IL TRIBUNALE 
 
    Ha pronunciato, dandone lettura, la seguente  ordinanza  ex  art.
23, legge 11 marzo 1953, n. 87 nella causa iscritta al  n.  1784  del
Ruolo Generale degli Affari Contenziosi del 2008 tra Aloisio Cataldo,
quale  titolare  dell'omonima  impresa   individuale,   elettivamente
domiciliato in Catanzaro, alla via Buccarelli, n. 4, presso lo Studio
dell'avv. Francesco Bocchinfuso, ma rappresentato e difeso  dall'avv.
Francesco  Bruno,  giusta  procura  a  margine  della   comparsa   di
costituzione; Attore-Opposto; 
    Contro regione Calabria, in persona del Presidente  della  Giunta
Regionale in carica, elettivamente domiciliata in Catanzaro, al viale
de Filippis, n. 280, presso  gli  Uffici  dell'Avvocatura  Regionale,
rappresentata e difesa dall'Avv.  Roberta  Ventrici,  giusta  procura
generale alle liti rilasciata con atto pubblico  rogato  in  data  16
maggio 2005 dal notaio Rocco Guglielmo (Rep. 122.525) e  decreto  del
Dirigente   dell'Avvocatura   n.   4432   del   22    aprile    2008;
Conveneta-Opponente. 
 
                           Fatto e Diritto 
 
    La decisione della controversia  indicata  in  epigrafe  comporta
l'applicazione dell'art. 16, comma 2,  della  legge  regionale  della
Calabria del 13 giugno 2008, n. 15, recante  "Provvedimento  Generale
di tipo  ordinamentale  e  finanziario  (collegato  alla  manovra  di
finanza regionale per l'anno 2008 ai  sensi  dell'art.  3,  comma  4,
della legge  regionale  4  febbraio  2002,  n.  8)",  pubblicata  sul
Bollettino  Ufficiale  della  Regione  n.  12  del  16  giugno  2008,
supplemento straordinario n. 1 del 21 giugno 2008. 
    La norma di cui si dubita cosi'  dispone:  «L'articolo  43  della
legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8 s'interpreta nel  senso  che  i
provvedimenti, i contratti, gli accordi che comportano spese a carico
della  Regione,  ivi  inclusi  i  deliberati  delle  assemblee  delle
societa' a partecipazione regionale, sono inefficaci, e comunque  non
impegnano l'Amministrazione, sino a che non  sussista  autorizzazione
nei modi di legge ed impegno contabile  regolarmente  registrato  sul
pertinente capitolo del bilancio di previsione» 
    A sua volta, l'art. 43 della legge regionale della Calabria del 4
febbraio 2002, n.  8,  recante  "Ordinamento  del  bilancio  e  della
contabilita'  della  Regione  Calabria",  pubblicata  sul  Bollettino
Ufficiale della  Regione  n.  2  del  1  febbraio  2002,  supplemento
straordinario n. 6, oggetto di interpretazione, stabilisce, nel testo
ratione temporis applicabile alla fattispecie in esame, quanto segue: 
        «1.  La  Giunta  regionale  e  i  dirigenti  delle  strutture
regionali  competenti,  nell'ambito   delle   proprie   attribuzioni,
assumono gli impegni di spesa per le somme dovute  dalla  Regione  in
base  alla  legge,  a  contratto  o  ad  altro  titolo,  a  creditori
determinati o determinabili,  sempre  che  la  relativa  obbligazione
venga a scadenza o si perfezioni entro il termine dell'esercizio. Gli
impegni  sono  assunti,   entro   la   scadenza   dell'esercizio   di
riferimento, nei limiti degli stanziamenti di competenza. 
        2. Con l'approvazione del bilancio di  previsione  annuale  e
delle successive variazioni, costituiscono comunque impegni di spesa,
e come tali sono rilevati, senza In necessita' di ulteriori atti,  le
somme stanziate nei capitoli relativi: 
          a) alle indennita' al Presidente della Giunta  regionale  e
agli altri componenti della Giunta e del Consiglio regionale; 
          b) alle spese per il funzionamento del Consiglio regionale; 
          c) alle spese ed agli oneri per il personale dipendente  ed
alle altre spese di natura assimilabile; 
          d) agli oneri  di  ammortamento  relativi  ai  mutui  e  ai
prestiti obbligazionari. 
        3. Il  dirigente  della  struttura  regionale  preposta  alla
ragioneria provvede alla prenotazione degli impegni di spesa relativi
a quote di obbligazioni pluriennali, derivanti  dall'approvazione  di
piani e programmi adottati dalla Giunta regionale. 
        4. L'accertamento di somme  in  entrata  sui  capitoli  delle
contabilita' speciali  genera  un  impegno,  per  pari  importo,  nei
corrispondenti capitoli della spesa. 
        5. Quando l'obbligazione risulta definitivamente estinta  per
un  importo  inferiore  a  quello  del  corrispondente  impegno,   il
dirigente della struttura regionale competente deve darne  tempestiva
comunicazione alla struttura regionale preposta alla  ragioneria,  la
quale procede per la parte inutilizzata: 
          a)  all'immediato  ripristino  della  disponibilita'  sullo
stanziamento di bilancio, qualora l'impegno sia stato  assunto  sulla
competenza dell'esercizio in corso; 
          b) alla cancellazione  della  correlata  posta  di  residuo
passivo, qualora l'obbligazione derivi da esercizi precedenti. 
        6. Per le risorse  disposte  dai  piani  finanziari,  sia  di
programmazione sia di cassa, approvati dall'Unione  Europea  e  dalle
relative deliberazioni del CIPE di cofinanziamento nazionale, nonche'
per le risorse disposte dai quadri finanziari, sia di  programmazione
sia di cassa, contenuti nelle  deliberazioni  del  CIPE  di  riparto,
possono essere assunte obbligazioni, anche a  carico  degli  esercizi
successivi,  in   corrispondenza   con   l'importo   e   secondo   la
distribuzione temporale delle risorse disposte. 
        7. Per le spese correnti, quando cio' sia indispensabile  per
assicurare la  continuita'  e  la  tempestivita'  dei  servizi  della
Regione, possono essere assunte obbligazioni  anche  a  carico  degli
esercizi  successivi,  nei  limiti  delle  previsioni  del   bilancio
pluriennale a legislazione vigente. 
        8. Sulla base delle obbligazioni di cui ai  precedenti  commi
3,6 e 7 gli  impegni  sono  assunti  per  l'intera  somma,  mentre  i
relativi   pagamenti   sono    comunque    contenuti    nei    limiti
dell'autorizzazione annuale di bilancio. 
        9.  I  dirigenti  che  propongono  alla  Giunta  regionale  o
assumono gli atti di impegno sono responsabili in ordine: 
          a) alla legalita' della spesa; 
          b)  alla  realizzazione  degli  obiettivi  gestionali  loro
assegnati dalla Giunta regionale; 
          c) ai criteri economici di buona gestione della spesa; 
          d)  alla  completezza,  regolarita'  e  sussistenza   della
documentazione  richiamata  nell'atto  amministrativo   o   ad   esso
allegata; 
          e)   alle   procedure   disposte   in   ottemperanza   alle
disposizioni legislative e regolamentari; 
          f) alla corretta applicazione della  normativa  fiscale  in
materia di imposte dirette,  indirette,  tasse  e  contributi  aventi
natura obbligatoria; 
          g)  alla  contestuale  verifica  dell'accertabilita'  delle
entrate corrispondenti, qualora i capitolo  di  spesa  su  cui  grava
l'impegno assunto con il provvedimento proposto abbiano  destinazione
vincolata». 
    Il combinato disposto delle due  norme  trascritte  fa  si'  che,
laddove l'amministrazione regionale non abbia rispettato le procedure
contabili disegnate dall'art. 43 della legge regionale della Calabria
del 4 febbraio 2002, n. 8, i provvedimenti emanati,  gli  accordi  e,
soprattutto, i contratti stipulati sono  inefficaci  o  comunque  non
impegnano la Regione Calabria, quanto meno sino a che non venga posta
in atto una procedura di regolarizzazione. 
    Dubita questo giudicante che, nella  parte  in  cui  si  applichi
anche ai contratti stipulati dall'amministrazione  regionale,  l'art.
16, comma 2 citato si ponga in contrasto con l'art.  117,  comma  II,
lett. l) Cost., in base al quale "lo Stato ha legislazione  esclusiva
nelle seguenti materie: (...) 1) giurisdizione e  norme  processuali;
ordinamento civile e penale;  giustizia  amministrativa",  venendo  a
porre norme inerenti all'ordinamento civile,  la  cui  disciplina  e'
riservata allo Stato in via esclusiva. 
    Occorre pertanto, ai sensi dell'art. 23, legge 11 marzo 1953,  n.
87, sospendere il giudizio e disporre la trasmissione immediata degli
atti alla Corte costituzionale, specificando quanto segue  in  ordine
alla  rilevanza  della  questione   ed   alla   sua   non   manifesta
infondatezza. 
 
                   Sulla rilevanza della questione 
 
    Aloisio  Cataldo,  titolare  dell'omonima  impresa   individuale,
eseguiva,  per  conto  dell'amministrazione  regionale,  i   seguenti
lavori: 
        1.  pronto  intervento  sull'acquedotto  Crocchio,  localita'
Cuturella di Cropani, per un corrispettivo complessivo di € 2.629,98,
in relazione al quale venivano emesse le fatture nn. 5  e  6  del  13
gennaio 2004; 
        2. manutenzione dell'acquedotto Basso Tacina, per  il  quale,
al netto delle somme corrisposte, residuava un compenso di  € 468,00,
portato dalla fattura n. 11 del 25 febbraio 2004; 
        3. pronto intervento sull'acquedotto Basso Tacina, in  ordine
al quale egli vantava un  credito  di  € 16.911,81,  con  conseguente
emissione di fattura di pari importo in data 18 febbraio 2004, n. 12. 
    Non vedendo soddisfatto il  proprio  credito,  ed  in  forza  dei
documenti fiscali sopra specificati,  accompagnati  dalla  copia  del
registro vendite, l'Aloisio domandava a questo Tribunale, con ricorso
depositato in  data  25  ottobre  2007,  l'emissione  di  un  decreto
ingiuntivo nei confronti della Regione Calabria. 
    Veniva richiesta l'integrazione dei documenti prodotti  ai  sensi
dell'art. 640, comma I,  c.p.c.,  mediante  la  produzione  dell'atto
negoziale posto (o degli atti negoziali posti) alla base  dei  lavori
eseguiti. 
    Il ricorrente, con nota integrativa, specificava quanto segue: 
        1. egli non era in possesso degli "ordinativi" dei lavori  di
pronto intervento sull'acquedotto Crocchio,  localita'  Cuturella  di
Cropani, ma solo di un "riconoscimento di debito"; 
        2. la manutenzione dell'acquedotto Basso Tacina era  avvenuta
in  forza  di  contratto  di  cottimo  fiduciario,  sottoscritto  dal
dirigente del settore competente; 
        3. il pronto  intervento  sull'acquedotto  Basso  Tacina  era
stato eseguito in forza di un verbale di somma urgenza ai sensi degli
artt. 144 e 147 del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, sottoscritto dal
dirigente del settore competente. 
    Produceva la  relativa  documentazione,  dalla  quale  -  occorre
precisarlo - emerge che  il  lavori  sub  3  sono  stati  in  realta'
eseguiti non in forza di un  verbale  di  somma  urgenza,  ma  di  un
contratto  di  appalto   di   opere   pubbliche   sottoscritto,   per
l'amministrazione regionale, dal responsabile del procedimento e  dal
dirigente del settore competente. 
    In forza delle precisazioni rese e della documentazione prodotta,
veniva, in data 3 marzo 2008, emanato il decreto ingiuntivo  n.  279,
per l'importo di € 20.009,79, oltre ad interessi. 
    L'amministrazione  intimata  proponeva,  con  atto  di  citazione
notificato in data 28 aprile 2008, opposizione ai sensi dell'art. 645
c.p.c., deducendo la nullita' dei  rapporti  negoziali  azionati  per
difetto di contratto scritto ed argomentando  che  anche  l'eventuale
riconoscimento del debito non e' idoneo a sanare tale nullita'. 
    Si costituiva  il  creditore  opposto,  deducendo  l'infondatezza
delle difese avverse, in particolare in  ragione  dell'esistenza  dei
contratti scritti relativi almeno a due  delle  categorie  di  lavori
eseguiti. 
    In via riconvenzionale subordinata, l'Aloisio proponeva  l'azione
di ingiustificato arricchimento nei confronti dell'amministrazione. 
    Nelle more del giudizio, interveniva la norma su cui si addensano
i dubbi di compatibilita' con la Carta costituzionale.  Non  a  caso,
nella memoria ex art. 183, comma VI, n.  2),  c.p.c.,  depositata  in
data 4 novembre 2008, la Regione Calabria - oltre ad eccepire, per la
prima volta, il difetto di titolarita' di  una-  parte  dei  rapporti
negoziali azionati - invocava l'inefficacia  dei  contratti  prevista
dall'art. 16, comma 2, della legge regionale della  Calabria  del  13
giugno 2008, n. 15. 
    Ed invero, tale norma dovrebbe trovare applicazione nel  caso  di
specie, quanto meno con riferimento alla pretesa  creditoria  vantata
dall'Aloisio in ordine  ai  lavori  di  manutenzione  dell'acquedotto
Basso  Tacina  ed  al  pronto  intervento  sul  medesimo  acquedotto,
eseguiti in  forza  di  contratti  stipulati  in  forma  scritta  dal
dirigente del settore competente,  dotato  del  potere  di  impegnare
l'amministrazione, ma non indicanti l'avvenuto impegno di  spesa.  Ed
invero, nemmeno aliunde risulta che  i  necessari  impegni  di  spesa
siano stati assunti. 
    Proprio quanto all'applicabilita' dell'art. 16  citato,  si  deve
osservare che, in effetti, gia' l'art. 191, d.lgs. 18 agosto 2000, n.
267, recante il Testo Unico degli Enti Locali, stabilisce,  al  primo
comma, che "gli enti locali possono effettuare spese solo se sussiste
l'impegno contabile registrato sul competente intervento  o  capitolo
del  bilancio  di  previsione  e   l'attestazione   della   copertura
finanziaria di cui all'articolo 153, comma  5.  Il  responsabile  del
servizio,  conseguita  l'esecutivita'  del  provvedimento  di  spesa,
comunica al terzo interessato l'impegno e la  copertura  finanziaria,
contestualmente all'ordinazione della prestazione,  con  l'avvertenza
che la successiva fattura deve  essere  completata  con  gli  estremi
della suddetta comunicazione. Fermo restando quanto disposto al comma
4, il terzo interessato, in mancanza della comunicazione, ha facolta'
di non eseguire la prestazione sino a quando i dati non  gli  vengano
comunicati". 
    In mancanza dell'impegno di spesa e della copertura  finanziaria,
precisa il successivo comma 4, "il rapporto obbligatorio  intercorre,
ai fini della controprestazione e per la parte non  riconoscibile  ai
sensi  dell'articolo  194,  comma  1,  lettera  e),  tra  il  privato
fornitore e l'amministratore,  funzionario  o  dipendente  che  hanno
consentito la fornitura. Per le esecuzioni reiterate  o  continuative
detto effetto si estende a coloro che hanno reso possibili le singole
prestazioni". 
    Tale disciplina ripropone  quanto  gia'  previsto  dall'art.  23,
commi 3 e 4, d.l. 3 marzo 1989, n. 66, convertito con  1.  29  aprile
1989, n. 144, e quindi dall'art. 35, d.lgs. 25 febbraio 1995, n.  77.
I testi normativi citati, quindi, sanciscono  espressamente  che,  in
mancanza della copertura finanziaria, il rapporto si costituisce  nei
confronti del funzionario o del dirigente responsabile, e  non  anche
nei confronti dell'amministrazione. Le norme, pero',  si  riferiscono
esclusivamente ai comuni ed alle province, e non anche alla  regioni,
ai quali non si applicano. 
    In tal senso la giurisprudenza di' legittimita':  "Il  d.lgs.  25
febbraio 1995, n.  77,  art.  35  -  che  ha  riprodotto  in  termini
sostanzialmente analoghi il d.l. 3 marzo 1989, n. 66, art. 23,  commi
3 e 4 convertito in 1. 29 aprile 1989, n. 144 ed  abrogato  dall'art.
123  di   detto   d.lgs.   -   nel   prevedere   l'esclusione   della
responsabilita' della p.a. nei confronti del privato fornitore  e  la
responsabilita' esclusiva del  dipendente  che  abbia  acquistato  in
violazione   delle   necessarie   delibere    autorizzatine,    trova
applicazione infatti limitatamente ai Comuni, alle Province  ed  alle
Comunita' Montane e non  gia'  anche  nei  confronti  delle  regioni"
(Cass. Civ., Sez. I, 9 marzo 2006, n. 5069; giudizio in cui era parte
proprio la Regione Calabria). 
    Ancor prima che sopravvenisse la normativa appena esaminata,  gli
artt. 284 e 288, r.d. 3 marzo 1934, n. 383 (Testo unico  della  legge
comunale  e  provinciale),  stabilivano  che  "le  deliberazioni  dei
comuni, delle provincie e dei consorzi, che importino  spese,  devono
indicare l'ammontare di esse e i mezzi per farvi fronte" (il primo) e
che "sono nulle  le  deliberazioni  prese  in  adunanze  illegali,  o
adottate  sopra  oggetti  estranei  alle  attribuzioni  degli  organi
deliberanti, o che contengano violazioni di legge". 
    Successivamente, il quinto comma dell'art. 55, 1. 8 giugno  1990,
n. 142 - nel testo in vigore dall'entrata in vigore della legge  sino
al 18  maggio  1997,  data  in  cui  esso  e'  stato  sostanzialmente
modificato dall'art. 6, comma 11, legge 15  maggio  1997,  n.  127  -
sanciva, abrogando la disciplina  previgente,  che  "gli  impegni  di
spesa non possono essere assunti senza  attestazione  della  relativa
copertura  finanziaria  da  parte  del  responsabile   del   servizio
finanziario. Senza tale attestazione l'atto e' nullo di diritto". 
    Pronunciandosi  sul  significato  da  attribuire   al   combinato
disposto degli artt. 284 e 288, r.d. 3 marzo 1934, n. 383, le Sezioni
Unite della Corte di Cassazione (Cass.  Civ.,  Sez.  Un.,  10  giugno
2005, n. 12195) hanno  ritenuto  che  la  delibera  con  la  quale  i
competenti  organi  comunali   o   provinciali   affidinono   ad   un
professionista privato l'incarico per la  progettazione  di  un'opera
pubblica e' valida e vincolante nei confronti dell'ente  soltanto  se
contenga  la  previsione  dell'ammontare  del  compenso   dovuto   al
professionista e dei mezzi per farvi fronte. L'inosservanza  di  tali
prescrizioni determina la nullita' della delibera, che si estende  al
contratto di prestazione d'opera professionale poi stipulato  con  il
professionista, escludendone l'idoneita' a costituire titolo  per  il
compenso. 
    A sostegno di tale principio, e dovendosi sottolineare che i  due
articoli, letti in combinazione, contemplavano una nullita'  testuale
per il caso di delibere degli  enti  locali  recanti  spese  e  prive
d'indicazione dell'ammontare di esse e dei mezzi  per  farvi  fronte,
sono state svolte le seguenti considerazioni: "La tesi - secondo  cui
gli eventuali vizi della delibera in  ordine  alla  previsione  della
relativa spesa e dei  mezzi  per  farvi  fronte  potrebbero  produrre
conseguenze nell'ambito interno dell'organizzazione dell'ente, ma non
sarebbero idonei ad incidere negativamente sui diritti acquisiti  dal
privato professionista in forza del contratto di prestazione d'opera,
costituente manifestazione di autonomia negoziale privatistica -  non
puo' essere condivisa. 
    Invero,  nella  formazione  dei  contratti  soggetti  alla   c.d.
evidenza pubblica (nel cui novero rientrano anche quelli dei comuni e
delle province) coesistono due procedimenti: il primo si  traduce  in
un provvedimento (deliberazione a contrarre  da  parte  degli  organi
qualificati) con cui si esterna lo scopo  da  perseguire  nonche'  il
modo con cui s'intende realizzarlo, e tale manifestazione di volonta'
costituisce il presupposto dell'atto negoziale che percio' si pone in
rapporto strumentale col provvedimento; il secondo si svolge  tra  le
parti contraenti ed  ha  ad  oggetto  la  formazione  della  volonta'
secondo  le  norme  privatistiche,  con  alcune  varianti   correlate
specialmente alle procedure da seguire per la scelta del  contraente.
Orbene, e' vero che, come questa Corte ha piu'  volte  affermato  con
particolare  riguardo  alla   conclusione   del   contratto   d'opera
professionale (quando ne  sia  parte  la  P.  A.),  la  deliberazione
dell'ente  -  fino  a  quando  non  risulti  tradotta  in   un   atto
contrattuale sottoscritto dal rappresentante dell'ente stesso  e  dal
professionista - e' atto con efficacia interna all'ente pubblico, non
costituente neppure proposta contrattuale, sicche' non  e'  idonea  a
determinare la costituzione del relativo rapporto negoziale  (v.,  ex
multis. Cass., 25 novembre 2003, n. 17891; 5 novembre 2001, n. 13628;
16 ottobre 1999, n. 11687; 14 marzo 1998, n. 2772).  Cio',  tuttavia,
non significa che tutti i  vizi  della  fase  amministrativa  e  (per
quanto  qui  rileva)  della  delibera  siano  privi  d'incidenza  sul
contratto stipulato in forza  di  essa.  L'affermazione  puo'  essere
condivisa in relazione a carenze  o  vizi  che  rendano  la  delibera
stessa soltanto annullabile, non in presenza  di  una  violazione  di
legge che ne comporti la nullita'. Infatti, come gia' si  e'  notato,
il contratto  e  la  delibera,  ancorche'  tra  loro  distinti,  sono
collegati poiche' la delibera a contrarre s'inserisce come  passaggio
obbligato nell'iter di formazione della volonta'  contrattuale  della
parte pubblica. Pertanto la sua nullita' (come la  sua  mancanza)  si
riflette necessariamente sulla validita' del  contratto,  perche'  la
volonta' dell'ente non si puo'  ritenere  ritualmente  formata  nella
sede propria e, sul piano negoziale, il  contratto  viene  ad  essere
stipulato in contrasto con una norma imperativa (quale  il  combinato
disposto dei citati artt. 284 -  288  deve  ritenersi,  alla  stregua
delle  considerazioni  sopra  svolte),  con  le  conseguenze  di  cui
all'art. 1418, primo comma, cod. civile". 
    Le considerazioni esposte sono state ritenute  applicabili  anche
in presenza dell'art. 55, comma 5, 1. 8 giugno 1990,  n.  142  (testo
originario). Secondo una diversa  pronuncia  delle  medesime  Sezioni
Unite (Cass. Civ., Sez. Un.,  28  giugno  2005,  n.  13831  del  28),
infatti, detta norma "contempla a sua  volta  una  nullita'  testuale
(definita  di  diritto)  che  inficia  l'atto  deliberativo  e   tale
nullita', per le ragioni qui sopra  indicate,  si  riflette  in  modo
inevitabile sulla validita' del contratto. Pertanto va affermato  che
anche nel vigore dell'art. 55, comma 5, della legge n. 142  del  1990
(nel testo anteriore alla modifica apportata con l'art. 6, comma  11,
della legge 15 maggio 1997, n.  127)  la  delibera  con  la  quale  i
competenti   organi   comunali   o   provinciali   affidano   ad   un
professionista privato l'incarico per la  progettazione  di  un'opera
pubblica e' valida ed efficace nei confronti  dell'ente  solo  se  il
relativo impegno di spesa sia  accompagnato  dall'attestazione  della
copertura  finanziaria,  da  parte  del  responsabile  del   servizio
finanziario.  L'inosservanza  di  tale  prescrizione   determina   la
nullita' della delibera, che si estende al contratto  di  prestazione
d'opera professionale stipulato con  il  professionista,  comportando
l'esclusione di qualsiasi responsabilita' od  obbligazione  dell'ente
pubblico in ordine alle spese assunte senza il suddetto adempimento". 
    Tuttavia, la nullita' del  contratto  stipulato,  in  entrambi  i
panorami   normativi   sopra   delineati,   deriva   dalla   nullita'
testualmente comminata dalla legge (e non dalla  mera  annullabilita'
per violazione di legge) della delibera non accompagnata dall'impegno
di spesa  (sotto  il  regime  del  Testo  Unico  del  1934)  o  priva
dell'attestazione  della  copertura  finanziaria  (sotto  il   regime
dell'art. 55, comma 5, legge 8 giugno 1990, n. 142). 
    La legge di contabilita' regionale, pero', non prevede un'analoga
sanzione per l'ipotesi delibera priva  dell'indicazione  dell'impegno
di spesa, ne' essa puo' essere desunta da  un'applicazione  analogica
delle norme in materia di ordinamento degli Enti territoriali,  posto
che la nullita', in ambito amministrativo, e' conseguenza  patologica
di carattere eccezionale (argomento  ex  art.  21-septies,  comma  1,
ultima parte; nella giurisprudenza ammnistrativa,  vedasi  da  ultimo
Cons. St., Sez. V, 15 marzo  2010,  n.  1498)  e  quindi  di  stretta
applicazione. 
    Ne', per altra via, si puo' ritenere che,  poiche'  le  norme  di
contabilita' pubblica hanno carattere imperativo, la loro  violazione
comporti la nullita'  dei  contratti  stipulati  a  valle,  ai  sensi
dell'art. 1418, comma 1, c.p.c. 
    Ed ineffetti, una simile conseguenza e' esclusa recisamente dalla
consolidata giurisprudenza di legittimita' (cfr. a titolo  d'esempio,
Cass. Civ., Sez. I, 27 febbraio 1998, n. 2235, che si e'  occupata  -
escludendo la nullita' del contratto  stipulato  -  della  violazione
dell'art. 189 dell'ordinamento degli enti locali  siciliani,  dettato
con legge regionale della Sicilia 15 marzo 1963, n. 16,  riproducente
il disposto dell'art. 284 r.d. 3  marzo  1934,  n.  383;  si  vedano,
anche, Cass. Civ., Sez. I, 30 agosto 1995, n. 9155 e Cass. Civ., Sez.
I, 28 maggio 1996, n. 4929, nonche' Cass. Civ., Sez. Un., 17 novembre
1984, n. 5833; piu' di recente Cass.  Civ.,  Sez.  III,  20  novembre
2002, n. 16345). 
    Inoltre, si osserva che anche le  regole  dell'evidenza  pubblica
hanno natura imperativa, ma - secondo la predominante  giurisprudenza
- la loro violazione non  comporta  la  nullita'  del  contratto;  ed
invero,     attinendo     alla     formazione     della      volonta'
dell'amministrazione, la loro accertata violazione si  riverbera  si'
sul contratto stipulato,  ma  solo  all'esito  dell'annullamento  del
provvedimento  amministrativo  (aggiudicazione)  presupposto  e   con
effetto caducatorio (cfr. Cons. St., Ad. Plen., 30 luglio 2008, n. 8,
che richiama, sul punto, Cass. Civ.,  Sez.  I,  15  aprile  2008,  n.
9906). 
    Si deve ritenere, quindi, che non tutte  le  norme  che  regolano
l'agere  amministrativo,  pur  aventi  natura  imperativa  sul  piano
pubblicistico,  assumano  la  medesima  veste  ontologica  sui  piano
civilistico. E quali norme imperative, ai sensi dell'art. 1418, comma
I, c.c., non sono qualificabili le regole di contabilita' pubblica. 
    In sostanza, e' vero - come sottolineato dalla  difesa  regionale
nelle note autorizzate da questo giudicante per consentire alle parti
di interloquire sul dubbio di legittimita' rilevato d'ufficio  -  che
vi sono, nell'ordinamento civile,  altre  norme  che  apprestano  una
disciplina simile a quella oggi prevista dall'art. 16, comma 2, della
legge regionale della Calabria del 13 giugno 2008, n. 15: in forza di
esse, l'amministrazione pubblica  rimane  contrattualmente  vincolata
solo in presenza di un regolare impegno di spesa, essendo  altrimenti
il contratto inefficace nei suoi confronti o addirittura nullo. 
    Ma esse non trovano applicazione  nei  confronti  delle  regioni,
sicche' non e' possibile dire che "il citato art. 16 si presenta come
una norma meramente  ricognitiva  di  effetti  che  scaturiscono  dal
sistema giuridico e che non sono estranei  all'ordinamento  generale"
(pag. 2 delle note autorizzate depositate  dall'Avvocatura  regionale
in data 26 aprile 2010). 
    Quindi, l'esistenza di un regolare  impegno  di  spesa  da  parte
dell'amministrazione  con  riferimento  ai  contratti   azionati   e'
questione in questa sede divenuta rilevante  solo  in  ragione  della
norma di cui si dubita,  sicche'  -  nell'ipotesi  in  cui  la  Corte
ritenesse fondata la questione di legittimita' che le si sottopone  -
il venir meno dell'art. 16 citato esimerebbe il Tribunale  rimettente
dall'esame della questione. 
    Si osserva ulteriormente che il legislatore dell'art.  16,  comma
2, legge regionale della Calabria 13 giugno 2008, n. 15, non usa, con
riferimento  alla  previsione  normativa  in   esame,   il   sintagma
qualificatorio "interpretazione  autentica",  pur  ponendo  -  almeno
nelle  intenzioni  -  una  norma  volta   a   vincolare   l'attivita'
ermeneutica dell'interprete. 
    Ed in effetti, alla norma  de  qua  non  puo'  accordarsi  valore
interpretativo: essa non sceglie uno  dei  possibili  (e  plausibili)
significati  della  disposizione  interpretata  ma,  come   gia'   in
precedenza accennato, introduce ex novo nel sistema ordinamentale una
regola prima inesistente; l'inefficacia del  contratto,  invero,  non
era espressamente statuita dalla legge di contabilita' regionale, ne'
tampoco   un   simile   difetto   di   efficacia    era    ricavabile
ermeneuticamente dall'articolato normativo sopra trascritto. 
    Invero, come gia' ampiamente  illustrato,  l'originario  art.  43
della legge regionale della Calabria 4 febbraio  2002,  n.  8,  nulla
statuiva in ordine alle conseguenze che ridondavano sui contratti  in
ragione della mancata assunzione dell'impegno di spesa; pertanto, era
necessario ritenere che la violazione della disciplina da esso  posta
avesse   ricadute   esclusivamente   quanto   alla    responsabilita'
dirigenziale ed alla responsabilita' risarcitoria per danno  erariale
in  capo  ai  dirigenti  ed  ai  funzionari  che  avessero  malamente
stipulato. 
    Tuttavia, pur avendo natura innovativa, l'art. 16, comma 2  della
legge regionale della Calabria del 13 giugno 2008, n. 15, ha evidente
applicazione retroattiva, coinvolgendo cosi' anche i contratti,  come
quelli che quivi rilevano,  stipulati  prima  della  sua  entrata  in
vigore. 
    Due elementi depongono inequivocamente in tal senso. 
    Da un lato, il fatto che il legislatore - il  quale  avrebbe  ben
potuto  disporre  per  il  solo  futuro,   limitandosi   a   statuire
l'inefficacia, nei confronti della Regione, dei  contratti  stipulati
dai propri rappresentanti, in assenza di un regolare impegno di spesa
- abbia ritenuto di collegare  tale  mancanza  di  efficacia  ad  una
presunta interpretazione della normativa preesistente. 
    Se   pure   una   simile   opzione   legislativa   non   preclude
all'interprete la scelta di ermeneusi che nega natura  interpretativa
alla norma, nondimeno essa deve essere tenuta in  considerazione  nel
momento in cui  occorra  valutare  se  il  precetto  abbia  eventuale
efficacia  retroattiva,  inducendo  ad  attribuire   al   legislatore
regionale la volonta' di emanare una  norma  idonea  a  regolamentare
anche i contratti gia' stipulati. 
    In secondo luogo, non puo' sfuggire che il medesimo art. 16 della
legge regionale della Calabria del 13 giugno 2008, n. 15, con il  suo
terzo comma, ha integrato  l'art.  43  della  legge  di  contabilita'
regionale, il cui comma 10 ora recita: "Nel caso in cui vi sia  stata
acquisizione di beni o servizi in assenza del preventivo  impegno  di
spesa,  il  rapporto   obbligatorio   intercorre,   ai   fini   della
controprestazione e per la parte non riconoscibile ai sensi dell'art.
45-bis,  tra  il  privato  e  l'amministratore,  il  dirigente  o  il
funzionario che abbia determinato la generazione del debito.  Per  le
prestazioni continuative o periodiche, detto effetto  si  estende  ai
dirigenti  che  hanno  reso  possibili   le   singole   prestazioni".
Accantonati i dubbi di compatibilita' con l'art. 117, comma II, lett.
l) Cost. che anche tale norma suscita - e  che  pero'  non  risultano
rilevanti ai fini della controversia portata all'attenzione di questo
giudice -, si rileva che il  neo-introdotto  comma  10  dell'art.  43
della legge  di  contabilita'  ripropone,  in  ambito  regionale,  la
disciplina che l'art. 191, d.lgs. 18 agosto 2000 fissa per  gli  enti
locali. 
    Da esso deriva che il contratto  stipulato  in  violazione  delle
regole di contabilita' produce  i  suoi  effetti  nei  confronti  del
dirigente o del funzionario che ha stipulato, e rimane inefficace nei
confronti della Regione. 
    Ed allora,  l'art.  16,  comma  2  della  legge  regionale  della
Calabria del 13 giugno 2008, n. 15, sarebbe un  inutile  doppione  se
non gli si riconoscesse portata retroattiva. 
    Ritenuto, invece, che i due commi si riferiscano l'uno (il  comma
3, che integra l'art. 43 della legge di contabilita')  al  futuro,  e
l'altro (il comma 2, che "interpreta"  la  previgente  normativa)  al
passato, si riconduce la frammentaria normativa a sistema. 
    Si noti, inoltre, che la Corte  costituzionale  ha  sancito  piu'
volte   la   compatibilita'   (nei   limiti,   evidentemente,   della
ragionevolezza) tra  il  carattere  innovativo  di  una  norma  e  la
retroattivita' della sua applicazione temporale. 
    In particolare, occupandosi di norme interpretative, essa  ha  da
un canto  affermato  che  il  legislatore  puo'  adottare  norme  che
precisino il significato di  altre  disposizioni  legislative  quando
sussista una situazione di incertezza nell'applicazione del diritto o
vi siano contrasti giurisprudenziali e quando la scelta imposta dalla
legge  rientri  tra  le  possibili  varianti  di  senso   del   testo
originario, con cio' vincolando un significato ascrivibile alla norma
anteriore (cfr., tra le altre, le sentenze n. 311 del 1995 e  n.  397
del 1994 e l'ordinanza n. 480 del 1992). 
    D'altro canto, la stessa Corte ha avuto  modo  di  affermare,  in
piu' di un'occasione (da ultimo, con sentenza n. 234 del  2007),  che
non e' decisivo verificare se  la  norma  censurata  abbia  carattere
effettivamente interpretativo (e sia percio' retroattiva) ovvero  sia
innovativa con efficacia retroattiva, trattandosi in entrambi i  casi
di accertare se la retroattivita' della legge, il cui divieto non  e'
stato elevato a dignita' costituzionale  salvo  che  per  la  materia
penale, trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza
e non contrasti con  altri  valori  ed  interessi  costituzionalmente
protetti. 
    Tirando le fila di quanto sin qui illustrato, la rilevanza  della
proponenda  questione  di   legittimita'   costituzionale   si   puo'
sintetizzare nei termini che seguono. 
    L'art. 16, comma 2 della legge regionale della  Calabria  del  13
giugno 2008, n. 15,  norma  di  natura  innovativa  ma  di  efficacia
retroattiva,  stabilisce,  tra  l'altro,  che  tutti  i  contratti  -
stipulandi o gia' stipulati - che comportino  spese  a  carico  della
Regione sono inefficaci, e comunque non impegnano  l'amministrazione,
sino a che non sussista autorizzazione nei modi di legge  ed  impegno
contabile  regolarmente  registrato  sul  pertinente   capitolo   del
bilancio di previsione. 
    In ragione della norma oggetto dei dubbi di legittimita', allora,
si  dovrebbe  ritenere  l'inefficacia  nei  confronti  della  Regione
Calabria dei due contratti stipulati tra la medesima  amministrazione
regionale ed Aloisio Cataldo,  in  relazione  ai  quali  non  risulta
essere stato assunto l'impegno di spesa;  pertanto,  l'opposizione  a
decreto ingiuntivo proposta dall'amministrazione  regionale  dovrebbe
trovare accoglimento con riferimento a tali rapporti. 
    Al contrario, laddove la norma venisse dichiarata  illegittima  e
cessasse, quindi, di trovare applicazione, non vi  sarebbero  ragioni
per ritenere inefficaci i due contratti, per  cui  l'opposizione  non
potrebbe, sotto questo profilo, trovare accoglimento. 
 
          Sulla non manifesta infondatezza della questione 
 
    L'art. 117, comma II, lett. I) Cost., come  introdotto  dalla  1.
cost. 18 ottobre 2001,  n.  3,  recita:  "lo  Stato  ha  legislazione
esclusiva nelle seguenti materie:  (...)  1)  giurisdizione  e  norme
processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa". 
    La Corte costituzionale e' stata chiamata piu' volte ad  indicare
i limiti fino ai quali la legislazione regionale puo' spingersi senza
stridere col precetto costituzionale che riserva allo Stato il potere
esclusivo di disciplinare l'ordinamento civile. 
    Pur omettendo  i  casi  attinenti  alla  materia  laburistica,  e
limitandosi alle ipotesi in cui veniva in qualche modo in rilievo  il
diritto   dei   contratti,   emerge   un   quadro   giurisprudenziale
sufficientemente preciso. 
    Con la sentenza n. 253  del  2006,  il  giudice  delle  leggi  ha
dichiarato  fondata  la  questione  di  legittimita'   costituzionale
relativa all'art. 16, commi 1 e 4 della legge regionale della Toscana
15 novembre 2004, n. 63,  recante  Norme  contro  le  discriminazioni
determinate dall'orientamento sessuale o dall'identita' di genere. 
    Tale norma prevedeva il divieto  per  gli  operatori  commerciali
appartenenti  a  determinate   categorie   di   rifiutare   la   loro
prestazione, o di erogarla a condizioni deteriori rispetto  a  quelle
ordinarie, "senza un legittimo motivo e, in particolare, fra  l'altro
per motivi riconducibili all'orientamento sessuale o all'identita' di
genere". 
    La  disposizione  conteneva,  altresi',  la  previsione  di   una
sanzione amministrativa in caso di contravvenzione al detto divieto. 
    La Corte ha rilevato come venisse  imposto,  cosi',  ai  soggetti
sopra indicati l'obbligo di fornire la propria prestazione a chiunque
ne facesse richiesta, senza possibilita' di  discriminazioni  fondate
sull'orientamento sessuale. 
    Pero', "la norma regionale impugnata nel prevedere, in  sostanza,
un'ipotesi di obbligo legale a contrarre - obbligo gia'  previsto  in
via generale dal legislatore statale all'art. 187 del regio decreto 6
maggio 1940, n. 635 (Approvazione del  regolamento  per  l'esecuzione
del testo unico 18 giugno  1931,  n.  773  delle  leggi  di  pubblica
sicurezza)  -  e  alla  cui  violazione  e'  altresi'   connessa   la
comminatoria di una sanzione amministrativa, introduce una disciplina
incidente sull'autonomia negoziale dei privati e, quindi, su  di  una
materia riservata, ex art. 117,  comma  secondo,  lettera  l),  della
Costituzione, alla competenza legislativa esclusiva dello Stato". 
    Successivamente, con la sentenza n. 401 del 2007 (vera e  propria
pietra angolare su cui si e' sviluppata la  seguente  giurisprudenza)
e' stata esaminata la questione di legittimita' posta in via  diretta
dalle Regioni Veneto e Piemonte, le quali  lamentavano  l'inclusione,
nell'ambito del codice degli appalti pubblici, di cui  al  d.lgs.  12
aprile 2006, n. 163, del riferimento alle fasi della  stipulazione  e
dell'esecuzione dei contratti, ivi comprese  quelle  della  direzione
dell'esecuzione  e  della  direzione  dei  lavori,   contabilita'   e
collaudo, ad eccezione dei profili di organizzazione  e  contabilita'
amministrative. 
    Secondo le regioni ricorrenti, il codice disciplinerebbe  settori
che atterrebbero ad aspetti organizzativi e  procedurali  dell'azione
amministrativa, i quali andrebbero inclusi, "a seconda  dell'oggetto,
tra le materie di competenza concorrente o residuale" (cosi'  secondo
la Regione Veneto),  ovvero  investirebbe  ambiti  in  cui  sarebbero
ravvisabili "spazi significativi che vanno ascritti all'ordinamento e
organizzazione amministrativa",  che  appartengono  alla  Regione  ad
eccezione di quanto e' riferibile allo Stato  e  agli  enti  pubblici
nazionali (cosi' la Regione Piemonte). 
    La Corte ha disatteso le argomentazioni degli enti regionali. 
    Si legge nella densa motivazione, di cui e'  opportuno  riportare
un ampio stralcio, che "e' noto che  l'attivita'  contrattuale  della
pubblica amministrazione, essendo  funzionalizzata  al  perseguimento
dell'interesse pubblico, si caratterizza  per  la  esistenza  di  una
struttura bifasica: al momento tipicamente procedimentale di evidenza
pubblica segue un momento negoziale. 
    Nella prima  fase  di  scelta  del  contraente  l'amministrazione
agisce, come si e'  gia'  sottolineato,  secondo  predefiniti  moduli
procedimentali di garanzia per  la  tutela  dell'interesse  pubblico,
ancorche'  siano  contestualmente  presenti  momenti   di   rilevanza
negoziale, dovendo la pubblica amministrazione tenere, in ogni  caso,
comportamenti improntati al rispetto, tra l'altro, delle regole della
buona fede. 
    Nella seconda fase -  che  ha  inizio  con  la  stipulazione  del
contratto (si veda art. 11, comma 7, del Codice) -  l'amministrazione
si pone in una posizione di tendenziale parita' con la controparte ed
agisce  non   nell'esercizio   di   poteri   amministrativi,   bensi'
nell'esercizio della propria  autonomia  negoziale.  Tale  fase,  che
ricomprende  l'intera   disciplina   di   esecuzione   del   rapporto
contrattuale, incluso l'istituto del collaudo  -  il  quale  e',  tra
l'altro, anche specificamente disciplinato dal codice civile (...) si
connota, pertanto, per la normale mancanza di poteri autoritativi  in
capo al soggetto pubblico,  sostituiti  dall'esercizio  di  autonomie
negoziali. Ne consegue che la norma censurata - disciplinando aspetti
afferenti  a   rapporti   che   presentano   prevalentemente   natura
privatistica, pur essendo parte di essi una pubblica  amministrazione
- deve essere ascritta all'ambito materiale dell'ordinamento  civile.
Sussiste, infatti, l'esigenza, sottesa al principio costituzionale di
eguaglianza, di garantire l'uniformita' di  trattamento,  nell'intero
territorio nazionale, della disciplina della fase di  conclusione  ed
esecuzione dei  contratti  di  appalto  avente,  tra  l'altro  -  per
l'attivita' di unificazione e semplificazione  normativa  svolta  dal
legislatore -, valenza sistematica. Ne' vale obiettare,  come  fa  la
Regione Veneto, che non potrebbe ritenersi sussistente il  titolo  di
competenza  rappresentato  dall'ordinamento  civile,  in  quanto  non
verrebbero in rilievo «la stipulazione e  l'esecuzione  regolate  dal
codice  civile».  Sul  punto,  e'  agevole  osservare  che   l'ambito
materiale in esame ricomprende tutti gli  aspetti  che  ineriscono  a
rapporti di natura privatistica, in relazione ai quali sussistono  le
esigenze sopra indicate, senza che detti rapporti  debbano  rinvenire
la loro disciplina necessariamente sul piano  codicistico.  In  altri
termini, la sussistenza di aspetti di specialita', rispetto a  quanto
previsto  dal  codice  civile,  nella  disciplina   della   fase   di
stipulazione e  esecuzione  dei  contratti  di  appalto,  non  e'  di
ostacolo  al  riconoscimento  della  legittimazione  statale  di  cui
all'art. 117, secondo comma, lettera 1), Cost.". 
    A distanza di poco tempo, sono stati portati  all'attenzione  del
giudice delle leggi (sentenza 431 del 2007)  gli  artt.  51-58  della
legge regionale della Campania n. 12 del 2006, i quali, disciplinando
i contratti pubblici affidati dalla Regione Campania  in  esito  alle
proprie procedure di scelta del contraente, intervenivano  a  dettare
norme in tema di garanzie del contratto (art. 51),  di  modalita'  di
stipulazione (art. 52)  e  di  durata  dello  stesso  (art.  53),  di
anticipazione e revisione dei  prezzi  (art.  54),  di  subappalto  e
cessione del contratto (art. 55),  di  aumento  o  diminuzione  della
prestazione (art. 56), di spese contrattuali (art. 57) e di  verifica
e collaudo (art. 58). 
    La Corte ha lapidariamente sottolineato che tali norme attenevano
"a quella fase inerente  all'attivita'  contrattuale  della  pubblica
amministrazione che ha inizio  con  la  stipulazione  del  contratto,
nella quale l'amministrazione  agisce  nell'esercizio  della  propria
autonomia negoziale". 
    Richiamando il proprio precedente orientamento,  la  Consulta  ha
sottolineato  che  tale  stadio  comprende  l'intera  disciplina   di
esecuzione del rapporto contrattuale e si connota  per  l'assenza  di
profili di disciplina  che  afferiscono,  a  prescindere  dalla  loro
esatta  qualificazione  giuridica,  a  vicende  comunque  di   natura
essenzialmente privatistica". 
    Infine, con la sentenza n. 295 del 2009, la Corte  ha  ripercorso
la  giurisprudenza  anteriore  alla  novella  dell'art.  117   Cost.,
ribadendone la validita' e sancendo che il diritto privato e' materia
posta oltre la sfera  della  competenza  legislativa  della  Regione:
"L'art.  117,  secondo  comma,  lettera  1),  della  Costituzione  ha
codificato  il  limite  del  «diritto  privato»  consolidatosi  nella
giurisprudenza anteriore alla riforma costituzionale  del  2001  (v.,
tra le molte, le sentenze n. 190 del 2001; n. 379 del 1994; n. 35 del
1992; n. 51 del 1990; n. 691 del 1988; n. 38 del  1977;  n.  108  del
1975 e n. 7 del 1956). Questa  Corte  ha  piu'  volte  affermato  che
«l'ordinamento  del  diritto  privato  si  pone  quale  limite   alla
legislazione regionale, in quanto fondato sull'esigenza,  sottesa  al
principio costituzionale di eguaglianza, di garantire nel  territorio
nazionale l'uniformita' della disciplina dettata per i  rapporti  fra
privati. Esso, quindi, identifica un'area riservata  alla  competenza
esclusiva  della  legislazione  statale  e  comprendente  i  rapporti
tradizionalmente oggetto  di  codificazione»  (sentenza  n.  352  del
2001). Questa Corte ha precisato che detto limite  consente  comunque
un qualche adattamento in ambito regionale, «ove  questo  risulti  in
stretta connessione con la materia di competenza regionale e risponda
al criterio di ragionevolezza, che vale a soddisfare il rispetto  del
richiamato principio di eguaglianza»  (sentenza  n.  352  del  2001).
Peraltro, sin dalle prime pronunce, questa Corte  ha  avuto  modo  di
decidere che  «la  disciplina  dei  rapporti  contrattuali  (...)  va
riservata alla legislazione statale» (sentenza n. 6  del  1958;  cfr.
anche le sentenze n. 82 del 1998 e n. 60 del 1968)". 
    L'esame delle pronunzie sopra ricordate  induce  ad  una  agevole
conclusione. 
    E' sottratta alla potesta' legislativa  regionale  la  disciplina
del contratto, tanto quanto alla sua genesi, tanto  quanto  alla  sua
fase esecutiva, tanto, infine, quanto  ai  suoi  aspetti  patologici.
Orbene, l'art. 16, comma 2, della legge regionale della Calabria  del
13 giugno 2008, n. 15, pone, nella  parte  in  cui  si  riferisce  ai
contratti,  una  regola   che   non   si   riferisce   alla   materia
dell'ordinamento contabile della Regione, vale a dire alla  "gestione
finanziaria ed economica della Regione" (cfr. art. 1, comma 2,  legge
regionale della Calabria 4 febbraio 2002, n. 8).  Essa,  in  realta',
incide   direttamente   sull'efficacia   dei   contratti    stipulati
dall'amministrazione, ed e' pertanto volta chiaramente a disciplinare
i rapporti privatistici. 
    Ne consegue che non e' manifestamente infondato il dubbio che  la
norma in oggetto  esorbiti  i  limiti  della  competenza  legislativa
regionale, dovendo cosi' essere dichiarata dalla Corte costituzionale
illegittima. 
    Non   sembra,   d'altro   canto,   possibile   che,    attraverso
un'interpretazione adeguatrice  e  costituzionalmente  orientata,  la
norma  investita  dai  dubbi  possa   essere   diversamente   intesa,
attribuendole un significato tale che essa non vada  ad  esplicare  i
suoi effetti sulla disciplina negoziale dei contratti  stipulati  con
l'amministrazione regionale. 
    E' appena il caso, infine, di segnalare come la  circostanza  che
il Governo non abbia proposto  in  via  principale  la  questione  di
legittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 127,  comma  I,  Cost.
non esima l'Autorita' giurisdizionale, che debba fare applicazione di
una norma regionale sospettata di esorbitare dai limiti di competenza
imposti dalla Costituzione, dal rivolgere alla Corte competente  tali
dubbi (cfr., a titolo di esempio e tra le molte,  la  sentenza  della
Corte n. 370 del 2008, con la quale e' stata  dichiarata  illegittima
per violazione dell'art. 117, comma Il, lettera l) Cost. dell'art. 3,
comma 1,della legge della Regione Molise  5  maggio  2006,  n.  5,  e
dell'art. 12, comma 6, della legge della Regione Molise 27  settembre
2006, n. 28 sulla base  di  una  questione  sollevata  d'ufficio  dal
Tribunale di Campobasso, Sezione Riesame).