IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile in primo grado iscritta al n. 13430/2009 R.G., vertente tra: F.lli Diaferio di Diaferio Leonardo & C. S.A.S., in persona del legale rappresentante pro-tempore Diaferio Antonio rappresentati e difesi dall'avv. Angela Maria Simone, attori, e Banca Carime S.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore rappresentata e difesa dall'avv. Gabriele Di Comite, convenuta. Il Giudice, a scioglimento della riserva pronunciata all'udienza del 5 aprile 2011; esaminati gli atti; vista l'eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 61, del d.l. 29 dicembre 2010, n. 225, conv. in legge 26 febbraio 2011, n. 10, sollevata dalla difesa della F.lli Diaferio di Diaferio Leonardo & C. s.n.c. O s s e r v a 1. Con atto di citazione il 26 novembre 2009 la F.lli Diaferio di Diaferio Leonardo & C. s.n.c., in persona del legale rappresentante pro-tempore, poi trasformatasi in ditta individuale Tecnica di Diaferio Antonio, ha convenuto in giudizio dinanzi a questo Tribunale la Banca Carime s.p.a., chiedendo che fosse accertata e dichiarata la illegittimita', la nullita', l'invalidita' e l'inefficacia, totale o parziale, dei contratti di conto corrente nn. 018.01.00499/73 e 016.04.00016/96, intrattenuti con la predetta Banca (gia' Caripuglia s.p.a., gia' Cassa di risparmio di Puglia) e delle rispettive linee di credito, scopertura con affidamento e anticipo crediti su fatture, con riferimento alle clausole di determinazione ed applicazione degli interessi ultralegali, di applicazione degli interessi anatocistici, alla illegittima applicazione degli interessi in relazione ai cc.dd. «giorni valuta», ed alla illegittima applicazione di costi, competenze e remunerazioni non dovuti, nonche' per applicazione di un tasso di interesse effettivo globale superiore al c.d. tasso-soglia antiusura, e che fosse accertata e dichiarata la responsabilita' precontrattuale e contrattuale della Banca convenuta per violazione degli obblighi di buona fede e correttezza tanto nella fase di gestazione del rapporto che nello svolgimento dello stesso, e per l'effetto che la Banca predetta fosse condanna al pagamento in suo favore della somma di 280.859,72, o di tutte quelle somme risultanti a credito dell'attrice, illegittimamente addebitate e/o riscosse, oltre interessi e rivalutazione monetaria, ed oltre al risarcimento del danno ed alla rifusione delle spese e competenze del giudizio. Instaurato il contraddittorio, si e' costituita in giudizio la Banca Carime s.p.a., la quale ha eccepito, in via preliminare, il difetto di legittimazione attiva della F.lli Diaferio di Diaferio Leonardo s.n.c., e, sempre in via preliminare, la prescrizione decennale di ogni eventuale diritto degli attori alla ripetizione di somme a far data dalla notifica dell'atto di citazione, o, quanto meno dalla chiusura dei c/c., concludendo, in ogni caso, nel merito, per il rigetto delle domande proposte, con condanna degli attori al pagamento delle spese processuali. 2. Stante l'eccezione di prescrizione sollevata dalla difesa della Banca Carime, sicuramente rilevante si presenta, nel caso di specie, l'eccezione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 61, del d.l. 29 dicembre 2010, n. 225, conv. in legge 26 febbraio 2011, n. 10, sollevata dalla difesa della F.lli Diaferio di Diaferio Leonardo & C. s.n.c., trattandosi di disposizione normativa che incide proprio sulla prescrizione del diritto alla ripetizione delle somme illegittimamente addebitate su conti correnti bancari. Il testo normativo infatti cosi' recita: «In ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l'art. 2935 del codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall'annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione stessa. In ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi gia' versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto». Trattasi di disposizione, pertanto, che regolamenta proprio la prescrizione del diritto alla restituzione di somme illegittimamente addebitate su conto corrente bancario, che quindi deve trovare applicazione nel caso di specie, in cui la Banca convenuta ha, per l'appunto, sollevato eccezione di prescrizione, ed in cui si controverte di rapporti bancari in corso da oltre dieci anni. Va rilevato, inoltre, che, tale disposizione incide sulla determinazione delle somme la cui ripetizione puo' essere oggetto di ripetizione, in quanto, secondo tale nuova normativa, la prescrizione (ordinaria decennale) del diritto alla ripetizione di ogni singolo addebito illegittimo decorre dal giorno dell'annotamento di tale addebito, anche quando si tratti di addebito intra-fido, mentre, secondo i principi stabiliti da Cass. 2 dicembre 2010, n. 24418, tale prescrizione decorre: a) nell'ipotesi in cui i versamenti in conto corrente abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in quanto in tal caso ciascun versamento non configura un pagamento dal quale far decorrere, ove ritenuto indebito, il termine prescrizione del diritto alla ripetizione; b) qualora, invece, durante lo svolgimento del rapporto il correntista abbia effettuato non solo prelevamenti ma anche versamenti, in tanto questi ultimi potranno essere considerati alla stregua di pagamenti, tali da poter formare oggetto di ripetizione (ove risultino indebiti), in quanto abbiano avuto lo scopo e l'effetto di uno spostamento patrimoniale in favore della banca. Questo accadra' qualora si tratti di versamenti eseguiti su un conto in passivo (o, come in simili situazioni si preferisce dire «scoperto») cui non accede alcuna apertura di credito a favore del correntista, o quando i versamenti siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell'accreditamento. Secondo un'altra impostazione, peraltro, seguita dalla giurisprudenza di merito prima di Cass., sez. un., 24418/2010 e prima dell'entrata in vigore dell'art. 2, comma 61, d.l. n. 225/2010, conv. in legge n. 10/2001, la prescrizione del diritto alla ripetizione dell'indebito in questi casi decorrerebbe in ogni caso dalla chiusura del conto corrente (cfr., tra le altre, Trib. Salerno 8 settembre 2010; Trib. Ascoli Piceno 7 luglio 2010; Trib. Pescara 23 dicembre 2009; Trib. Latino 20 ottobre 2009; Trib. Arezzo 12 maggio 2009; Trib Benevento 29 agosto 2008; Trib. Bergamo 29 maggio 2006; Trib. Monza 7 aprile 2006; Trib. Isernia 29 giugno 2005; Trib. Bari 5 maggio 2005; Trib. Cassino 29 ottobre 2004; App. Lecce 22 ottobre 2001). Minoritaria era invece la tesi secondo la quale la prescrizione decorrerebbe dai singoli addebiti (v. Trib. Genova 4 gennaio 2008; Trib. Genova 18 gennaio 2006; Trib. Napoli 23 novembre 2003; Trib. Torino 30 ottobre 2003). Di qui, pertanto, la rilevanza della questione nel presente giudizio. 3. La questione di legittimita' costituzionale della norma in esame, inoltre, appare non manifestamente infondata, per le ragioni che seguono. A) Violazione del principio di ragionevolezza; violazione dell'art. 3, primo comma, Cost. La giurisprudenza costituzionale ha piu' volte affermato che il legislatore puo' adottare norme che precisino il significato di altre disposizioni legislative non solo quando sussista una situazione di incertezza nell'applicazione del diritto o vi siano contrasti giurisprudenziali, ma anche in presenza di un indirizzo omogeneo della Corte di cassazione, quando la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, con cio' vincolando un significato ascrivibile alla norma anteriore (v., tra le altre, Corte cost. 12 luglio 1995, n. 311; Corte cost. 22 novembre 2000, n. 525; Corte cost. 23 luglio 2002, n. 374; Corte cost. 7 luglio 2006, n. 274; Corte cost. 26 giugno 2007, n. 234; Corte cost. 23 maggio 2008, n. 170; Corte cost. 30 gennaio 2009, n. 24). Nel caso di specie, la norma impugnata fornisce un'interpretazione dell'art. 2935 c.c. che era adottata da una giurisprudenza assolutamente minoritaria, posto che, come si e' visto, in passato si era ritenuto, in via assolutamente prevalente, che il termine di prescrizione per la ripetizione di somme illegittimamente addebitate su conto corrente dovesse decorrere dalla chiusura del conto, mentre, da ultimo, a seguito dell'arresto di Cass., sez.un. , 2 dicembre 2010, n. 24418, si e' distinto tra gli addebiti operati nei limiti dell'affidamento concesso (per i quali la prescrizione del diritto alla ripetizione decorre dalla chiusura del conto), ed addebiti effettuati quando il conto non era affidato o aveva superato i limiti dell'affidamento (per i quali la prescrizione opera dal momento dell'addebito, qualificato come pagamento). La norma censurata, quindi, impone una interpretazione che, soprattutto a seguito dell'intervento delle sezioni unite - che aveva in maniera assolutamente chiara individuato il dies a quo della prescrizione in materia - non poteva piu' essere considerata tra le possibili varianti interpretative dell'art. 2935 c.c. E' stato in tal modo frustato l'affidamento dei consociati sulla decorrenza del termine di prescrizione, e sulla possibilita' di richiedere la ripetizione dell'indebito dal momento della chiusura del conto, o, quanto meno, dal momento dell'addebito soltanto per gli addebiti operati quando il conto non era affidato o era sconfinato dall'affidamento. La norma in esame, pertanto, si presenta priva del requisito di ragionevolezza, in quanto violativa del principio di certezza delle situazione giuridiche, intervenendo su un sistema normativo nel quale non vi erano piu' problemi interpretativi in ordine alla determinazione della data di decorrenza della prescrizione per la ripetizione delle somme illegittimamente addebitate sui conti correnti bancari, ed imponendo, peraltro, una soluzione interpretativa gia' assolutamente minoritaria ed ampiamente superata dall'intervento delle sezioni unite. La disposizione in oggetto, peraltro, prevede la decorrenza della prescrizione a decorrere da un atto (l'«annotazione» da parte della Banca) che, di per se', non costituisce un «pagamento» indebito, perche' gli addebiti in conto corrente effettuati intra-fido, come si e' visto e come chiarito da Cass., sez.un. , n. 24418/2010, non costituiscono «pagamento» (trattandosi di mero ripristino della provvista). In sostanza, quindi, si fa decorrere la prescrizione di un diritto prima ancora che questo possa essere fatto valere, cosi' introducendosi una norma assolutamente incoerente con il sistema della decorrenza della prescrizione, che e' da sempre formulato sulla decorrenza dal momento in cui il diritto puo' essere fatto valere. A tal proposito, mette conto evidenziare che una cosa sono gli atti giuridici da cui sorgono diritti di credito, altro le semplici operazioni contabili di accreditamento ed addebitamento, le quali si effettuano secondo la tecnica delle scritture e delle registrazioni, per cui l'operazione contabile di accredito o di addebito non corrisponde alla costituzione di crediti o di debiti, ma e' semplicemente un modo di rappresentare le modificazioni oggettive e quantitative che subisce un unico rapporto obbligatorio nel corso del suo svolgimento. Ne consegue che durante il corso del rapporto non si attribuisce a nessuno dei due contraenti la veste di debitore o di creditore ma si lascia ciascuna delle parti, fino a completa estinzione del rapporto, nella sua rispettiva posizione originaria. Per tali motivi sia la dottrina che la giurisprudenza hanno sempre ritenuto che i contratti bancari di credito con esecuzione ripetuta di piu' prestazioni, sono contratti unitari, che danno luogo ad un unico rapporto giuridico, anche se articolato in una pluralita' di atti esecutivi e che la serie di versamenti, prelievi ed accreditamenti determina solo variazioni quantitative dell'unico originario rapporto. Per cui solo con il conto finale si stabiliscono definitivamente i crediti e i debiti delle parti fra di loro e se ne determina l'esigibilita', con conseguente inizio della decorrenza del termine di prescrizione. Prevedendosi, quindi, la decorrenza della prescrizione quando il diritto alla ripetizione dell'indebito non e' ancora esigibile, si introduce una irragionevole deroga al principio generale della decorrenza della prescrizione dal momento in cui il diritto puo' essere fatto valere, ponendosi pertanto la norma ingiustificatamente in contrasto con il contesto normativo preesistente, andando peraltro a collidere con l'art. 3, primo comma, Cost., in quanto determina, per i titolari di diritti di credito nei confronti di Banche per ripetizione di somme illegittimamente addebitate su conto corrente, una situazione - quanto alla decorrenza del dies a quo della prescrizione - ingiustificatamente differente rispetto agli altri titolari di diritti di credito per ripetizione di somme indebitamente corrisposte. Mette conto inoltre evidenziare che la giurisprudenza della Corte, in passato, era orientata nel senso di ricondurre il principio di ragionevolezza all'interno della previsione dell'art. 3 della Costituzione che afferma - come noto - il principio di uguaglianza, di modo che la norma irragionevole era costituzionalmente illegittima in quanto apportatrice di irragionevoli discriminazioni. Come conseguenza di siffatta impostazione era necessario, per accertare l'irragionevolezza della norma, che fosse individuato il c.d. tertium comparationis. Una volta affrancato il principio di ragionevolezza sia dal principio di uguaglianza, sia dalla ricerca del tertium comparationis, la Corte ne ha poi potuto affermare la violazione anche in assenza di una sostanziale disparita' di trattamento tra fattispecie omogenee, allorche' la norma presenti una intrinseca incoerenza, contraddittorieta' od illogicita' rispetto al contesto normativo preesistente (es. Corte cost. 31 ottobre 2000, n. 450) o rispetto alla complessiva finalita' perseguita dal legislatore (es. Corte cost. 11 ottobre 2000, n. 416). Nel caso di specie, la disposizione di cui all'art. 2, comma 61, d.l. n. 225/2010, conv. in legge n. 10/2011, si presenta quindi, in ogni caso, contraddittoria rispetto al sistema generale della prescrizione, e quindi rispetto al sistema normativo preesistente, il che costituisce ulteriore sintomo della sua irragionevolezza, sotto il profilo della conformita' a Costituzione. B) Violazione dell'art. 24, primo comma, Cost. Facendo decorrere la prescrizione del diritto alla ripetizione dell'indebito per le somme illegittimamente addebitate dagli istituti di credito dall'annotazione nelle scritture contabili della banca, si determina la decorrenza da un atto che e' al di fuori della sfera conoscitiva del creditore, il quale non conosce quando tale annotazione e' effettuata. Il creditore, pertanto, non e' in grado di conoscere il dies a quo della prescrizione, ed in tal modo viene leso nel proprio diritto di difesa e di azione in giudizio, in quanto egli non potra' comprendere esattamente il termine entro il quale potra' esercitare il proprio diritto di azione per la restituzione delle somme. Viola l'art. 24 Cost. anche il secondo periodo del comma in esame, a mente del quale «in ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi gia' versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge». Tale previsione e' stata letta, nell'immediatezza dell'approvazione della norma, come una clausola di salvaguardia della posizione giuridica dei clienti che abbiano gia' ricevuto il rimborso, cui la prescrizione non potrebbe piu' essere eccepita. Nondimeno, la norma de qua, nella sua genericita' e approssimazione, si presta anche ad un'ulteriore lettura, resa possibile dalla formulazione testuale della stessa. Sembrerebbe, infatti, che, in applicazione di tale norma, il cliente che ha gia' effettuato i versamenti indebiti, pretesi dalla banca, non ne possa richiedere la restituzione. Cosi' facendo, si e' introdotto, in via legislativa, il divieto di ripetizione in via stragiudiziale e giudiziale delle somme, indebitamente corrisposte dai clienti del sistema bancario. Trattasi di disposizione assolutamente priva di giustificazione, che contrasta, da un lato, con il principio di tutelabilita' delle situazioni giuridiche soggettive ex art. 24 Cost., e, dall'altro, con il principio generale della necessaria causalita' degli arricchimenti e degli spostamenti patrimoniali, per cui si arriverebbe all'assurdo della irripetibilita' di tutti gli addebiti illegittimamente operati dal sistema bancario fino all'entrata in vigore della legge 26 febbraio 2011, n. 10. C) Violazione dell'art. 111, primo e secondo comma, Cost. La norma censurata, ed in particolare il secondo periodo del comma in esame, viola anche l'art. 111, primo e secondo comma, Cost., e quindi il diritto ad un «giusto processo», in quanto interviene sui giudizi in corso paralizzando l'azione di ripetizione dell'indebito. La norma in esame, inoltre, determina una ingiustificata disparita' di trattamento tra le parti del giudizio, in quanto introduce una normativa di assoluto favore per le banche rispetto al cliente, eliminando qualsiasi possibilita' di ripetizione delle somme indebitamente versate fino all'entrata in vigore della legge di conversione, nonostante l'esistenza di un ampio contenzioso in materia, a causa della costante applicazione di clausole contrattuali, quali quella della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi e della determinazione degli interessi attraverso il richiamo alle condizioni usualmente praticate sulla piazza, contenute in condizioni generali di contratto e ritenute ormai pacificamente nulle. 4. Va quindi dichiarata la rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzione della disposizione in esame, e va inoltre disposta la sospensione del presente giudizio, e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per le necessarie valutazioni.