IL TRIBUNALE Ha pronunciato, dandone lettura, la seguente ordinanza ex art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87 nella causa iscritta al n. 1784 del Ruolo Generale degli Affari Contenziosi del 2008 tra Aloisio Cataldo, quale titolare dell'omonima impresa individuale, elettivamente domiciliato in Catanzaro, alla via Buccarelli, n. 4, presso lo Studio dell'avv. Francesco Bocchinfuso, ma rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Bruno, giusta procura a margine della comparsa di costituzione; Attore-Opposto; Contro regione Calabria, in persona del Presidente della Giunta Regionale in carica, elettivamente domiciliata in Catanzaro, al viale de Filippis, n. 280, presso gli Uffici dell'Avvocatura Regionale, rappresentata e difesa dall'Avv. Roberta Ventrici, giusta procura generale alle liti rilasciata con atto pubblico rogato in data 16 maggio 2005 dal notaio Rocco Guglielmo (Rep. 122.525) e decreto del Dirigente dell'Avvocatura n. 4432 del 22 aprile 2008; Conveneta-Opponente. Fatto e Diritto La decisione della controversia indicata in epigrafe comporta l'applicazione dell'art. 16, comma 2, della legge regionale della Calabria del 13 giugno 2008, n. 15, recante "Provvedimento Generale di tipo ordinamentale e finanziario (collegato alla manovra di finanza regionale per l'anno 2008 ai sensi dell'art. 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8)", pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione n. 12 del 16 giugno 2008, supplemento straordinario n. 1 del 21 giugno 2008. La norma di cui si dubita cosi' dispone: «L'articolo 43 della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8 s'interpreta nel senso che i provvedimenti, i contratti, gli accordi che comportano spese a carico della Regione, ivi inclusi i deliberati delle assemblee delle societa' a partecipazione regionale, sono inefficaci, e comunque non impegnano l'Amministrazione, sino a che non sussista autorizzazione nei modi di legge ed impegno contabile regolarmente registrato sul pertinente capitolo del bilancio di previsione» A sua volta, l'art. 43 della legge regionale della Calabria del 4 febbraio 2002, n. 8, recante "Ordinamento del bilancio e della contabilita' della Regione Calabria", pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione n. 2 del 1 febbraio 2002, supplemento straordinario n. 6, oggetto di interpretazione, stabilisce, nel testo ratione temporis applicabile alla fattispecie in esame, quanto segue: «1. La Giunta regionale e i dirigenti delle strutture regionali competenti, nell'ambito delle proprie attribuzioni, assumono gli impegni di spesa per le somme dovute dalla Regione in base alla legge, a contratto o ad altro titolo, a creditori determinati o determinabili, sempre che la relativa obbligazione venga a scadenza o si perfezioni entro il termine dell'esercizio. Gli impegni sono assunti, entro la scadenza dell'esercizio di riferimento, nei limiti degli stanziamenti di competenza. 2. Con l'approvazione del bilancio di previsione annuale e delle successive variazioni, costituiscono comunque impegni di spesa, e come tali sono rilevati, senza In necessita' di ulteriori atti, le somme stanziate nei capitoli relativi: a) alle indennita' al Presidente della Giunta regionale e agli altri componenti della Giunta e del Consiglio regionale; b) alle spese per il funzionamento del Consiglio regionale; c) alle spese ed agli oneri per il personale dipendente ed alle altre spese di natura assimilabile; d) agli oneri di ammortamento relativi ai mutui e ai prestiti obbligazionari. 3. Il dirigente della struttura regionale preposta alla ragioneria provvede alla prenotazione degli impegni di spesa relativi a quote di obbligazioni pluriennali, derivanti dall'approvazione di piani e programmi adottati dalla Giunta regionale. 4. L'accertamento di somme in entrata sui capitoli delle contabilita' speciali genera un impegno, per pari importo, nei corrispondenti capitoli della spesa. 5. Quando l'obbligazione risulta definitivamente estinta per un importo inferiore a quello del corrispondente impegno, il dirigente della struttura regionale competente deve darne tempestiva comunicazione alla struttura regionale preposta alla ragioneria, la quale procede per la parte inutilizzata: a) all'immediato ripristino della disponibilita' sullo stanziamento di bilancio, qualora l'impegno sia stato assunto sulla competenza dell'esercizio in corso; b) alla cancellazione della correlata posta di residuo passivo, qualora l'obbligazione derivi da esercizi precedenti. 6. Per le risorse disposte dai piani finanziari, sia di programmazione sia di cassa, approvati dall'Unione Europea e dalle relative deliberazioni del CIPE di cofinanziamento nazionale, nonche' per le risorse disposte dai quadri finanziari, sia di programmazione sia di cassa, contenuti nelle deliberazioni del CIPE di riparto, possono essere assunte obbligazioni, anche a carico degli esercizi successivi, in corrispondenza con l'importo e secondo la distribuzione temporale delle risorse disposte. 7. Per le spese correnti, quando cio' sia indispensabile per assicurare la continuita' e la tempestivita' dei servizi della Regione, possono essere assunte obbligazioni anche a carico degli esercizi successivi, nei limiti delle previsioni del bilancio pluriennale a legislazione vigente. 8. Sulla base delle obbligazioni di cui ai precedenti commi 3,6 e 7 gli impegni sono assunti per l'intera somma, mentre i relativi pagamenti sono comunque contenuti nei limiti dell'autorizzazione annuale di bilancio. 9. I dirigenti che propongono alla Giunta regionale o assumono gli atti di impegno sono responsabili in ordine: a) alla legalita' della spesa; b) alla realizzazione degli obiettivi gestionali loro assegnati dalla Giunta regionale; c) ai criteri economici di buona gestione della spesa; d) alla completezza, regolarita' e sussistenza della documentazione richiamata nell'atto amministrativo o ad esso allegata; e) alle procedure disposte in ottemperanza alle disposizioni legislative e regolamentari; f) alla corretta applicazione della normativa fiscale in materia di imposte dirette, indirette, tasse e contributi aventi natura obbligatoria; g) alla contestuale verifica dell'accertabilita' delle entrate corrispondenti, qualora i capitolo di spesa su cui grava l'impegno assunto con il provvedimento proposto abbiano destinazione vincolata». Il combinato disposto delle due norme trascritte fa si' che, laddove l'amministrazione regionale non abbia rispettato le procedure contabili disegnate dall'art. 43 della legge regionale della Calabria del 4 febbraio 2002, n. 8, i provvedimenti emanati, gli accordi e, soprattutto, i contratti stipulati sono inefficaci o comunque non impegnano la Regione Calabria, quanto meno sino a che non venga posta in atto una procedura di regolarizzazione. Dubita questo giudicante che, nella parte in cui si applichi anche ai contratti stipulati dall'amministrazione regionale, l'art. 16, comma 2 citato si ponga in contrasto con l'art. 117, comma II, lett. l) Cost., in base al quale "lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: (...) 1) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa", venendo a porre norme inerenti all'ordinamento civile, la cui disciplina e' riservata allo Stato in via esclusiva. Occorre pertanto, ai sensi dell'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, sospendere il giudizio e disporre la trasmissione immediata degli atti alla Corte costituzionale, specificando quanto segue in ordine alla rilevanza della questione ed alla sua non manifesta infondatezza. Sulla rilevanza della questione Aloisio Cataldo, titolare dell'omonima impresa individuale, eseguiva, per conto dell'amministrazione regionale, i seguenti lavori: 1. pronto intervento sull'acquedotto Crocchio, localita' Cuturella di Cropani, per un corrispettivo complessivo di € 2.629,98, in relazione al quale venivano emesse le fatture nn. 5 e 6 del 13 gennaio 2004; 2. manutenzione dell'acquedotto Basso Tacina, per il quale, al netto delle somme corrisposte, residuava un compenso di € 468,00, portato dalla fattura n. 11 del 25 febbraio 2004; 3. pronto intervento sull'acquedotto Basso Tacina, in ordine al quale egli vantava un credito di € 16.911,81, con conseguente emissione di fattura di pari importo in data 18 febbraio 2004, n. 12. Non vedendo soddisfatto il proprio credito, ed in forza dei documenti fiscali sopra specificati, accompagnati dalla copia del registro vendite, l'Aloisio domandava a questo Tribunale, con ricorso depositato in data 25 ottobre 2007, l'emissione di un decreto ingiuntivo nei confronti della Regione Calabria. Veniva richiesta l'integrazione dei documenti prodotti ai sensi dell'art. 640, comma I, c.p.c., mediante la produzione dell'atto negoziale posto (o degli atti negoziali posti) alla base dei lavori eseguiti. Il ricorrente, con nota integrativa, specificava quanto segue: 1. egli non era in possesso degli "ordinativi" dei lavori di pronto intervento sull'acquedotto Crocchio, localita' Cuturella di Cropani, ma solo di un "riconoscimento di debito"; 2. la manutenzione dell'acquedotto Basso Tacina era avvenuta in forza di contratto di cottimo fiduciario, sottoscritto dal dirigente del settore competente; 3. il pronto intervento sull'acquedotto Basso Tacina era stato eseguito in forza di un verbale di somma urgenza ai sensi degli artt. 144 e 147 del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, sottoscritto dal dirigente del settore competente. Produceva la relativa documentazione, dalla quale - occorre precisarlo - emerge che il lavori sub 3 sono stati in realta' eseguiti non in forza di un verbale di somma urgenza, ma di un contratto di appalto di opere pubbliche sottoscritto, per l'amministrazione regionale, dal responsabile del procedimento e dal dirigente del settore competente. In forza delle precisazioni rese e della documentazione prodotta, veniva, in data 3 marzo 2008, emanato il decreto ingiuntivo n. 279, per l'importo di € 20.009,79, oltre ad interessi. L'amministrazione intimata proponeva, con atto di citazione notificato in data 28 aprile 2008, opposizione ai sensi dell'art. 645 c.p.c., deducendo la nullita' dei rapporti negoziali azionati per difetto di contratto scritto ed argomentando che anche l'eventuale riconoscimento del debito non e' idoneo a sanare tale nullita'. Si costituiva il creditore opposto, deducendo l'infondatezza delle difese avverse, in particolare in ragione dell'esistenza dei contratti scritti relativi almeno a due delle categorie di lavori eseguiti. In via riconvenzionale subordinata, l'Aloisio proponeva l'azione di ingiustificato arricchimento nei confronti dell'amministrazione. Nelle more del giudizio, interveniva la norma su cui si addensano i dubbi di compatibilita' con la Carta costituzionale. Non a caso, nella memoria ex art. 183, comma VI, n. 2), c.p.c., depositata in data 4 novembre 2008, la Regione Calabria - oltre ad eccepire, per la prima volta, il difetto di titolarita' di una- parte dei rapporti negoziali azionati - invocava l'inefficacia dei contratti prevista dall'art. 16, comma 2, della legge regionale della Calabria del 13 giugno 2008, n. 15. Ed invero, tale norma dovrebbe trovare applicazione nel caso di specie, quanto meno con riferimento alla pretesa creditoria vantata dall'Aloisio in ordine ai lavori di manutenzione dell'acquedotto Basso Tacina ed al pronto intervento sul medesimo acquedotto, eseguiti in forza di contratti stipulati in forma scritta dal dirigente del settore competente, dotato del potere di impegnare l'amministrazione, ma non indicanti l'avvenuto impegno di spesa. Ed invero, nemmeno aliunde risulta che i necessari impegni di spesa siano stati assunti. Proprio quanto all'applicabilita' dell'art. 16 citato, si deve osservare che, in effetti, gia' l'art. 191, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, recante il Testo Unico degli Enti Locali, stabilisce, al primo comma, che "gli enti locali possono effettuare spese solo se sussiste l'impegno contabile registrato sul competente intervento o capitolo del bilancio di previsione e l'attestazione della copertura finanziaria di cui all'articolo 153, comma 5. Il responsabile del servizio, conseguita l'esecutivita' del provvedimento di spesa, comunica al terzo interessato l'impegno e la copertura finanziaria, contestualmente all'ordinazione della prestazione, con l'avvertenza che la successiva fattura deve essere completata con gli estremi della suddetta comunicazione. Fermo restando quanto disposto al comma 4, il terzo interessato, in mancanza della comunicazione, ha facolta' di non eseguire la prestazione sino a quando i dati non gli vengano comunicati". In mancanza dell'impegno di spesa e della copertura finanziaria, precisa il successivo comma 4, "il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione e per la parte non riconoscibile ai sensi dell'articolo 194, comma 1, lettera e), tra il privato fornitore e l'amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la fornitura. Per le esecuzioni reiterate o continuative detto effetto si estende a coloro che hanno reso possibili le singole prestazioni". Tale disciplina ripropone quanto gia' previsto dall'art. 23, commi 3 e 4, d.l. 3 marzo 1989, n. 66, convertito con 1. 29 aprile 1989, n. 144, e quindi dall'art. 35, d.lgs. 25 febbraio 1995, n. 77. I testi normativi citati, quindi, sanciscono espressamente che, in mancanza della copertura finanziaria, il rapporto si costituisce nei confronti del funzionario o del dirigente responsabile, e non anche nei confronti dell'amministrazione. Le norme, pero', si riferiscono esclusivamente ai comuni ed alle province, e non anche alla regioni, ai quali non si applicano. In tal senso la giurisprudenza di' legittimita': "Il d.lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, art. 35 - che ha riprodotto in termini sostanzialmente analoghi il d.l. 3 marzo 1989, n. 66, art. 23, commi 3 e 4 convertito in 1. 29 aprile 1989, n. 144 ed abrogato dall'art. 123 di detto d.lgs. - nel prevedere l'esclusione della responsabilita' della p.a. nei confronti del privato fornitore e la responsabilita' esclusiva del dipendente che abbia acquistato in violazione delle necessarie delibere autorizzatine, trova applicazione infatti limitatamente ai Comuni, alle Province ed alle Comunita' Montane e non gia' anche nei confronti delle regioni" (Cass. Civ., Sez. I, 9 marzo 2006, n. 5069; giudizio in cui era parte proprio la Regione Calabria). Ancor prima che sopravvenisse la normativa appena esaminata, gli artt. 284 e 288, r.d. 3 marzo 1934, n. 383 (Testo unico della legge comunale e provinciale), stabilivano che "le deliberazioni dei comuni, delle provincie e dei consorzi, che importino spese, devono indicare l'ammontare di esse e i mezzi per farvi fronte" (il primo) e che "sono nulle le deliberazioni prese in adunanze illegali, o adottate sopra oggetti estranei alle attribuzioni degli organi deliberanti, o che contengano violazioni di legge". Successivamente, il quinto comma dell'art. 55, 1. 8 giugno 1990, n. 142 - nel testo in vigore dall'entrata in vigore della legge sino al 18 maggio 1997, data in cui esso e' stato sostanzialmente modificato dall'art. 6, comma 11, legge 15 maggio 1997, n. 127 - sanciva, abrogando la disciplina previgente, che "gli impegni di spesa non possono essere assunti senza attestazione della relativa copertura finanziaria da parte del responsabile del servizio finanziario. Senza tale attestazione l'atto e' nullo di diritto". Pronunciandosi sul significato da attribuire al combinato disposto degli artt. 284 e 288, r.d. 3 marzo 1934, n. 383, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. Civ., Sez. Un., 10 giugno 2005, n. 12195) hanno ritenuto che la delibera con la quale i competenti organi comunali o provinciali affidinono ad un professionista privato l'incarico per la progettazione di un'opera pubblica e' valida e vincolante nei confronti dell'ente soltanto se contenga la previsione dell'ammontare del compenso dovuto al professionista e dei mezzi per farvi fronte. L'inosservanza di tali prescrizioni determina la nullita' della delibera, che si estende al contratto di prestazione d'opera professionale poi stipulato con il professionista, escludendone l'idoneita' a costituire titolo per il compenso. A sostegno di tale principio, e dovendosi sottolineare che i due articoli, letti in combinazione, contemplavano una nullita' testuale per il caso di delibere degli enti locali recanti spese e prive d'indicazione dell'ammontare di esse e dei mezzi per farvi fronte, sono state svolte le seguenti considerazioni: "La tesi - secondo cui gli eventuali vizi della delibera in ordine alla previsione della relativa spesa e dei mezzi per farvi fronte potrebbero produrre conseguenze nell'ambito interno dell'organizzazione dell'ente, ma non sarebbero idonei ad incidere negativamente sui diritti acquisiti dal privato professionista in forza del contratto di prestazione d'opera, costituente manifestazione di autonomia negoziale privatistica - non puo' essere condivisa. Invero, nella formazione dei contratti soggetti alla c.d. evidenza pubblica (nel cui novero rientrano anche quelli dei comuni e delle province) coesistono due procedimenti: il primo si traduce in un provvedimento (deliberazione a contrarre da parte degli organi qualificati) con cui si esterna lo scopo da perseguire nonche' il modo con cui s'intende realizzarlo, e tale manifestazione di volonta' costituisce il presupposto dell'atto negoziale che percio' si pone in rapporto strumentale col provvedimento; il secondo si svolge tra le parti contraenti ed ha ad oggetto la formazione della volonta' secondo le norme privatistiche, con alcune varianti correlate specialmente alle procedure da seguire per la scelta del contraente. Orbene, e' vero che, come questa Corte ha piu' volte affermato con particolare riguardo alla conclusione del contratto d'opera professionale (quando ne sia parte la P. A.), la deliberazione dell'ente - fino a quando non risulti tradotta in un atto contrattuale sottoscritto dal rappresentante dell'ente stesso e dal professionista - e' atto con efficacia interna all'ente pubblico, non costituente neppure proposta contrattuale, sicche' non e' idonea a determinare la costituzione del relativo rapporto negoziale (v., ex multis. Cass., 25 novembre 2003, n. 17891; 5 novembre 2001, n. 13628; 16 ottobre 1999, n. 11687; 14 marzo 1998, n. 2772). Cio', tuttavia, non significa che tutti i vizi della fase amministrativa e (per quanto qui rileva) della delibera siano privi d'incidenza sul contratto stipulato in forza di essa. L'affermazione puo' essere condivisa in relazione a carenze o vizi che rendano la delibera stessa soltanto annullabile, non in presenza di una violazione di legge che ne comporti la nullita'. Infatti, come gia' si e' notato, il contratto e la delibera, ancorche' tra loro distinti, sono collegati poiche' la delibera a contrarre s'inserisce come passaggio obbligato nell'iter di formazione della volonta' contrattuale della parte pubblica. Pertanto la sua nullita' (come la sua mancanza) si riflette necessariamente sulla validita' del contratto, perche' la volonta' dell'ente non si puo' ritenere ritualmente formata nella sede propria e, sul piano negoziale, il contratto viene ad essere stipulato in contrasto con una norma imperativa (quale il combinato disposto dei citati artt. 284 - 288 deve ritenersi, alla stregua delle considerazioni sopra svolte), con le conseguenze di cui all'art. 1418, primo comma, cod. civile". Le considerazioni esposte sono state ritenute applicabili anche in presenza dell'art. 55, comma 5, 1. 8 giugno 1990, n. 142 (testo originario). Secondo una diversa pronuncia delle medesime Sezioni Unite (Cass. Civ., Sez. Un., 28 giugno 2005, n. 13831 del 28), infatti, detta norma "contempla a sua volta una nullita' testuale (definita di diritto) che inficia l'atto deliberativo e tale nullita', per le ragioni qui sopra indicate, si riflette in modo inevitabile sulla validita' del contratto. Pertanto va affermato che anche nel vigore dell'art. 55, comma 5, della legge n. 142 del 1990 (nel testo anteriore alla modifica apportata con l'art. 6, comma 11, della legge 15 maggio 1997, n. 127) la delibera con la quale i competenti organi comunali o provinciali affidano ad un professionista privato l'incarico per la progettazione di un'opera pubblica e' valida ed efficace nei confronti dell'ente solo se il relativo impegno di spesa sia accompagnato dall'attestazione della copertura finanziaria, da parte del responsabile del servizio finanziario. L'inosservanza di tale prescrizione determina la nullita' della delibera, che si estende al contratto di prestazione d'opera professionale stipulato con il professionista, comportando l'esclusione di qualsiasi responsabilita' od obbligazione dell'ente pubblico in ordine alle spese assunte senza il suddetto adempimento". Tuttavia, la nullita' del contratto stipulato, in entrambi i panorami normativi sopra delineati, deriva dalla nullita' testualmente comminata dalla legge (e non dalla mera annullabilita' per violazione di legge) della delibera non accompagnata dall'impegno di spesa (sotto il regime del Testo Unico del 1934) o priva dell'attestazione della copertura finanziaria (sotto il regime dell'art. 55, comma 5, legge 8 giugno 1990, n. 142). La legge di contabilita' regionale, pero', non prevede un'analoga sanzione per l'ipotesi delibera priva dell'indicazione dell'impegno di spesa, ne' essa puo' essere desunta da un'applicazione analogica delle norme in materia di ordinamento degli Enti territoriali, posto che la nullita', in ambito amministrativo, e' conseguenza patologica di carattere eccezionale (argomento ex art. 21-septies, comma 1, ultima parte; nella giurisprudenza ammnistrativa, vedasi da ultimo Cons. St., Sez. V, 15 marzo 2010, n. 1498) e quindi di stretta applicazione. Ne', per altra via, si puo' ritenere che, poiche' le norme di contabilita' pubblica hanno carattere imperativo, la loro violazione comporti la nullita' dei contratti stipulati a valle, ai sensi dell'art. 1418, comma 1, c.p.c. Ed ineffetti, una simile conseguenza e' esclusa recisamente dalla consolidata giurisprudenza di legittimita' (cfr. a titolo d'esempio, Cass. Civ., Sez. I, 27 febbraio 1998, n. 2235, che si e' occupata - escludendo la nullita' del contratto stipulato - della violazione dell'art. 189 dell'ordinamento degli enti locali siciliani, dettato con legge regionale della Sicilia 15 marzo 1963, n. 16, riproducente il disposto dell'art. 284 r.d. 3 marzo 1934, n. 383; si vedano, anche, Cass. Civ., Sez. I, 30 agosto 1995, n. 9155 e Cass. Civ., Sez. I, 28 maggio 1996, n. 4929, nonche' Cass. Civ., Sez. Un., 17 novembre 1984, n. 5833; piu' di recente Cass. Civ., Sez. III, 20 novembre 2002, n. 16345). Inoltre, si osserva che anche le regole dell'evidenza pubblica hanno natura imperativa, ma - secondo la predominante giurisprudenza - la loro violazione non comporta la nullita' del contratto; ed invero, attinendo alla formazione della volonta' dell'amministrazione, la loro accertata violazione si riverbera si' sul contratto stipulato, ma solo all'esito dell'annullamento del provvedimento amministrativo (aggiudicazione) presupposto e con effetto caducatorio (cfr. Cons. St., Ad. Plen., 30 luglio 2008, n. 8, che richiama, sul punto, Cass. Civ., Sez. I, 15 aprile 2008, n. 9906). Si deve ritenere, quindi, che non tutte le norme che regolano l'agere amministrativo, pur aventi natura imperativa sul piano pubblicistico, assumano la medesima veste ontologica sui piano civilistico. E quali norme imperative, ai sensi dell'art. 1418, comma I, c.c., non sono qualificabili le regole di contabilita' pubblica. In sostanza, e' vero - come sottolineato dalla difesa regionale nelle note autorizzate da questo giudicante per consentire alle parti di interloquire sul dubbio di legittimita' rilevato d'ufficio - che vi sono, nell'ordinamento civile, altre norme che apprestano una disciplina simile a quella oggi prevista dall'art. 16, comma 2, della legge regionale della Calabria del 13 giugno 2008, n. 15: in forza di esse, l'amministrazione pubblica rimane contrattualmente vincolata solo in presenza di un regolare impegno di spesa, essendo altrimenti il contratto inefficace nei suoi confronti o addirittura nullo. Ma esse non trovano applicazione nei confronti delle regioni, sicche' non e' possibile dire che "il citato art. 16 si presenta come una norma meramente ricognitiva di effetti che scaturiscono dal sistema giuridico e che non sono estranei all'ordinamento generale" (pag. 2 delle note autorizzate depositate dall'Avvocatura regionale in data 26 aprile 2010). Quindi, l'esistenza di un regolare impegno di spesa da parte dell'amministrazione con riferimento ai contratti azionati e' questione in questa sede divenuta rilevante solo in ragione della norma di cui si dubita, sicche' - nell'ipotesi in cui la Corte ritenesse fondata la questione di legittimita' che le si sottopone - il venir meno dell'art. 16 citato esimerebbe il Tribunale rimettente dall'esame della questione. Si osserva ulteriormente che il legislatore dell'art. 16, comma 2, legge regionale della Calabria 13 giugno 2008, n. 15, non usa, con riferimento alla previsione normativa in esame, il sintagma qualificatorio "interpretazione autentica", pur ponendo - almeno nelle intenzioni - una norma volta a vincolare l'attivita' ermeneutica dell'interprete. Ed in effetti, alla norma de qua non puo' accordarsi valore interpretativo: essa non sceglie uno dei possibili (e plausibili) significati della disposizione interpretata ma, come gia' in precedenza accennato, introduce ex novo nel sistema ordinamentale una regola prima inesistente; l'inefficacia del contratto, invero, non era espressamente statuita dalla legge di contabilita' regionale, ne' tampoco un simile difetto di efficacia era ricavabile ermeneuticamente dall'articolato normativo sopra trascritto. Invero, come gia' ampiamente illustrato, l'originario art. 43 della legge regionale della Calabria 4 febbraio 2002, n. 8, nulla statuiva in ordine alle conseguenze che ridondavano sui contratti in ragione della mancata assunzione dell'impegno di spesa; pertanto, era necessario ritenere che la violazione della disciplina da esso posta avesse ricadute esclusivamente quanto alla responsabilita' dirigenziale ed alla responsabilita' risarcitoria per danno erariale in capo ai dirigenti ed ai funzionari che avessero malamente stipulato. Tuttavia, pur avendo natura innovativa, l'art. 16, comma 2 della legge regionale della Calabria del 13 giugno 2008, n. 15, ha evidente applicazione retroattiva, coinvolgendo cosi' anche i contratti, come quelli che quivi rilevano, stipulati prima della sua entrata in vigore. Due elementi depongono inequivocamente in tal senso. Da un lato, il fatto che il legislatore - il quale avrebbe ben potuto disporre per il solo futuro, limitandosi a statuire l'inefficacia, nei confronti della Regione, dei contratti stipulati dai propri rappresentanti, in assenza di un regolare impegno di spesa - abbia ritenuto di collegare tale mancanza di efficacia ad una presunta interpretazione della normativa preesistente. Se pure una simile opzione legislativa non preclude all'interprete la scelta di ermeneusi che nega natura interpretativa alla norma, nondimeno essa deve essere tenuta in considerazione nel momento in cui occorra valutare se il precetto abbia eventuale efficacia retroattiva, inducendo ad attribuire al legislatore regionale la volonta' di emanare una norma idonea a regolamentare anche i contratti gia' stipulati. In secondo luogo, non puo' sfuggire che il medesimo art. 16 della legge regionale della Calabria del 13 giugno 2008, n. 15, con il suo terzo comma, ha integrato l'art. 43 della legge di contabilita' regionale, il cui comma 10 ora recita: "Nel caso in cui vi sia stata acquisizione di beni o servizi in assenza del preventivo impegno di spesa, il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione e per la parte non riconoscibile ai sensi dell'art. 45-bis, tra il privato e l'amministratore, il dirigente o il funzionario che abbia determinato la generazione del debito. Per le prestazioni continuative o periodiche, detto effetto si estende ai dirigenti che hanno reso possibili le singole prestazioni". Accantonati i dubbi di compatibilita' con l'art. 117, comma II, lett. l) Cost. che anche tale norma suscita - e che pero' non risultano rilevanti ai fini della controversia portata all'attenzione di questo giudice -, si rileva che il neo-introdotto comma 10 dell'art. 43 della legge di contabilita' ripropone, in ambito regionale, la disciplina che l'art. 191, d.lgs. 18 agosto 2000 fissa per gli enti locali. Da esso deriva che il contratto stipulato in violazione delle regole di contabilita' produce i suoi effetti nei confronti del dirigente o del funzionario che ha stipulato, e rimane inefficace nei confronti della Regione. Ed allora, l'art. 16, comma 2 della legge regionale della Calabria del 13 giugno 2008, n. 15, sarebbe un inutile doppione se non gli si riconoscesse portata retroattiva. Ritenuto, invece, che i due commi si riferiscano l'uno (il comma 3, che integra l'art. 43 della legge di contabilita') al futuro, e l'altro (il comma 2, che "interpreta" la previgente normativa) al passato, si riconduce la frammentaria normativa a sistema. Si noti, inoltre, che la Corte costituzionale ha sancito piu' volte la compatibilita' (nei limiti, evidentemente, della ragionevolezza) tra il carattere innovativo di una norma e la retroattivita' della sua applicazione temporale. In particolare, occupandosi di norme interpretative, essa ha da un canto affermato che il legislatore puo' adottare norme che precisino il significato di altre disposizioni legislative quando sussista una situazione di incertezza nell'applicazione del diritto o vi siano contrasti giurisprudenziali e quando la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, con cio' vincolando un significato ascrivibile alla norma anteriore (cfr., tra le altre, le sentenze n. 311 del 1995 e n. 397 del 1994 e l'ordinanza n. 480 del 1992). D'altro canto, la stessa Corte ha avuto modo di affermare, in piu' di un'occasione (da ultimo, con sentenza n. 234 del 2007), che non e' decisivo verificare se la norma censurata abbia carattere effettivamente interpretativo (e sia percio' retroattiva) ovvero sia innovativa con efficacia retroattiva, trattandosi in entrambi i casi di accertare se la retroattivita' della legge, il cui divieto non e' stato elevato a dignita' costituzionale salvo che per la materia penale, trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non contrasti con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti. Tirando le fila di quanto sin qui illustrato, la rilevanza della proponenda questione di legittimita' costituzionale si puo' sintetizzare nei termini che seguono. L'art. 16, comma 2 della legge regionale della Calabria del 13 giugno 2008, n. 15, norma di natura innovativa ma di efficacia retroattiva, stabilisce, tra l'altro, che tutti i contratti - stipulandi o gia' stipulati - che comportino spese a carico della Regione sono inefficaci, e comunque non impegnano l'amministrazione, sino a che non sussista autorizzazione nei modi di legge ed impegno contabile regolarmente registrato sul pertinente capitolo del bilancio di previsione. In ragione della norma oggetto dei dubbi di legittimita', allora, si dovrebbe ritenere l'inefficacia nei confronti della Regione Calabria dei due contratti stipulati tra la medesima amministrazione regionale ed Aloisio Cataldo, in relazione ai quali non risulta essere stato assunto l'impegno di spesa; pertanto, l'opposizione a decreto ingiuntivo proposta dall'amministrazione regionale dovrebbe trovare accoglimento con riferimento a tali rapporti. Al contrario, laddove la norma venisse dichiarata illegittima e cessasse, quindi, di trovare applicazione, non vi sarebbero ragioni per ritenere inefficaci i due contratti, per cui l'opposizione non potrebbe, sotto questo profilo, trovare accoglimento. Sulla non manifesta infondatezza della questione L'art. 117, comma II, lett. I) Cost., come introdotto dalla 1. cost. 18 ottobre 2001, n. 3, recita: "lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: (...) 1) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa". La Corte costituzionale e' stata chiamata piu' volte ad indicare i limiti fino ai quali la legislazione regionale puo' spingersi senza stridere col precetto costituzionale che riserva allo Stato il potere esclusivo di disciplinare l'ordinamento civile. Pur omettendo i casi attinenti alla materia laburistica, e limitandosi alle ipotesi in cui veniva in qualche modo in rilievo il diritto dei contratti, emerge un quadro giurisprudenziale sufficientemente preciso. Con la sentenza n. 253 del 2006, il giudice delle leggi ha dichiarato fondata la questione di legittimita' costituzionale relativa all'art. 16, commi 1 e 4 della legge regionale della Toscana 15 novembre 2004, n. 63, recante Norme contro le discriminazioni determinate dall'orientamento sessuale o dall'identita' di genere. Tale norma prevedeva il divieto per gli operatori commerciali appartenenti a determinate categorie di rifiutare la loro prestazione, o di erogarla a condizioni deteriori rispetto a quelle ordinarie, "senza un legittimo motivo e, in particolare, fra l'altro per motivi riconducibili all'orientamento sessuale o all'identita' di genere". La disposizione conteneva, altresi', la previsione di una sanzione amministrativa in caso di contravvenzione al detto divieto. La Corte ha rilevato come venisse imposto, cosi', ai soggetti sopra indicati l'obbligo di fornire la propria prestazione a chiunque ne facesse richiesta, senza possibilita' di discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale. Pero', "la norma regionale impugnata nel prevedere, in sostanza, un'ipotesi di obbligo legale a contrarre - obbligo gia' previsto in via generale dal legislatore statale all'art. 187 del regio decreto 6 maggio 1940, n. 635 (Approvazione del regolamento per l'esecuzione del testo unico 18 giugno 1931, n. 773 delle leggi di pubblica sicurezza) - e alla cui violazione e' altresi' connessa la comminatoria di una sanzione amministrativa, introduce una disciplina incidente sull'autonomia negoziale dei privati e, quindi, su di una materia riservata, ex art. 117, comma secondo, lettera l), della Costituzione, alla competenza legislativa esclusiva dello Stato". Successivamente, con la sentenza n. 401 del 2007 (vera e propria pietra angolare su cui si e' sviluppata la seguente giurisprudenza) e' stata esaminata la questione di legittimita' posta in via diretta dalle Regioni Veneto e Piemonte, le quali lamentavano l'inclusione, nell'ambito del codice degli appalti pubblici, di cui al d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, del riferimento alle fasi della stipulazione e dell'esecuzione dei contratti, ivi comprese quelle della direzione dell'esecuzione e della direzione dei lavori, contabilita' e collaudo, ad eccezione dei profili di organizzazione e contabilita' amministrative. Secondo le regioni ricorrenti, il codice disciplinerebbe settori che atterrebbero ad aspetti organizzativi e procedurali dell'azione amministrativa, i quali andrebbero inclusi, "a seconda dell'oggetto, tra le materie di competenza concorrente o residuale" (cosi' secondo la Regione Veneto), ovvero investirebbe ambiti in cui sarebbero ravvisabili "spazi significativi che vanno ascritti all'ordinamento e organizzazione amministrativa", che appartengono alla Regione ad eccezione di quanto e' riferibile allo Stato e agli enti pubblici nazionali (cosi' la Regione Piemonte). La Corte ha disatteso le argomentazioni degli enti regionali. Si legge nella densa motivazione, di cui e' opportuno riportare un ampio stralcio, che "e' noto che l'attivita' contrattuale della pubblica amministrazione, essendo funzionalizzata al perseguimento dell'interesse pubblico, si caratterizza per la esistenza di una struttura bifasica: al momento tipicamente procedimentale di evidenza pubblica segue un momento negoziale. Nella prima fase di scelta del contraente l'amministrazione agisce, come si e' gia' sottolineato, secondo predefiniti moduli procedimentali di garanzia per la tutela dell'interesse pubblico, ancorche' siano contestualmente presenti momenti di rilevanza negoziale, dovendo la pubblica amministrazione tenere, in ogni caso, comportamenti improntati al rispetto, tra l'altro, delle regole della buona fede. Nella seconda fase - che ha inizio con la stipulazione del contratto (si veda art. 11, comma 7, del Codice) - l'amministrazione si pone in una posizione di tendenziale parita' con la controparte ed agisce non nell'esercizio di poteri amministrativi, bensi' nell'esercizio della propria autonomia negoziale. Tale fase, che ricomprende l'intera disciplina di esecuzione del rapporto contrattuale, incluso l'istituto del collaudo - il quale e', tra l'altro, anche specificamente disciplinato dal codice civile (...) si connota, pertanto, per la normale mancanza di poteri autoritativi in capo al soggetto pubblico, sostituiti dall'esercizio di autonomie negoziali. Ne consegue che la norma censurata - disciplinando aspetti afferenti a rapporti che presentano prevalentemente natura privatistica, pur essendo parte di essi una pubblica amministrazione - deve essere ascritta all'ambito materiale dell'ordinamento civile. Sussiste, infatti, l'esigenza, sottesa al principio costituzionale di eguaglianza, di garantire l'uniformita' di trattamento, nell'intero territorio nazionale, della disciplina della fase di conclusione ed esecuzione dei contratti di appalto avente, tra l'altro - per l'attivita' di unificazione e semplificazione normativa svolta dal legislatore -, valenza sistematica. Ne' vale obiettare, come fa la Regione Veneto, che non potrebbe ritenersi sussistente il titolo di competenza rappresentato dall'ordinamento civile, in quanto non verrebbero in rilievo «la stipulazione e l'esecuzione regolate dal codice civile». Sul punto, e' agevole osservare che l'ambito materiale in esame ricomprende tutti gli aspetti che ineriscono a rapporti di natura privatistica, in relazione ai quali sussistono le esigenze sopra indicate, senza che detti rapporti debbano rinvenire la loro disciplina necessariamente sul piano codicistico. In altri termini, la sussistenza di aspetti di specialita', rispetto a quanto previsto dal codice civile, nella disciplina della fase di stipulazione e esecuzione dei contratti di appalto, non e' di ostacolo al riconoscimento della legittimazione statale di cui all'art. 117, secondo comma, lettera 1), Cost.". A distanza di poco tempo, sono stati portati all'attenzione del giudice delle leggi (sentenza 431 del 2007) gli artt. 51-58 della legge regionale della Campania n. 12 del 2006, i quali, disciplinando i contratti pubblici affidati dalla Regione Campania in esito alle proprie procedure di scelta del contraente, intervenivano a dettare norme in tema di garanzie del contratto (art. 51), di modalita' di stipulazione (art. 52) e di durata dello stesso (art. 53), di anticipazione e revisione dei prezzi (art. 54), di subappalto e cessione del contratto (art. 55), di aumento o diminuzione della prestazione (art. 56), di spese contrattuali (art. 57) e di verifica e collaudo (art. 58). La Corte ha lapidariamente sottolineato che tali norme attenevano "a quella fase inerente all'attivita' contrattuale della pubblica amministrazione che ha inizio con la stipulazione del contratto, nella quale l'amministrazione agisce nell'esercizio della propria autonomia negoziale". Richiamando il proprio precedente orientamento, la Consulta ha sottolineato che tale stadio comprende l'intera disciplina di esecuzione del rapporto contrattuale e si connota per l'assenza di profili di disciplina che afferiscono, a prescindere dalla loro esatta qualificazione giuridica, a vicende comunque di natura essenzialmente privatistica". Infine, con la sentenza n. 295 del 2009, la Corte ha ripercorso la giurisprudenza anteriore alla novella dell'art. 117 Cost., ribadendone la validita' e sancendo che il diritto privato e' materia posta oltre la sfera della competenza legislativa della Regione: "L'art. 117, secondo comma, lettera 1), della Costituzione ha codificato il limite del «diritto privato» consolidatosi nella giurisprudenza anteriore alla riforma costituzionale del 2001 (v., tra le molte, le sentenze n. 190 del 2001; n. 379 del 1994; n. 35 del 1992; n. 51 del 1990; n. 691 del 1988; n. 38 del 1977; n. 108 del 1975 e n. 7 del 1956). Questa Corte ha piu' volte affermato che «l'ordinamento del diritto privato si pone quale limite alla legislazione regionale, in quanto fondato sull'esigenza, sottesa al principio costituzionale di eguaglianza, di garantire nel territorio nazionale l'uniformita' della disciplina dettata per i rapporti fra privati. Esso, quindi, identifica un'area riservata alla competenza esclusiva della legislazione statale e comprendente i rapporti tradizionalmente oggetto di codificazione» (sentenza n. 352 del 2001). Questa Corte ha precisato che detto limite consente comunque un qualche adattamento in ambito regionale, «ove questo risulti in stretta connessione con la materia di competenza regionale e risponda al criterio di ragionevolezza, che vale a soddisfare il rispetto del richiamato principio di eguaglianza» (sentenza n. 352 del 2001). Peraltro, sin dalle prime pronunce, questa Corte ha avuto modo di decidere che «la disciplina dei rapporti contrattuali (...) va riservata alla legislazione statale» (sentenza n. 6 del 1958; cfr. anche le sentenze n. 82 del 1998 e n. 60 del 1968)". L'esame delle pronunzie sopra ricordate induce ad una agevole conclusione. E' sottratta alla potesta' legislativa regionale la disciplina del contratto, tanto quanto alla sua genesi, tanto quanto alla sua fase esecutiva, tanto, infine, quanto ai suoi aspetti patologici. Orbene, l'art. 16, comma 2, della legge regionale della Calabria del 13 giugno 2008, n. 15, pone, nella parte in cui si riferisce ai contratti, una regola che non si riferisce alla materia dell'ordinamento contabile della Regione, vale a dire alla "gestione finanziaria ed economica della Regione" (cfr. art. 1, comma 2, legge regionale della Calabria 4 febbraio 2002, n. 8). Essa, in realta', incide direttamente sull'efficacia dei contratti stipulati dall'amministrazione, ed e' pertanto volta chiaramente a disciplinare i rapporti privatistici. Ne consegue che non e' manifestamente infondato il dubbio che la norma in oggetto esorbiti i limiti della competenza legislativa regionale, dovendo cosi' essere dichiarata dalla Corte costituzionale illegittima. Non sembra, d'altro canto, possibile che, attraverso un'interpretazione adeguatrice e costituzionalmente orientata, la norma investita dai dubbi possa essere diversamente intesa, attribuendole un significato tale che essa non vada ad esplicare i suoi effetti sulla disciplina negoziale dei contratti stipulati con l'amministrazione regionale. E' appena il caso, infine, di segnalare come la circostanza che il Governo non abbia proposto in via principale la questione di legittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 127, comma I, Cost. non esima l'Autorita' giurisdizionale, che debba fare applicazione di una norma regionale sospettata di esorbitare dai limiti di competenza imposti dalla Costituzione, dal rivolgere alla Corte competente tali dubbi (cfr., a titolo di esempio e tra le molte, la sentenza della Corte n. 370 del 2008, con la quale e' stata dichiarata illegittima per violazione dell'art. 117, comma Il, lettera l) Cost. dell'art. 3, comma 1,della legge della Regione Molise 5 maggio 2006, n. 5, e dell'art. 12, comma 6, della legge della Regione Molise 27 settembre 2006, n. 28 sulla base di una questione sollevata d'ufficio dal Tribunale di Campobasso, Sezione Riesame).