Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri (CF 80188230587), rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato (CF 80224030587, per il ricevimento degli atti numero di fax 0696514000 e PEC ags_m2@mailcert.avvocaturastato.it), presso i cui uffici e' legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12; Contro la Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia (CF 80002950766), in persona del suo Presidente p.t., per la declaratoria della illegittimita' costituzionale degli artt. 2, 3, 5, 6 comma 1, 7, 8 comma 2 e 9 della legge della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 16 del 30 novembre 2011, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Friuli-Venezia Giulia del 7 dicembre 2011, n. 49, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 27 gennaio 2012. Fatto In data 30 novembre 2011 e' stata pubblicata, sul n. 49 del Bollettino Ufficiale della Regione Friuli-Venezia Giulia, la Legge Regionale n. 16 del 4 agosto 2011. Con essa sono state adottate «Disposizioni di modifica della normativa regionale in materia di accesso alle prestazioni sociali e personali». Peraltro, come meglio si andra' a precisare nel prosieguo, talune delle disposizioni contenute in detta legge eccedono dalle competenze regionali, violano precise previsioni costituzionali e sono illegittimamente invasive delle competenze dello Stato; devono pertanto essere impugnate con il presente atto affinche' ne sia dichiarata la illegittimita' costituzionale, con conseguente annullamento. La legge regionale in esame, infatti, presenta profili d'illegittimita' costituzionale con riferimento all'art. 2, all'art. 3, all'art. 5, all'art. 6, comma 1, all'art. 7, all'art., 8, comma 2, e all'art. 9. Piu' in particolare: 1) l'art. 2, che sostituisce il comma 6 dell'art. 9 della legge regionale n. 9 del 2008 (assestamento di bilancio 2008), riconosce contributi economici straordinari in relazione a temporanee situazioni di emergenza individuali o familiari in favore dei soggetti di seguito indicati, a condizione che risiedano in territorio regionale da almeno ventiquattro mesi: a) cittadini italiani, b) cittadini di Stati appartenenti all'Unione europea regolarmente soggiornanti in Italia e loro familiari, ai sensi del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, c) titolari di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo ai sensi del decreto legislativo 8 gennaio 2007 n. 3, d) titolari dello status di rifugiato e dello status di protezione sussidiaria ai sensi del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251; 2) l'art. 3, che sostituisce l'art. 8-bis della l.r. n. 11 del 2006, prevede l'attribuzione di assegni una tantum, a sostegno della natalita' e delle adozioni di minori, a favore dei nuclei familiari in cui almeno uno dei genitori risieda nel territorio regionale da ventiquattro mesi e che appartenga ad una delle categorie di soggetti indicati sub 1); 3) l'art. 5, che sostituisce l'art. 12-bis della legge regionale n. 11 del 2006, prevede che gli interventi finanziari a favore delle famiglie e della genitorialita' di cui agli art. 8-bis, 8-ter, 9, 10 e 11 della medesima l.r. n. 11 del 2006 - recanti rispettivamente interventi e sostegno delle nascite, soluzioni abitative per nuove famiglie, sostegno alla funzione educativa, istituzione della Carta Famiglia - siano attuati a favore dei nuclei familiari in cui almeno uno dei genitori risieda nel territorio regionale da almeno ventiquattro mesi e che appartenga ad una delle categorie di soggetti indicati sub 1); 4) l'art. 6, comma 1, che sostituisce il comma 1.1 dell'art. 12 della legge regionale n. 6 del 7 marzo 2003 (recante il riordino degli interventi regionali in materia di edilizia residenziale pubblica), stabilisce che possono essere destinatari degli interventi di edilizia convenzionata, agevolata e di sostegno alle locazioni, purche' residenti da almeno ventiquattro mesi in territorio regionale, i seguenti soggetti: a) cittadini italiani, b) cittadini di Stati appartenenti all'Unione europea regolarmente soggiornanti in Italia, e loro familiari, ai sensi del decreto legislativo 30/2007, c) titolari di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo ai sensi del decreto legislativo n. 3/2007; 5) l'art. 7, che sostituisce l'art. 18 della legge regionale n. 6 del 2003 (recante disposizioni per l'edilizia sovvenzionata), prevede che possano essere destinatari di assegnazione di alloggi di edilizia sovvenzionata, a condizione di essere residenti da almeno ventiquattro mesi in territorio regionale, i seguenti soggetti: a) cittadini italiani, b) cittadini di Stati appartenenti all'Unione europea regolarmente soggiornanti in Italia, e loro familiari, ai sensi del decreto legislativo 30/2007, c) titolari di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo al sensi del decreto legislativo n. 3/2007; 6) l'art. 8, comma 2, che aggiunge il comma 1-bis dopo il comma 1 dell'art. 2 della legge regionale n. 14 del 2 aprile 1992 (recante norme integrative in materia di diritto allo studio), prevede che possano accedere agli interventi regionali in materia di diritto allo studio gli alunni nel cui nucleo familiare almeno uno dei genitori risieda nel territorio regionale da almeno ventiquattro mesi e che appartenga ad una delle categorie di soggetti indicati sub 1); 7) l'art. 9, infine, dispone che gli interventi previsti dalle norme regionali che sono state modificate dagli artt. 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8 della legge in esame siano attuati anche in favore dei soggetti di cui all'art. 41 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 («Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero»), vale a dire nei confronti degli stranieri titolari della carta di soggiorno o di permesso non inferiore ad un anno, nonche' dei minori iscritti nella loro carta di soggiorno o nel loro permesso di soggiorno, a condizione che tali soggetti siano residenti da non meno di cinque anni in territorio nazionale e almeno da ventiquattro mesi in territorio regionale. Le disposizioni appena descritte si appalesano suscettibili di essere impugnate ex art. 127 Cost. dinanzi a codesta Ecc.ma Corte per i seguenti motivi di Diritto Si e' visto che gli artt. 2, 3, 5, 6 comma 1, 7, 8 comma 2 e 9, consentono l'accesso a provvidenze sociali relativamente agli ambiti attinenti alla famiglia (artt. 2, 3, e 5), alla casa (artt. 6 comma 1 e 7) e allo studio (art. 8). Le disposizioni predette stabiliscono, poi, quali siano i soggetti destinatari delle misure, prevedendo che, oltre ai cittadini italiani, esse vadano estese anche ai cittadini dell'Unione europea e loro familiari e agli extracomunitari cc.dd. «soggiornanti di lungo periodo», ai sensi del d.lgs. 3/2007. Per quanto riguarda gli extracomunitari che abbiano ottenuto il riconoscimento dello status di rifugiato politico ovvero altra misura di protezione c.d. «sussidiaria» ai sensi del d.lgs. 251/2007, essi, destinatari delle norme relative agli ambiti familiari e dello studio, non sono toccati dalle disposizioni riferite alle provvidenze in materia di abitazione. Norma di chiusura, infine, puo' essere considerato l'art. 9, il quale estende la platea dei soggetti interessati da tutte le provvidenze predette anche agli extracomunitari muniti di permesso di soggiorno non inferiore a un anno e ai minori iscritti nel documento di soggiorno medesimo. Particolarita' ulteriore e rilevante di tutte le norme su riportate e' quella in base alla quale le disposizioni di esse sono applicabili ai soggetti ivi indicati, a condizione che essi risiedano nel territorio regionale almeno da ventiquattro mesi. Per cio' che concerne l'art, 9, vale a dire con riferimento ai cittadini extracomunitari titolari di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, le provvidenze sono subordinate, oltre che al requisito residenziale suddetto, all'ulteriore requisito della residenza nel territorio nazionale da almeno cinque anni. Fatta questa premessa sistematica, va rilevato che le disposizioni in esame introducono inequivocabilmente preclusioni destinate a integrare una doppia discriminazione tra i possibili fruitori delle provvidenze sociali fornite dalla Regione: la prima tra soggetti che abbiano o non abbiano la residenza regionale temporalmente protratta richiesta; la seconda tra i fruitori di cui alle lettere da a) e d) dell'art. 2 e gli extracomunitari di cui all'art. 9, in ragione dell'ulteriore requisito della residenza nazionale da quest'ultima norma richiesto. In tal modo, tali disposizioni finiscono con l'eccedere i limiti della competenza legislativa regionale sotto due distinti profili: a) eccedono la competenza legislativa integrativa in materia di «assistenza sociale» attribuita alla regione Friuli-Venezia Giulia dall'art. 6, n. 2), dello Statuto speciale della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia (l. cost. n. 1 del 1963); b) eccedono dalla piu' ampia competenza residuale in materia di servizi sociali riconosciuta alle regioni ordinarie dall'art. 117, quarto comma, Cost., da estendersi al Friuli-Venezia Giulia in base alla clausola di equiparazione di cui all'art. 10 della l. cost. n. 3 del 2001. E infatti, quanto al primo profilo, l'art. 6 dello Statuto regionale speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia prevede che «la Regione ha facolta' di adeguare alle sue particolari esigenze le disposizioni delle leggi della Repubblica, emanando norme di integrazione e di attuazione nelle seguenti materie: ... 2) lavoro, previdenza e assistenza sociale», onde quella della «assistenza sociale» e' materia da considerarsi di pretta competenza statale, ove, in base al suo Statuto regionale speciale, la Regione Friuli-Venezia Giulia ha competenza solo integrativa e attuativa. Quanto al secondo profilo, la materia dei servizi sociali, non essendo di competenza legislativa regionale primaria, ai sensi dello Statuto speciale, potrebbe rientrare nella competenza legislativa concorrente residuale, di cui al quarto comma dell'art. 117 Cost., ma solo entro e non oltre i limiti di cui alla lett. m) dell'art. 117 Cost., che dispone che spetti alla competenza esclusiva statale altresi' la materia relativa alla «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale». E' stato, infatti, gia' esplicitato da codesta Ecc.ma Corte che siffatta materia afferisce a norme «preordinate ad alleviare una situazione di estremo bisogno e di difficolta' nella quale versano talune persone, mediante l'erogazione di una prestazione che non e' compresa tra quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario, ma costituisce un intervento di politica sociale attinente all'ambito materiale dell'assistenza e dei servizi sociali, oggetto di una competenza residuale regionale (per tutte, sentenze n. 168 e n. 124 del 2009; sentenze n. 168 e n. 50 del 2008)» (Corte Cost. n. 10/2010). Con il corollario che, stando cosi' le cose, a seguito della ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni realizzata con la riforma del Titolo V della parte II della Costituzione, essendo, come visto, al primo riservata, tra l'altro, quella relativa alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, ogni disposizione che crei differenziazioni di trattamento si verrebbe a porre, a livello locale, in contrasto con le garanzie di uniformita' riservate alla legislazione statale. Pertanto, le previsioni regionali in esame, che subordinano l'attribuzione delle prestazioni assistenziali de quibus al possesso, da parte di chi risulti soggiornare legalmente nel territorio dello Stato, anche al particolare e ulteriore requisito della residenza sul territorio regionale per un periodo minimo di due anni, e, per gli extracomunitari di cui all'art. 9, di ulteriori cinque anni sul territorio nazionale, comporta la esclusione assoluta di intere categorie di persone fondata sulla mancanza di una residenza temporalmente protratta, nonche' su una ulteriore discriminazione tra gli stessi extracomunitari. La materia e' stata gia' trattata da codesta Corte relativamente ad analoghe disposizioni normative della Regione autonoma friulana. In particolare ci si intende riferire alla sentenza n. 40 del 2011, con la quale e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 31 marzo 2006, n. 6 (Sistema integrato di interventi e servizi per la promozione e la tutela dei diritti di cittadinanza sociale), cosi' come modificato dall'art. 9, commi 51, 52 e 53, della legge regionale 30 dicembre 2009, n. 24 (Disposizioni per la formazione del bilancio pluriennale e annuale della Regione - Legge finanziaria 2010). Quella disposizione normativa fu dichiarata incostituzionale per il chiaro contrasto con l'art. 3 Cost., in quanto le discriminazioni ivi individuate contrastavano «con la funzione e la ratio normativa stessa delle misure che compongono il complesso e articolato sistema di prestazioni individuato dal legislatore regionale nell'esercizio della propria competenza in materia di servizi sociali, in violazione del limite di ragionevolezza imposto dal rispetto del principio di uguaglianza». Cio' detto, le previsioni della legge regionale oggi censurate e esposte partitamente nella narrativa della presente impugnazione, tutte per lo stesso ordine di considerazioni, violano il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., in quanto - analogamente al predetto art. 4 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 6 del 2006 (come modificato dall'art. 9, commi 51, 52, e 53 della l.r. n. 24 del 2009) - introducono nel tessuto normativo un elemento di distinzione arbitrario, non essendovi alcuna ragionevole correlabilita' tra la condizione positiva di ammissibilita' al beneficio (quale la residenza protratta negli anni) e gli altri particolari requisiti (consistenti in situazioni di bisogno e di disagio riferibili direttamente alla persona in quanto tale), che costituiscono il presupposto di fruibilita' di una provvidenza sociale che, per la sua stessa natura, non tollera distinzioni basate su particolari tipologie di residenza in grado di escludere proprio coloro che risultano i' soggetti piu' esposti alle condizioni di bisogno e di disagio, che un siffatto sistema di prestazioni e servizi si propone di superare, perseguendo una finalita' eminentemente sociale. Con particolare riferimento all'attribuzione delle prestazioni assistenziali alle persone straniere regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale, codesta Corte Costituzionale ha inoltre precisato, con la sentenza n. 61 del 2011, che «una volta che il diritto a soggiornare alle condizioni predette non sia in discussione, non si possono discriminare gli stranieri, stabilendo, nei loro confronti, particolari limitazioni per il godimento dei diritti fondamentali della persona, riconosciuti invece ai cittadini». E ha, inoltre, aggiunto, circa la individuazione delle condizioni per la fruizione delle prestazioni, che «la asserita necessita' di uno specifico titolo di soggiorno per fruire dei servizi sociali rappresenta una condizione restrittiva che, in tutta evidenza, si porrebbe (dal punto di vista applicativo) in senso diametralmente opposto a quello indicato da questa Corte, i cui ripetuti interventi (n.d.r. sentenze n. 187 del 2010 e n. 306 del 2008) sono venuti ad assumere incidenza generale ed immanente nel sistema di attribuzione delle relative provvidenze». Sotto quest'ultimo profilo, e quanto alla norma di chiusura di cui all'art. 9, essa, tra l'altro si appalesa altresi' non in linea con l'art. 41 del d.lgs. n. 286 del 1998 e con l'art. 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 («Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2001»), che, ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale, equiparano ai cittadini italiani gli stranieri titolari della carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno. Come e' agevole a questo punto notare, il legislatore nazionale, nell'ambito della sua competenza esclusiva riconducibile alla lettera m) dell'art. 117 Cost., ha gia' ampiamente posto delle direttrici ineludibili, che pongono la necessita' della ragionevolezza nella individuazione di possibili differenziazioni di trattamento nella fruizione di servizi sociali su parti limitate del territorio nazionale, proprio quale «livello essenziale delle prestazioni» medesime, ragionevolezza che, nel nostro caso non riesce ad emergere dallo scrutinio di compatibilita' con l'art. 3 Cost. Per tali motivi si ritiene che le disposizioni regionali indicate debbano essere impugnate dinanzi alla Corte Costituzionale ai sensi dell'art. 127, Cost.