli artt.  3
e  13  comma  5  Costituzione  -   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 304, comma  2  c.p.p.  nella  parte  in  cui
definisce particolarmente complesso il dibattimento in cui sia  stata
disposta una perizia (nella specie la perizia di  trascrizione  delle
intercettazioni telefoniche)  che  avrebbe  potuto  o  dovuto  essere
espletata nella fasi anteriori al dibattimento stesso. 
    Va dunque disposta la sospensione della presente procedura  e  la
rimessione della questione  alla  Corte  costituzionale  per  la  sua
decisione ai sensi degli artt. 1 Legge Cost. 9 febbraio 1948, n. 1  e
23 legge 11 marzo 1953, n. 87. 
    Dispone che a cura della cancelleria la  presente  ordinanza  sia
notificata al Pubblico Ministero  e  alle  altre  parti,  nonche'  al
Presidente del Consiglio dei ministri. 
    Dispone che la presente ordinanza sia  comunicata  al  Presidente
della  Camera  dei  Deputati  e  al  Presidente  del   Senato   della
Repubblica.